Alla scoperta dei testi

T1

Ludovico Ariosto

Nel palazzo di Atlante

  • Tratto da Orlando furioso (canto XII, ottave 7-12), 1532
  • Metro ottave di endecasillabi
L’autore

Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474. Figlio di un funzionario al servizio presso la corte estense, dopo aver iniziato gli studi di giurisprudenza, si dedica alla letteratura, scrivendo i primi versi in latino e in volgare. La morte del padre lo costringe però a prendersi cura dei fratelli e a entrare al servizio del cardinale Ippolito d’Este, a Ferrara, per il quale svolge mansioni di tipo diplomatico, poco adatte alla sua indole. Dopo aver composto commedie in volgare molto apprezzate dall’elegante pubblico della corte, inizia a lavorare al suo capolavoro, il poema epico-cavalleresco Orlando furioso, che viene pubblicato in tre edizioni, la prima nel 1516, la seconda nel 1521, la terza e definitiva nel 1532. Il protagonista della vicenda è il famoso cavaliere esaltato nelle canzoni medievali come il perfetto esemplare di guerriero fedele al re Carlo Magno e alla religione cristiana, che deve essere difesa dall’offensiva musulmana. Ariosto lo rappresenta però succube della passione amorosa per Angelica, al punto da perdere la ragione. Autore anche di Satire, nel 1522 diventa governatore della Garfagnana, una valle toscana al tempo infestata da briganti, prima di tornare a Ferrara, dove muore nel 1533.

Il paladino più famoso dell’esercito cristiano, Orlando, sta cercando in lungo e in largo la bella Angelica, di cui è innamorato. A un certo punto, il suo inseguimento pare premiato: egli ode infatti il lamento di una fanciulla che un cavaliere misterioso conduce con sé fin sulla soglia di uno splendido palazzo. Qui il paladino si addentra per raggiungere l’amata. Ben presto il lettore saprà che Orlando non è da solo nelle sale della ricca dimora: altri cavalieri vi si aggirano ossessivamente, ciascuno alla ricerca di un proprio oggetto del desiderio…

7

[…]

Correndo, usciro in un gran prato; e quello

avea nel mezzo un grande e ricco ostello.


8

Di vari marmi con suttil lavoro

edificato era il palazzo altiero.

5      Corse dentro alla porta messa d’oro

con la donzella in braccio il cavalliero.

Dopo non molto giunse Brigliadoro,

che porta Orlando disdegnoso e fiero.

Orlando, come è dentro, gli occhi gira;

10    né più il guerrier, né la donzella mira.


9

Subito smonta, e fulminando passa

dove più dentro il bel tetto s’alloggia:

corre di qua, corre di là, né lassa

che non vegga ogni camera, ogni loggia.

15    Poi che i segreti d’ogni stanza bassa

ha cerco invan, su per le scale poggia;

e non men perde anco a cercar di sopra,

che perdessi di sotto, il tempo e l’opra.


10

D’oro e di seta i letti ornati vede:

20    nulla de muri appar né de pareti;

che quelle, e il suolo ove si mette il piede,

son da cortine ascose e da tapeti.

Di su di giù va il conte Orlando e riede;

né per questo può far gli occhi mai lieti

25    che riveggiano Angelica, o quel ladro

che n’ha portato il bel viso leggiadro.


11

E mentre or quinci or quindi invano il passo

movea, pien di travaglio e di pensieri,

Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso,

30    re Sacripante et altri cavallieri

vi ritrovò, ch’andavano alto e basso,

né men facean di lui vani sentieri;

e si ramaricavan del malvagio

invisibil signor di quel palagio.


12

35    Tutti cercando il van, tutti gli danno

colpa di furto alcun che lor fatt’abbia:

del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;

ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia;

altri d’altro l’accusa: e così stanno,

40    che non si san partir di quella gabbia;

e vi son molti, a questo inganno presi,

stati le settimane intiere e i mesi.


Ludovico Ariosto, Orlando furioso, a cura di G. Paparellli, Rizzoli, Milano 1991

 >> pagina 300 

a TU per TU con il testo

Che cosa faremmo per raggiungere ciò che più desideriamo? I cavalieri di Ariosto non si fermano davanti a nulla: affrontano duelli e insidie, si perdono in selve, labirinti e palazzi stregati, girano il mondo allontanandosi dai doveri di paladini pur di soddisfare i propri piaceri. Attenzione: sono diversi dagli eroi medievali, che partivano alla “ventura” per mettere alla prova il proprio valore e servire fino alla morte il signore, Dio e la patria. Lo spirito dei protagonisti dell’Orlando furioso è dettato dai sentimenti e dai capricci del cuore, che li comandano costringendoli a errare tra inseguimenti, incontri fortuiti e imprevedibili disguidi imposti dal caso. Di tutte queste ricerche, Ariosto mostra, alla fine, il fallimento: speranze e ambizioni umane si rivelano illusorie, inafferrabili, e le nostre certezze ingannevoli, fallibili. Tuttavia, la vita – così come ce la descrive lui – offre sempre infinite possibilità e il mondo si apre a noi non solo come un vortice che inghiotte le nostre aspettative di uomini e donne comuni, ma anche come uno sconfinato teatro, dove si può sorridere indulgenti delle nostre debolezze e delle nostre passioni.

Analisi

Inseguendo Angelica, Orlando si ritrova in un misterioso castello. Ma non è l’unico: tutti i cavalieri, sia cristiani sia musulmani, vi finiscono attratti, ciascuno impegnato in una quête, cioè in una ossessiva ricerca di un oggetto o di una persona desiderata. Com’è possibile e perché? Sulla scelta dei paladini grava un incantesimo, uno dei tanti partoriti dalla fervida vena creativa di Ariosto. Infatti il palazzo, finemente lavorato, non è nient’altro che un luogo magico, come le grotte, le isole, le fontane che popolano l’universo del poema. Si tratta di una trappola: un prodigio messo in atto da un mago, Atlante, per intrattenere i più famosi guerrieri e impedire loro di uccidere il suo pupillo Ruggiero, altrimenti destinato a una morte prematura.

Al pari di tutti gli altri, Orlando insegue un fantasma: ha visto la donna amata rapita da un misterioso cavaliere, rifugiatosi poi nel palazzo. O meglio, “crede” di aver visto: in realtà, ha semplicemente proiettato davanti a sé ciò che vorrebbe, ovvero l’immagine di Angelica, illudendosi di poterla afferrare. Al tempo stesso, non dubita dell’autenticità di quell’apparizione e per questo si inoltra fulminando (v. 11) nelle stanze della dimora, setacciando ogni ambiente di un vero e proprio labirinto fatto apposta per depistare, confondere e rendere vana ogni ricerca. Orlando non si arrende: il suo è un movimento circolare, un errare senza meta inevitabilmente inconcludente, come lascia intendere il narratore, che pare divertirsi a indicare ripetutamente le coordinate spaziali di un vagare senza esito (di qua […] di là, v. 13; Di su di giù, v. 23; or quinci or quindi, v. 27). Non a caso, alcune parole chiave danno il senso di questa inutile caccia: nel giro di pochi versi, troviamo due volte l’avverbio invan/invano (prima al v. 16, poi al v. 27) e altrettante l’aggettivo vani/il van (al v. 32 e poi, nella variante sostantivata, al v. 35).

 >> pagina 301 

Lo stesso destino porta anche gli altri eroi a inseguire assurdamente qualcosa che non raggiungeranno mai e che credono sottratto da uno scaltro furfante: si ritrovano così tutti insieme in un centro di gravità che li raduna, un luogo inesistente, di pura immaginazione, metafora di tutti i nostri sogni e desideri destinati a non avverarsi mai. Per questo, il movimento del protagonista e degli altri paladini finisce per rivolgersi su se stesso, come un perenne zigzagare negli infiniti spazi del mondo. Orlando, a differenza di chi trascorrerà nel palazzo le settimane intiere e i mesi (v. 42), deciderà presto di fuggirne: ma anche all’aria aperta, l’amore continuerà ad ammaliarlo come un incantesimo, togliendogli il senso di sé e della realtà fino a portarlo alla follia.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false, poi correggi quelle che ritieni false.


a) Il castello di Atlante si trova su una montagna.

  •   V       F   

b) Orlando sta inseguendo un cavaliere con una ragazza in braccio.

  •   V       F   

c) Orlando sale subito al piano superiore.

  •   V       F   

d) Il castello è adorno e lussuoso.

  •   V       F   

e) Le pareti del palazzo sono coperte da affreschi.

  •   V       F   

f) Orlando vaga per i piani del palazzo senza trovare Angelica.

  •   V       F   

g) Orlando è solo nel palazzo.

  •   V       F   

h) Il signore del palazzo accoglie i cavalieri.

  •   V       F   

i) Tutti i cavalieri stanno cercando Angelica.

  •   V       F   

j) Molti cavalieri continueranno a cercare per lungo tempo.

  •   V       F   

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Individua i passi del testo in cui è descritta la magnificenza del palazzo.


3. Oltre alla ripetizione dei termini vani / invano, quali altri punti del testo fanno riferimento a una ricerca impossibile? Quale connotazione assume la quête?


4. Quale effetto ha la vana ricerca su Orlando e sugli altri cavalieri? È un effetto positivo o negativo? Fai riferimento ai passi del testo per rispondere.


5. In quale passo del testo ti sembra che emergano il punto di vista e il giudizio dell’autore?


6. L’espressione disdegnoso e fiero (v. 8) è

  •     un ossimoro. 
  •     un’anafora. 
  •     un chiasmo. 
  •     un’endiadi. 


7. L’espressione il bel tetto (v. 12) è

  •     una metonimia. 
  •     una sineddoche. 
  •     una metafora. 
  •     un ossimoro. 


8. L’espressione altri d’altro l’accusa (v. 39) contiene

  •     un poliptoto. 
  •     un polisindeto. 
  •     una paronomasia. 
  •     un ossimoro.

 >> pagina 302 

COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. Associa a ciascuna definizione il termine corrispondente usato nel poema.


a) Luogo d’abitazione o d’alloggio anche temporaneo, quindi casa, palazzo, albergo, rifugio, dimora ospitale. (ottava 7)  
b) Donna in giovane età, non maritata. (ottava 8)  
c) Sprezzante, che mostra di disdegnare le cose circostanti. (ottava 8)  
d) Feroce, crudele, spietato. Più spesso: altero, di carattere forte e fermo, non disposto a cedere. (ottava 8)  
e) Scendere giù da dove eravamo montati o saliti. (ottava 9)  
f) Edificio o parte di edificio comunicante direttamente con l’esterno su uno o più lati. (ottava 9)  
g) Tendaggio destinato a isolare l’interno di una stanza o una parte di essa dall’ambiente circostante. (ottava 10)  
h) Amareggiare, cagionare dispiacere, afflizione. (ottava 11)  
i) Lavoro faticoso, penoso. Più comunemente, sofferenza spirituale, angoscia. (ottava 11)  
j) Cavallo da battaglia o da giostra dei guerrieri medievali, così detto perché lo scudiero lo conduceva con la destra. (ottava 12)  

PRODURRE

10. Scrivere per raccontare. Scegli uno dei personaggi menzionati nel testo e racconta, in massimo 20 righe, che cosa ha perso e come è finito nel palazzo di Atlante.


11. Scrivere per raccontare. Ti è mai capitato di trovarti in una situazione simile a quella descritta e di inseguire invano qualcosa che era irraggiungibile? Racconta in massimo 15 righe.


12. Scrivere per descrivere. Come ti immagini le sale del palazzo di Atlante? Descrivine una in massimo 10 righe, inserendo i seguenti termini: arco, porpora, massiccio, argentato, pietra.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

LETTERATURA E…

Il motivo della quête, della ricerca di un oggetto o di una persona, tipico delle vicende cavalleresche medievali e rinascimentali, è uno dei più utilizzati dalla narrativa, soprattutto d’avventura e fantastica, così come dal cinema e dalle serie tv. Ti viene in mente qualche esempio? Come è sviluppato, nei libri e nei film che conosci, questo motivo? Raccontalo oralmente in circa due minuti.

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro