T4 - La zanzara senza zeta (T. Scialoja)

T4

Toti Scialoja

La zanzara senza zeta

  • Tratto da La zanzara senza zeta, 1974
  • Metro ottonari variamente rimati (le due quartine sono a rima alternata), con l’eccezione degli ultimi due versi, endecasillabi a rima baciata
L’autore

Antonio Scialoja, detto Toti, nasce a Roma nel 1914 da una famiglia dell’alta borghesia. Compie studi classici, ma a vent’anni lascia l’università per seguire la vocazione che lo porta verso l’arte e la letteratura. Dopo la Seconda guerra mondiale, che lo vede attivo nelle fila della Resistenza, acquista una certa fama come pittore: espone infatti le sue opere in numerose mostre e passa lunghi periodi a Parigi e a New York. Lavora anche come scenografo, critico d’arte e insegnante all’Accademia d’arte drammatica di Roma. Negli anni Sessanta scrive per il nipotino una serie di filastrocche illustrate: è l’inizio di un rinnovato interesse verso la poesia, che lo porta a pubblicare svariate raccolte per bambini e per adulti, a cominciare da Amato topino caro (1971). Muore a Roma nel 1998.

La zanzara zuzzerellona svolazza dove meno te l’aspetti…

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Audiolettura

Vive a Zara, anzi vi langue,

la zanzara senza zeta,

non si azzarda a succhiar sangue

ma nient’altro la disseta.


5      La zanzara dello Zambia

quando zompa su una zampa

da Kasempa alla Tanzania

mica danza, mica smania,

mica semina zizzania,

10    sente solo che uno zampi

rone brucia nella stanza.


La zanzara, per decenza,

ha una tunica di organza,

quando è sbronza vola senza

15    a zig zag per la Brianza.


Una volta spesi un gruzzolo

per andare a Veracruz

a veder sette zanzare

un po’ vizze nella teca

20    ma di pura razza azteca.


Una fanfara, in fondo alla pineta,

canta di una zanzara senza meta.


Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, Torino 2009

 >> pagina 288 

a TU per TU con il testo

Capita a tutti di ritrovarsi con una paroletta che ronza in testa, magari sentita da qualcuno, letta in un libro e ora rispuntata fuori chissà come. Ce la rimastichiamo in bocca, a volte pronunciandola anche ad alta voce, come per scacciarla via. Sembra sparita, ma ecco che imperterrita più tardi torna a pungere la fantasia, come la zanzara di Scialoja. A volte si tratta di un termine strano o misterioso, che ci è rimasto impresso perché inusuale: “zuzzurellone”, “obnubilato”, “lapalissiano”, “velopendulo” o “vattelapesca”! Altre volte è una parola qualsiasi, che usiamo normalmente nella vita quotidiana, e assaporiamo come fosse nuova: “tapparella”, “focaccia”, “volante”… È come un risveglio improvviso, che ci fa intravedere quale meraviglioso dono sia la lingua, quando si evade dalla gabbia delle frasi fatte.

Analisi

Protagonisti delle poesie di Scialoja sono spesso gli animali, come si comprende scorrendo i titoli delle sue raccolte: Amato topino caro, Una vespa! Che spavento, Ghiro ghiro tonto, e così via. Non siamo però nell’ambito della fiaba, ma in quello del nonsense, dove regna l’umorismo, scatenato dagli accostamenti paradossali fra parole e concetti a prima vista lontanissimi. Il metodo di Scialoja è semplice: come nella sua pittura astratta si abbandona a un colore, in poesia parte da un termine, o addirittura da un suono – come può essere il ronzio della zanzara – che colpisce la sua immaginazione. Questo diventa il nucleo generatore, attirando parole fonicamente simili: chicchi di melograno che il poeta dispone come gli pare, creando cortocircuiti sorprendenti.

Scialoja chiama questi componimenti «versi del senso perso». Ma ciò non significa che sia­no del tutto incomprensibili. Oltre a insistere sul medesimo tema sonoro (la zeta, nel caso specifico), nelle sue strofette si compone sempre una storia. A differenza delle classiche filastrocche, qui però c’è un universo in cui non vigono le regole della logica, come si comprende scorrendo le situazioni assurde in cui capita la zanzara. Nella prima quartina la vediamo triste e inappetente (non si azzarda a succhiar sangue, v. 3) per motivi misteriosi. Poi in Africa balza su una zampa, forse di un animale di grossa taglia: ma subito dopo scopriamo che sta all’interno di una stanza dove arde uno zampirone. Spiazzante è anche vederla vestita da una tunica di seta, salvo quando è ubriaca; o apprendere che il poeta si è recato in Messico al solo scopo di ammirare in un museo sette zanzare di pura razza azteca (v. 20). Il lettore non deve ragionare sulla verosimiglianza di queste situazioni, ma abbandonarsi al fascino di una poesia senza meta, come la zanzara sulla quale si chiude la serie.

 >> pagina 289 

Per sedurre grandi e piccini, Scialoja usa volentieri i nomi di luoghi più o meno esotici, attirati sulla pagina dall’assonanza con la bestia protagonista. Sono riferimenti soltanto evocativi, in base ai quali se si parla di una biscia andremo a Brescia, di un caimano a Milano. La zanzara dunque vola in Croazia, Africa, Lombardia, Messico: Zara (v. 1), Zambia (v. 5), Tanzania (v. 7), Brianza (v. 15), Veracruz (v. 17) si succedono senza un criterio che non sia puramente fonico. Emerge così la straordinaria abilità retorica dell’autore, che propone una virtuosistica serie di allitterazioni dominate dalla zeta, una delle consonanti meno ricorrenti e più aspre nella lingua italiana. A ciò aggiunge un fitto tessuto di rime, che mascherano con la loro prevedibile ricorrenza il carattere surreale delle vicende. «Il segreto dei miei versi» – spiegò una volta lo stesso Scialoja – sta nel muoversi «in una linea di confine dove le parole perdendo senso perdono peso, ma acquistano nuove identità di ritmo e leggerezza».

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) La zanzara vive a Zara felice e contenta.

  •   V       F   

b) La zanzara vive benissimo anche senza succhiare il sangue.

  •   V       F   

c) La zanzara dello Zambia saltella su una zampa.

  •   V       F   

d) La zanzara saltella ballando per la gioia.

  •   V       F   

e) La zanzara, pudica, è vestita con un abito leggero.

  •   V       F   

f) Quando la zanzara si ubriaca, si toglie il vestito di organza.

  •   V       F   

g) Il poeta è andato fino in Messico per vedere delle zanzare in un museo.

  •   V       F   

h) In fondo alla pineta si sente il ronzio della zanzara.

  •   V       F   

i) Una banda suona una canzone che parla di tutti i viaggi fatti dalla zanzara.

  •   V       F   

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. I versi delle prime tre strofe sono

  •     tutti settenari. 
  •     tutti ottonari. 
  •     settenari e ottonari. 
  •     ottonari e novenari. 


3. Quale particolarità hanno gli ultimi due versi?

  •     Non rimano fra loro ma hanno la stessa lunghezza. 
  •     Non rimano fra loro e non hanno la stessa lunghezza. 
  •     Rimano fra loro e hanno la stessa lunghezza. 
  •     Rimano fra loro ma non hanno la stessa lunghezza. 


4. Il fascino del componimento risiede, oltre che nel paradosso delle situazioni descritte, nella tessitura ritmica e fonica del testo. Prova a ricostruirla individuando:


a) tutte le ricorrenze della lettera “z”;

b) lo schema delle rime;

c) la rima interna;

d) le allitterazioni;

e) l’anafora/ripetizione;

f) la paronomasia;

g) l’onomatopea.


5. Una delle caratteristiche del componimento è la mescolanza di registri linguistici: individua almeno due esempi per ciascun livello lessicale.


Lessico basso/colloquiale  
Lessico medio  
Lessico aulico/elevato  

6. Quale tono hanno gli ultimi due versi? Perché? È coerente con il tono di tutto il resto del componimento? Esponi le tue considerazioni.

 >> pagina 290 

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Lessico. Indica un sinonimo e un contrario per ognuno dei seguenti termini usati nel testo, poi scrivi una frase per ciascuno di essi.


  Sinonimo Contrario
a) langue (v. 1)    
b) smania (v. 8)    
c) zizzania (v. 9)    
d) decenza (v. 12)    
e) sbronza (v. 14)    
f) vizze (v. 19)    

PRODURRE

8. Scrivere per raccontare. Scegli una delle zanzare descritte nelle prime tre strofe e racconta, in massimo 15 righe, la loro storia, spiegando le motivazioni dei loro strambi comportamenti.


9. Scrivere per esprimere. Prova a imitare lo stile di Scialoja componendo qualche verso su (a tua scelta)

a) il caimano di Cormano;

b) il cavallo di Rapallo;

c) la farfalla che farfuglia;

d) la mosca che ha una tresca.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

I limerick, inventati probabilmente dall’inglese Edward Lear nella seconda metà dell’Ottocento, sono brevi poesie nonsense e umoristiche che devono rispettare ferree regole di composizione (per esempio, devono essere composti da cinque versi). Con l’aiuto dell’insegnante di lingua fai una ricerca su questa particolare forma poetica per scoprirne le regole, leggine e traducine alcuni e, magari, prova tu a comporne uno.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Che cosa pensi di questo genere di poesia così insolito? È solo “per bambini” o può essere piacevole e divertente anche per persone più grandi? Perché?

L’emozione della lettura - volume B
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Poesia e teatro