T2 - S’i’ fosse foco (C. Angiolieri)

T2

Cecco Angiolieri

S’i’ fosse foco

  • Tratto da Rime (LXXXVI), 1300 ca
  • Metro sonetto con rime ABBA ABBA CDC DCD
L’autore

Cecco Angiolieri nasce a Siena intorno al 1260 da genitori appartenenti alla nobiltà locale. Scapestrato sin dall’adolescenza, Cecco conduce una vita irregolare, costellata di risse da osteria. Soldato nelle truppe della sua città, non brilla nemmeno per coraggio visto che le cronache raccontano di almeno un paio di sue diserzioni dal campo di battaglia. La poesia è la sua passione: nella produzione che ci è stata tramandata, composta da 112 sonetti, Cecco tratta con un tono giocoso e irriverente temi della vita quotidiana e popolare del suo tempo, dall’amore sensuale (molto diverso da quello spirituale cantato negli stessi anni da Dante) all’esaltazione del gioco e del vino. Fedele all’immagine che emerge dalle sue poesie, dilapida il patrimonio paterno, prima di morire, pieno di debiti e in miseria, intorno al 1313.

Quattordici versi per sfogare insoddisfazione e livori personali. Con tono provocatorio, Cecco Angiolieri elenca le proprie aspirazioni distruttive, prendendosela con tutti e con tutto. La sua violenza si abbatte sull’umanità senza risparmiare neanche i genitori, ma alla fine pare stemperarsi in una battuta salace, capace di riportare l’attacco esagerato a una più realistica dimensione quotidiana.

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Audiolettura

S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo;

s’i’ fosse vento, lo tempestarei;

s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;

4      s’i’ fosse Dio, mandereil en profondo;


s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,

ché tutti cristiani embrigarei;

s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?

8      a tutti mozzarei lo capo a tondo.


S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;

s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:

11    similemente faria da mi’ madre.


S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,

torrei le donne giovani e leggiadre:

14    le vecchie e laide lasserei altrui.


Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di M. Marti, Rizzoli, Milano 1956

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a TU per TU con il testo

Gettiamo la maschera e riveliamo i nostri desideri più inconfessabili. Nel suo sonetto Cecco realizza il proprio catalogo di aspirazioni irriverenti, che non risparmiano niente e nessuno: e se lo facessimo anche noi? In fondo, potrebbe essere un modo immediato ed efficace per ritrarre noi stessi ed esprimere la nostra filosofia di vita. Magari potremmo toglierci qualche sassolino dalle scarpe, farci guidare dall’umana tentazione della vendetta e omaggiare le vittime del nostro astio represso con un disprezzo beffardo e liberatorio. A meno che il gioco dell’identificazione impossibile (S’i’ fosse…), invece di rivelare il lato peggiore di noi stessi e suggerire intenti catastrofici, ci ispirasse a stilare un elenco di buoni sentimenti e nobili propositi. Certo, Cecco non sarebbe d’accordo: per lui è più spassoso dissacrare, rovesciare i luoghi comuni, esaltare la distruzione e l’anarchia. Esagera, non c’è dubbio: ha indossato la maschera del ribelle e si diverte un mondo a scandalizzare i benpensanti. In fondo, non c’è qualcosa – o molto – di trasgressivo nell’animo di noi tutti? Facendo l’occhiolino è come se lui ci invitasse a sputare il rospo e ci dicesse: al bando l’ipocrisia! Per una volta almeno, un po’ per scherzo un po’ credendoci davvero, fate anche voi la guerra al mondo!

Analisi

Nell’ambito della letteratura del Duecento, un genere molto diffuso era il plazer, un componimento nel quale il poeta allestiva una rassegna di cose e situazioni piacevoli. Cecco Angiolieri rovescia questa tradizione dichiarando la sua volontà di annientare un mondo che detesta e che amerebbe distruggere se solo avesse il potere di farlo. Le prime tre strofe del sonetto infatti presentano, in otto periodi ipotetici (S’i’ fosse), altrettante identificazioni impossibili: con tre elementi primordiali (il fuoco, l’aria, l’acqua), con Dio, con i poteri costituiti dell’epoca medievale – ovvero il papa e l’imperatore – e infine con la morte e con la vita personificate. In tal modo la furia devastatrice del poeta potrebbe abbattersi senza incontrare resistenza su tutta la terra, sui cristiani e su tutti gli uomini in generale, compresi i genitori, simbolo di un’autorità opprimente che merita di essere annullata.

Nella terzina finale l’ipotesi si fa reale: dopo la sequenza di aspirazioni iperboliche, il poeta immagina di tornare se stesso, gettando la maschera del truce incendiario e mostrando il suo volto bonario. Qual è infatti la sua più intima aspirazione? Nulla di sovversivo: la sua reale ambizione è soddisfare il piacere personale aspirando alle grazie di belle ragazze e lasciando agli altri le donne più brutte e più vecchie.

 >> pagina 281 

La chiusa del sonetto, comica e inoffensiva, rivela le intenzioni dell’autore. Le sue bizzarre intemperanze sono indubbiamente figlie di un temperamento anticonformista, desideroso di capovolgere i luoghi comuni e irridere una certa concezione della poesia, aulica e sublime, come quella dei poeti dello Stilnovo, cantori dell’amore e dei più elevati sentimenti umani. Tuttavia, la ribellione di Cecco va letta con una certa cautela: il suo è pur sempre un gioco letterario, che si compiace, secondo i canoni della poesia giocosa del Duecento, di mostrare nei versi anche la faccia più bassa, concreta e perfino triviale dell’esistenza umana. E di farlo con consumata perizia stilistica, come dimostrano la struttura simmetrica dei periodi, il ritmo martellante scandito dai segni di interpunzione e l’uso sapiente delle figure retoriche quali l’anafora di S’i’ fosse e il chiasmo degli ultimi due versi.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Analizza la disposizione degli argomenti del sonetto: a che cosa è dedicata ciascuna strofa?


2. Quali elementi del sonetto sono autobiografici?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

3. Qual è la funzione dell’anafora di S’i fosse?


4. In quale punto del sonetto è menzionato Dio? Quali considerazioni puoi fare?


5. Oltre all’anafora, quale altra figura retorica caratterizza il sonetto?

  •     L’ossimoro. 
  •     Il chiasmo. 
  •     Il polisindeto. 
  •     L’iperbole. 


6. Com’è costruito il chiasmo degli ultimi due versi?


7. Quali osservazioni puoi fare sul rapporto tra sintassi e metrica?


8. Osserva i vv. 9-10: ti sembrano antitetici?


9. Ti sembra che la volontà distruttiva di Cecco sia reale o che sia, in fondo, solo una posa scherzosa? Esponi le tue considerazioni motivandole adeguatamente.

COMPETENZE LINGUISTICHE

10. Coordinazione e subordinazione. L’intero sonetto è costruito su periodi ipotetici del II tipo, in quanto la possibilità espressa nella protasi è al congiuntivo imperfetto. Trasformali in periodi ipotetici dell’impossibilità (o del III tipo).

PRODURRE

11. Scrivere per esprimere. E tu, che cosa faresti se potessi dire, come Cecco, “Se io fossi…”? Rispondi in massimo 10 righe.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

MUSICA

Questo sonetto è stato musicato dal cantautore Fabrizio De André. Ascolta il brano: che cosa pensi della scelta musicale di De André? Ti sembra che corrisponda bene al significato del testo oppure no? Esponi le tue considerazioni in circa due minuti.

 >> pagina 282 

Se ti è piaciuto…

Bum! Esageriamo!

Trasformarsi in fuoco, vento, acqua, papa, imperatore, persino Dio: Cecco Angiolieri non pone limiti all’immaginazione. L’importante è esagerare. L’iperbole è uno dei meccanismi fondamentali della comicità, anche nella vita quotidiana. Pensiamo ai pescatori che millantano catture eccezionali, mimando con le braccia tese le dimensioni della preda, tanto da suscitare l’incredula allegria di chi li ascolta. È dunque inevitabile che tutte le forme artistiche abbiano sfruttato, ciascuna a modo proprio, questa inclinazione dell’animo umano. In letteratura, un capolavoro è rappresentato dalle storie di Gargantua e Pantagruele, giganti dalla forza immensa e dall’appetito insaziabile, elaborate dallo scrittore francese François Rabelais (1494 ca-1553).

L’esibizione di un vigore fenomenale rappresenta una costante in campo cinematografico, dove le scazzottate si sprecano sin dagli albori. Non mancano di conseguenza le parodie di questo filone: l’esempio più celebre in Italia è fornito dagli innumerevoli film che hanno visto come protagonista la coppia formata da Bud Spencer e Terence Hill (Carlo Pedersoli, 1929-2016, e Mario Girotti, n. 1939).

Per capire quanto l’iperbole comica sia un ingrediente fondamentale anche nel campo del fumetto basta scorrere le tavole di Cocco Bill, spassoso eroe western creato dalla fantasia inesauribile di Benito Jacovitti (1923-1997). Cocco Bill non solo mette k.o. senza sudare qualunque avversario, ma se occorre è in grado di lanciare una pistola in aria e colpirne il grilletto con una seconda, lasciando partire un colpo che infallibilmente stende il nemico.

Fumettisti e illustratori, inoltre, da sempre si sbizzarriscono nell’arte della caricatura, che consiste nell’esagerazione di un particolare o di un difetto, a scopo satirico. Le vignette, pubblicate sui giornali, bersagliano soprattutto uomini politici. Celebre in Italia il caso del democristiano Giulio An­dreotti (1919-­2013), più volte presidente del Consiglio, immancabilmente ritratto con orecchie sporgenti e gobba pronunciata.

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro