T3 - Ode al grazie (P. Neruda)

T3

Pablo Neruda

Ode al grazie

  • Tratto da Navigazioni e ritorni, 1959
  • Titolo originale Oda a las gracias
  • Lingua originale spagnolo
  • Metro versi liberi
L’autore

Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nasce nel 1904 a Parral, in Cile. Cresce a Temuco e si sposta nella capitale, Santiago, per frequentare l’università. Nel 1924 incontra il successo grazie alla raccolta di Venti poesie d’amore e una canzone disperata, in cui spiccano già alcuni dei suoi temi tipici quali l’amore e il paesaggio natale. In seguito intraprende la carriera di diplomatico, esercitata prima nel Sudest asiatico e poi in Europa. È in Spagna quando scoppia la Guerra civile: si schiera dalla parte dei repubblicani e pubblica varie poesie civili a loro sostegno contro le truppe del generale nazionalista Franco (Spagna nel cuore, 1937). Tornato in Cile, aderisce al Partito comunista e viene eletto senatore, ma è costretto a fuggire nel 1948, perseguitato dal dittatore Videla. Viaggia allora in vari paesi del mondo, compresa l’Italia, dove soggiorna lungamente a Capri. Tornato in patria nel 1953, si stabilisce nei pressi di Valparaiso e nel 1970 è nominato ambasciatore a Parigi dal presidente Salvador Allende. Nel 1971 riceve il premio Nobel per la Letteratura. Poco dopo il suo ritorno in Cile, nel 1973, assiste al colpo di stato del generale Pinochet. Da tempo malato, muore nello stesso anno.

Grazie: una paroletta, quasi un soffio di voce, che pure merita un’ode, perché è la gratitudine che ci rende umani, dissolve le inquietudini e scioglie il ghiaccio nei cuori.

Grazie alla parola

che ringrazia.

Grazie al grazie,

per

5      quanto la parola vale

a scioglier neve o ferro.


Minaccioso sembrava il mondo

fin quando, dolce

come piuma

10    chiara,

o dolce come petalo di zucchero,

di labbro in labbro

passa,

grazie,

15    pieno, ad alta voce

o sussurrato,

o appena mormorato,

l’essere tornò ad esser uomo

e non finestra,

20    entrò nel bosco

un poco di chiarore:

fu possibile cantare sotto le foglie.

Grazie, sei la medicina

contro

25    la ruggine tagliente del disprezzo,

sei la luce contro l’altare della rozzezza.


Forse

sei stato

anche arazzo

30    tra uomini lontani.

I passeggeri

si disseminarono

per il mondo

e allora nella selva

35    degli sconosciuti,

merci,

mentre il treno frenetico

cambia paese,

cancella le frontiere,

40    spasivo,

in fianco ad aguzzi

vulcani, freddo e fuoco,

thanks, sì, gracias, e allora

la terra si trasforma in una tavola da pranzo:

45    una parola l’ha ripulita,

i piatti e i bicchieri brillano,

le forchette risuonano

e le spianate sembrano tovaglie.


Grazie, grazie,

50    che tu parta e tu ritorni

che tu salga

e che tu scenda.

È chiaro, non

tutto riempi,

55    parola grazie,

ma

dove appare

il tuo piccolo petalo

scompaiono i pugnali dell’orgoglio

60    e compare un frammento di sorriso.


Pablo Neruda, Ode alla vita e altre odi elementari, trad. di G.B. De Cesare, Passigli, Firenze 2004

 >> pagina 263 

a TU per TU con il testo

Come non accorgersene? Viviamo in un’epoca corrosa dalla sfiducia e dalla diffidenza. La prima reazione, di fronte a un atto generoso, è chiedersi che cosa ci sia sotto, che cosa mai guadagnerà chi l’ha compiuto. Spesso in noi affiora la convinzione che l’unico metro per giudicare le azioni del prossimo sia l’interesse personale. E pensiamo che sia giusto ragionare così, se non vogliamo passare da ingenui: il mondo è spietato e va ripagato con la stessa moneta, o ci travolgerà… Del resto, intorno a noi vediamo spesso persone insoddisfatte, sgarbate, scontente dell’ambiente in cui vivono, indifferenti a ciò che hanno, che consumano la loro vita in un infinito, vano desiderare. Proviamo allora a fermarci per un momento, a riflettere su una gioia, anche minima, che ci ha illuminato una giornata. Un attimo di felicità per il quale qualcuno merita quel grazie che non abbiamo avuto voglia, tempo, coraggio di esprimere a voce. Nell’alfabeto delle emozioni, è la casella più trascurata: ma come ci ricorda Neruda, non c’è niente di meno scontato, niente di più dolce della gratitudine.

Analisi

Neruda vive da protagonista molti passaggi cruciali del Novecento, dalla guerra civile spagnola all’avvento delle dittature nell’America Latina, sempre scrivendone con partecipazione e costanza. Ma la sua vena di poeta civile non si limita ai grandi avvenimenti politico-sociali. A partire dagli anni Cinquanta compone una lunga serie di “odi elementari”, nelle quali celebra oggetti e situazioni tratti dalla vita quotidiana, nella certezza che anche in queste umili realtà risiedano aspetti preziosi della vita, che il poeta deve cogliere e valorizzare. Troviamo dunque odi alla cipolla, alla legna, al letto, alle alghe dell’oceano, ma anche all’allegria, alla pigrizia, alla solidarietà, all’inquietudine e appunto al grazie. Inaudita è la forza della riconoscenza, in grado di scioglier neve o ferro (v. 6), cioè di scaldare il cuore e allontanare la tentazione della violenza.

La dolcezza di un semplice grazie è in grado di addomesticare l’aggressività del mondo: Neruda si rivolge a questa parola con un confidenziale “tu” e la accosta a vari elementi concreti. Per cominciare la paragona a una piuma / chiara (vv. 9-10) e a un petalo di zucchero (v. 11) che passa di labbro in labbro. Ora pronunciato a piena voce, ora timidamente sussurrato, è il vocabolo magico che consente all’uomo di recuperare umiltà: quella che occorre per riconoscere il nostro debito verso il prossimo. Un grazie riporta nel bosco / un poco di chiarore (vv. 20-21), dissipa le nubi soffiate dai dubbi. È la medicina che guarisce dalle ferite inferte dal disprezzo, la luce della gentilezza che trionfa sulla volgarità. Tutto ciò, s’intende, se quel grazie sgorga spontaneo e non è dovuto a un calcolo interessato, all’ipocrisia di un obbligo sociale, o a una sollecitazione che non si vuole deludere. Non sempre grazie significa davvero solo e soltanto grazie: non sempre è un dono gratuito, fraterno e disinteressato.

Per illustrare come il balsamo del grazie diffonda nel mondo i suoi effetti benefici, Neruda ricorre a una metafora ferroviaria: proprio come un treno frenetico (v. 37) che cancella le frontiere (v. 39) porta dappertutto il suo messaggio di amicizia, espresso dai viaggiatori nelle varie lingue, merci (v. 36), spasivo (v. 40), thanks (v. 43), gracias (v. 43)… Le asperità della vita sono spianate e la terra si trasforma in una tavola da pranzo (v. 44), un’immensa pianura dove gli uomini convengono per mangiare insieme e sperimentano un’allegra e pacifica convivialità che rimpiazza guerre rabbiose e insensate. Certamente una parola non è in grado di cancellare ogni problema, ma ne favorisce la soluzione. Un grazie donato è come un fiore che ingentilisce le nostre giornate. Di fronte a esso l’orgoglio deve rinfoderare i suoi pugnali (v. 59) e cedere la scena a un frammento di sorriso (v. 60).

 >> pagina 264 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) La parola grazie è un rimedio alla freddezza e alla violenza.

  •   V       F   

b) La parola grazie ha la dolcezza dello zucchero.

  •   V       F   

c) La parola grazie aiuta a non perdersi nel bosco.

  •   V       F   

d) La parola grazie fa arrugginire il disprezzo.

  •   V       F   

e) La parola grazie compensa la rozzezza.

  •   V       F   

f) La parola grazie unisce uomini lontani.

  •   V       F   

g) La parola grazie funziona in qualunque condizione ambientale.

  •   V       F   

h) La parola grazie vale per chiunque.

  •   V       F   

i) La parola grazie è onnipotente.

  •   V       F   

j) La parola grazie rende orgoglioso chi la pronuncia.

  •   V       F   

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Su quale figura retorica sono costruiti i primi tre versi?

  •     Anafora. 
  •     Polisindeto. 
  •     Poliptoto. 
  •     Ossimoro. 


3. Quali similitudini sono presenti ai vv. 8-11? Quali caratteristiche della parola grazie vogliono sottolineare?


4. Che cosa significano i vv. 18-22? Che significato assume il bosco? E il canto?


5. La ruggine tagliente del disprezzo (v. 25) è

  •     una metafora. 
  •     una sinestesia. 
  •     un’anafora. 
  •     una paronomasia. 


6. Perché a un certo punto il poeta usa l’immagine dell’arazzo (v. 29)? Che cosa significa in relazione agli uomini lontani (v. 30)?


7. Che cosa significano i vv. 50-52?


8. Quale idea della vita e dell’umanità emerge dal componimento? Esponi le tue considerazioni.

COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. La polisemia. La parola grazie è propriamente il plurale di “grazia”, un termine che può avere significati anche molto diversi. Con l’aiuto del dizionario, individuane almeno tre e scrivi una frase per ciascuno di essi.

PRODURRE

10. Scrivere per esprimere. Imitando lo stile di Neruda, prova a inventare alcune metafore a cui associare la parola grazie (massimo 15 righe).


11. Scrivere per esprimere. Inventa un’ode per una delle (tante) altre parole quotidiane che diamo per scontate, come “buongiorno”, “prego”, “scusa” (massimo 20 righe).

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro