1. Che cos’è la metrica
Quando ancora non esisteva la scrittura, la poesia era strettamente legata alla memoria e alla musica. I poeti cantavano, come veri e propri menestrelli, testi appresi a memoria e tramandati di bocca in bocca, accompagnandosi con strumenti musicali. Le poesie erano simili alle canzoni di oggi: il testo, inseparabile dalla melodia, era soggetto a determinate regole ritmiche. Con il passaggio dall’oralità alla scrittura, tali regole sono diventate un tratto distintivo del testo poetico: la metrica.
L’elemento basilare della metrica è il verso. Di che cosa si tratta? La parola “verso” deriva dal verbo latino vertere, che significa “voltare”: come a dire che il poeta non sfrutta tutto lo spazio della riga sulla pagina, ma decide di “andare a capo”. La disposizione grafica dei versi, nella pagina stampata, è la prima caratteristica che distingue la poesia dalla prosa: non a caso, in latino, l’espressione “prosa“, oratio, stava a indicare un “discorso in linea retta”, ossia “fino alla fine della riga”. Infatti, se apriamo un romanzo o un giornale, vediamo che le parole sono distribuite in modo pressoché ininterrotto, se si escludono gli spazi tra i paragrafi. Il testo poetico, invece, si presenta come una serie di righe disposte in colonna, ciascuna coincidente con un verso, separato dagli altri tramite l’a capo. La lunghezza di questi versi, le strofe (ovvero i modi in cui i versi si raggruppano), le rime e gli altri richiami fonici rispondono alle leggi della metrica.