Alla scoperta dei testi

T1

Ugo Foscolo

Alla sera

  • Tratto da Poesie, 1803
  • Metro sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDC DCD
L’autore

Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zante, un’isola del mar Ionio che all’epoca faceva parte della Repubblica di Venezia. In seguito alla morte del padre (1788), trascorre qualche anno a Corfù, presso una zia, e nel 1793 si ricongiunge con la madre, trasferendosi a Venezia. Qui vive le prime esperienze amorose, sviluppa una forte passione politica e consolida la sua formazione letteraria, dedicandosi allo studio dei classici e frequentando lezioni all’università. Abbraccia gli ideali della Rivoluzione francese e si entusiasma per l’intervento in Italia di Napoleone. Tuttavia, le grandi speranze che Bonaparte potesse liberare l’Italia dal dominio straniero vengono frustrate dal trattato di Campoformio del 1797, con il quale il territorio di Venezia viene ceduto all’Austria. Deluso e amareggiato, il poeta decide di intraprendere la via dell’esilio: da qui vivrà in modo avventuroso, in preda a una costante inquietudine esistenziale. Tra le sue opere – veri capolavori in bilico tra sensibilità classica e affanni romantici – ricordiamo il romanzo epistolare Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802), le Poesie (1803) e il carme Dei Sepolcri (1807), in cui il poeta esalta la memoria come fondamento della civiltà. Nel 1815, per non giurare fedeltà al regime austriaco, Foscolo fugge ancora in esilio, prima in Svizzera e poi a Londra, dove muore nel 1827, povero, dimenticato e perseguitato dai creditori.

In questo sonetto il poeta si rivolge con affetto alla personificazione della sera. Il tramonto, infatti, è come un fedele compagno che giunge a placare ogni tormento, prefigurando l’ineluttabile spegnersi della vita.

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Audiolettura

Forse perché della fatal quïete

tu sei l’immago a me sì cara vieni,

o Sera! E quando ti corteggian liete

4      le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all’universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

8      vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

11    questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

14    quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.


Ugo Foscolo, Opere, a cura di F. Gavazzeni, Ricciardi, Milano-Napoli 1974

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a TU per TU con il testo

L’esperienza descritta da Foscolo in termini aulici non è riservata a pochi, straordinari eletti, in grado di provare ciò che gli altri non provano o di affrontare la paura della morte. Tutti possiamo, invece, tentare di ascoltare le voci del paesaggio, o riflettere sull’inevitabile spegnersi di tutte le cose. Un tramonto contemplato da una scogliera, ma anche il sole morente che indora i palazzi, nello squallore di una periferia… La fine di una giornata di studio o di lavoro, le strade che si svuotano dal traffico, gli animali che tornano nelle loro tane. Ciò che viviamo – in piccolo – è immagine di un tramonto “cosmico” e totale? È forse lo stesso universo a correre, inesorabilmente, verso una notte muta ed eterna, sopraggiunta dopo lo svanire dell’ultima, invisibile particella di luce? Può essere… Tuttavia, per il poeta (e magari per noi), il problema più assillante sta altrove: trovare il modo di placare, almeno per poco, il demone che anche l’uomo o la donna più mite sente ruggire in fondo al cuore.

Analisi

Il poeta si rivolge alla sera (v. 3) come se fosse sua diretta interlocutrice (attraverso la figura retorica della personificazione) con un’accorata apostrofe. Egli brama intensamente il momento del tramonto che, avvolgendo con le tenebre la Terra, sembra prefigurare la calma rasserenante della morte. Sia d’estate, con il bel tempo, sia d’inverno, quando il cielo scuro minaccia tempesta, il sopraggiungere della sera ha un potente effetto sull’interiorità del poeta, che lo attende e lo “invoca” come una promessa di pace.

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La contemplazione della tranquillità serale spinge l’io lirico a riflettere sulla morte, che per Foscolo consiste in uno stato di totale cancellazione e assenza di moto, a cui tutte le cose sono prima o poi destinate (fatal quïete, v. 1). Il poeta, infatti, ha un’idea materialistica della morte, che è vista come un nulla eterno (v. 10), cioè una condizione di totale e perenne annullamento dell’essere, in cui sia l’anima sia il corpo degli individui cessano completamente di esistere. Tuttavia tale immagine non appare funesta, anzi: mentre il giorno accecante coincide con il reo tempo (v. 11), la sera, dalla luminosità morbida e soffusa, rappresenta un momento benefico e rasserenante perché coincide con la fine dei dolori e delle preoccupazioni che affollano l’esistenza dell’io lirico e lo assalgono senza tregua, armate come le schiere di un esercito (le torme / delle cure, vv. 11-12).

Non a caso, ai verbi di movimento, concentrati nella prima terzina (Vagar, v. 9; vanno, v. 10; van, v. 11) si oppone la pace della sera al v. 13, che provoca un assopimento del tumulto interiore del poeta. La quiete interiore è però una condizione transitoria: la guerra perenne che agita il suo cuore e accende il suo temperamento ribelle è destinata presto a riaffiorare nel ruggito del suo spirto guerrier (v. 14).

La ricerca dell’armonia e della pace visibile nel sonetto si rispecchia nella sua costruzione. Nelle quartine il ritmo è ampio e solenne, come a sottolineare la distaccata contemplazione della sera e la momentanea sospensione degli affanni. Le terzine invece seguono un ritmo più serrato e incalzante, adatto a esprimere la tempesta interiore che agita il poeta e l’incessante scorrere del tempo, rappresentati anche attraverso la paratassi scandita dal polisindeto (e intanto, v. 10; e van, v. 11; e mentre, v. 13) e l’uso insistito dell’enjambement. Il riaffiorare delle tensioni dell’anima si riverbera infine nell’accumulo dei suoni aspri, prodotti dalla presenza di numerose vocali “scure” (“o” e “u”) e di consonanti (orme; torme; dorme; nulla eterno ecc.): in particolare, negli ultimi versi l’allitterazione delle consonanti r e g (strugge; spirto guerrier; rugge) sembra rimandare ai furiosi tormenti che scuotono il cuore dell’io lirico.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Ti proponiamo la parafrasi del componimento: scegli l’alternativa corretta.


O sera, tu giungi a me così gradita forse perché mi fai immaginare il / assomigli al riposo fatale. Arrivi sempre attesa / richiamata, sia quando ti accompagnano / inseguono le festose nubi estive e le brezze che portano serenità / il sereno, sia quando porti sul mondo / nell’universo, dall’aria carica di neve, tenebre ampie / durature e inquietanti, e occupi con dolcezza le vie più impervie / intime che portano al mio cuore. Mi fai vagare con il pensiero sulle impronte / sui passi che conducono al nulla eterno; e intanto se ne va rapidamente / mi sfugge quest’epoca malvagia, e se ne vanno con lei le schiere delle preoccupazioni / malattie per cui lei stessa si consuma con me; e mentre io contemplo la tua pace, dorme quello spirito combattivo / aggressivo che mi ruggisce dentro.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Il poeta scrive Sera con la lettera maiuscola perché si tratta di

  •     un’apostrofe. 
  •     un’antonomasia. 
  •     una personificazione. 
  •     una metafora. 


Quale significato ha questa figura retorica, anche alla luce di tutto il sonetto?


3. Tra la prima e la seconda quartina viene instaurata una netta contrapposizione fra stagione estiva e stagione invernale: perché? Quali termini o espressioni creano l’opposizione?


4. La locuzione “tenere le vie” era originariamente usata in ambito militare. Come cambia questa locuzione con l’inserimento dell’avverbio soavemente (v. 8)?


5. Quali sono le due espressioni che Foscolo usa per indicare la morte? Che immagine di essa trasmettono?


6. Quale immagine dell’io lirico emerge da questo sonetto? Esponi le tue considerazioni facendo riferimento ai passi che ritieni significativi.


7. Individua almeno un paio di esempi per ciascuno degli usi che rendono così elevato lo stile del sonetto.


Lessico aulico  
Latinismi  
Anastrofi/inversioni  

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COMPETENZE LINGUISTICHE

8. I complementi. Nelle espressioni a me sì cara vieni, / o Sera (vv. 2-3) e sempre scendi invocata (v. 7), cara e invocata sono

  •     complementi di modo. 
  •     complementi predicativi del soggetto. 
  •     complementi predicativi dell’oggetto. 
  •     complementi di qualità. 


9. Lessico. I sinonimi. Foscolo usa il termine orme (v. 9) per indicare il cammino che conduce al suo cuore. Ti diamo alcuni sinonimi di questo termine: dopo averne controllato il significato sul dizionario, scrivi una frase per ciascuno di essi.


• tracce • impronte • vestigia • segni • scia

PRODURRE

10. Scrivere per confrontare. Confronta questo sonetto con il madrigale di Tasso Qual rugiada o qual pianto ( T6, p. 202): in che cosa somigliano o differiscono le due immagini della sera? (massimo 20 righe)


11. Scrivere per descrivere. Partendo dagli elementi presenti nel sonetto, amplia, a tua scelta, la descrizione della sera estiva o di quella invernale: soffermati non solo sugli elementi visivi, ma anche su quelli uditivi e olfattivi (massimo 15 righe).

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Anche tu, come Foscolo, ami la calma e la tranquillità della sera oppure preferisci l’energia e la vitalità del mattino? Perché?

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro