T3 - Pace non trovo, et non ò da far guerra (F. Petrarca)

T3

Francesco Petrarca

Pace non trovo, et non ò da far guerra

  • Tratto da Canzoniere (CXXXIV), 1351-1353
  • Metro sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE. Ai vv. 11 e 14 figura un caso di rima imperfetta, detta siciliana (altrui : voi)
L’autore

Francesco Petrarca nasce nel 1304 ad Arezzo, figlio di un notaio fiorentino in esilio. Nel 1311 si sposta con la famiglia ad Avignone presso la corte papale, che si era trasferita in Francia da qualche anno. Studia grammatica, retorica, diritto e soprattutto i classici greci e latini. Al 1327 risale l’incontro con Laura, la donna a cui consacrerà la sua ispirazione poetica. Nel 1330 diventa chierico, una categoria minore di sacerdote che però gode di varie forme di sostentamento fornite dalla Chiesa. Alterna viaggi in Italia e in Europa a periodi di isolamento e studio, ritirato nella sua residenza di campagna in Val Chiusa (Provenza). La sua fama di uomo di lettere si espande rapidamente: nel 1341 a Roma, nel contesto di una cerimonia ufficiale, viene “laureato”, cioè incoronato con l’alloro, simbolo di gloria poetica. Petrarca è autore di svariate opere in latino e in volgare, tra cui il Secretum (1342-1353), un dialogo immaginario tra il poeta e il teologo Agostino di Ippona, e il Canzoniere (1342-1373 ca), una raccolta di 366 poesie (una per ogni giorno dell’anno, più un componimento introduttivo) dedicate al suo amore per Laura. Il Canzoniere costituisce una pietra miliare della lirica amorosa italiana ed europea: lungo i secoli, il suo stile prezioso e armonico è stato un modello di riferimento per moltissimi autori, che hanno cercato di riprodurlo e di adattarlo a nuove esigenze espressive. Petrarca muore nel 1374 ad Arquà, in Veneto.

Attraverso una reiterata serie di antitesi e paradossi, Petrarca descrive in questo sonetto la sofferenza fisica e spirituale a cui la passione per Laura lo condanna.

Pace non trovo, et non ò da far guerra;

e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;

et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;

4      et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.


Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,

né per suo mi riten né scioglie il laccio;

et non m’ancide Amore, et non mi sferra,

8      né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.


Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;

et bramo di perir, et cheggio aita;

11    et ò in odio me stesso, et amo altrui.


Pascomi di dolor, piangendo rido;

egualmente mi spiace morte et vita:

14    in questo stato son, donna, per voi.


Francesco Petrarca, Canzoniere, a cura di M. Santagata, Mondadori, Milano 1996

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a TU per TU con il testo

Lungi dall’essere sempre gioioso e felice, l’amore è talvolta simile a una guerra, in cui gli individui si trovano a combattere almeno su due fronti: contro la persona amata da un lato, contro se stessi dall’altro. Il sonetto di Petrarca descrive il tumulto interiore che agita spesso il cuore degli amanti. Quali sono le ragioni di questo scontro? Una, la più semplice, deriva dall’eventualità che l’amore sia ostacolato o non corrisposto: quando non possiamo ottenere l’oggetto dei nostri desideri, la passione si muta subito in tormento. Le insistenti antitesi su cui si basa il sonetto, però, sembrano alludere a qualcosa di più profondo: a prescindere dagli esiti più o meno felici, molte volte i nostri amori portano in sé una specie di ferita, di perenne contraddizione. Come reagisce il nostro cuore? Ognuno può raccontare una reazione diversa. Una cosa è certa e vale per tutti: niente sarà più come prima…

Analisi

Il sonetto Pace non trovo, et non ò da far guerra è dedicato ai paradossali effetti che il sentimento amoroso produce sull’animo del poeta. Il soggetto protagonista, infatti, si trova in una condizione di dissociazione interiore, espressa già al v. 1: l’amore lo costringe a vivere sospeso tra la pace e la guerra, in uno stato di profonda confusione spirituale. Tale contraddizione è la conseguenza di una passione destabilizzante, che condanna la vittima a dibattersi tra emozioni e stati psicologici contrastanti: amore e odio, gioia e tormento, speranza e disperazione, riso e pianto…

In tal modo questo sonetto mette a fuoco uno degli elementi fondamentali e innovativi della lirica petrarchesca: l’introspezione psicologica. Su quattordici versi, infatti, ben tredici sono dedicati a descrivere gli effetti dell’amore sull’animo del poeta. Il v. 14, invece, suona come una ricapitolazione: l’autore si rivolge direttamente alla donna, informandola che è lei ad aver provocato, certo involontariamente, un tale dissesto interiore.

Per rappresentare questa scissione, Petrarca stila un vero e proprio elenco di antitesi e paradossi, i cui termini sono espressi attraverso il martellante ricorso al polisindeto e collegati tra loro con chiasmi o parallelismi (come, rispettivamente, al v. 2 e al v. 11). Il suo turbamento di innamorato non corrisposto viene in tal modo esibito mediante la compresenza dei contrasti in una permanente oscillazione di momenti positivi e negativi che il poeta, lacerato, non riesce a placare e a razionalizzare. La sua passione per la donna è infatti un sentimento per sua natura contraddittorio: se da un lato l’amore diventa la sola ragione di vita del poeta, dall’altro è anche causa di un dolore inguaribile. La figura retorica dell’antitesi è dunque adattissima a rendere l’esperienza amorosa vissuta, sempre in bilico tra gioioso trasporto e amara frustrazione: et ardo, et son un ghiaccio (v. 2) rappresenta lo stato febbricitante di Petrarca attraverso l’opposizione della fiamma al gelo; il poeta ora si eleva verso l’infinità del cielo, ora si sente avvinto e prostrato sulla terra (volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra, v. 3); vorrebbe abbracciare tutto ’l mondo – vagheggiando attraverso un’iperbole le gioie dell’amore – ma il suo slancio, nella realtà, non porta a nessun risultato (nulla stringo, v. 4).

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La seconda strofa del sonetto si concentra sulla metafora bellica già introdotta nell’incipit, sviluppandola in due fondamentali direzioni: il motivo della prigionia e quello della ferita. Ai vv. 5-6, infatti, il poeta si paragona a un “carcerato” molto particolare: non è né libero né prigioniero, non viene rilasciato dal suo carnefice (non m’apre, v. 5; né scioglie il laccio, v. 6), ma non è nemmeno chiuso a chiave (né serra, v. 5; né per suo mi riten, v. 6). L’antitesi “libertà-prigionia” viene poi sostituita, ai vv. 7-8, da quella “morte-vita”: dopo aver ferito il poeta con un micidiale dardo, Amore lascia il ferro nel corpo della vittima, senza però infliggere il colpo di grazia.

Il risultato è sempre lo stesso: una paradossale confusione di termini opposti che rendono perfettamente il senso di dissidio interiore. Gli effetti dell’amore, così, smentiscono il pensiero comune: solitamente, infatti, si crede che due emozioni o concetti contrari non possano convivere in modo simultaneo. Petrarca ci spiega invece che, almeno in amore, tale regola non vale: si può vedere senza occhi e urlare senza lingua (v. 9), desiderare contemporaneamente l’annientamento (bramo di perir, v. 10) e la salvezza (cheggio aita, v. 10), alimentare uno slancio autodistruttivo (ò in odio me stesso, v. 11) e non resistere alle lusinghe dell’amore (amo altrui, v. 11), fino a nutrirsi della sofferenza (v. 12) e a voler vivere e, allo stesso tempo, morire (egualmente mi spiace morte et vita, v. 13).

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Individua correttamente la dispositio della materia (la successione di temi/argomenti) all’interno del componimento, specificando anche i versi o le strofe corrispondenti.

  • a) La guerra di Amore
                                                                                                                                                                .
  • b) Invocazione alla donna
                                                                                                                                                                .
  • c) I contrasti dell’amore
                                                                                                                                                                .
  • d) L’amore fa fare cose impossibili
                                                                                                                                                                .


2. Quali due condizioni psicologiche indica il v. 3: et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra?

  •     L’estasi amorosa e la disperazione provate dal poeta. 
  •     L’amore e l’odio verso la donna. 
  •     La gioia e la tristezza che si alternano nel rapporto tra il poeta e la donna. 
  •     La certezza e l’incertezza del sentimento. 


3. Chi è il Tal (v. 5) che tiene il poeta in prigione?

  •     La donna amata. 
  •     Il cuore del poeta. 
  •     Amore. 
  •     Il dolore. 


4. L’impaccio al v. 8 indica

  •     i guai in cui si è cacciato il poeta a causa dell’amore. 
  •     la timidezza e la goffaggine del poeta. 
  •     gli ostacoli che si frappongono tra il poeta e l’amata. 
  •     la situazione di grave difficoltà e disagio in cui il poeta si trova a causa dell’amore. 


5. L’espressione piangendo rido (v. 12) significa

  •     piango e rido. 
  •     rido mentre piango. 
  •     rido perché piango. 
  •     piango perché rido. 

 >> pagina 191 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

6. Nel testo del sonetto, evidenzia in un colore i termini e le espressioni connotati positivamente, in un colore diverso quelli connotati negativamente; poi sottolinea la congiunzione “e” e cerchia le negazioni. Ora osserva il risultato: quali considerazioni puoi fare?


7. Nella seconda quartina Petrarca fa ricorso ad alcuni topoi ricorrenti della poesia amorosa e in uso ancora oggi: quali sono? Quale concezione dell’amore veicolano?


8. Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido (v. 9): in questo verso Petrarca fa ricorso a una figura retorica chiamata adynaton (o impossibilia), che consiste nell’indicare una situazione che non si può realizzare nella realtà. Che significato ha questo verso in relazione alla condizione complessiva del poeta?


9. La donna amata compare solo nell’ultimo verso del sonetto: che tipo di atteggiamento ti sembra che abbia nei confronti del poeta?

COMPETENZE LINGUISTICHE

10. Lessico. La derivazione. Il verbo “sferrare” (togliere il ferro) è un derivato dal sostantivo “ferro”: trova almeno altri 5 derivati da questa parola (almeno un sostantivo, un verbo e un aggettivo) e scrivi una frase per ciascuno di essi.


11. Coordinazione e subordinazione. Il v. 5, Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra, è costituito da

  •     principale + subordinata relativa. 
  •     principale + subordinata causale. 
  •     principale + subordinata consecutiva. 
  •      principale + subordinata dichiarativa. 

PRODURRE

12. Scrivere per confrontare. Petrarca e Saffo ( T1, p. 180) danno entrambi voce a una passione amorosa dolorosa e tormentata: in che cosa le due concezioni dell’amore sono simili e in che cosa differiscono? Esponi le tue considerazioni facendo precisi riferimenti ai due testi (massimo 25 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

Ancora oggi il linguaggio amoroso e la rappresentazione iconografica di questo sentimento fanno ricorso a immagini e motivi antichissimi. Te ne diamo alcuni esempi: insieme ai tuoi compagni, cercane altri e indica quali sono, per te, di uso comune.

L’emozione della lettura - volume B
L’emozione della lettura - volume B
Poesia e teatro