T8 - Mannahatta (W. Whitman)

Il tema: La città

T8

Walt Whitman

Mannahatta

  • Tratto da Foglie d’erba, 1855
  • Lingua originale inglese
  • Metro versi lunghi di misura libera
L’autore

Walt Whitman nasce nel 1819 a Long Island, sulla costa atlantica newyorkese, da una modesta famiglia di origine inglese e olandese. A undici anni lascia la scuola impiegandosi come tipografo: sboccia così il suo amore per la scrittura, che lo porterà a diventare giornalista e poeta (ma fu anche fattorino, maestro elementare e carpentiere), vivendo tra Brooklyn e Manhattan. Nel 1848, insoddisfatto, intraprende un viaggio durante il quale raggiunge la Louisiana, ricavando una profonda impressione dalla varietà dei paesaggi naturali e umani incontrati. Ne trae l’ispirazione per le poesie riunite in Foglie d’erba (1855), una raccolta che andrà ampliando instancabilmente fino ai suoi ultimi anni. Quando nel 1860 scoppia la Guerra di Secessione americana appoggia con slancio Lincoln e opera come infermiere negli ospedali da campo. Nel 1873 un colpo apoplettico lo lascia semiparalizzato. Decide allora di ritirarsi presso il fratello a Camden, New Jersey, dove si spegne nel 1892.

Whitman descrive con entusiasmo l’isola di Manhattan, cuore pulsante di New York: la sua città, allora in straordinario fermento, destinata a diventare la più importante metropoli del mondo.

Chiedevo qualcosa di speciale, perfetto per la mia città,

quando, ecco, emerse l’originale suo nome.


Ora scopro ciò che si trova in un nome, una limpida, sana, ribelle, musicale parola, che basta

                   [a se stessa,

vedo che il nome della mia città è questo nome dei tempi remoti,

5      perché vedo questo nome incastonato in una nicchia di baie, superba,

ricca, orlata all’ingiro da una densa frangia di velieri e vapori, isola lunga sedici miglia,

                   [solida di fondamenta,

innumeri strade affollate, alte strutture di ferro, snelle, robuste, leggere, che superbe s’adergono

                   [verso limpidi cieli,

rapide ed ampie maree, sinceramente amate da me, verso il tramonto,

fluide correnti marine, le isolette, le isole vicine più grandi, le alture, le ville,

10    gli innumeri alberi maestri, i bianchi battelli, gli alleggi, i ferry, i neri transatlantici ben carenati,

le strade nella città bassa, le case di commercio dei mediatori, gli uffici dei sensali marittimi,

                  [dei cambiavalute, le strade sul fiume,

immigranti che arrivano, quindici, ventimila per settimana,

i carri che trasportano merci, la stirpe maschia dei carrettieri, i marinai di viso abbronzato,

l’aria estiva, il sole che splende luminoso, le nubi che salpano alte,

15    le nevicate invernali, il tintinnìo delle slitte, il ghiaccio rotto nel fiume, che sale

                  [con l’alta marea e con la bassa divalla,

gli operai della città, i padroni, ben fatti, dai nobili volti, che negli occhi vi fissano,

folle sui marciapiedi, veicoli, Broadway, donne, negozi, vetrine,

un milione di gente – liberi modi superbi – voci franche – ospitalità – i giovani

                  [più coraggiosi e cordiali,

città di fulgide acque correnti! città di guglie e d’alberi maestri!

20    Città incastonata tra baie, la mia città!


Walt Whitman, Foglie d’erba, trad. di E. Giachino, Einaudi, Torino 2008

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a TU per TU con il testo

L’atteggiamento più comune, in coloro che vedono cambiare tutto intorno a sé, è il rimpianto. Quante persone conosciamo che non fanno altro che rievocare con nostalgia i vecchi tempi e guardare con diffidenza a qualunque novità? La città moderna non fa per questa gente: è il luogo del cambiamento incessante, il luogo in cui la società più velocemente muta e si rimescola. Nell’aria c’è sempre qualcosa di frizzante. Chi se ne va è subito sostituito da chi viene a cercare fortuna. Si costruiscono nuovi quartieri, altri vengono abbattuti, dappertutto ferve l’operosità. Whitman osserva la New York che aveva conosciuto da ragazzo trasfigurata: vede ogni giorno sbarcare uomini che parlano lingue sconosciute, pronti a darsi da fare e a mettersi alla prova. Lungi dall’abbattersi, o chiudersi a riccio, si inebria. Ha l’impressione che l’isola di Manhattan si stia tramutando essa stessa in una nave lanciata a tutta velocità verso il progresso. Di lì a poco, comincerà l’età dell’oro che la trasformerà in una stupefacente foresta di grattacieli.

Analisi

Walt Whitman è il più grande cantore del sogno americano. Nella sua poesia, vibrante e ottimistica, si sente l’energico slancio di una nazione “giovane” e in crescita, l’inno appassionato alle possibilità offerte dalla democrazia all’uomo operoso. Nella sua voce risuonano milioni di altre voci: Whitman si sente uomo comune fra uomini comuni, parte di una folla in cammino, e vuole farsene interprete.

Ai suoi occhi la modernità è un coronamento dell’opera della natura. Il suo primo intento è perciò quello di celebrare l’armonia del creato che si riflette nel progresso. Non fa eccezione Mannahatta, componimento in cui omaggia con fervore la metropoli che gli ha offerto l’opportunità di riconoscersi come individuo e come poeta. L’influenza dell’atmosfera di New York è in effetti ben più importante delle molteplici ascendenze letterarie di cui egli risente: possiamo dire che Foglie d’erba, la raccolta che scrisse e ampliò per tutta la vita, rappresenti sul piano della letteratura ciò che in politica rappresentò la Dichiarazione d’Indipendenza, con la quale, nel 1776, le colonie dell’America del Nord tagliarono di netto il legame con la madrepatria inglese.

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Mannahatta sembra a Whitman un nome perfetto per indicare New York, una limpida, sana, ribelle, musicale parola (v. 3), con la quale può iniziare la lode della sua città, che si snoda in una lunga enumerazione di aspetti caratterizzanti. Furono le tribù dei nativi algonchini a battezzare la baia con questo termine, che nel loro linguaggio significava “l’isola delle colline”. Fin dall’inizio il poeta tiene a creare un nesso saldissimo fra la natura e l’ambiente movimentato che si trova di fronte. Mannahatta condensa l’ideale di una vita che nella visione del poeta è allo stesso tempo moderna e ancestrale, in quanto vi si esprimono le migliori energie della nostra specie.

Il nome si incastona perfettamente nella nicchia di baie, superba, / ricca, orlata all’ingiro da una densa frangia di velieri e vapori (vv. 5-6). New York in effetti era allora innanzitutto una città portuale: lo snodo cruciale fra Nuovo Mondo e Vecchia Europa. Whitman insiste su quest’aspetto, alternando alla maestosa bellezza del creato le altrettanto maestose bellezze dovute all’ingegno dell’uomo. Da una parte dunque troviamo il mare, solcato da rapide ed ampie maree (v. 8), forti correnti, isole e isolette; dall’altra le enormi gru che si innalzano verso il cielo snelle, robuste, leggere (v. 7), e lo spettacolo del porto: Gli innumeri alberi maestri, i bianchi battelli, gli alleggi, i ferry, i neri transatlantici ben carenati (v. 10).

Lo sguardo del poeta si rivolge poi alle strade della città, dove brulicano gli affari dei vari mestieri che ruotano intorno al porto: mediatori, sensali marittimi, cambiavalute (v. 11), mentre i carrettieri trasportano merci e i marinai si aggirano abbronzati. Sulle banchine gli immigranti arrivano a frotte, quindici, ventimila per settimana (v. 12), a garantire linfa fresca all’America e braccia forti al lavoro: nel 1880 New York aggiungerà un milione di abitanti ai 200 000 residenti del 1830. Diventeranno tre milioni e mezzo nel 1900, sette milioni nel 1930. Questa gente si riversa nelle strade della città: produce, consuma, ma vuole anche divertirsi e, come in una lanterna magica, il lettore vede scorrere folle sui marciapiedi, veicoli, Broadway, donne, negozi, vetrine (v. 17).

È un flusso continuo di persone che ti guardano diritte negli occhi, giunte per farsi largo con franchezza, cordialità, orgoglio e coraggio: cittadini che credono nella democrazia e ne vengono premiati. Sono gli uomini che più tardi costruiranno autostrade, metropolitane e grattacieli. Per ora tuttavia vivono in una città dove i carri sono trainati da cavalli e d’inverno si può ancora udire il tintinnìo delle slitte (v. 15) che scivolano sul ghiaccio. Natura e società ancora una volta si corrispondono: nei fiumi l’acqua scorre incessante, come per le vie scorrono fiumi di persone. La vita si rimescola con prepotente libertà, senza badare a chi vorrebbe ingabbiarla. Il che vale anche per il poeta: Whitman svincola la sua metrica dalle vecchie regole della tradizione e la lascia fluire secondo i moti del cuore, in lunghe sequenze ispirate ai versetti della Bibbia.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) Il nome “Manhattan” è un nome di origine recente.

  •   V       F   

b) Manhattan è situata in una baia.

  •   V       F   

c) Manhattan è un promontorio.

  •   V       F   

d) Le strade di Manhattan sono affollate.

  •   V       F   

e) Nella baia di Manhattan ci sono molte isole e isolette.

  •   V       F   

f) Il territorio di Manhattan è pianeggiante.

  •   V       F   

g) Al porto di Manhattan attraccano solo piccole imbarcazioni di pescatori.

  •   V       F   

h) Nella città bassa di Manhattan vivono i ricchi e i nobili.

  •   V       F   

i) In inverno, a Manhattan si devono usare le slitte.

  •   V       F   

j) A Manhattan vivono persone di varia provenienza ed estrazione sociale.

  •   V       F   

 >> pagina 165 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Quali sono i procedimenti retorici su cui è costruita tutta la poesia?

  •     Parallelismo. 
  •     Accumulazione. 
  •     Antitesi.
  •     Anafora. 
  •     Paratassi. 
  •     Ipotassi. 
  •     Polisindeto. 
  •     Asindeto. 


3. Individua nel testo tutti i termini e le espressioni che si riferiscono ai campi semantici del movimento e dell’affollamento (di cose e persone).


Movimento  
Affollamento  

Quale immagine della città contribuisce a creare il ricorrere di questi due campi semantici?


4. Il volto della città cambia con il cambiare delle stagioni?


5. Su quali luoghi della città si sofferma maggiormente l’occhio del poeta? Perché?


6. L’immagine della città in tumultuosa crescita e in continuo movimento ti sembra positiva o no? Esponi le tue considerazioni facendo riferimento ai passi del componimento a tuo giudizio più significativi.

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Lessico. Per “solidarietà semantica” si intende il rapporto preferenziale che intercorre tra due termini, che si trovano spesso accostati. Per esempio, “imbizzarrito” si può usare come aggettivo per un cavallo, ma non per un cane; al contrario, il verbo “scodinzolare” si usa per indicare il movimento della coda del cane e non di quella del cavallo. Ti diamo una serie di termini: individua a quale nome presente nel componimento possono essere riferiti.


• marea • nave • nevicata • carri • tintinnio • isola • negozi/vetrine • viso • baia

PRODURRE

8. Scrivere per descrivere. Descrivi la tua città imitando lo stile paratattico e accumulativo di Whitman; come lui, soffermati sugli elementi naturali, su quelli artificiali e sulle attività umane (massimo 15 righe).


9. Scrivere per confrontare. Confronta l’atteggiamento di Whitman verso la Manhattan in continua espansione con quello di Baudelaire nei confronti della Parigi “capitale del XIX secolo” ( T7, p. 156): che cosa cambia? Per quali motivi, secondo te (massimo 25 righe)?

 >> pagina 166 

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

GEOGRAFIA

Individua su una mappa o su Google Maps la collocazione dell’isola di Manhattan: quali celebri luoghi di interesse puoi trovarvi? Immagina di progettare un itinerario di visita.


STORIA

La maggior parte degli immigrati arrivati a New York tra la fine del XIX secolo e gli anni Cinquanta del Novecento è transitata per Ellis Island, un isolotto artificiale sede dei servizi di immigrazione. Trova informazioni su questo sito e sulla sua storia; puoi anche cercare il tuo cognome nel motore di ricerca della fondazione che si occupa di mantenere viva la memoria di quei dodici milioni di aspiranti americani (http://libertyellisfoundation. org/passenger).


CINEMA

Manhattan e la città di New York sono probabilmente il set cinematografico più visto in film e serie televisive: che idea hai della città? Corrisponde ancora a quella che ne aveva Whitman o no? Perché?

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Ti piacerebbe visitare New York? Perché? Quali sarebbero le tue mete irrinunciabili?

Se ti è piaciuto…

New York, New York

Nella realtà era tutto così affascinante a Manhattan? Esiste anche l’altra faccia della medaglia: il rovescio inevitabile della fortissima attrattiva esercitata dalla New York di Whitman fu il proliferare di bande criminali, protagoniste di scontri sanguinosi. Ha provato a raccontarli Martin Scorsese (n. 1942) in un film di grande suggestione, Gangs of New York (2002), nel quale ha ricostruito con scrupolo negli studi romani di Cinecittà la metropoli americana a metà Ottocento.

All’epoca non erano ancora sorti i grattacieli e i maestosi ponti ai quali ognuno di noi pensa, non appena si nomina New York. Il cinema ne ha fatto lo sfondo di pellicole di ogni tipo. Un caso esemplare è quello della commedia sentimentale del 1979, Manhattan, che Woody Allen (n. 1935) volle girare in bianco e nero per fare meglio risaltare il fascino della città.

Intorno all’aspetto ipercinetico e competitivo della vita newyorkese, capace di innalzare alle stelle e un attimo dopo gettare nella polvere, ruotano numerosi film. Si possono ricordare per esempio Il diavolo veste Prada (2006, di David Frankel), ambientato nel mondo competitivo e capriccioso dell’alta moda, e The wolf of Wall Street (2013), nel quale Scorsese descrive la vita condita di eccessi e le spregiudicate manovre di un operatore finanziario, facendo ricorso una volta ancora al talento di Leonardo DiCaprio.

L’emozione della lettura - volume B
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Poesia e teatro