T4 - La pioggia nel pineto (G. d'Annunzio)

T4

Gabriele d’Annunzio

La pioggia nel pineto

  • Tratto da Alcyone, 1903
  • Metro quattro strofe di 32 versi liberi, con presenza irregolare di rime e assonanze
L’autore

Gabriele d’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 da famiglia borghese. Liceale al Collegio Cicognini di Prato, esordisce appena sedicenne con la raccolta poetica Primo vere (1879). Soggiorna poi a Roma, dove frequenta il bel mondo, si fa conoscere come giornalista, pubblica altre raccolte poetiche e il romanzo Il piacere (1889). Intreccia numerose relazioni amorose, che causano la fine del matrimonio con la duchessa Maria Hardouin di Gallese, sposata nel 1883. Coperto di debiti si trasferisce a Napoli, ma alla fine del 1893 è costretto a ritirarsi in Abruzzo, ridotto in miseria. Eletto deputato nel 1897 nelle fila della destra, nel 1900 si sposta all’estrema sinistra, per poi abbandonare la politica parlamentare. La passione per la grande attrice Eleonora Duse, trasposta nel romanzo Il fuoco (1900), lo induce a dedicarsi alla produzione teatrale, ma il suo capolavoro è la raccolta poetica Alcyone, pubblicata nel 1903 e composta in gran parte durante il soggiorno presso una sontuosa villa nelle vicinanze di Firenze, la Capponcina. Braccato dai creditori, nel 1910 si sposta con una nuova amante in Francia, dove vive sino al 1915, quando rientra in patria per sostenere le ragioni dell’intervento nella Grande guerra. A dispetto dell’età decide di arruolarsi e partecipa a varie azioni, perdendo un occhio in un incidente aereo. Nel dopoguerra occupa la città di Fiume con un gruppo di legionari; quando l’impresa viene soffocata nel sangue si ritira in una villa sul lago di Garda, che ristruttura e riempie di cimeli, trasformandola nel Vittoriale degli Italiani, dove muore nel 1938.

Il poeta e l’amata, a passeggio in una pineta sul litorale toscano, sono sorpresi da un acquazzone estivo. Incantati, si fermano ad ascoltare il meraviglioso concerto della natura, che li coinvolge in un momento di armonia perfetta, nel quale si fondono con il mondo vegetale circostante.

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Audiolettura

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

5      parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

10    Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove su i pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

15    divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

di coccole aulenti,

20    piove su i nostri vólti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

25    leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

30    che ieri

t’illuse, che oggi m’illude,

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

35    verdura

con un crepitìo che dura

e varia nell’aria

secondo le fronde

più rade, men rade.

40    Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

45    né il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancòra, stromenti

50    diversi

sotto innumerevoli dita.

E immersi

noi siam nello spirto

silvestre,

55    d’arborea vita viventi;

e il tuo vòlto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

60    auliscono come

le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.


65    Ascolta, ascolta. L’accordo

delle aeree cicale

a poco a poco

più sordo

si fa sotto il pianto

70    che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall’umida ombra remota.

75    Più sordo, e più fioco

s’allenta, si spegne.

Sola una nota

ancor trema, si spegne,

risorge, trema, si spegne.

80    Non s’ode voce dal mare.

Or s’ode su tutta la fronda

crosciare

l’argentea pioggia

che monda,

85    il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

Ascolta.

La figlia dell’aria

90    è muta; ma la figlia

del limo lontana,

la rana,

canta nell’ombra più fonda,

chi sa dove, chi sa dove!

95    E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove su le tue ciglia nere

sì che par tu pianga

ma di piacere; non bianca

100 ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca

aulente,

il cuor nel petto è come pèsca

105 intatta,

tra le pàlpebre gli occhi

son come polle tra l’erbe,

i denti negli alvèoli

son come mandorle acerbe.

110 E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

(e il verde vigor rude

ci allaccia i mallèoli

c’intrica i ginocchi)

115 chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri vòlti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

120 su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

125 su la favola bella

che ieri

m’illuse, che oggi t’illude,

o Ermione.


Gabriele d’Annunzio, Alcyone, a cura di F. Roncoroni, Mondadori, Milano 1988

 >> pagina 142 

a TU per TU con il testo

Capita, a volte, che un imprevisto ci strappi dalla routine nella quale si consumano le nostre giornate. All’inizio pare una seccatura, ma poi, piano piano, prendiamo fiato, ci guardiamo intorno, e riscopriamo una dimensione del tempo che non è quella frettolosa a cui ci costringono le lancette degli orologi e i doveri dell’esistenza. Può essere il blackout che spegne il televisore e ci fa passare qualche minuto a lume di candela, soli con i nostri pensieri, oppure il temporale che all’improvviso ci sorprende, come capita in questa poesia a d’Annunzio. Anche se non vi trovate in una pineta, a due passi dal mare, il suono della pioggia può essere magico. Non vi siete mai incantati ad ascoltarlo? Quando piove, ogni superficie restituisce un suono diverso, imprevedibile. Nelle città sbocciano all’improvviso migliaia di ombrelli, fiori colorati di ogni tipo sotto i quali la gente cerca riparo. Ma sui pensieri, se troviamo un attimo per fermarci, le gocce continuano a scorrere, perché – come ci ha ricordato Italo Calvino, riprendendo un verso di Dante – «la fantasia è un posto dove ci piove dentro».

Analisi

La pioggia nel pineto, composta nel 1902, entra l’anno successivo nella raccolta Alcyone, dove d’Annunzio traspone i ricordi e le sensazioni di un’indimenticabile estate trascorsa in Toscana. Il poeta racconta di una passeggiata nei pressi del mare con una donna, chiamata classicamente Ermione, che all’improvviso ha l’impressione di udire voci umane. L’invito sul quale si apre il componimento (Taci, v. 1) è rivolto, oltre che a lei, al lettore, perché si concentri nell’ascolto. Al medesimo effetto concorrono i richiami successivi sparsi nel testo a intervalli regolari: Ascolta, v. 8; Odi?, v. 33; Ascolta, ascolta, v. 65; Ascolta, v. 88.

Non si tratta però di parole pronunciate da uomini: il rumore è prodotto dalle primissime e rade gocce di pioggia che crepitano sui rami e cadono sulle foglie, suscitando suoni differenti. Il verbo piove, ripetuto sei volte fra il v. 8 e il v. 22, diventa il leitmotiv che caratterizza la prima strofa, nella quale d’Annunzio riproduce la molteplice sinfonia che il cadere della pioggia provoca sulla fitta pineta. L’acqua stilla sulle diverse piante tipiche della macchia mediterranea, nominate con precisione (tamerici, pini, mirti, ginestre e ginepri), che funzionano come stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita (vv. 49-51), strumenti cioè di un’orchestra naturale capace di dar vita a una sorta di concerto spontaneo. Nella seconda strofa alle voci della vegetazione si aggiunge il canto / delle cicale (vv. 41-42), che si smorza lentamente nella terza, mentre sale il verso più roco (v. 72) delle rane, nascoste nell’umida ombra remota (v. 74).

Per conferire maggiore efficacia al quadro, d’Annunzio ricorre intensamente a figure retoriche di suono, a cominciare dalle allitterazioni, come piove su i pini (v. 12), al pianto il canto (v. 41); compone, a imitazione dei suoni della natura, una vera e propria partitura musicale nella quale si addensa una trama di rime (soglie: foglie; sparse: arse, irti: mirti, leggieri: pensieri ecc.) e assonanze; spesso “accorda” i versi su una vocale dominante, come è la i nell’esempio seguente: piove su i pini / scagliosi ed irti, / piove su i mirti / divini (vv. 12-15). Il lessico è semplice, ma non mancano termini ricercati, di frequente con funzione onomatopeica: salmastre ed arse, fulgenti, coccole aulenti, crepitìo, croscio. In compenso la sintassi è piana: prevalgono la paratassi e il ricorso alla congiunzione “e”, che crea lunghe enumerazioni nelle quali il ritmo della pioggia conosce continui mutamenti.

La pioggia dà l’avvio a un’avventura tutta mentale, che porta i due protagonisti a immedesimarsi nell’ambiente circostante. Emerge così il tema della metamorfosi, uno dei pilastri su cui si regge Alcyone: si parla al riguardo di panismo, con riferimento a Pan, antica divinità della natura. Nel caso specifico il poeta ed Ermione sono irresistibilmente attratti, quasi assimilati dal bosco verdeggiante al punto che i loro volti diventano silvani (v. 21). Il processo che li porta ad abbandonare la condizione umana e a farsi tutt’uno con il paesaggio è favorito dalla sinfonia dei suoni naturali, che li proietta in una dimensione senza tempo, dove oltrepassano i propri limiti.

È una sorta di comunione, un’estasi che conosce diverse fasi e viene preparata sin dalla prima strofa, quando l’acqua irrora non solo i corpi dei protagonisti (vv. 20-25) ma anche le loro menti, inducendo freschi pensieri / che l’anima schiude / novella (vv. 26-28). Immersi nello spirito della selva, i due possono vivere un’arborea vita (v. 55). Il volto di Ermione è paragonato a una foglia, le sue chiome acquisiscono il profumo delle ginestre (vv. 56-61). La donna sembra trasformarsi in una ninfa dei boschi, che prorompe dalla corteccia degli alberi: una trasfigurazione che trova compimento nell’ultima strofa, grazie a una serie di suggestive similitudini che accostano il suo cuore a una pèsca / intatta (vv. 104-105), gli occhi a polle tra l’erbe (v. 107), i denti a mandorle acerbe (v. 109).

Infine il poeta ed Ermione, ebbri, procedono sotto la pioggia or congiunti or disciolti (v. 111), tra loro ma anche con i rami, che si attorcigliano senza tregua intorno ai loro corpi. Imperterriti vagano senza meta nel bosco, chi sa dove, chi sa dove! (v. 115), esclamazione già usata in precedenza per il canto delle rane, proveniente dall’ombra più fonda (v. 93). E anche nei versi successivi si configura una ripetizione: gli ultimi tredici versi infatti riprendono i vv. 20-32, quasi alla lettera. In un primo momento la favola bella (v. 125), ossia il sentimento che unisce gli innamorati, aveva illuso il poeta, purificato dai residui di una realtà prosaica e insoddisfacente e pronto ad assaporare il sublime piacere dei sensi: ora la stessa splendida avventura dell’amore illude Ermione. L’incanto fuggevole della poesia coincide con l’incanto del sentimento, un vero miracolo che un temporale estivo rinnova, ma che è destinato a svanire e perciò va goduto con pienezza assoluta.

 >> pagina 144 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Sintetizza, per ognuna delle quattro strofe, la situazione in cui si trovano il poeta e la donna amata.


2. Quali temi sono presenti nel componimento?

  •     La bontà della natura. 
  •     L’immersione nella natura. 
  •     La pericolosità della natura. 
  •     La fugacità dell’amore. 
  •     La gelosia. 
  •     La vitalità della natura. 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

3. Nella seconda strofa, individua le rime e gli enjambement: quali considerazioni puoi fare sulla tessitura fonica del componimento?


4. Nella Pioggia nel pineto è la natura a parlare con la sua voce, mentre l’uomo e i rumori del mondo esterno tacciono. Individua nel testo gli elementi che permettono di supportare quest’affermazione.


5. Individua le diverse tappe della “metaformosi vegetale” dei due amanti.


6. Quale concezione dell’amore emerge dal testo?


7. Il componimento presenta un’enorme varietà lessicale: individua almeno tre esempi di ciascuna categoria.


Lessico medio  

Lessico botanico  

Lessico aulico  

Latinismi  

 >> pagina 145 

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. I registri linguistici. Sostituisci alle espressioni auliche e ricercate del componimento un equivalente in registro medio.


a) Su le soglie / del bosco (vv. 1-2)  
b) pini / scagliosi ed irti (vv. 12-13)  
c) le ginestre fulgenti / di fiori accolti (vv. 16-17)  
d) le fronde / più rade, men rade (vv. 38-39)  
e) il ciel cinerino (v. 45)  

f) d’arborea vita viventi (v. 55)

 
g) le tue chiomeauliscono (vv. 59-60)  
h) L’accordo / delle aeree cicale (vv. 65-66)  
i) il croscio che variasecondo la fronda (vv. 85-86)  
j) E andiam di fratta in fratta, / or congiunti or disciolti (vv. 110-111)  

PRODURRE

9. Scrivere per raccontare. Prova a trasformare in testo narrativo le situazioni descritte nel componimento (massimo 25 righe). Sei libero di scegliere se raccontare in prima o in terza persona.


10. Scrivere per esprimere. Che cosa sarebbe successo se Ermione avesse odiato la pioggia? Immagina la reazione della donna all’invito del poeta ad ascoltare le gocce e a restare a inzupparsi nella pineta e scrivi il dialogo fra i due. Puoi usare i versi della poesia come battute pronunciate dal poeta (massimo 25 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

Scienze

La pioggia nel pineto descrive un acquazzone estivo in uno degli ambienti più tipici del nostro paese: la macchia mediterranea. Svolgi una ricerca su questo bioma, individuando quali piante e animali lo abitano e quali condizioni climatiche lo caratterizzano.


Storia dell’Arte

Lo scultore Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) ha rappresentato la metamorfosi della ninfa Dafne, inseguita dal dio Apollo, in una celebre scultura conservata alla Galleria Borghese di Roma. Se non conosci il mito, leggilo e poi confrontalo con ciò che accade a Ermione nei versi dannunziani.

L’emozione della lettura - volume B
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Poesia e teatro