La laguna (J. Frame)

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Janet Frame

(Dunedin 1924-2004)

La laguna

  • Titolo originale The Lagoon and Other Stories, 1951
  • Lingua originale inglese
  • racconto

Compreso nel libro d’esordio della neozelandese Janet Frame, La laguna è un breve e delicato racconto a sfondo autobiografico. Dopo molti anni, la protagonista torna a Picton, nella Nuova Zelanda meridionale, dove era solita passare le vacanze in compagnia della nonna. Il ritorno presso la laguna diventa un viaggio a ritroso nel tempo: proprio come i tronchi o i relitti affiorati dalla bassa marea, anche il passato sembra aspettare di tornare in superficie, magari per rivelare un segreto…

Con la bassa marea tutta l’acqua è risucchiata nel
porto, e la laguna non c’è. C’è solo una distesa di
sabbia, grigia e sporca, ombreggiata di pozze scure
d’acqua di mare, dove se sei fortunato puoi trovare 

5      un polipo neonato, la carcassa arancione screziata di
un granchio, o il relitto sommerso di una barchetta
giocattolo. C’è un ponte sulla laguna, e da lì, riflessa
nelle pozze d’acqua, puoi vedere la tua immagine,
intrappolata da piccole onde e stralci di nuvola. 

10    A volte la notte si vede anche una luna subacquea,
velata e segreta.

Come mi diceva la mia nonna di Picton,1 la nonna
che tagliava i tralci del sottobosco, che sapeva trovare
la felce a rene2 e si scavava sentieri nel fitto della 

15    macchia.3 Quando morì tutti i maori4 del villaggio
vennero al funerale, perché era amica dei maori, sua
madre era stata una principessa maori, bellissima,
dicevano, fiera in amore e in guerra.

Guarda la laguna, mi diceva. La laguna sporca, disseminata 

20    di tronchi galleggianti, di alghe e di chele
di granchio. È sporca, sabbiosa, e puzza d’estate.
Ricordo che facevamo balzare sassolini bianchi e
tondi sul pelo dell’acqua, cercavamo pesciolini rossi
nel fiumiciattolo, e costruivamo castelli di sabbia 

25    sulla riva. Questo è il mio castello, dicevamo, tu sei
il babbo, io la mamma, e resteremo qui per sempre
a pescare granchi e pesciolini rossi.

Mi piaceva quando la nonna parlava della laguna.
E tutte le volte che andavamo in vacanza a Picton, 

30    dove abitava, le chiedevo, ti prego, nonna, raccontami
una storia. La storia del villaggio maori, e quella
del vecchio che abitava ai Sounds5 e aveva una capretta
e una mucca per amici. Raccontami la storia
della laguna. E la nonna mi raccontava la storia dei 

35    Sounds e del villaggio maori, e di lei quand’era ragazza
e andava a lavorare nelle case dei ricchi. Ma la
laguna, una storia vera e propria non ce l’aveva, o se
ce l’aveva, lei non me la raccontava mai.

Guarda l’acqua, mi diceva. È piena di alghe e di 

40    chele di granchio. Lo sentivo che non era quella la
storia, anche se l’ho scoperto dopo, quando sono
cresciuta e la nonna era morta, e dei vecchi maori
non era rimasto più nessuno al villaggio, e il vecchio
con la mucca e la capretta era ormai dimenticato.

45    Tornai a Picton in vacanza. Fu un viaggio lunghissimo,
in treno, ed ero così lieta di rivedere la città
verdazzurra dei miei ricordi di bambina, anche se
era più piccola, naturalmente, gli alberi si erano rimpiccioliti
e le colline erano diventate minuscole.

50    Stavo dai miei zii. Andavo a passeggiare lungo il
porto, a mezzogiorno, a fare picnic tra gente vestita
da estate, a fiori colorati e cappelli di paglia, e bambini
con le magliette stampate o i calzoncini color
kaki6 se erano maschi, specie se erano maschi con il 

55    padre nell’esercito. Portavamo cestini di frutta e panini,
i pomodori no, perché diventano subito molli,
anche se a qualcuno piacciono così, e tre penny7 in
tasca per il gelato. C’erano gare per i bambini, per
gli uomini e per le donne, e poi un uomo veniva 

60    nel parco a lanciare caramelle e cioccolatini. Che
bei giorni erano quelli, a fare picnic ai Sounds con i
mao­ri che suonavano l’ukulele8 e cantavano You are
my Sunshine
e South of the Border,9 anche se evitavano
le loro vere canzoni maori. Poi si faceva buio e 

65    da dietro gli alberi sbucavano le coppiette, le barche
erano pronte, e tutti tornavano a casa cantando, coi
bimbi piccoli che piangevano perché erano stanchi,
bruciati dal sole e tormentati dalle punture delle
zanzare. Sono un flagello queste zanzare, dicevano 

70    tutti, ma erano giorni bellissimi lo stesso, specialmente
per i più piccini.

Forse mi piaceva la nuova Picton, non so. Se c’erano
cose che non avevo notato prima, non ce n’erano
altre che credevo ci sarebbero rimaste per sempre. 

75    Non c’erano più i due alberi della gomma che
chiamavo le due signore, o se c’erano non li riconoscevo,
e non c’era più il sentiero sul Domain Hill.10
Salivamo sempre sulla collina a vedere il vaporetto11
che veniva dallo stretto. C’erano le ginestre 

80    nella macchia, ma la macchia non mi faceva più
paura, neanche con quei suoi fruscii terribili e segreti,
e quegli sgocciolii d’acqua che non finiva­no
mai.

C’era più gente in città. La nuova linea ferroviaria 

85    porta più turisti, diceva mia zia. C’era gente ovunque,
a scottarsi sulla spiaggia o ad abbronzarsi vicino
al mare, e su motoscafi che ronzavano nel porto
come le barchette a carica che facevamo andare nella
vasca da bagno la mattina di Natale. C’era gente che 

90    faceva il surf, gente che giocava a tennis, gente che
pescava ai Sounds, gente che si allenava per la regata
di vela: gente ovunque.

Ma la nonna non c’era più a mostrarmi le cose e a
raccontarmi le storie. E la laguna era più sporca che 

95    mai.

Guarda la laguna, diceva la zia, piena di tronchi,
di alghe e di chele di granchio: si vedeva la laguna
dalla finestra di cucina. Ci eravamo messe a guardare
le foto, quel pomeriggio, che vestiti strani si portavano 

100 una volta! Guarda la nonna seduta sulla veranda
a far la maglia, e la bisnonna… La principessa maori
dagli occhi marroni e il vestito di pizzo che le aveva
comprato suo marito, ricamato a mano, diceva la
zia, l’amava, suo marito, prima di incontrare quella 

105 donna di Nelson…12 Gli uomini sono pazzi, a volte,
ma le donne ancora di più.

«C’è una storia?», le chiesi. Per un attimo ero tornata
bambina… Nonna, ti prego, raccontami una
storia.

110 La zia sorrise: aveva indovinato.

«È una storia come quelle di “Cronaca vera”»,13
disse. «La mattina della tragedia un testimone vide
l’imputato ecc. Ebbene, la tua bisnonna era un’assassina:
ha annegato suo marito nella laguna; doveva 

115 esserci l’alta marea. Lo chiamavano tutti il caso
della “Donna di Nelson”», disse, assorta. «Fecero anche
delle foto. Ma nessuno sapeva niente, era una
cosa di famiglia. Pensavano che avesse bevuto un
bicchierino di troppo e non sapesse dove andava».

120 Poi la zia aprì le tendine per guardare fuori. E allora
mi sembrò di vedere una di quelle donne che
nei film si accostano alla finestra nei momenti più
commoventi, ma il momento non era commovente,
né la zia era commossa.

125 «È una storia interessante», disse. «Sai, preferisco
Dostoevskij a “Cronaca vera”».

L’acqua era marrone, brillava, e sulla destra si
intravedeva l’ombra scura di Domain Hill. Alcuni
bambini giocavano sulla riva, c’era anche Christopher 

130 Robins, con le gambe insabbiate, che giocava
a battaglia navale remando coi piedi dentro le
pozze d’acqua.

«La nonna non me l’ha mai raccontato».

La zia sorrise di nuovo. La ragione (citava) per cui 

135 si parla lontano dal cuore è per paura di ferirlo.14

Poi riabbassò le tendine e tornò a guardare le foto.

Era la zia che parlava o era la nonna? O la bisnonna
che adorava un vestito di pizzo bianco?

Con la bassa marea non c’è laguna. C’è solo una 

140 distesa di sabbia grigia e sporca. Ricordo che facevamo
balzare sassolini bianchi e tondi sul pelo dell’acqua,
cercavamo pesciolini rossi nel fiumiciattolo, e
costruivamo castelli di sabbia. Questo è il mio castello,
dicevamo, tu sei il babbo, io la mamma, e 

145 resteremo qui per sempre a pescare granchi e pesciolini
rossi…


Janet Frame, La laguna e altre storie, trad. di A. Sarti, Fazi Editore, Roma 1998

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa