Las Vegas, 7 febbraio 1997: Oliver McCall, trentadue anni, di Chicago, Illinois, soprannominato
“Atomic Bull”1 e diventato improvvisamente celebre da una decina
di anni, da quando era sparring partner2 di Mike Tyson3 e lo ha atterrato in allenamento,
sfida per la seconda volta Lennox Lewis, londinese di classe cristallina, per il
5 titolo dei pesi massimi Wbc.4 La prima volta, tre anni fa, lo ha steso,5 sovvertendo6 il
pronostico che era tutto per l’inglese, già medaglia d’oro olimpica a Seul, imbattuto
da professionista e campione in carica: un cazzotto formidabile al secondo round e
Lewis, colto di sorpresa, è andato giù senza scampo. Da allora Lewis ha ricominciato
a vincere, macinando7 avversari quasi sempre prima del limite, mentre di Atomic
10 Bull è stata annunciata una sola vittoria importante, quella contro la droga, dopo
una strenua8 battaglia che ha assorbito l’ultimo anno della sua vita – e dalla quale
però dev’essere uscito indenne l’alcol,9 se è vero che appena un mese e mezzo prima
del match è stato arrestato nella lobby di un albergo a Nashville, Tennessee, ubriaco
fradicio, per avere tirato giù a cazzotti un albero di Natale e pestato sei agenti della
15 sicurezza che avevano tentato di fermarlo.
Comincia l’incontro e per le prime due riprese Lewis sembra più che altro ripensare
alla mazzata di tre anni prima, mentre Atomic Bull appare piuttosto assente.
Poi, a partire dal terzo round, inizia qualcosa che non ha eguali nella storia del
pugilato: Atomic Bull si mette a girellare per il ring10 a guardia abbassata,11 fissando
20 nel vuoto e scoppiando a piangere di quando in quando con il viso tra i guantoni,
mentre Lewis lo segue sospettoso, senza avvicinarsi troppo. Lo stesso si ripete nel
quarto round, ed è davvero indimenticabile il Toro Atomico alle prese con quell’altrove
disperato12 che lo fa singhiozzare come un bambino, incurante dell’avversario
che lo bracca, del pubblico che lo insulta, degli spettatori di pay per view13 che
25 chiederanno indietro i quattrini, dell’arbitro che lo incita a combattere e del suo
allenatore, George Benton, che dall’angolo gli grida angosciato: «Don’t do it to yourself!»,
«Non farti questo!». Invece lui se lo fa, e fino in fondo, cioè fino a quando, alla
quinta ripresa, l’arbitro lo squalifica per “scarsa combattività”, verdetto umiliante in
conseguenza del quale lo stato del Nevada gli sequestrerà i 3 milioni di dollari della
30 borsa.14 Si dice subito che il Toro è ricaduto nel suo vizio, che è salito sul ring pieno
di droga, ma le analisi fatte sulle sue urine, il giorno dopo, escludono la presenza di
stupefacenti nel suo organismo. «Stavo solo tendendo una trappola», è tutto ciò che
Atomic Bull riuscirà a dire: nessuno gli crederà, ma nessuno riuscirà mai a sapere
cosa diavolo è successo nella sua testa quella sera, quale film tristissimo abbia cominciato
35 a scorrergli davanti agli occhi tra la seconda e la terza ripresa di quel match
fenomenale.
Sandro Veronesi, Un dio ti guarda, La nave di Teseo, Milano 2016