2. Tipologie e caratteri
La forma più semplice e immediata del racconto sportivo è la cronaca, che dà conto di quanto succede in campo, illustrando a chi legge un giornale, ascolta la radio o guarda uno schermo tecniche e tattiche utilizzate per gareggiare nel modo migliore e possibilmente superare l’avversario. Così, anche solo con un resoconto, i giornalisti più dotati sono riusciti ad accendere la fantasia del pubblico: è il caso del lombardo Gianni Brera (1919-1992), noto ben oltre le cerchie di appassionati per la sua inventiva linguistica, che lo portò a coniare molti neologismi e ad attribuire gustosi soprannomi agli atleti, specie calciatori, più celebri (per esempio “Rombo di tuono”, epiteto epico assegnato al potente attaccante Gigi Riva).
Non mancano d’altra parte scrittori di primo piano che si sono prestati alle cronache sportive. L’americano Norman Mailer (1923-2007), per esempio, nella Sfida racconta il leggendario incontro di pugilato tenutosi in Zaire nel 1974 fra Muhammad Ali (alias Cassius Clay) e George Foreman. In Italia è stato invece soprattutto il ciclismo a convogliare l’interesse dei letterati: nel dopoguerra seguirono il Giro d’Italia, fra gli altri, grandi prosatori e poeti prestati al giornalismo come Vasco Pratolini (1913-1991), Dino Buzzati (1906-1972), Anna Maria Ortese (1914-1998), Alfonso Gatto (1909-1976), che contribuirono a consolidare l’epica di uno sport fondato sulla fatica, praticato da uomini semplici, con i quali il pubblico popolare amava identificarsi.
Alcuni di questi scrittori venivano incaricati da importanti testate giornalistiche di raccontare eventi sportivi speciali: è il caso di Italo Calvino (1923-1985), che narrò le Olimpiadi di Helsinki del 1952, oppure di Mario Soldati (1906-1999), cronista d’eccezione dei Campionati del mondo di calcio in Spagna del 1982, vinti dall’Italia.
Più di recente, a dimostrare una grande passione per gli sport è stato Sandro Veronesi (n. 1959), come dimostrano i pezzi raccolti in Un dio ti guarda (▶ T4, p. 664). Non è raro poi che gli scrittori – in barba al consunto stereotipo che li vuole pigri e sedentari – pratichino in prima persona gli sport di cui scrivono, come fa Antonio Franchini (n. 1958) che nel reportage Gladiatori porta il lettore dalle scrostate palestre della periferia romana a improvvisati ring brasiliani. Altri invece si accontentano di tifare, come spiega Nick Hornby (n. 1957) in Febbre a 90° (▶ T2, p. 652), dove mette a fuoco con autoironia il suo inguaribile amore per l’Arsenal, squadra di calcio londinese.
Chiacchierare di sport è un piacere per molti. Se c’è un luogo, in Italia, dove questi discorsi si intrecciano infinitamente, è il bar: e proprio Bar Sport è il titolo che Stefano Benni (n. 1947) dà a un’irresistibile raccolta di storie umoristiche, in cui il narratore sfida i personaggi a chi le “spara più grosse”, spesso inventando exploit agonistici pazzeschi.