L’arte del viaggio

1. L’arte del viaggio

Il viaggio è da sempre una delle esperienze fondamentali dell’essere umano, che fin dall’antichità ha avvertito il bisogno di spostarsi per le ragioni più diverse: cercare le risorse necessarie alla vita, sfuggire ai pericoli, spingersi al di là del mondo noto scoprendo terre straniere e nuove popolazioni…

Fin da quando esiste, la letteratura è legata a questa istintiva necessità: in effetti, le esperienze vissute dai viaggiatori rimarrebbero inaccessibili se non fossero condivise con gli altri attraverso il racconto. Il lettore, d’altra parte, può inoltrarsi in territori remoti o lontanissimi, rischiare la vita valicando massicci montuosi, solcare gli sconfinati oceani: tutto questo standosene comodamente seduto in poltrona o sui sedili di un bus, con in mano il suo libro cartaceo o digitale.

Viaggiando, gli esseri umani hanno ampliato la loro conoscenza del globo terrestre: migliaia di esploratori si sono spinti alle frontiere del mondo conosciuto per svelare l’aspetto e le caratteristiche delle “terre incognite”, delle aree cioè non ancora mappate dalle carte geografiche; pensiamo agli intrepidi marinai cretesi, che quattromila anni fa setacciavano le coste del Mediterraneo, spinti dalla necessità di espandere la loro rete commerciale; o alle flotte cinesi, che nel Basso Medioevo perlustravano le coste dell’Africa; oppure a Cristoforo Colombo, che scoprì l’America mentre cercava di raggiungere l’Asia, e a Ferdinando Magellano, che guidò la prima, rocambolesca circumnavigazione del globo.

Nel corso dei secoli, le terre non ancora esplorate sono state spesso oggetto di estrose fantasie letterarie. Ciò che non si poteva conoscere direttamente veniva immaginato nei modi più strani, dando voce a desideri e paure recondite: nelle carte antiche, per esempio, le aree sconosciute venivano indicate con la dicitura hic sunt leones, che in latino significa “qui abitano i leoni”, per suggerirne il fascino esotico e la natura potenzialmente minacciosa. Ai confini del mondo, infatti, si pensava esistessero mostri terribili, paesi dorati, paradisi in Terra e altri simili portenti. Alla geografia immaginaria imparata sui libri si mescolava quella reale: si dice che lo stesso Colombo, durante i suoi viaggi da pioniere, cercasse accanitamente il Giardino dell’Eden, convinto che si trovasse non troppo lontano dalle sue rotte.

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Ma in che modo i viaggiatori hanno raccontato le loro imprese e quali forme di scrittura sono state utilizzate per descrivere le visite di luoghi e paesi diversi? Prima di scoprire i caratteri di un genere ambiguo e difficile da catalogare come la letteratura di viaggio, è necessario ricordare che chi scrive i resoconti delle proprie avventure per il mondo non è sempre affidabile, in quanto spesso li condisce di elementi fantastici e iperbolici. A volte, infatti, la letteratura di viaggio si colloca all’incrocio fra reale e fantastico [#1], fra verità e invenzione: essa rappresenta una modalità di scrittura che ha un po’ della testimonianza autobiografica e un po’ della narrazione romanzesca. Ma in questo suo stare a metà tra l’informazione e la fantasia, c’è probabilmente la ragione principale del suo fascino.

2. Luoghi nel tempo

I primi grandi viaggiatori della letteratura compaiono nell’epica antica, dove il viaggio rappresenta spesso la battaglia contro il fato che incombe sugli esseri umani. Ne è un esempio il primo poema epico conservato dedicato all’eroe sumerico Gilgamesh (III-II millennio a.C.). Incapace di ottenere la vita eterna – privilegio riservato soltanto agli dèi –, raggiunge però un altro tipo di immortalità: viene infatti descritto come un «uomo che conobbe i paesi del mondo», viaggiando e compiendo gesta in grado di garantirgli una fama perenne.

Odisseo, nome greco di Ulisse, re di Itaca, rappresenta invece il modello del viaggiatore all’interno della tradizione culturale occidentale. Dopo aver influenzato in modo decisivo l’esito della guerra di Troia, il protagonista dell’Odissea di Omero (VIII secolo a.C.) è costretto a vagare per dieci anni prima di rivedere Itaca, la sua isola natale. Sulla via del ritorno affronta mille peripezie, destreggiandosi tra smarrimenti, fatali seduttrici, mostri, incantesimi e interventi divini. Si delineano così molti dei caratteri che domineranno la letteratura di viaggio anche in seguito: l’itinerario si svolge a cavallo del mondo noto e di quello ignoto; da un lato è una deriva senza meta, dall’altro tende sempre a ritornare al punto di partenza. L’esperienza compiuta dal viaggiatore è insieme concreta e interiore, perché, oltre all’abilità pratica, esige e conferisce conoscenza di sé [#2]. Inoltre, la rotta seguita può condurre anche fuori dal mondo o ai suoi remoti confini: Odisseo, infatti, si spinge fino alle porte del regno dei morti, per interrogare le ombre e conoscere il suo destino.

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Nell’epoca tardo-antica e medievale l’esperienza del viaggio accentua il suo significato simbolico, spirituale e trascendente. La figura del cavaliere – immortalata dal poeta francese Chrétien de Troyes (1135-1190 ca) – incarna un modello di viaggiatore spinto dalla curiosità: non è un caso che spesso, per definire il carattere principale della sua identità, venga indicato come “errante”, ossia girovago, vero e proprio vagabondo in cerca di avventure, sulle tracce di una fanciulla amata, ma anche del leggendario Sacro Graal, il calice usato da Gesù nell’Ultima Cena (oppure, secondo una diversa interpretazione, il recipiente usato per conservare il suo sangue). Sono invece spinti dalla fede i pellegrini: decisi a dare una svolta radicale alla loro esistenza, a seguire un precetto divino oppure a espiare i propri peccati, facevano testamento e partivano, a piedi, alla volta dei luoghi santi, come Gerusalemme e Santiago de Compostela per i cristiani o la Mecca per i musulmani.

Per la cultura cristiana, il viaggio terreno simboleggia il difficile itinerario dell’anima verso la beatitudine eterna: questo valore è centrale nella Divina Commedia di Dante Alighieri, storia di un viaggio immaginario che conduce l’autore dal centro della Terra (l’Inferno) al monte del Purgatorio – nel mezzo dell’emisfero australe – e da lì attraverso le sfere celesti (il Paradiso), fino a giungere alla contemplazione diretta di Dio. Nella migliore tradizione della letteratura di viaggi, spostarsi nello spazio significa anche progredire nella conoscenza di sé: per questo Dante, grazie all’esperienza accumulata nei tre regni dell’aldilà, può ritrovare la retta via e salvare la propria anima.

Del resto, la letteratura non esprime solo la valenza allegorica del viaggio, ma anche la sua dimensione reale. In particolare, con la ripresa della cultura urbana e dei commerci registratasi a partire dal XII secolo in avanti, la narrazione si trasforma in un resoconto di esperienze effettivamente vissute, magari per esigenze commerciali o diplomatiche o politiche. Un celebre esempio è costituito dal Milione, testimonianza letteraria del lungo periodo trascorso dal mercante veneziano Marco Polo (1254-1324) in Oriente. Il Milione è un trattato geografico su luoghi e popoli dell’Asia, e insieme un racconto delle vicende biografiche del protagonista attraverso i suoi viaggi lungo il continente asiatico per conto dell’imperatore dei mongoli, il Gran Khan.

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Nel Cinquecento, la scoperta del Nuovo Mondo sconvolge non soltanto la geo­grafia, ma anche le abitudini pratiche e il pensiero degli occidentali: le terre dell’America – vastissime e abitate da popoli molto diversi da quelli europei – diventano meta di avventurieri e immigrati spinti dalla fame di ricchezze. Se da un lato fioriscono le relazioni di viaggio, dall’altro l’apertura di nuovi orizzonti suggerisce di approfondire il viaggio come tema dell’invenzione letteraria. Agli inizi del Cinquecento, nell’Orlando furioso, poema cavalleresco di Ludovico Ariosto (1474-1533), i valorosi paladini di Carlo Magno si muovono vertiginosamente in un mondo sconfinato perdendosi in un intrico di mari, boschi e foreste e arrivando perfino sulla Luna. Circa un secolo dopo, Miguel de Cervantes (1547-1616) scrive il Don Chisciotte, in cui un signore di mezza età prende a vagabondare per la Spagna, credendosi un valoroso cavaliere nato per proteggere i deboli e gli oppressi.

Con il passare dei secoli, mentre aumentano sempre più le conoscenze geografiche, e con esse i resoconti di esplorazioni compiute in luoghi remoti ed esotici, in Europa nasce un nuovo tipo di “soggiorno” culturale a scopo formativo. Possiamo parlare di vero e proprio turismo, una moda che contagia i rampolli dell’aristocrazia, soprattutto inglese, francese e tedesca. A questa esperienza viene dato il nome di Grand Tour [#3], un “grande itinerario” che conduce molti intellettuali (tra cui, solo per citare un nome, Johann Wolfgang Goethe) a viaggiare per l’Europa, in particolare in Italia, e poi a immortalare l’esperienza in diari e scritti di viaggio [#4].

Nell’Ottocento, il progresso scientifico aumenta in modo prima impensabile la velocità e la frequenza degli spostamenti. Fioriscono le prime guide pratiche per viaggiatori provetti, che nei loro tragitti in carrozza o in treno – simbolo acclamato del progresso – necessitano dei nomi delle locande o dei caffè, degli indirizzi degli uffici postali e delle farmacie. Meno prosaiche sono invece le esigenze di altri turisti molto speciali, abituati a volare con la fantasia e ben poco interessati agli impacci del guardaroba, alla preparazione dei bagagli, agli imprevisti e agli incontri sgradevoli su strade polverose. Il più fantasioso inventore di viaggi straordinari è il francese Jules Verne (1828-1905), autore del Giro del mondo in 80 giorni, in cui il ricco gentleman Phileas Fogg si lancia in una rocambolesca lotta contro il tempo, tra piroscafi, treni, ma anche slitte e dorsi di elefante. Se le terre non ancora conosciute diventano sempre di meno, l’ignoto si sposta altrove: lo stesso Verne, per esempio, cerca nuovi spazi in cui ambientare le sue avventure, come le profondità del suolo in Viaggio al centro della Terra (1864) o gli abissi marini in Ventimila leghe sotto i mari (1870).

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Nel Novecento, in particolare dal secondo dopoguerra, le nuove tecnologie rendono i trasporti più veloci, economici e accessibili; anche i mezzi di comunicazione, a partire dalla fotografia e dal cinema, aprono a tutti la conoscenza del mondo, compresa quella dei suoi angoli più remoti. La narrativa di viaggio acquisisce così una connotazione più introspettiva, che mira cioè a esplorare la portata esistenziale e conoscitiva dell’esperienza. Per questo il letterato, nei panni del viaggiatore, cerca mete meno battute, preferisce muoversi nelle periferie dei continenti, accentua il carattere soggettivo del viaggio come strumento irrinunciabile di incontro e confronto con l’altro da sé. L’americano Jack Kerouac (1922-1969) dedica Sulla strada ( T1, p. 598) alle scorribande di giovani scapestrati e ribelli, insoddisfatti di un’America borghese e conformista e desiderosi di immergersi nei grandi spazi, lontani dalle città. Un nomade per vocazione come Bruce Chatwin (1940-1989) racconta le sue peregrinazioni su e giù per il globo, come nel libro In Patagonia ( T2, p. 604), che mescola il resoconto di incontri e luoghi notevoli con la ricostruzione culturale e l’indagine erudita.

Non mancano neppure affascinanti figure di scrittori-viaggiatori italiani, come Tiziano Terzani (1938-2004), autore di numerose opere legate alla sua professione di giornalista e corrispondente dall’estero ( T3, p. 610). Insomma, anche nel mondo moderno e iperconnesso, il viaggio continua a sedurre: senza bisogno di sognare altri pianeti, di fuggire nel virtuale o di scendere nei recessi più profondi dell’anima, la vecchia Terra propone ancora una miriade di avventure, grazie alle quali conoscere il diverso e l’ignoto, fuggire avanti o lanciarsi, a ritroso, sulle tracce delle proprie origini.

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Una variante speciale della letteratura di viaggio può essere considerata infine la letteratura della migrazione. Molti scrittori italiani degli ultimi anni si sono misurati con questo tema, approfondendone aspetti diversi e offrendo molteplici punti di vista sulla realtà. Si passa, così, da Vita di Melania Mazzucco (n. 1966, T4, p. 618), dedicato alla vicenda degli italiani sbarcati in America nel primo Novecento alla ricerca del lavoro mancante in patria, all’Ultimo arrivato di Marco Balzano (n. 1978, T5, p. 624), che racconta la vita di un siciliano, salito a Milano alla fine degli anni Cinquanta per abbandonare la miseria delle campagne.

Inoltre, recentemente si è formata in Italia una generazione di scrittori che, forti della loro esperienza personale, si soffermano nelle loro opere sulla convivenza tra le culture e sull’ibridazione delle identità: tra questi, l’algerino Amara Lakhous (n. 1970), in Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, racconta una Roma multietnica e scomposta in un caleidoscopio di punti di vista, abitudini e mentalità divergenti, mentre la scrittrice di origine somala Igiaba Scego (n. 1974) discute i conflitti culturali legati all’immigrazione ( T6, p. 630).

EmozionArti
L’arte di camminare

L’arte del britannico Richard Long (n. 1945) è un’arte del camminare. Percorsi solitari di giorni e giorni in aree deserte (Nepal, Africa, Messico, Bolivia…) durante i quali lascia segni del suo passaggio rea­lizzati con materiali del luogo: cerchi, spirali, sentieri di legno, pietra, che vengono successivamente riprodotti anche nelle gallerie e nei musei. Pensa di provare l’emozione di attraversare un territorio che sembra incontaminato, come se nessuno prima di te l’avesse percorso, e di lasciare una traccia evocativa della tua presenza, rispettosa e in armonia con l’ambiente che la accoglie.

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chi ben comincia

Marco Polo, Il Milione, 1298-1299

“Qui comincia il libro di messer Marco Polo da Vinegia, che si chiama “Melione”, il quale racconta molte novitadi della Tartaria e delle tre Indie e d’altri paesi assai.”


Thor Heyerdahl, Kon-Tiki, 1948

“Succede ogni tanto di trovarsi in situazioni bizzarre. Ci si può arrivare gradualmente e in modo del tutto naturale ma, una volta che si è dentro fino al collo, all’improvviso ci si domanda stupefatti: ma come diavolo è cominciato tutto questo? Per esempio, se uno si mette in mare su una zattera con un pappagallo e cinque compagni, è inevitabile che prima o poi una mattina si svegli in alto mare, forse un po’ più riposato del solito, e si metta a pensare.”


Robert M. Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, 1974

“Senza togliere la mano dalla manopola sinistra vedo dal mio orologio che sono le otto e mezza. Il vento, anche a cento all’ora, è caldo e umido. Chissà come sarà nel pomeriggio, se già alle otto e mezza c’è tanta afa.”

Verifica delle conoscenze

1. Perché gli scritti di viaggio non sono sempre attendibili?

2. Quali sono le caratteristiche del viaggio di Ulisse narrato da Omero?

3. Che cosa simboleggia il viaggio ultraterreno di Dante?

  •     La difficile scoperta dell’interiorità.
  •     Lo strumento per esercitare il proprio talento poe­tico.
  •     Il viatico per riconquistare la donna amata.
  •     Il percorso verso la beatitudine eterna.

4. Che cos’è Il Milione?

  •     La descrizione delle avventure di un cavaliere.
  •     Il resoconto del viaggio di un mercante in Estremo Oriente.
  •     Una raccolta di novelle sul tema del viaggio.
  •     Il romanzo di un immaginario viaggio su Marte.

5. Che cosa si intende per Grand Tour?

6. Qual è il contenuto dei romanzi di Jules Verne?

7. Quale carattere assume il viaggio nel Novecento?

8. In quale epoca si colloca la vicenda narrata nell’Ultimo arrivato di Marco Balzano?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa