La volta che Lila1 e io decidemmo di salire per le scale buie che portavano, gradino
dietro gradino, rampa dietro rampa, fino alla porta dell’appartamento di don Achille,
cominciò la nostra amicizia.
Mi ricordo la luce violacea del cortile, gli odori di una serata tiepida di primavera.
5 Le mamme stavano preparando la cena, era ora di rientrare, ma noi ci attardavamo
sottoponendoci per sfida, senza mai rivolgerci la parola, a prove di coraggio.
Da qualche tempo, dentro e fuori scuola, non facevamo che quello. Lila infilava la
mano e tutto il braccio nella bocca nera di un tombino, e io lo facevo subito dopo
a mia volta, col batticuore, sperando che gli scarafaggi non mi corressero su per la
10 pelle e i topi non mi mordessero. Lila s’arrampicava fino alla finestra a pianterreno
della signora Spagnuolo, s’appendeva alla sbarra di ferro dove passava il filo per
stendere i panni, si dondolava, quindi si lasciava andare giù sul marciapiede, e io lo
facevo subito dopo a mia volta, pur temendo di cadere e farmi male. Lila s’infilava
sotto pelle la rugginosa2 spilla francese che aveva trovato per strada non so quando
15 ma che conservava in tasca come il regalo di una fata; e io osservavo la punta di
metallo che le scavava un tunnel biancastro nel palmo, e poi, quando lei l’estraeva
e me la tendeva, facevo lo stesso.
A un certo punto mi lanciò uno sguardo dei suoi, fermo, con gli occhi stretti, e
si diresse verso la palazzina dove abitava don Achille. Mi gelai di paura. Don Achille
20 era l’orco delle favole,3 avevo il divieto assoluto di avvicinarlo, parlargli, guardarlo,
spiarlo, bisognava fare come se non esistessero né lui né la sua famiglia. C’erano nei
suoi confronti, in casa mia ma non solo, un timore e un odio che non sapevo da dove
nascessero. Mio padre ne parlava in un modo che me l’ero immaginato grosso, pieno
di bolle violacee, furioso4 malgrado il “don”,5 che a me suggeriva un’autorità calma.
25 Era un essere fatto di non so quale materiale, ferro, vetro, ortica, ma vivo, vivo col respiro
caldissimo che gli usciva dal naso e dalla bocca. Credevo che se solo l’avessi visto
da lontano mi avrebbe cacciato negli occhi qualcosa di acuminato e bruciante. Se poi
avessi fatto la pazzia di avvicinarmi alla porta di casa sua mi avrebbe uccisa.