T5 - Prove di coraggio (E. Ferrante)

T5

Elena Ferrante

Prove di coraggio

  • Tratto da L’amica geniale, 2011
  • romanzo
L’autrice

Elena Ferrante è lo pseudonimo dietro il quale si nasconde una scrittrice nata a Napoli negli anni Quaranta. Non si conosce la sua identità, sulla quale sono state formulate le ipotesi più fantasiose. Quando pubblica il primo romanzo, nel 1992, scrive all’editore: «Non intendo fare niente per L’amore molesto, niente che comporti l’impegno pubblico della mia persona. Ho già fatto abbastanza per questo lungo racconto: l’ho scritto; se il libro vale qualcosa, dovrebbe essere sufficiente». Elena Ferrante è rimasta nell’ombra anche all’uscita delle opere successive, fra le quali spicca la quadrilogia romanzesca inaugurata con L’amica geniale (2011), alla quale hanno fatto seguito Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e il conclusivo Storia della bambina perduta (2014). Grazie a questa serie la scrittrice ha incontrato un clamoroso successo all’estero, in particolare negli Stati Uniti, dove i suoi libri hanno venduto un milione di copie.

Raffaella Cerullo, una donna di sessantasei anni, è scomparsa nel nulla. Negli armadi non c’è più nemmeno un abito e ha persino ritagliato la sua immagine nelle fotografie di famiglia. Da Napoli il figlio Rino telefona a Elena, una vecchia amica della madre, che ora vive a Torino. Lei non è sorpresa, in qualche modo se lo aspetta. Ripensa al loro antico, profondissimo rapporto, accorgendosi che non le è rimasto nulla di suo, neppure un biglietto. Accende il computer e inizia a raccontare una storia cominciata ai tempi delle scuole elementari.

 Asset ID: 14 (let-audlet-prove-di-coraggio-e-fe130.mp3

Audiolettura

La volta che Lila1 e io decidemmo di salire per le scale buie che portavano, gradino
dietro gradino, rampa dietro rampa, fino alla porta dell’appartamento di don Achille,
cominciò la nostra amicizia.

Mi ricordo la luce violacea del cortile, gli odori di una serata tiepida di primavera. 

5      Le mamme stavano preparando la cena, era ora di rientrare, ma noi ci attardavamo
sottoponendoci per sfida, senza mai rivolgerci la parola, a prove di coraggio.
Da qualche tempo, dentro e fuori scuola, non facevamo che quello. Lila infilava la
mano e tutto il braccio nella bocca nera di un tombino, e io lo facevo subito dopo
a mia volta, col batticuore, sperando che gli scarafaggi non mi corressero su per la 

10    pelle e i topi non mi mordessero. Lila s’arrampicava fino alla finestra a pianterreno
della signora Spagnuolo, s’appendeva alla sbarra di ferro dove passava il filo per
stendere i panni, si dondolava, quindi si lasciava andare giù sul marciapiede, e io lo
facevo subito dopo a mia volta, pur temendo di cadere e farmi male. Lila s’infilava
sotto pelle la rugginosa2 spilla francese che aveva trovato per strada non so quando 

15    ma che conservava in tasca come il regalo di una fata; e io osservavo la punta di
metallo che le scavava un tunnel biancastro nel palmo, e poi, quando lei l’estraeva
e me la tendeva, facevo lo stesso.

A un certo punto mi lanciò uno sguardo dei suoi, fermo, con gli occhi stretti, e
si diresse verso la palazzina dove abitava don Achille. Mi gelai di paura. Don Achille 

20    era l’orco delle favole,3 avevo il divieto assoluto di avvicinarlo, parlargli, guardarlo,
spiarlo, bisognava fare come se non esistessero né lui né la sua famiglia. C’erano nei
suoi confronti, in casa mia ma non solo, un timore e un odio che non sapevo da dove
nascessero. Mio padre ne parlava in un modo che me l’ero immaginato grosso, pieno
di bolle violacee, furioso4 malgrado il “don”,5 che a me suggeriva un’autorità calma. 

25    Era un essere fatto di non so quale materiale, ferro, vetro, ortica, ma vivo, vivo col respiro
caldissimo che gli usciva dal naso e dalla bocca. Credevo che se solo l’avessi visto
da lontano mi avrebbe cacciato negli occhi qualcosa di acuminato e bruciante. Se poi
avessi fatto la pazzia di avvicinarmi alla porta di casa sua mi avrebbe uccisa.

Aspettai un po’ per vedere se Lila ci ripensava e tornava indietro. Sapevo cosa voleva 

30    fare, avevo inutilmente sperato che se ne dimenticasse, e invece no. I lampioni
non si erano ancora accesi e nemmeno le luci delle scale. Dalle case arrivavano voci
nervose. Per seguirla dovevo lasciare l’azzurrognolo del cortile ed entrare nel nero
del portone. Quando finalmente mi decisi, all’inizio non vidi niente, sentii solo un
odore di roba vecchia e DDT.6 Poi mi abituai allo scuro e scoprii Lila seduta sul primo 

35    gradino della prima rampa. Si alzò e cominciammo a salire.

Avanzammo tenendoci dal lato della parete, lei due gradini avanti, io due gradini
indietro e combattuta tra accorciare la distanza o lasciare che aumentasse. M’è
rimasta l’impressione della spalla che strisciava contro il muro scrostato e l’idea che
gli scalini fossero molto alti, più di quelli della palazzina dove abitavo. Tremavo. 

40    Ogni rumore di passi, ogni voce era don Achille che ci arrivava alle spalle o ci veniva
incontro con un lungo coltello, di quelli per aprire il petto alle galline. Si sentiva un
odore d’aglio fritto. Maria, la moglie di don Achille, mi avrebbe messo nella padella
con l’olio bollente, i figli mi avrebbero mangiato, lui mi avrebbe succhiato la testa
come faceva mio padre con le triglie.

45    Ci fermammo spesso, e tutte le volte sperai che Lila decidesse di tornare indietro.
Ero molto sudata, lei non so. Ogni tanto guardava in alto, ma non capivo cosa, si
vedeva solo il grigiore dei finestroni a ogni rampa. Le luci si accesero all’improvviso,
ma tenui, polverose, lasciando ampie zone d’ombra piene di pericoli. Aspettammo
per capire se era stato don Achille a girare l’interruttore ma non sentimmo niente, né 

50    passi né una porta che si apriva o si chiudeva. Poi Lila proseguì, e io dietro.

Lei riteneva di fare una cosa giusta e necessaria, io mi ero dimenticata ogni buona
ragione e di sicuro ero lì solo perché c’era lei. Salivamo lentamente verso il più
grande dei nostri terrori di allora, andavamo a esporci alla paura e a interrogarla.

Alla quarta rampa Lila si comportò in modo inatteso. Si fermò ad aspettarmi e 

55    quando la raggiunsi mi diede la mano. Questo gesto cambiò tutto tra noi per sempre.


Elena Ferrante, L’amica geniale, edizioni e/o, Roma 2011

 >> pagina 585 

Come continua

Le due bambine suonano alla porta di don Achille. Quando l’uomo apre, gli chiedono di restituire le bambole che secondo loro aveva sottratto. Don Achille cade dalle nuvole, ma decide di regalare loro dei soldi per comprarsene di nuove. Tutto bene? Non proprio. Mesi più tardi, viene ammazzato da uno sconosciuto con una coltellata al collo. Lila e Lenù vivono in un mondo violento, pervaso di rabbia e miseria, dove bisogna crescere in fretta. Nessuno ha tempo di fermarsi a riconoscere, e coltivare, i sogni di una bambina. Eppure entrambe riusciranno a farsi strada, ciascuna a modo suo, e senza scordarsi l’una dell’altra. I loro percorsi si intrecceranno ancora, e per tutta la vita.

 >> pagina 586 

a TU per TU con il testo

La famiglia non si sceglie, gli amici sì. Creare un rapporto al di fuori del controllo degli adulti è un passaggio fondamentale per la formazione dell’identità. È attraverso il confronto con gli amici che nascono il senso di giustizia, la morale, la fiducia in se stessi. Ci sono amicizie che si spengono in pochi giorni, mesi, anni; altre invece sono destinate ad accompagnarci per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte, come quella fra Lila e Lenù. Si sono conosciute sui banchi di scuola, poi Lenù ha continuato a studiare, mentre Lila è stata costretta dalla famiglia a lasciar perdere. Ma sono rimaste in contatto, anche se all’epoca non esistevano Face­book e gli altri strumenti con i quali magari conti­nuiamo a tenere d’occhio la vita di qualcuno che non vediamo da tempo, a cui siamo stati legatissimi.

La “fratellanza” o “sorellanza” con l’amico o l’amica del cuore si sviluppa all’improvviso, nei modi più strani. Un’affinità di carattere, una risata insieme, un aiuto, un gesto semplice e inatteso come quello di Lila che senza dire una parola si ferma ad aspettare Lenù spaventata e la prende per mano. Forse hai dimenticato come è andata, nel tuo caso, ma non puoi scordare l’intensità di quel legame. Avresti fatto qualunque cosa per quella amicizia: niente al mondo è più tenero, indecifrabile e talvolta crudele di un legame nato durante l’infanzia.

Analisi

A raccontare in prima persona è un’omonima dell’autrice, Elena detta Lenuccia o Lenù. Se nella realtà la Ferrante ha scelto di sparire, qui a farlo è un’amica, Raffaella detta Lina per tutti, Lila soltanto per Lenù. L’amica geniale racconta un’amicizia sbocciata nella Napoli del dopoguerra fra due ragazzine del popolo: figlia una di un usciere del Comune, l’altra di un calzolaio. Questa prima scena del romanzo le coglie in una sera primaverile, quando la luce vira al viola, e nell’aria si spandono gli odori delle pietanze preparate per la cena. Sono ancora bambine, e giocano in cortile, sole, fuori dal controllo degli adulti.

Lila esercita un fascino magnetico, al quale Lenù non sa e non vuole sottrarsi: non c’è azione compiuta da Lila – anche la più eccentrica e inutile – che l’amica non cerchi di rifare. Prova attrazione e insieme timore, vuole mostrarsi coraggiosa, ma allo stesso tempo è in qualche modo succube dell’enigmatica compagna, che la tiene avvinta a sé come una calamita. C’è fra loro due un bisogno di riconoscimento e competizione, che le accompagnerà negli anni a venire. Che la personalità più forte sia quella di Lila appare subito evidente: quando si sono scambiate le bambole, qualche giorno prima, senza nessun motivo questa ha scagliato in fondo a uno scantinato quella di Lenù, che subito l’ha imitata. Scese per recuperare i giocattoli, non trovandoli, subito si convincono che il responsabile del furto sia don Achille, un uomo che la famiglia di Lenù odia.

 >> pagina 587 

Quando Lila si dirige verso la palazzina dove abita l’uomo, Lenù sente il sangue gelarsi: Don Achille era l’orco delle favole, avevo il divieto assoluto di avvicinarlo, parlargli, guardarlo, spiarlo (rr. 19-21). Per seguirla, deve infrangere un divieto che la spaventa. Lila lo sa, e in questo modo intende costringerla alla sfida per lei più difficile da accettare. Lenù esita: intorno, i luoghi rassicuranti della vita quotidiana assumono una sfumatura sinistra. È un momento di sospensione: si fa buio, ma i lampioni non si sono ancora accesi. Mentre salgono lungo muri scrostati, scende un silenzio carico di tensione.

Con abilità la scrittrice crea un rallentamento strategico, che dà spazio ai pensieri di Lenù e accresce la suspense. La ragazza, confusa e atterrita, sobbalza a ogni rumore, immaginando di subire violenze ispirate a impressionanti scene domestiche: don Achille che l’aggredisce con un lungo coltello, di quelli per aprire il petto alle galline (r. 41); don Achille che se la gusta fritta in padella, succhiandole la testa come faceva mio padre con le triglie (r. 44). L’atmosfera di fiaba malefica è interrotta dall’improvviso accendersi delle luci, che lascia inquietanti zone d’ombra. Le due bambine proseguono lentamente. All’improvviso, Lila si ferma, aspetta Lenù e le dà la mano. Questo gesto cambiò tutto tra noi per sempre (r. 55): nasce così un’alleanza indistruttibile. Salendo lungo le scale buie hanno iniziato insieme il viaggio nelle viscere di una Napoli livida, feroce, indifferente, che mostra un volto lontanissimo dallo stereotipo che la vuole spensierata, generosa e canterina.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) Lenù e Lila sono due bambine che vivono nello stesso caseggiato.

  •   V       F   

b) Lenù e Lila sono in età scolare.

  •   V       F   

c) Lenù propone sempre a Lila delle prove di coraggio.

  •   V       F   

d) Lenù cerca sempre di emulare l’amica.

  •   V       F   

e) Don Achille è il padre di Lila.

  •   V       F   

f) Il padre di Lenù considera don Achille un amico di famiglia.

  •   V       F   

g) Don Achille abita vicino a Lenù e Lila.

  •   V       F   

h) Lila ha paura di don Achille.

  •   V       F   

i) Lila propone a Lenù di andare a casa di don Achille.

  •   V       F   

j) Lenù è ritrosa nel seguire l’amica.

  •   V       F   

k) Don Achille abita nel seminterrato.

  •   V       F   

l) Quando le due amiche iniziano la loro “avventura” è quasi sera.

  •   V       F   

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Il primo capoverso del brano (La volta che Lila […] cominciò la nostra amicizia, rr. 1-3) costituisce

  •     un’anticipazione.
  •     un’ellissi.
  •     un flashback.
  •     un sommario.


Che funzione ha, all’interno del testo?


3. Le prove di coraggio (r. 6) a cui si sottopongono le due amiche sono effettivamente pericolose? Quale scopo hanno?


4. Don Achille è, come dice esplicitamente la protagonista, un orco delle favole (r. 20). Oltre all’orco, quali altri personaggi mostruosi di fiabe, favole e racconti ti sembra concorrano alla sua descrizione e perché?


5. L’atteggiamento delle due amiche nei confronti dell’“impresa” di avvicinarsi alla casa di don Achille è molto diverso: dopo aver individuato nel testo i passi e le espressioni attinenti, fai alcune considerazioni sui caratteri e le personalità di Lenù e Lila.


6. Nel testo, la paura che assale Lenù al pensiero di salire fino in casa di don Achille è sottolineata dall’opposizione tra lo spazio del cortile, dove le due amiche hanno giocato fino a quel momento, e quello della rampa di scale. Su quale opposizione spaziale gioca il testo? Da quali elementi è rinforzata? Com’è descritta la rampa di scale? Esponi le tue considerazioni.

 >> pagina 588 

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Lessico. Nella lista seguente, individua un possibile sinonimo per gli aggettivi usati nel testo (non tutti quelli proposti devo essere usati):


• stabile • sorprendente • concitate • tassativo • sottili • mite • affilato • incrostato • risoluto • rovinato • infallibile • fondamentale • fioche.


a) Mi ricordo la luce violacea del cortile, gli odori di una serata tiepida di primavera

b) A un certo punto mi lanciò uno sguardo dei suoi, fermo, con gli occhi stretti

c) Don Achille era l’orco delle favole, avevo il divieto assoluto di avvicinarlo

d) Credevo che se solo l’avessi visto da lontano mi avrebbe cacciato negli occhi qualcosa di acuminato e bruciante

e) Dalle case arrivavano voci nervose

f) M’è rimasta l’impressione della spalla che strisciava contro il muro scrostato

g) Le luci si accesero all’improvviso, ma tenui, polverose

h) Lei riteneva di fare una cosa giusta e necessaria

i) Alla quarta rampa Lila si comportò in modo inatteso

PRODURRE

8. Scrivere per raccontare. Racconta com’è nato un rapporto di amicizia che ritieni particolarmente importante e significativo (massimo 20 righe).

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Talvolta, per far parte di un gruppo o piacere a una persona di cui si subisce il fascino, si è disposti a compiere azioni a cui, da soli, non si penserebbe mai. Che cosa pensi di questi moderni “riti di iniziazione”? Sono solo un modo, talvolta sbagliato, di cementare un rapporto di amicizia, o dietro di essi si celano prevaricazione e perfino bullismo?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa