Alla scoperta dei testi

T1

Agostino

Il furto delle pere

  • Tratto da Confessioni
  • Titolo originale Confessiones, 397-400 d.C.
  • Lingua originale latino
  • autobiografia
L’autore

Aurelio Agostino nasce nel 354 d.C. a Tagaste, nella provincia romana della Numidia, corrispondente all’attuale Algeria orientale. La famiglia, nonostante i mezzi modesti, gli consente di studiare nelle migliori scuole. Sedotto dalle tentazioni mondane, Agostino conduce a Cartagine una vita licenziosa (giovanissimo ha un figlio illegittimo); intraprende tuttavia la carriera di insegnante che nel 384 lo porta a Roma e poi a Milano, dove ottiene una cattedra di retorica. Qui l’ascolto delle prediche del vescovo Ambrogio e la presenza della madre Monica, fervida credente, favoriscono la crisi spirituale che lo porta alla fede cristiana. Battezzato nel 387, torna in Africa e si dedica alla vita monastica. Nel 391 è ordinato prete e nel 395 diventa vescovo di Ippona. In queste vesti compone una quantità notevolissima di opere (gli si attribuiscono oltre mille scritti di taglio filosofico, religioso, polemico): il suo capolavoro sono le Confessioni, un testo autobiografico nel quale, rivolgendosi a Dio, narra la propria adolescenza dissoluta e le esperienze che lo hanno condotto alla conversione. L’Impero romano si trova intanto in difficoltà crescenti dinanzi a invasioni barbare e sommovimenti delle popolazioni soggette. Agostino muore nel 430, mentre i Vandali assediano Ippona. Subito dopo il suo decesso, viene proclamato santo.

Nel secondo libro delle Confessioni Agostino rievoca gli errori e i peccati che hanno travagliato la sua adolescenza. In particolare si sofferma su un episodio in apparenza minimo, il saccheggio di un pero, a partire dal quale elabora una serie di profonde considerazioni sul problema del male.

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Audiolettura

La tua legge, Signore, condanna chiaramente il furto, e così la legge scritta nei cuori
degli uomini, che nemmeno la loro malvagità può cancellare. Quale ladro tollera
di essere derubato da un ladro? Neppure se ricco, e l’altro costretto alla miseria.
Ciò nonostante io volli commettere un furto e lo commisi senza esservi spinto da 

5      indigenza alcuna,1 se non forse dalla penuria e disgusto della giustizia e dalla sovrabbondanza
dell’iniquità. Mi appropriai infatti di cose che già possedevo in maggior
misura e molto miglior qualità; né mi spingeva il desiderio di godere ciò che
col furto mi sarei procurato, bensì quello del furto e del peccato in se stessi. Nelle
vicinanze della nostra vigna sorgeva una pianta di pere carica di frutti d’aspetto e 

10    sapore per nulla allettanti.2 In piena notte, dopo aver protratto i nostri giochi sulle
piazze, come usavamo fare pestiferamente,3 ce ne andammo, giovinetti depravatissimi4
quali eravamo, a scuotere la pianta, di cui poi asportammo i frutti. Venimmo via
con un carico ingente e non già per mangiarne noi stessi, ma per gettarli addirittura
ai porci. Se alcuno ne gustammo, fu soltanto per il gusto dell’ingiusto. Così è fatto 

15    il mio cuore, o Dio, così è fatto il mio cuore, di cui hai avuto misericordia mentre
era nel fondo dell’abisso. Ora, ecco, il mio cuore ti confesserà cosa andava cercando
laggiù, tanto da essere malvagio senza motivo, senza che esistesse alcuna ragione
della mia malvagità. Era laida5 e l’amai, amai la morte, amai il mio annientamento.
Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai, 

20    anima turpe, che si scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi6 non già nella ricerca
disonesta di qualcosa, ma della sola disonestà. […]

Quale frutto raccolsi allora, miserabile, da ciò7 che ora rievoco non senza arrossire,
e specialmente da quel furto ove amai solo il furto e null’altro? E anch’esso era
nulla, quindi maggiore era la mia miseria. Tuttavia non l’avrei compiuto da solo. 

25    Ricordo bene qual era il mio animo a quel tempo, da solo non l’avrei assolutamente
compiuto. In quell’azione mi attrasse anche la compagnia di coloro con cui la
commisi. Dunque non amai null’altro che il furto. Ma sì, null’altro, poiché anche
una tale società8 non è nulla. Cos’è in realtà? Chi può istruirmi in merito, se non
Colui che illumina il mio cuore e ne squarcia le tenebre?9 Come accade che mi viene 

30    in mente d’indagare, di discutere, di considerare questi fatti? Se in quel momento
avessi amato i frutti che rubai e ne avessi desiderato il sapore, avrei potuto compiere
anche da solo, se si poteva da solo, quel misfatto, appagando il mio desiderio
senza sfregarmi a qualche complice per infiammare il prurito della mia brama.10
Senonché i frutti non avevano nessuna attrattiva per me; dunque ne aveva soltanto

35    l’impresa e a suscitarla era la compagnia di altri che peccavano insieme con me.

Quale sentimento provavo allora in cuore? Senza dubbio un sentimento proprio
molto turpe, ed era una sventura per me il provarlo. Ma pure in che cosa consisteva?
I peccati, chi li capisce?11 Era il riso che ci solleticava, per così dire, il cuore al pensiero
di ingannare quanti non sospettavano un’azione simile da parte nostra e ne 

40    sarebbero stati fortemente contrariati. Perché dunque godevo di non agire da solo?
Forse perché non è facile ridere da soli? Certo non è facile, però avviene talvolta di
essere sopraffatti dal riso anche stando soli, tra sé e sé, alla presenza di nessuno, se
appare ai nostri sensi o al pensiero una cosa troppo ridicola. Invece io quell’atto
da solo non l’avrei compiuto, non l’avrei assolutamente compiuto da solo. Ecco 

45    dunque davanti a te, Dio mio, il ricordo vivente della mia anima. Da solo non avrei
compiuto quel furto in cui non già la refurtiva ma il compiere un furto mi attraeva;
compierlo da solo non mi attraeva davvero e non l’avrei compiuto. Oh amicizia inimicissima,12
seduzione inesplicabile dello spirito, avidità di nuocere nata dai giochi
e dallo scherzo, sete di perdita altrui senza brama di guadagno proprio o avidità di 

50    vendetta! Uno dice: “Andiamo, facciamo”, e si ha pudore a non essere spudorati.13


Agostino, Confessioni, trad. di C. Carena, Città Nuova, Roma 1995

 >> pagina 527 

Come continua

Agostino rievoca il periodo di gioventù trascorso a Cartagine, dove scopre l’amore, frequenta spettacoli teatrali e divertimenti di vario tipo, si appassiona all’astrologia. Nel frattempo approfondisce gli studi filosofici e si trasferisce in Italia, lasciando la madre in Africa. A Roma viene a contatto con nuove correnti di pensiero, che lo portano a mettere in dubbio le proprie convinzioni. Ma la strada verso la conversione è ancora lunga e irta di ostacoli.

 >> pagina 528 

a TU per TU con il testo

Guardando una vecchia foto, leggendo un foglio ritrovato nella tasca del cappotto, o passando in automobile in un luogo che non vedevamo da tempo, improvvisamente avvampiamo di rossore. Ci è tornato in mente un episodio che avevamo del tutto rimosso, del quale ora ci vergogniamo dal profondo del cuore. Ma come abbiamo potuto comportarci così? Che cosa diavolo avevamo allora nella testa? Eppure è capitato. Superato lo sconcerto scrolliamo le spalle con superficialità, cercando di riseppellire il ricordo nella memoria. Altre volte diamo la colpa a qualcun altro, o a qualcos’altro: l’amica o l’amico che ci ha trascinati, un ricatto, un momento di stupidità, la paura di essere messi in disparte dal gruppo… Ma perché questo è accaduto? Fare i conti con se stessi – con i propri errori, le proprie debolezze – è difficile: ci vuole coraggio. Ma è dagli errori che si impara, ragionando sulle cause e le conseguenze dei nostri comportamenti, come fa Agostino e come fanno da millenni tutti gli uomini che non hanno paura di cambiare.

Analisi

Agostino si rivolge direttamente a Dio, gli confessa i propri peccati, per poi ringraziarlo dell’illuminazione che lo ha portato sulla via della salvezza. La rievocazione delle tappe salienti della sua esistenza terrena è intervallata dalle riflessioni che ne scaturiscono. L’uomo nuovo si volge a osservare con vergogna e tristezza le spoglie dell’uomo vecchio, abbandonate ma non scordate dopo la conversione al cristianesimo.

Non c’è in questa narrazione alcuna volontà di compiacimento: «Voglio ricordare il mio sudicio passato e le devastazioni della carne nella mia anima non perché le ami, ma per amare te, Dio mio. Per amore del tuo amore m’induco a tanto, a ripercorrere le vie dei miei gravi delitti. Vorrei sentire nell’amarezza del mio ripensamento la tua dolcezza». Queste parole, che aprono il libro II, in cui Agostino ripercorre i momenti più difficili dell’adolescenza, mostrano bene gli intenti che lo hanno portato a comporre un’opera originalissima, letta senza interruzioni dal Medioevo ai giorni nostri. I ragionamenti sul modo in cui un’identità prende forma e la sottile analisi psicologica hanno reso le Confessioni un modello fondamentale per le autobiografie moderne.

Quale ladro tollera di essere derubato da un ladro? Neppure se ricco, e l’altro costretto alla miseria (rr. 2-3). Anche i peggiori banditi, osserva l’autore, non accettano volentieri di subire soprusi. Una regola come “non rubare” ha un’applicazione universale, sta scritta nel cuore degli uomini come nella legge di Dio. Chi la infrange fa agli altri ciò che non vorrebbe fosse fatto a lui. Eppure Agostino ricorda di aver commesso un furto, a sedici anni, per il puro piacere di peccare. Non la fame, l’odio, o un qualsiasi motivo pratico lo portarono una notte nell’orto di un vicino, ai piedi di un pero, dal quale insieme agli amici rubò una gran quantità di frutti, e non già per mangiarne noi stessi, ma per gettarli addirittura ai porci. Se alcuno ne gustammo, fu soltanto per il gusto dell’ingiusto (rr. 13-14). Spesso si commette il male senza motivo, senza tornaconto.

Agostino sceglie di concentrarsi su un avvenimento minimo, risalendo nel tempo per decenni, sino alla pubertà. Prima di lui, a raccontare eventi della propria vita erano stati soprattutto i grandi della Terra, che traevano dalle loro imprese l’impulso alla scrittura. Giulio Cesare, solo per fare un esempio, nei Commentarii narra le battaglie, gli schieramenti politici, le strategie che gli consentirono di trionfare in guerra. Mai si sarebbe sognato di dilungarsi su un furtarello compiuto in gioventù. Agostino invece ne trae spunto per ragionare sulla coscienza dell’individuo e sul problema del male nel mondo. Non siamo dinanzi a un personaggio d’eccezione ma a un uomo comune, un peccatore che vuole comprendere più a fondo i propri errori ed estirpare il senso di colpa che sente gravare su di sé. Ciò che conta non è il fatto, ma l’assenza del movente: Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai, anima turpe, che si scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi non già nella ricerca disonesta di qualcosa, ma della sola disonestà (rr. 19-21). Non è la ricerca del male per il male a dare soddisfazione, ma l’illusione di affermare così la propria identità. L’orgoglio che si accompagna al libero arbitrio rende il furto delle pere proibite una replica dell’errore di Adamo. Ma se il primo uomo si lasciò tentare dalla mela offerta da Eva, a irretire Agostino è una compagnia di amici.

 >> pagina 529 

Da solo, dice Agostino, mai avrei rubato quelle benedette pere: In quell’azione mi attrasse anche la compagnia di coloro con cui la commisi (rr. 26-27). C’era un’attrattiva nell’idea di peccare insieme ad altri, la speranza di ricavarne un ulteriore divertimento, dopo ore passate a giocare in piazza: Era il riso che ci solleticava, per così dire, il cuore al pensiero di ingannare quanti non sospettavano un’azione simile da parte nostra e ne sarebbero stati fortemente contrariati (rr. 38-40). Emerge così una dinamica frequente nella vita sociale dei ragazzi, fortemente portati a riunirsi in gruppo per sentirsi accettati, per mettersi alla prova, trovare solidarietà, amicizia, esperienza, ascolto. Ma, come sappiamo, nel branco si possono anche liberare pulsioni negative. Il desiderio di primeggiare e imporsi innesca comportamenti aggressivi verso i membri più deboli, verso altri gruppi, verso le donne, verso le autorità familiari, scolastiche, istituzionali, verso chiunque sia percepito come “diverso”. Non è questione di guadagno, e neppure di vendetta: Uno dice: “Andiamo, facciamo”, e si ha pudore a non essere spudorati (r. 50), si tratti di spogliare un pero, fare a botte o compiere un atto di vandalismo.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Da ragazzo, Agostino ruba delle pere: per quali motivi? (sono possibili più risposte)

  •     Perché è povero. 
  •     Per il desiderio di compiere un’impresa proibita. 
  •     Perché è affamato. 
  •     Per donare le pere ai poveri. 
  •     Perché è un giovane scapestrato. 
  •     Perché trascinato dai compagni. 


2. Che cosa fanno i ragazzi, dopo aver rubato le pere?


3. Agostino avrebbe potuto compiere il furto da solo?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Nel brano che hai letto, il narratore riflette sul proprio passato, ma al suo interno puoi trovare

a) una sequenza narrativa;

b) due passi in cui la riflessione è di carattere generale e non personale.


• Individua nel testo queste parti.

• Sintetizza in una frase le riflessioni generali di Agostino che hai individuato.


5. Individua nel brano tutti i passi in cui Agostino si rivolge a Dio: perché lo fa? Che valore assumono le sue parole di fronte a Dio?


6. Per dare maggiore forza al proprio pentimento, Agostino ricorre spesso all’anafora. Individua nel testo la presenza di questa figura retorica.


7. Che valore e che funzione hanno, secondo te, le numerose domande di cui è costellato questo brano?


8. Qual è il giudizio complessivo che Agostino dà di sé ragazzo? Egli si sente definitivamente e completamente cambiato oppure no? Esponi le tue considerazioni.

 >> pagina 530 

COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. Sinonimi e contrari. Dopo aver individuato un sinonimo e un contrario dei seguenti termini usati nel testo, scrivi sul quaderno una frase per ciascuno di essi.


  Sinonimo Contrario
a) indigenza    
b) iniquità    
c) protrarre    
d) ingente    
e) scardinare    
f) attrarre    
g) brama    
h) suscitare    
i) ingannare    
l) spudorati    

PRODURRE

10. Scrivere per esprimere. Mettiti nei panni di Agostino ragazzo e scrivi una pagina di diario immaginando di essere appena tornato a casa dall’“impresa” del furto delle pere.


11. Scrivere per riassumere e argomentare. Sintetizza, in massimo 8 righe, le motivazioni che hanno spinto il giovane Agostino a commettere il furto di pere. Nel testo dovrai inserire i seguenti connettivi testuali: poiché, inoltre, eppure.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Per tutti i ragazzi è importante fare parte di un gruppo, ma talvolta è proprio il gruppo che, forte della propria compattezza, spinge i singoli ad azioni che da soli non compirebbero mai (per sentirsi accettati, per paura del giudizio degli altri ecc.). Ti è mai capitato di fare qualcosa solo perché il tuo gruppo di amici lo faceva e di esserti poi pentito?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa