«La pace appesta tutto il nostro Sud», scriveva il poeta americano Ezra Pound (1885-1972); senza scomodare i Futuristi italiani, che all’inizio del Novecento celebravano la guerra come «sola igiene del mondo», gli faceva eco lo scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945), che affermava: «C’è una sola faccenda di sangue degna di rispetto: la guerra». Il fascino oscuro del conflitto sopravvive anche quando la modernità ha archiviato i valori cavallereschi cantati prima della scoperta e, quindi, dell’utilizzo delle armi da fuoco. Perfino oggi, dopo la bomba atomica, la visione cruda delle carneficine sui campi di battaglia non ha cancellato l’eroismo dalle storie di guerra, un filone che trova continuamente nuova linfa.
Il coraggio individuale, più o meno ammantato di patriottismo, è un ingrediente molto apprezzato, come hanno dimostrato tanti film americani ambientati in Vietnam o in Medio Oriente. Un caso che ha suscitato molte discussioni è quello di American Sniper (2014), nel quale il regista Clint Eastwood ha raccontato le vicende di un abilissimo cecchino dell’esercito americano, responsabile dell’uccisione di decine di ribelli, durante l’ultimo conflitto in Iraq.