T4 - Un giovane a Waterloo (Stendhal)

Il tema: La guerra

T4

Stendhal

Un giovane a Waterloo

  • Tratto da La Certosa di Parma
  • Titolo originale La Chartreuse de Parme, 1839
  • Lingua originale francese
  • romanzo
L’autore

Stendhal, pseudonimo di Henri Beyle, nasce nel 1783 a Grenoble, in Francia. Dopo aver ricevuto una formazione illuministica, a sedici anni trova impiego al ministero della Guerra e nel 1800 si unisce all’armata napoleonica, allora impegnata in una campagna militare nel Nord Italia. Negli anni successivi lavora per l’amministrazione dell’Impero francese, viaggiando in molti paesi europei. Dopo la caduta di Napoleone torna in Italia, soggiornando soprattutto a Milano, prima di trasferirsi a Parigi, dove si dedica al giornalismo culturale e all’attività letteraria. Stendhal è considerato uno dei più grandi romanzieri dell’Ottocento francese per la capacità di tracciare grandi affreschi storico-sociali e di analizzare acutamente le complesse sfaccettature della vita amorosa. Tra i suoi capolavori, ricordiamo Il rosso e il nero (1830), che narra l’ascesa sociale del figlio di un carpentiere di provincia, tra violente passioni e sete di potere, e La Certosa di Parma (1839), dedicato alle peripezie sentimentali di un nobile milanese, nel contesto dei rivolgimenti politici dell’Italia del primo Ottocento. Muore a Parigi nel 1842.

Fabrizio del Dongo è un focoso rampollo della nobiltà milanese, nato da una relazione clandestina tra una marchesa e un tenente dell’armata di Francia. Nel 1815, apprende che Napoleone è tornato dal suo esilio sull’isola d’Elba e si precipita subito in Belgio, deciso a combattere a fianco del suo eroe. Il giovane – diciassettenne impulsivo e inesperto – incontra non poche difficoltà, e viene preso per una spia dai soldati a cui vorrebbe unirsi. Quando finalmente riesce a procurarsi un cavallo adeguato e a puntare deciso verso il fronte, tuonano ormai i cannoni di Waterloo, l’ultima grande battaglia combattuta da Bonaparte contro gli eserciti britannico e prussiano. Fabrizio avvista un gruppo di generali, scortati da un drappello di soldati a cavallo: senza esitazioni inizia a galoppare al loro fianco, cercando di non dare nell’occhio.

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Audiolettura

Il suo cavallo nitrì, s’impennò due o tre volte, diede alcuni violenti strattoni alla
briglia che lo frenava. Va bene, andiamo! si disse Fabrizio.

Non più trattenuto, il cavallo si lanciò ventre a terra verso la scorta che seguiva
i generali. Un quarto d’ora dopo, da qualche parola pronunciata da un ussaro1 che 

5      gli stava accanto, Fabrizio comprese che uno dei generali era il famoso maresciallo
Ney.2 Si sentì al settimo cielo; però non riusciva a indovinare quale dei quattro generali
fosse il maresciallo Ney; avrebbe dato qualsiasi cosa al mondo per saperlo, ma si
sovvenne3 che non doveva aprire bocca. La scorta s’arrestò davanti a un largo fossato
che era colmo d’acqua per la pioggia caduta il giorno innanzi;4 questo era costeggiato 

10    da grandi alberi e aveva sulla sinistra una distesa di prati, la stessa dove, al limite
del bosco, Fabrizio aveva comprato il suo cavallo. Quasi tutti gli ussari erano scesi
di sella; il bordo del fossato era scosceso5 e molto scivoloso, e l’acqua raggiungeva i
tre o quattro piedi6 sotto il livello dei prati. Tutto preso dalla contentezza, Fabrizio
pensava più alla gloria e al maresciallo Ney che al proprio cavallo, il quale, vivace 

15    com’era, saltò nel canale facendo schizzare l’acqua molto in alto. Uno dei generali
rimase completamente inzuppato dal rovescio7 d’acqua, e si diede a imprecare:8

«In malora, put… d’una bestia!». Fabrizio si sentì profondamente offeso da tale
ingiuria. Dovrei chiedergli soddisfazione?9 si disse.

Mentre ci pensava, e per dimostrare che non era poi così maldestro, tentò di 

20    far risalire al suo cavallo la riva opposta; ma questa era a picco, e alta cinque o sei
piedi. Dovette rinunciarvi; allora risalì la corrente; il cavallo era immerso nell’acqua
sino al collo, e finalmente trovò una specie di abbeveratoio;10 qui la china11 non era
ripida ed egli raggiunse facilmente l’altro lato del canale. Fu il primo della scorta a
spuntare nel campo opposto, e si diede a trottare12 sulla riva fiero di sé: in fondo al 

25    canale gli ussari si dimenavano, molto a disagio nella situazione, perché in vari punti
l’acqua era profonda anche cinque o sei piedi. Due o tre cavalli presi dal panico si
diedero a nuotare, ciò che produsse una pioggia di schizzi senza riparo. Un sergente
d’alloggio s’accorse della manovra compiuta da quello sbarbatello13 con l’aspetto
così poco militare.

30    «Risalite la corrente! là a sinistra c’è un abbeveratoio!», gridò; e così a poco a
poco tutti passarono.

Giungendo all’opposta riva, Fabrizio ci aveva trovato i generali tutti soli; il rombo
del cannone sembrava sempre più forte; dunque a malapena riuscì ad udire ciò che
un generale, quello che aveva inzuppato dalla testa ai piedi, gli gridava all’orecchio:

35    «Dove hai preso quel cavallo?».

Fabrizio era talmente confuso che gli rispose in italiano:14

«L’ho comprato poco fa».

«Cos’hai detto?», gli gridò il generale.

Ma in quel momento il frastuono divenne così intenso, che Fabrizio non fu in 

40    grado di rispondergli. Confesseremo che il nostro eroe era ben poco eroe in quel
momento. Tuttavia la paura agiva in lui soltanto in seconda istanza;15 soprattutto
era egli indignato per quel rumore che gli dava disturbo agli orecchi. La scorta si
lanciò al galoppo; stavano attraversando un vasto appezzamento di terra coltivata,
oltre il canale, e i campi erano qui cosparsi di cadaveri.

45    «Le giubbe rosse!16 le giubbe rosse!», gridavano contenti gli ussari della scorta, e
sulle prime Fabrizio non comprendeva; infine notò che quasi tutti i cadaveri vestivano
effettivamente in rosso.

Una cosa lo fece rabbrividir d’orrore: notò che tra quelle sventurate giubbe rosse
molti erano ancora vivi; gridavano evidentemente per domandare aiuto, e nessuno 

50    si fermava a soccorrerli. Il nostro eroe, assai umano, faceva tutto il possibile affinché
il suo cavallo non pestasse alcuna giubba rossa. La scorta s’arrestò; Fabrizio, che
poco s’occupava dei propri doveri di soldato, galoppava sempre tenendo d’occhio
un povero ferito.

«Di’, pivello,17 ti vuoi fermare o no?», gli gridò il sergente d’alloggio.

55    Fabrizio s’avvide d’essere venti passi più avanti dei generali, sulla loro destra,
ossia precisamente sul lato verso cui quelli stavano puntando i loro cannocchiali.
Tornando sui suoi passi e allineandosi in coda ad altri ussari rimasti all’indietro di
qualche metro, vide il più corputo18 di quei generali che parlava con un altro generale
al suo fianco, con tono autoritario e quasi di rabbuffo:19 imprecava. Nonostante il 

60    consiglio di non parlare datogli dalla sua amica carceriera,20 Fabrizio non poté trattenere
la propria curiosità, e si costruì una frasetta proprio molto francese e corretta,
che pronunciò al suo vicino:

«Chi è quel generale che dà una lavata di capo a quello che gli sta accanto?».

«Perdinci, è il maresciallo!».

65    «Che maresciallo?».

«Il maresciallo Ney, no? pistola!21 Senti che roba! Ma te dov’è che hai fatto servizio
fin adesso?».

Per quanto fosse assai suscettibile, a Fabrizio non venne in mente d’irritarsi per
l’ingiuria; tutto compreso da una fanciullesca ammirazione, contemplava il famoso 

70    principe della Moscova,22 il più intrepido degli intrepidi.

D’un tratto partirono tutti al gran galoppo. Pochi istanti dopo, Fabrizio vide
innanzi a sé un terreno arato, dove le zolle erano smosse in maniera strana. I solchi
eran pieni d’acqua, e la terra bagnata, che formava una cresta lungo i solchi, volava
in aria a piccoli frammenti neri fino all’altezza di quattro o cinque piedi. Fabrizio 

75    osservò di sfuggita lo strano fenomeno, indi il suo pensiero si concentrò nuovamente
sulla gloria del maresciallo. Udì un grido secco alle proprie spalle; erano due
ussari che cadevano colpiti da proiettili; quando li notò, si trovavano già a venti
passi dalla scorta. Ciò che apparve orribile ai suoi occhi fu un cavallo tutto pieno
di sangue, che si dibatteva tra le zolle arate, con le zampe impigliate nelle proprie 

80    budella; voleva correre dietro agli altri, il sangue gli colava dalla bocca.

Ah, eccomi qua finalmente sotto il fuoco! si disse. Finalmente ho visto una battaglia!
si ripeteva con soddisfazione. Adesso sono un vero soldato. In quel momento
la scorta correva ventre a terra, e il nostro eroe comprese che erano i proiettili a far
volare le zolle in aria dappertutto. Ma aveva un bel guardare dalla parte donde23 venivano 

85    le palle, vedeva soltanto il fumo bianco della batteria a un’enorme distanza,
e, in mezzo al rombo continuo prodotto dalle cannonate, gli pareva d’udire scariche
assai più prossime;24 non ci capiva un bel nulla.


Stendhal, La Certosa di Parma, trad. di G. Celati, Feltrinelli, Milano 1993

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Come continua

Nel caos della battaglia di Waterloo, Fabrizio impara presto che la guerra è ben diversa dai miti cavallereschi di cui ha piena la testa. Il giovane si barcamena nella confusione della disfatta, tra scontri di poco conto, tentativi di eroismo e menzogne improvvisate per coprire la sua vera identità. Troppo stanco e ubriaco d’acquavite, perde l’occasione di vedere l’imperatore, passato a cavallo a pochi metri da lui. Successivamente, viene messo a guardia di un ponte nei pressi di una locanda, e si scontra con dei soldati della sua stessa bandiera, rimanendo ferito. Rimessosi in sesto, si sposta a Parigi e da lì in Svizzera, dove apprende che il fratello maggiore lo ha denunciato alle autorità austriache come spia napoleonica. Da lì, Fabrizio rientra in Italia grazie all’aiuto della madre e della zia, ma i suoi guai con la legge proseguono. Infatti, viene fermato da un gruppo di gendarmi alle porte di Milano, che in realtà sono sulle tracce di un generale di Parma. È in questa occasione che conosce Clelia Conti, una bellissima adolescente che diverrà il grande e tormentato amore della sua vita. Malvisto dagli austriaci, successivamente Fabrizio ripiega a Parma, ospite dell’influente zia, che ne è segretamente infatuata. Dopo intricate peripezie, Fabrizio sceglierà la vita monastica, ritirandosi nella Certosa, un imponente e antico monastero situato nella periferia della città.

a TU per TU con il testo

Fabrizio a Waterloo è eccitato e sconvolto, conscio di assistere a un evento leggendario. Ussari feroci che cavalcano veloci destrieri, intrepidi condottieri, cadaveri e feriti riversi sui campi, a perdita d’occhio. Nell’aria, i tuoni sordi del cannone e nel cuore l’emozione di avere un piede in un luogo decisivo, in cui si sta scrivendo la storia. Ma la guerra che Fabrizio sogna è diversa da quella che sperimenta sul campo: un diciassettenne carico di ideali non comprende nulla della battaglia, è impreparato nella mente e nel corpo, non sa dove andare, vuole partecipare a qualcosa di molto più grande di lui che lo rigetta e insieme lo ingloba. Il risultato è una gran confusione: nonostante gli sforzi del ragazzo, tutto sembra accadere comunque, in modo a lui incomprensibile. Diremmo quindi che il suo sforzo è stato inutile? Che non ha davvero partecipato? Chi è piccolo e fuori dal coro viene sempre schiacciato dal corso inesorabile degli eventi? Può essere che l’avventura di Fabrizio sia come un inutile sassolino lanciato nel mare della storia. Tuttavia, può anche essere – cambiando prospettiva – che i grandi eventi, in sé, non esistano, ma siano fatti di tanti, tantissimi frammenti che non si incastrano, di vicende singole che si mescolano in modo caotico. Di piccole incomprensioni, di molti giovani più o meno esuberanti che – spinti dall’entusiasmo o dalla forza dell’immaginazione – trovano la loro strada senza capire.

Analisi

Fabrizio del Dongo, classe 1798, è un monello ingestibile e allergico allo studio, ammiratore sfegatato di Napoleone Bonaparte. Ora indossa una divisa da ussaro, e lancia il suo cavallo verso la prima linea di Waterloo, la battaglia combattuta nel 1815 in cui Napoleone sta subendo la sua definitiva sconfitta. Il brano contiene dei tratti marcatamente comici, nonostante si svolga sullo sfondo di un avvenimento drammatico, di radicale importanza per il destino degli Stati europei. Il motore di tale comicità risiede nell’esuberanza e nel­l’idealismo di Fabrizio, che va alla guerra come se partecipasse a un gioco, senza sapere come comportarsi o come valutare con efficacia le situazioni che si trova a vivere. L’episodio del guado ne è un buon esempio: dopo aver avvistato un gruppetto di generali, il giovane si sente al settimo cielo (r. 6) perché spera di poter incontrare il maresciallo Ney, un celebre eroe delle campagne napoleoniche. Ma Fabrizio si perde nei sogni di gloria, dimenticandosi del cavallo, che si tuffa malamente in un fossato inzuppando da capo a piedi uno dei generali. Investito dagli insulti proferiti dal malcapitato, si sente addirittura toccato nell’onore, e riflette se non sia il caso di reagire all’offesa subita, secondo le regole del codice cavalleresco (Dovrei chiedergli soddisfazione? si disse, r. 18).

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Il narratore, onnisciente e in terza persona, secondo lo stile dei grandi romanzi dell’Ottocento, fa uso della focalizzazione interna e della caratterizzazione indiretta (attraverso azioni e pensieri dei personaggi) per fornire un ritratto psicologico vivo e dettagliato di Fabrizio, che pure – mentre vaga nel disordine del campo di battaglia – ha molto della macchietta. Eccolo gioioso per aver guadato il fossato, mentre gli ussari si trovano ancora in difficoltà, con i cavalli che, impauriti, prendono a nuotare (si diede a trottare sulla riva fiero di sé, r. 24): Fabrizio si comporta come un bambino che nutre un complesso di inferiorità verso gli adulti, ed è pronto a mettersi in mostra per essere accettato dal gruppo oppure ad abbattersi eccessivamente di fronte ai suoi fallimenti. Inoltre, non possiede nemmeno l’esperienza sufficiente per rendersi conto del pericolo: quando i cannoni iniziano a sparare, un ironico intervento del narratore ci spiega che il giovane è disturbato, più che dalla paura, dal fastidio per i forti boati. In fondo, nonostante il suo coraggio, o, meglio, la sua incoscienza, Fabrizio è ancora un piccolo nobile viziato, che di fronte alla violenza della battaglia pensa alla salute dei suoi timpani, offesi dal baccano.

Il valore letterario del brano – e di tutto l’episodio di Fabrizio a Waterloo, che occupa oltre due capitoli della Certosa di Parma – sta nel contrasto tra il carattere del giovane e il grande evento a cui partecipa. Fabrizio è spinto da un potente impulso vitale, non solo per la sua età ma anche per le sue origini: secondo Stendhal, infatti, esuberanza e passionalità erano tratti tipici del popolo italiano, a suo dire molto più sanguigno e schietto degli altri europei. D’altro canto, il protagonista viene dipinto come un pivello (r. 54), con la testa piena di sogni ma senza alcuna idea di come funziona davvero il mondo.

È curioso che Stendhal scelga di rappresentare la battaglia di Waterloo dal punto di vista di un giovane del genere, energico ma del tutto incapace di capire ciò che sta accadendo. Al di là di qualsiasi preoccupazione documentaria, la grande battaglia è qui ridotta a una serie di scaramucce comiche e di poco conto, sebbene fondamentali per il percorso di formazione di Fabrizio. Anche le pagine più memorabili della storia, sembra dirci l’autore, sono composte di vite minime, cioè di uomini semplici, comuni: un evento capitale come Waterloo può essere visto dal basso, con gli occhi delle persone che vi prendono parte in modo marginale, quasi senza accorgersene.

Il divario tra il grande evento e la giocosa immaturità del protagonista si riflette anche sullo stile. Da un lato l’autore usa l’ironia, marcata anche dalla focalizzazione interna (come nell’esaltato soliloquio di Fabrizio davanti al fuoco nemico: Ah, eccomi qua finalmente sotto il fuoco! si disse. Finalmente ho visto una battaglia! si ripeteva con soddisfazione. Adesso sono un vero soldato, rr. 81-82). Dall’altro lato non mancano passaggi in cui l’orrore della guerra è reso con estrema crudezza: è il caso della descrizione delle giubbe rosse, cadute o ferite sul campo, oppure di quella del cavallo intrappolato e sanguinante (Ciò che apparve orribile ai suoi occhi fu un cavallo tutto pieno di sangue, che si dibatteva tra le zolle arate, con le zampe impigliate nelle proprie budella, rr. 78-80). Inoltre Stendhal è abilissimo nel rendere i moti dell’animo dei personaggi, non solo quelli del protagonista, ma anche quelli delle comparse, come il generale infuriato per via degli schizzi. Quest’ultimo personaggio è realmente esistito, così come, ovviamente, Napoleone Bonaparte sconfitto a Waterloo: secondo le regole del romanzo storico, l’autore mescola fatti e personaggi realmente accaduti a fatti e personaggi inventati e tuttavia credibili. Il risultato è un effetto di realismo, grazie anche alla precisione con cui l’autore descrive la battaglia e l’ambiente militare, da lui conosciuto in prima persona in quanto in gioventù era stato soldato dell’esercito napoleonico.

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Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Metti in ordine cronologico gli eventi narrati, numerandoli da 1 a 8.

  • a) Il cavallo di Fabrizio salta nel fossato schizzando un generale.
  • b) Fabrizio, parlando con un soldato, scopre chi è il maresciallo Ney.
  • c) Fabrizio e il cavallo riescono ad attraversare il fossato per primi.
  • d) La scorta dei generali arriva a un fossato.
  • e) Fabrizio corre verso il centro della battaglia, fra i rombi del cannone e gli spari.
  • f) Fabrizio segue la scorta dei generali, tra i quali sa esserci il maresciallo Ney.
  • g) Mentre attraversano un campo, due soldati e un cavallo vengono colpiti.
  • h) Fabrizio attraversa un campo cosparso di cadaveri e moribondi.


2. Perché Fabrizio non dovrebbe parlare con i soldati?

  •     Perché non sa parlare francese. 
  •     Perché rischia di farsi scoprire. 
  •     Perché è una spia del nemico. 
  •     Per rispetto nei confronti dei generali. 


3. Perché il secondo campo attraversato da Fabrizio ha le zolle smosse in maniera strana?

  •     Perché è stato arato da poco. 
  •     Perché non è ancora stato arato. 
  •     Perché su di esso sono passati dei cavalli al galoppo. 
  •     Perché porta i segni dei proiettili.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Fabrizio partecipa alla storica battaglia con un misto di sentimenti, talvolta confusi. Associa a ciascun momento il sentimento prevalente (ogni sentimento può riguardare più di un momento).

  • a) Quando raggiunge il gruppetto dei generali. 
  • b) Quando il generale, bagnato dagli schizzi, impreca contro il suo cavallo. 
  • c) Quando per primo attraversa il fossato. 
  • d) Quando il cannone comincia a sparare. 
  • e) Quando attraversa il campo cosparso di giubbe rosse. 
  • f) Quando sente i generali parlare tra loro. 
  • g) Quando vede il cavallo sventrato dai colpi. 
  • h) Quando corre in mezzo ai proiettili. 


1) offesa

2) entusiasmo

3) orgoglio

4) confusione

5) soddisfazione

6) orrore e pietà

7) curiosità

8) fastidio


5. Individua nel testo i passi che sottolineano l’ammirazione di Fabrizio per il maresciallo Ney. A che cosa è dovuta questa ammirazione? Ti sembra un sentimento razionale?


6. La descrizione degli orrori della guerra è cruda e realistica, e, oltre alla vista, coinvolge anche il senso dell’udito: quali sono i rumori di guerra uditi da Fabrizio?


7. In quale punto del racconto il narratore interviene direttamente per commentare la vicenda? Che cosa vuole mettere in evidenza? Con quale atteggiamento lo fa?


8. Per quanto fosse assai suscettibile, a Fabrizio non venne in mente di irritarsi per l’ingiuria; tutto compreso da una fanciullesca ammirazione, contemplava il famoso principe della Moscova, il più intrepido degli intrepidi (rr. 68-70). Quale tecnica narrativa è utilizzata nel passo evidenziato?

  •     Monologo interiore. 
  •     Discorso diretto. 
  •     Discorso indiretto. 
  •     Discorso indiretto libero. 


A chi è attribuibile il giudizio espresso?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

9. I complementi. Individua la tipologia dei complementi evidenziati.


a) La scorta s’arrestò davanti a un largo fossato che era colmo d’acqua per la pioggia caduta il giorno innanzi.

b) Questo era costeggiato da grandi alberi e aveva sulla sinistra una distesa di prati.

c) Uno dei generali rimase completamente inzuppato dal rovescio d’acqua.

d) Fabrizio si sentì profondamente offeso da tale ingiuria.

e) Qui la china non era ripida ed egli raggiunse facilmente l’altro lato del canale.

f) Confesseremo che il nostro eroe era ben poco eroe in quel momento.

g) Notò che quasi tutti i cadaveri vestivano effettivamente in rosso.

h) Una cosa lo fece rabbrividir d’orrore.

i) Fabrizio s’avvide d’essere venti passi più avanti dei generali.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

STORIA

La battaglia di Waterloo, in cui Napoleone fu sconfitto definitivamente, è ricordata come uno dei grandi eventi che modificarono il corso della storia mondiale. Fai una ricerca su questa battaglia, concentrandoti soprattutto sugli aspetti di storia militare (schieramenti, tattiche e strategie, armamenti ecc.) e poi prepara un’esposizione orale di circa due minuti.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Secondo te, è possibile paragonare i sentimenti che Fabrizio nutre nei confronti del maresciallo Ney a quelli che un ragazzo oggi prova verso cantanti, attori o sportivi? L’ammirazione dei giovani nei confronti di qualcuno che considerano un “eroe” è naturale ed è sempre esistita? Tu hai un “eroe” che segui e ammiri?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa