T3 - Due contadini e un gerarca fascista (A. Pennacchi)

T3

Antonio Pennacchi

Due contadini e un gerarca fascista

  • Tratto da Canale Mussolini, 2010
  • romanzo
L’autore

Antonio Pennacchi nasce a Latina nel 1950, da padre umbro e madre veneta, emigrati nell’Agro Pontino ai tempi della bonifica realizzata dal governo fascista tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta. In gioventù si iscrive al Movimento sociale italiano per poi entrare nel Partito comunista e nel sindacato Cgil. Lavora come operaio in una fabbrica di cavi elettrici e telefonici, ma, sfruttando un periodo di cassa integrazione, si laurea in Lettere e pubblica, nel 1994, Mammut, il suo primo romanzo, incentrato sulla condizione operaia. Successivamente si dedica a opere di argomento storico-politico, tra cui Il fasciocomunista (2003) e la raccolta di racconti Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni (2006). Con il romanzo Canale Mussolini (2010), saga familiare che ruota attorno alla bonifica dell’Agro Pontino, si aggiudica il premio Strega. Negli ultimi anni affianca l’attività di autore letterario alla collaborazione con varie riviste, tra cui “Limes”, “Nuovi Argomenti” e “MicroMega”. Nel 2015 dà un seguito alla sua opera di maggior successo scrivendo Canale Mussolini. Parte seconda.

È il 1932, l’Italia si trova nel pieno dell’epoca fascista, che sta per toccare il momento di massimo consenso popolare con la guerra coloniale in Etiopia, nel 1935. Una famiglia di contadini veneti, i Peruzzi, è ridotta sul lastrico dalla crisi economica: due di loro, Temistocle e Pericle, decidono di intraprendere una rocambolesca marcia, anzi “biciclettata”, alla volta di Roma. Il loro obiettivo è parlare con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Edmondo Rossoni, e chiedergli aiuto per risolvere la loro difficile situazione. I due, infatti, erano amici di vecchia data di Rossoni e avevano condiviso con lui la parabola politica – la stessa di Mussolini – che li aveva condotti dal socialismo al fascismo. Tuttavia il politico, dopo averli accolti con calore, prospetta una soluzione a cui non avevano pensato…

Il Rossoni1 comunque li ha portati su, li ha fatti sedere e s’è fatto raccontare per filo e
per segno ogni minima cosa. Con la testa – man mano che parlavano – faceva segno
di sì: «Ho capito». Alla fine gli ha detto: «Tornate domani, che intanto oggi mi do
un’occhiata in giro, ci penso sopra e vedo quello che posso fare».

5      E il giorno dopo i miei zii sono ritornati – riguardando2 giustamente in cagnesco3
un’altra volta quello della portineria – e arrivati su, il Rossoni gli ha detto: «Allegri!
È tutto risolto», e loro manca poco che si mettono a ballare lì dentro nel suo ufficio.

Invece era risolto solo per zio Adelchi;4 era libero, avevano già dato l’ordine, non
aveva ferito nessuno d’altronde – «Un Peruzzi senza mira» li ha presi in giro il Rossoni: 

10    «A còssa gàlo spara, àe farfàe?»5 – e il conte aveva di buon luogo acconsentito a
ritirare la denuncia. Ma per le bestie no. Non c’era niente da fare: «Non ci posso fare
niente, è quota 906 e il conte sta nel suo»,7 ciapèv’la in quel posto.8 «L’unica cosa che
posso fare, è farvi avere un podere o due nelle Pontine».9

«Le Pontine?», ha fatto zio Pericle terrorizzato, perché lui da militare le Pontine 

15    le aveva viste – pure se da fuori, da lontano – da Cisterna.10 E già lì si tastavano le
foreste impenetrabili, gli stagni, gli acquitrini e la gente con l’addome gonfio come
un pallone – anche ragazzi di quindici anni, a cui la malaria11 già gonfiava il fegato
come panzarotti12 – oltre ai morti buttati sulle strade e in mezzo ai fossi. E in quelle
foreste impenetrabili i banditi di cui raccontavano i cisternesi,13 gente che aveva 

20    ammazzato al suo paese – o anche a Roma – e si veniva a rifugiare qua, perché qua
nessuno veniva più a cercarli. Arrivavano nelle Pontine ed era zona franca,14 salvo
poi vedersela con la malaria o anche tra loro – perché solo lei o loro ci potevano
entrare, non certo i carabinieri o i parenti delle vittime in cerca di vendetta – e se tu
passavi di là, dicevano i cisternesi, i banditi t’assalivano. Certe volte uscivano sulle 

25    strade – sulla consolare,15 e fino a Cisterna, a Terracina16 – e assalivano i viandanti, la
corriera, la diligenza: «O la borsa o la vita». Le Paludi Pontine erano terra di morte.
E mio zio lo sapeva perché era stato a Cisterna, a governare17 cavalli per l’esercito:
«Ma sìo mato Rossoni? Scusè, ecelensa?18 Volete proprio farci morire tutti, la razza
dei Peruzzi? Ma che vi abbiamo fatto di male?».

30    «Ma no Peruzzi, che hai capito? Lì abbiamo fatto un paradiso, abbiamo prosciugato
tutto quanto, mica è più come una volta: da così a così», e gli metteva la mano
davanti – col palmo verso l’alto – e la rigirava di scatto verso il basso: «Da così a così.
È diventato un giardino, el Zardìn Terèstre,19 e daremo la terra ai contadini».

«Io non la voglio quella terra là. Quela xè tera impestà.20 Io voglio la mia e le 

35    bestie mie».

«Quelle non posso più dartele. Ma nelle Pontine sì, tutti i poderi che vuoi. E
quella terra diventerà tua Peruzzi, stavolta diamo davvero la terra ai contadini, dopo
un po’ d’anni a mezzadria21 la si potrà riscattare22 e diventerà di tua proprietà, diventi
un proprietario anca tì23 Peruzzi, un signore», e gli brillava il viso al Rossoni 

40    mentre raccontava queste storie. Proprio come stesse offrendo loro in dono la Terra
Promessa.

«Nelle Pontine?», faceva invece zio Pericle: «Nooo, mì le cognòsso».24

«Ma la terra diventa tua! Proprietario! Vai a vedere, almeno, prima di dire di no»,
insisteva il Rossoni.

45    «Nooo», continuava a fare zio Pericle, finché il Rossoni non s’è rivolto a zio Temistocle:
«Ma tu cosa dici, tu non parli mai, ch’at vègna un cancher?».25

«Mì…», ha detto solo zio Temistocle, e poi ha fatto una faccia e allargato le mani
verso il fratello come a dire: «Siamo venuti fin qua, arriviamo fin là. Cosa abbiamo
da perdere? Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno; perché non andiamo a dare 

50    un’occhiata?».

E allora zio Pericle ha detto: «Va bèn, séimo vegnù fin qua, rivémo fin là; ’ndémo
a darghe un’ociada, còssa ghémo da perdere?»,26 e sono venuti via.

Rossoni li ha accompagnati fino fuori dall’ufficio e mentre stavano sul corridoio
a finire di salutarsi, s’è aperta un’altra porta e ne è uscito il Duce. Subito gli uscieri 

55    sono scattati sull’attenti – «Duce!», e saluto romano – e pure i miei zii, pure loro
sono scattati sull’attenti: «Duce!», e hanno fatto il saluto romano. Anche il Rossoni
ha abbozzato un salutino a mezzo braccio.

Il Duce è passato di fretta per i fatti suoi, ha detto uno stentato27 «A noi», e ha
alzato pure lui un braccettino di circostanza,28 continuando a pensare alle cose sue.


Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, Mondadori, Milano 2010

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Come continua

I Peruzzi accettano l’offerta di Rossoni e partecipano al grande esodo verso l’Agro Pontino. Attraverso una narrazione divisa tra resoconto storico ed epica familiare, l’autore descrive le peripezie dei lavori di bonifica e la forte impressione che suscitarono all’epoca. I Peruzzi giungono in un’area già prosciugata e pronta per la coltivazione: tuttavia la bonifica è ancora in corso, e il Canale Mussolini – uno dei mezzi principali usati per il prosciugamento dei terreni – è stato scavato soltanto per metà. A poco a poco la famiglia si insedia nel nuovo podere, affrontando varie difficoltà, tra cui le invasioni di zanzare, la malaria, non ancora del tutto debellata, e il difficile rapporto con i nativi del luogo. A forza di braccia, i tenaci contadini veneti riescono a sollevarsi dalla povertà, lavorando la loro nuova, fertile terra. La grande storia corre, però, verso la catastrofe della guerra mondiale, e molti Peruzzi verranno chiamati al fronte, dove il focoso Pericle troverà la morte. Inoltre, i protagonisti sono colpiti anche da una crisi “interna”: la bella Armida, moglie di Pericle, avvia una relazione incestuosa con il nipote, sollevando uno scandalo familiare. Ma ancora una volta i Peruzzi saranno presi nel vortice degli eventi: nel gennaio del 1944, lo sbarco alleato ad Anzio renderà l’Agro Pontino teatro di violentissimi scontri, cessati soltanto dopo molti mesi, con la definitiva liberazione di Roma.

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a TU per TU con il testo

Non si può capire fino in fondo il dialogo tra Rossoni e i Peruzzi senza fare un giro nell’Agro Pontino. A oltre ottant’anni della bonifica, quell’area conserva ancora qualcosa di violento e misterioso. Nel disegno geometrico delle strade, spesso orlate da scuri, possenti filari; nella luce abbacinante e a volte dolorosa, che rimbalza dal mare al cielo, agli specchi delle lagune; nella vitalità straripante dei suoi abitanti, tutti potenziali eroi di un’avvincente saga popolare. In mezzo a certi scorci, alla sonnolenza dei paesi, agli squadrati e surreali palazzi fatti costruire da Mussolini è facile perdersi. Oppure sprofondare nell’immaginazione, come se dietro ogni cosa incombessero l’acquitrino, la zanzara velenosa, la terra sciolta e marcita: un passato sconfitto per sempre che Pennacchi racconta, trasformandolo in un’epopea favolosa e carnale.

Analisi

I membri della famiglia Peruzzi – due semplici contadini mezzadri del Veneto – vengono accolti con calore dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nell’allora sede del governo, in piazza Venezia a Roma. Le ragioni della loro amicizia con Edmondo Rossoni – personaggio storico realmente esistito – sono spiegate in un lungo flashback che precede il brano appena letto. I Peruzzi, infatti, hanno vissuto in prima persona le tappe più importanti della storia del fascismo, dalla sua fondazione, nel 1919 a Milano, agli episodi di violenza squadrista dei primi anni Venti. Zio Pericle ha persino ucciso un prete che si opponeva pubblicamente alla dittatura nel mezzo di una spedizione punitiva che doveva soltanto intimidire il parroco.

Le vicende dei Peruzzi mostrano come nel fascismo convivessero, fin dall’inizio, diverse anime politiche: in particolare, nella base confluivano fasce popolari (agricoltori e operai di fede socialista o sindacalista-rivoluzionaria) ed esponenti della borghesia e della piccola proprietà terriera.

Il colloquio tra i due Peruzzi e Rossoni è uno snodo chiave del romanzo, perché prelude al trasferimento dell’intera famiglia nell’Agro Pontino. Il potente gerarca, infatti, non può fare nulla per restituire ai vecchi compagni le bestie espropriate. Tuttavia, propone loro di immigrare in Lazio: L’unica cosa che posso fare, è farvi avere un podere o due nelle Pontine (rr. 12-13). Le terre pontine erano – fin dall’epoca antica – una zona estremamente paludosa, in cui le condizioni ambientali erano ostili all’insediamento umano. Si spiega così la colorita e drammatica descrizione che segue la reazione dello zio Pericle, terrorizzato (r. 14) alla sola idea: E già lì si tastavano le foreste impenetrabili, gli stagni, gli acquitrini e la gente con l’addome gonfio come un pallone – anche ragazzi di quindici anni, a cui la malaria già gonfiava il fegato come panzarotti – oltre ai morti buttati sulle strade e in mezzo ai fossi (rr. 15-18). Inoltre, al problema dell’ambiente inospitale si aggiungeva quello dell’anarchia sociale. Quei luoghi remoti venivano considerati infatti una zona franca (r. 21), che la legge non poteva né voleva raggiungere: la palude pullulava di latitanti e banditi pronti a derubare o a uccidere senza esitazione.

Rossoni, tuttavia, sorprende i Peruzzi con una sconvolgente notizia: la terra di morte (r. 26) è diventata un Zardìn Terèstre (r. 33). Nelle sue parole si coglie l’orgoglio per un grande progetto avviato dal regime: la bonifica integrale dell’Agro Pontino, infatti, fu una colossale opera pubblica che trasformò, in soli tre anni, le aree paludose in terreni fertili e abitabili. Grazie a questa impresa si ottennero tremila nuovi poderi, assegnati a contadini poveri provenienti da varie regioni del Centro-Nord, soprattutto dal Veneto. Furono poi creati nuovi villaggi e fondate città, come Sabaudia e Latina (al tempo chiamata Littoria, in omaggio ai fasci littori, simbolo del regime): risultati, questi, che la propaganda seppe abilmente sfruttare per accrescere il consenso degli italiani alla dittatura mussoliniana.

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Come si evince dal brano, in Canale Mussolini Pennacchi fa largo uso di un registro basso ed espressivo che riproduce il discorso parlato, con ricchi inserti dialettali capaci di accrescere il realismo e la vivacità dei personaggi, tutti dotati di quella spontaneità e schiettezza che s’immaginano, spesso, come tipiche dei contadini. Non per questo i personaggi – che di frequente hanno nomi classicheggianti, come costume dell’epoca – mostrano di possedere temperamenti simili tra loro: notiamo infatti il contrasto tra il carattere di Pericle, esuberante e verace, e quello di Temistocle, suo fratello maggiore, più introverso e riflessivo.

Anche la voce del narratore risulta intrisa di linguaggio parlato: a raccontare è infatti un personaggio interno alla storia – anch’egli un Peruzzi, ma di una generazione più giovane – che rievoca le vicende della sua famiglia, intrecciate alla storia del primo Novecento, con ripetuti flashback.

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Come vengono accolti i fratelli Peruzzi dal gerarca Rossoni?

  •     Con riguardo. 
  •     Con diffidenza. 
  •     Con calore. 
  •     Con freddezza. 


2. Qual è la prima reazione dei fratelli Peruzzi alla proposta di Rossoni?

  •     Di gioia. 
  •     Di sgomento. 
  •     Di disgusto. 
  •     Di dolore. 


3. Quali argomenti usa Rossoni per convincere i due fratelli ad accettare la sua proposta? (sono possibili più risposte)

  •     Ci sarà un lauto guadagno. 
  •     Se non accettano, verranno incarcerati. 
  •     Le terre sono state bonificate. 
  •     È Mussolini in persona che lo vuole. 
  •     La terra in affitto potrà diventare di proprietà. 
  •     Se hanno fatto trenta, possono fare trentuno. 


4. All’uscita dall’ufficio di Rossoni, quale personaggio incontrano, di sfuggita, i due fratelli?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Il dialogo fra il gerarca Rossoni e i fratelli Peruzzi è giocato su un doppio registro, evidente talvolta anche in una stessa frase: quello della formalità dovuta a un personaggio importante e quello della colloquialità tipica della conversazione tra compaesani. Individua nel testo alcuni esempi della compresenza di questi due registri. Che cosa rende particolarmente riconoscibile il registro colloquiale?


6. L’uso del dialetto ha uno scopo non solo mimetico ma anche espressivo, perché consente all’autore di esprimere in modo più vivido e colorito le emozioni dei personaggi. Quando viene usato e a quale scopo? Riporta esempi dal testo.


7. Chi descrive le paludi pontine?

  •     Zio Pericle, che le conosce bene per averci fatto il militare. 
  •     Rossoni, che spiega in dettaglio come esse siano cambiate. 
  •     Il narratore, che condivide il punto di vista dei suoi personaggi. 
  •     L’autore, che ha fatto delle ricerche in merito. 


8. L’impenetrabilità delle paludi pontine prima della bonifica viene indicata anche attraverso un’iperbole: chi, oltre ai banditi, riesce a entrare nelle paludi?


9. Per indicare la bontà della bonifica, a che cosa vengono metaforicamente accostate le terre dell’Agro Pontino? Che cosa vogliono indicare queste metafore?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

10. I registri linguistici. Tipica del registro colloquiale e parlato è la presenza di frasi che potremmo considerare formalmente sgrammaticate o scorrette. Riscrivi sul quaderno in un registro standard, eliminando queste tracce di oralità, alcune delle frasi di questo tipo presenti nel testo.


a) Il Rossoni comunque li ha portati su (r. 1)

b) Tornate domani, che intanto oggi mi do un’occhiata in giro (rr. 3-4)

c) E loro manca poco che si mettono a ballare (r. 7)

d) Io non la voglio quella terra là (r. 34)

e) Gli brillava il viso al Rossoni mentre raccontava queste storie (rr. 39-40)

PRODURRE

11. Scrivere per descrivere. Immagina di descrivere ai due fratelli Peruzzi il “giardino terrestre” dell’agro bonificato. Nel testo devi inserire i seguenti termini (massimo 15 righe):


• filari • solchi • sudore • messi • mandrie.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

GEOGRAFIA

Dopo aver individuato la zona dell’Agro Pontino su una carta geografica o su Google Maps (da cui si vede bene la ripartizione in campi e poderi), fai una ricerca sulle caratteristiche e sulla storia di questa zona, che già i Romani tentarono, invano, di bonificare.


STORIA

Il saluto romano, con il braccio destro alzato e teso, che i fratelli Peruzzi e Rossoni fanno quando incrociano il Duce, è uno dei tanti simboli che il fascismo adottò anche ai fini del consenso e della propaganda politica: ne conosci altri? Quali? Fai una ricerca insieme ai tuoi compagni.


STORIA DELL’ARTE

La bonifica delle paludi pontine in epoca fascista portò anche alla costruzione di nuove città (Pomezia, Aprilia, Latina-Littoria, Sabaudia) secondo i criteri dell’architettura dell’epoca, detta razionalista: cerca in rete fotografie e piante di queste città e, con l’aiuto dell’insegnante, individua le caratteristiche di questo stile architettonico.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

I fratelli Peruzzi, per poter sopravvivere, si ritroveranno costretti a emigrare da una zona d’Italia a un’altra, in una terra che credono ostile e inospitale, com’è successo a molti italiani, soprattutto tra la fine della guerra e gli anni Settanta. Conosci qualcuno che ha avuto un’esperienza simile, magari anche nella tua famiglia? Com’è stata vissuta?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa