Alla scoperta dei testi

T1

Federico De Roberto

Un’amara lezione di storia

  • Tratto da I Viceré, 1894
  • romanzo
L’autore

Federico De Roberto nasce a Napoli nel 1861, ma ben presto si trasferisce con la famiglia a Catania, dove frequenta un istituto tecnico e, a soli 15 anni, esordisce nel giornalismo. Dopo il diploma intraprende studi scientifici, ma li abbandona preferendo dedicarsi ai classici da autodidatta. Negli anni Ottanta traduce opere di narrativa, collabora con la stampa periodica, scrive poesie e pubblica le prime raccolte di racconti (La sorte, 1887; Documenti umani, 1888). Subito emerge la cifra personale della sua scrittura: una solida attenzione alla realtà combinata a un talento particolare nella resa psicologica dei personaggi. Non a caso De Roberto diventa amico di Giovanni Verga, scrittore siciliano considerato il padre del Verismo, un movimento letterario che intende rappresentare la società nel modo più fedele e impersonale possibile. Tra i suoi libri più importanti figurano L’illusione (1891) e I Viceré (1894). De Roberto muore a Catania nel 1927.

I Viceré è un romanzo storico dedicato alle vicende degli Uzeda di Francalanza, un’antica famiglia di aristocratici catanesi. La narrazione si apre alla metà dell’Ottocento, con la morte della vecchia Teresa, moglie del principe Consalvo. Tra gli eredi inizia una violenta guerra di successione, che si conclude con l’affermazione di Giacomo, il figlio primogenito. Nel frattempo la Sicilia viene conquistata da Garibaldi, che la cede a Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Gli Uzeda cavalcano, dove possibile, la nuova condizione storico-sociale, continuando a comportarsi con immoralità e spregiudicatezza. Dopo una giovinezza incurante e smodata, il figlio di Giacomo, Consalvo, intraprende una rampante carriera politica. Qui ci troviamo nella scena conclusiva del romanzo. Donna Ferdinanda, anziana esponente degli Uzeda, giace su un lettino di ferro, provata da un acuto raffreddore. Il nipote Consalvo va a farle visita. Ferdinanda è fortemente indignata per le posizioni progressiste di Consalvo, che è riuscito a farsi eleggere deputato al parlamento italiano. Ma il nipote la convince che, in realtà, nulla è cambiato e adattarsi alle mutate circostanze è solo un modo per rinnovare la cinica supremazia degli Uzeda.

Un nuovo scoppio di tosse fece soffiare la vecchia1 come un mantice.2 Quando calmossi,3
ella disse con voce affannata, ma con accento di amaro disprezzo: «Tempi
obbrobriosi!…4 Razza degenere!».5 La botta6 era diretta anche a lui. Consalvo tacque
un poco, a capo chino, ma con un sorriso di beffa sulle labbra, poiché la vecchia 

5      non poteva vederlo. Poi, fiocamente,7 con tono d’umiltà, riprese:

«Forse Vostra Eccellenza l’ha anche con me…8 Se ho fatto qualcosa che le è dispiaciuta,
gliene chiedo perdono… Ma la mia coscienza non mi rimprovera nulla…
che uno del suo nome sia di nuovo tra i primi del paese… Forse le duole il mezzo

col quale questo risultato s’è raggiunto… Creda che duole a me prima che a lei… 

10    Ma noi non scegliamo il tempo nel quale veniamo al mondo; lo troviamo com’è, e
com’è dobbiamo accettarlo. Del resto, se è vero che oggi non si sta molto bene, forse
che prima si stava d’incanto?».9

Non una sillaba di risposta.

«Vostra Eccellenza giudica obbrobriosa l’età nostra, né io le dirò che tutto vada 

15    per il meglio; ma è certo che il passato par molte volte bello solo perché è passato…
L’importante è non lasciarsi sopraffare… Io mi rammento che nel Sessantuno,10
quando lo zio duca fu eletto la prima volta deputato, mio padre mi disse: “Vedi?
Quando c’erano i Viceré, gli Uzeda erano Viceré; ora che abbiamo i deputati, lo zio
siede in Parlamento”. Vostra Eccellenza sa che io non andai molto d’accordo con la 

20    felice memoria;11 ma egli disse allora una cosa che m’è parsa e mi pare molto giusta…
Un tempo la potenza della nostra famiglia veniva dai Re; ora viene dal popolo…
La differenza è più di nome che di fatto… Certo, dipendere dalla canaglia12 non
è piacevole; ma neppure molti di quei sovrani erano stinchi di santo.13 E un uomo
solo che tiene nelle proprie mani le redini del mondo e si considera investito d’un 

25    potere divino e d’ogni suo capriccio fa legge è più difficile da guadagnare e da serbar
propizio14 che non il gregge umano, numeroso ma per natura servile… E poi, e poi
il mutamento è più apparente che reale. […]

In verità, aveva ragione Salomone quando diceva che non c’è niente di nuovo
sotto il sole!15 Tutti si lagnano della corruzione presente e negano fiducia al sistema 

30    elettorale, perché i voti si comprano. Ma sa Vostra Eccellenza che cosa narra Svetonio,16
celebre scrittore dell’antichità? Narra che Augusto, nei giorni dei comizi,
distribuiva mille sesterzi a testa alle tribù di cui faceva parte, perché non prendessero
nulla dai candidati!…».17 Egli diceva queste cose anche per se stesso, per affermarsi
nella giustezza delle proprie vedute;18 ma, poiché la vecchia non si muoveva, pensò 

35    che forse s’era assopita e che egli parlava al muro. S’alzò, quindi, per vedere: donna
Ferdinanda aveva gli occhi spalancati. Egli continuò, passeggiando per la camera:

«La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno
sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo, tra la Sicilia di prima del Sessanta,
ancora quasi feudale,19 e questa d’oggi pare ci sia un abisso; ma la differenza è 

40    tutta esteriore. Il primo eletto col suffragio quasi universale20 non è né un popolano,
né un borghese, né un democratico: sono io, perché mi chiamo principe di Francalanza.
Il prestigio della nobiltà non è e non può essere spento. Ora che tutti parlano
di democrazia, sa qual è il libro più cercato alla biblioteca dell’Università, dove io mi
reco qualche volta per i miei studi? L’Araldo sicolo dello zio don Eugenio,21 felice memoria.

45    Dal tanto maneggiarlo, ne hanno sciupato tre volte la legatura!22 E consideri
un poco: prima, ad esser nobile, uno godeva grandi prerogative, privilegi, immunità,
esenzioni23 di molta importanza. Adesso, se tutto ciò è finito, se la nobiltà è una
cosa puramente ideale e nondimeno tutti la cercano, non vuol forse dire che il suo
valore e il suo prestigio sono cresciuti?… In politica, Vostra Eccellenza ha serbato

50    ai Borboni,24 e questo suo sentimento è certo rispettabilissimo, considerandoli
come i sovrani legittimi… Ma la legittimità loro da che dipende? Dal fatto che sono
stati sul trono per più di cento anni… Di qui a ottant’anni Vostra Eccellenza riconoscerebbe
dunque come legittimi anche i Savoia…25 Certo, la monarchia assoluta26
tutelava meglio gl’interessi della nostra casta; ma una forza superiore, una corrente 

55    irresistibile l’ha travolta… Dobbiamo farci mettere il piede sul collo anche noi? il
nostro dovere, invece di sprezzare le nuove leggi, mi pare quello di servircene!…».27

Travolto dalla foga oratoria, nel tripudio del recente trionfo, col bisogno di giustificarsi
agli occhi propri, di rimettersi nelle buone grazie della vecchia, egli improvvisava
un altro discorso, il vero, la confutazione di quello tenuto dinanzi alla canaglia, 

60    e la vecchia stava ad ascoltarlo, senza più tossire, soggiogata28 all’eloquenza del
nipote, divertita e quasi cullata da quella recitazione enfatica e teatrale.

[…]

«Fisicamente, sì; il nostro sangue è impoverito; eppure ciò non impedisce a molti
dei nostri di arrivare sani e vegeti29 all’invidiabile età di Vostra Eccellenza!… Al morale,
essi sono spesso cocciuti, stravaganti, bislacchi,30 talvolta…» voleva aggiungere 

65    «pazzi» ma passò oltre. «Non stanno in pace tra loro, si dilaniano continuamente.
Ma Vostra Eccellenza pensi al passato! Si rammenti quel Blasco Uzeda, “cognominato31
nella lingua siciliana Sciarra, che nel tosco idioma32 Rissa diremmo”; si rammenti
di quell’altro Artale Uzeda, cognominato Sconza, cioè Guasta!… Io e mio padre
non siamo andati d’accordo, ed egli mi diseredò; ma il Viceré Ximenes imprigionò 

70    suo figlio, lo fece condannare a morte… Vostra Eccellenza vede che sotto qualche
aspetto è bene che i tempi siano mutati!… E rammenti la fellonia33 dei figli di Artale;
rammenti tutte le liti tra parenti, pei34 beni confiscati, per le doti delle femmine…
Con questo, non intendo giustificare ciò che accade ora. Noi siamo troppo volubili e
troppo cocciuti ad un tempo. Guardiamo la zia Chiara, prima capace di morire piuttosto 

75    che di sposare il marchese, poi un’anima in due corpi con lui, poi in guerra ad
oltranza. Guardiamo la zia Lucrezia che, viceversa, fece pazzie per sposare Giulente,
poi lo disprezzò come un servo, e adesso è tutta una cosa con lui, fino al punto di
far la guerra a me e di spingerlo al ridicolo del fiasco35 elettorale! Guardiamo, in un
altro senso, la stessa Teresa. Per obbedienza filiale, per farsi dar della santa, sposò

80    chi non amava, affrettò la pazzia ed il suicidio del povero Giovannino;36 e adesso
va ad inginocchiarsi tutti i giorni nella cappella della Beata Ximena,37 dove arde la
lampada accesa per la salute del povero cugino!38 E la Beata Ximena che cosa fu se
non una divina cocciuta? Io stesso, il giorno che mi proposi di mutar vita, non vissi
se non per prepararmi alla nuova. Ma la storia della nostra famiglia è piena di simili 

85    conversioni repentine, di simili ostinazioni nel bene e nel male… Io farei veramente
divertire Vostra Eccellenza, scrivendole tutta la cronaca contemporanea con lo stile
degli antichi autori: Vostra Eccellenza riconoscerebbe subito che il suo giudizio non
è esatto. No, la nostra razza non è degenerata: è sempre la stessa».


Federico De Roberto, I Viceré, Mondadori, Milano 1991

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a TU per TU con il testo

Facciamo finta di indossare i panni di Consalvo Uzeda. Entriamo nei suoi pensieri, rivelandone – senza ipocrisie e mascheramenti – la vera natura: «Io discendente dei principi di Francalanza ed ora deputato del Regno, non possiedo rimorso alcuno, e dormo sonni tranquilli. Diseredato da mio padre per la mia vita passata, arrogante e dissoluta, non posso tuttavia scampare al destino che porto nel sangue: detenere il potere. Credete forse che il principe sia colui che si fa carico della pubblica utilità? La plebe non comprende e non comprenderà mai: il potere logora, ma chi non ce l’ha, o chi non ha le spalle per portarne il peso. Per tollerare la miseria del mondo, gli uomini e le donne del popolino hanno bisogno di sentire il vecchio adagio, le solite parole di miele: “Ecco, finalmente tornerete sovrani di voi stessi, dopo secoli di schiavitù sarete liberi”. Doppiamente sciocchi: non sanno che l’unica libertà che forse li attende è quella di scegliere a quale giogo legarsi, e su quale suolo spargere il loro sudore». Anche se non avesse detto apertamente queste parole, un politico reazionario di più di cent’anni fa avrebbe ragionato così. O almeno questa è la convinzione di De Roberto. E oggi, come stanno le cose?

Analisi

Il dialogo tra Ferdinanda e Consalvo, posto come epilogo dei Viceré, funziona come una potente ricapitolazione dell’intero romanzo. Le vicende del libro, infatti, iniziano a metà dell’Ottocento, quando ancora la Sicilia fa parte del Regno di Napoli, governato dalla dinastia d’origine francese dei Borbone. La conclusione del romanzo, invece, è collocata nel 1882, più di vent’anni dopo che l’Italia ha conseguito l’unità politica. Nella stanza di donna Ferdinanda si confrontano, così, due generazioni diverse. L’austera e decrepita signora rappresenta la vecchia nobiltà borbonica, figlia di una cultura rigida, gerarchica e molto conservatrice. Al contrario, Consalvo è un giovane rampollo, assetato e arrivista, pronto a dismettere gli antichi costumi per cavalcare le nuove forme del potere. Esaminando la struttura della conversazione tra i due personaggi, balza all’occhio un fatto significativo di ordine linguistico-retorico: l’incontro non è un vero dialogo, bensì un monologo a senso unico di Consalvo, in cui la vecchia Ferdinanda pronuncia poche battute, per poi ascoltare la lunga tirata del suo interlocutore, finendo per rimanerne persuasa.

 >> pagina 470 

Nell’anatema biascicato da Ferdinanda (Tempi obbrobriosi!… Razza degenere!, rr. 2-3) si riassumono gli argomenti su cui è fondata la sua posizione ideologica: il disprezzo per il presente e l’idea che il sangue degli Uzeda, un tempo integro e degno di rispetto, sia ora inevitabilmente compromesso. Seguendo un’abile strategia retorica, Consalvo parafrasa l’argomento di Fernanda, e lo confuta appellandosi a una precisa convinzione: molte volte, il passato viene idealizzato come una mitica età dell’oro, soltanto perché è perduto e non può più tornare. È molto più comodo credere in una grandezza originaria – decaduta in un secondo momento – che affrontare la complessità del nuovo e le sfide del presente. Ma è certo che il passato par molte volte bello solo perché è passato… L’importante è non lasciarsi sopraffare… (rr. 15-16): Consalvo oppone al rimpianto nostalgico della zia un argomento pratico. Ciò che conta veramente è stare a galla, e le mutate condizioni si rivelano addirittura più favorevoli delle vecchie. I sovrani di un tempo non sono migliori del popolo canaglia (r. 22), e quest’ultimo è molto più facile da imbonire e controllare.

Il discorso di Consalvo è costruito retoricamente con la consumata abilità del politico, che sa come parlare al suo pubblico, persuadendolo. Egli oppone al chiuso conservatorismo di Ferdinanda un’analisi lucidissima, che spiega la storia molto meglio di un tradizionale atteggiamento reazionario e che può essere così sintetizzata: nobili e potenti riescono a trionfare anche senza il diritto divino, e in un paese feudale (r. 39) come la Sicilia la giovane Italia non ha saputo pianificare adeguatamente un programma di crescita, confermando o talvolta peggiorando la situazione preesistente. Il discorso di Consalvo riflette le idee dell’autore, convinto che, a dispetto del facile mito del progresso, la natura umana non cambi mai, basata com’è sull’egoismo e sulla lotta per ottenere potere e prestigio sociale (In verità, aveva ragione Salomone quando diceva che non c’è niente di nuovo sotto il sole!, rr. 28-29; La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi, rr. 37-38).

Va aggiunto inoltre un altro elemento. Prima del suo incontro con Ferdinanda, Consalvo aveva tenuto un discorso al popolo completamente opposto, improntato agli ideali della sinistra liberale e del socialismo. Ora, di fronte alla vecchia nobildonna, “improvvisa” invece un altro discorso, il vero (r. 59), dicendo apertamente ciò che pensa. Per quanto sgradevole e meschino possa sembrare, egli manifesta in tal modo una grande lucidità nell’interpretare le dinamiche della storia e le perverse logiche del potere, alimentate da false promesse elettorali o dall’opportunistica pratica del trasformismo.

Dal tema più propriamente politico Consalvo – nell’ultima parte del monologo – passa a confutare la seconda esclamazione di Ferdinanda, Razza degenere! (r. 3). Ancora una volta, gli argomenti usati sono quasi inoppugnabili: non c’è nessun recente “impoverimento” morale della stirpe, perché gli Uzeda sono sempre stati dei “degenerati” dal “sangue malato”. Avvezzi per lunga consuetudine a sposarsi tra loro – com’era costume di molte casate nobiliari, spinte dal proposito di preservare la purezza del sangue –, avevano fatalmente minato nel tempo il loro patrimonio genetico. Inoltre, la continua familiarità con il potere aveva corrotto e inquinato la loro statura morale. Così, fin dai vecchi antenati la nobile e altera stirpe degli Uzeda consisteva, in realtà, in una genia di squilibrati, preda di passioni ingestibili e distruttive. Emergono, dunque, il pessimismo e il crudo realismo con cui De Roberto guarda alla natura umana: nemmeno le persone – al pari della storia – possono cambiare; possono sperare al massimo di prosperare sulla pelle dei loro simili.

 >> pagina 471 

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Il brano è ambientato

  •     all’epoca dell’Unità d’Italia (1861). 
  •     una ventina d’anni dopo l’Unità d’Italia. 
  •     prima dell’Unità d’Italia, durante le campagne di Garibaldi. 
  •     durante la Rivoluzione francese. 


2. Quali sono le posizioni politiche di Consalvo Uzeda?

  •     È un sincero democratico. 
  •     È un sostenitore dei Borbone. 
  •     È un sostenitore dei Savoia. 
  •     Mira soltanto a mantenere il proprio pre­stigio. 


3. Chi o che cosa viene definito da Consalvo la canaglia?

  •     Il popolo. 
  •     Il re della dinastia dei Savoia. 
  •     Il parlamento. 
  •     La zia Ferdinanda. 


4. Consalvo ricorda alla vecchia zia le vicende degli antenati Blasco e Artale Uzeda perché

  •     rimpiange i tempi in cui la nobiltà feudale aveva potere e privilegi. 
  •     vuole presentarsi come loro legittimo erede. 
  •     vuole dimostrare che la famiglia Uzeda non è degenerata solo negli ultimi tempi. 
  •     era legato a loro da un sincero affetto. 


5. Che cosa hanno fatto le donne di casa Uzeda di Francalanza, cocciute e volubili al tempo stesso?

Analizzare e interpretare

6. Individua i passi in cui Consalvo riflette sul mutare dei tempi: egli ritiene che ci sia un vero e proprio progresso? Che cosa bisogna fare, quando i tempi mutano?


7. Quale idea del popolo ha Consalvo?


8. Nel suo discorso, Consalvo inserisce alcune citazioni: da quali testi? Perché?


9. Che cosa pensa Consalvo degli antichi sovrani? (sono possibili più risposte)

  •     Li rimpiange come fa la vecchia zia. 
  •     Li ritiene dei modelli di comportamento. 
  •     Pensa che molti di loro si comportassero in maniera riprovevole. 
  •     Pensa che fossero difficili da compiacere e da renderseli amici. 
  •     Pensa che fossero investiti di un potere divino. 
  •     Pensa che tutelassero meglio gli interessi dei nobili. 
  •     Pensa che anch’essi fossero corrotti. 
  •     Pensa che i Borbone fossero i sovrani legittimi. 
  •    I    Pensa che la loro legittimità dipenda dalla durata del regno. 


10. Quale idea della politica ha Consalvo? Rispondi facendo riferimento ai passi del testo.

 >> pagina 472 

competenze linguistiche

11. Lessico. I sinonimi. Stabilisci, tra quelli proposti, il sinonimo più adatto.


a) ella disse con voce affannata (roca / ansimante), ma con accento di amaro disprezzo

b) Vostra Eccellenza non può dolersi (rimproverare / addolorarsi) che uno del suo nome sia di nuovo tra i primi del paese

c) L’importante è non lasciarsi sopraffare (vincere / sopraggiungere)

d) poiché la vecchia non si muoveva, pensò che forse s’era assopita (distratta / addormentata)

e) Certo, la monarchia assoluta tutelava meglio gl’interessi della nostra casta (gruppo sociale / famiglia)

f) Travolto dalla foga (entusiasmo / ansia) oratoria

g) Dove arde (si trova / brucia) la lampada accesa per la salute del povero cugino

h) Ma la storia della nostra famiglia è piena di simili conversioni repentine (immotivate / improvvise)


12. Coordinazione e subordinazione. Stabilisci, tra quelli proposti, il connettivo più adatto.


a) Vostra Eccellenza non può dolersi che (affinché / poiché) uno del suo nome sia di nuovo tra i primi del paese

b) Del resto (insomma / quindi), se è vero che oggi non si sta molto bene, forse che prima si stava d’incanto?

c) In verità, aveva ragione Salomone quando (poiché / se) diceva che non c’è niente di nuovo sotto il sole!

d) Augusto, nei giorni dei comizi, distribuiva mille sesterzi a testa alle tribù di cui faceva parte, perché (poiché / affinché) non prendessero nulla dai candidati

e) Ora che (mentre / dove) tutti parlano di democrazia, sa qual è il libro più cercato alla biblioteca dell’Università

f) se la nobiltà è una cosa puramente ideale e nondimeno (però / quindi) tutti la cercano

g) Di qui a ottant’anni Vostra Eccellenza riconoscerebbe dunque (senza dubbio / forse) come legittimi anche i Savoia

h) il nostro sangue è impoverito; eppure (ma / invece) ciò non impedisce a molti dei nostri di arrivare sani e vegeti all’invidiabile età di Vostra Eccellenza

PRODURRE

13. Scrivere per argomentare. Utilizzando gli elementi del discorso di Consalvo che si riferiscono alla visione del mondo della vecchia zia, prova a stendere un discorso parallelo in cui l’anziana nobildonna sostenga che davvero i tempi sono obbrobriosi.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

Consalvo definisce erroneamente a suffragio quasi universale (r. 40) il sistema elettorale in vigore nel 1882. Fai una ricerca per comprendere come si è evoluto il sistema di voto in Italia dall’Unità a oggi e quali possono essere le differenti forme di suffragio.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Dal discorso di Consalvo emerge un’idea della politica come mezzo per garantire i privilegi di una ristretta classe sociale. Anche oggi molti ritengono (a torto o a ragione) che sia così, ma a che cosa dovrebbe servire, davvero, la politica?

L’emozione della lettura - volume A
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Narrativa