2. Origini e sviluppo del romanzo storico: l’Ottocento
L’inventore del romanzo storico è considerato lo scozzese Walter Scott (1771-1832), che nel 1814 pubblicò Waverley, ambientato nella Scozia di metà Settecento, tra conflitti politici e folclore tradizionale. Il suo romanzo più celebre è però Ivanhoe, dedicato alle gesta dell’omonimo cavaliere, sullo sfondo del Medioevo inglese, teatro degli scontri fra Sassoni e Normanni.
Per mezzo di una vasta e fortunata produzione Scott fissò le regole fondamentali del genere, valide ancora oggi: il romanzo storico si basa, innanzitutto, su uno studio accurato dell’epoca in cui si svolgono le vicende, in modo da poterne ricostruire fedelmente l’atmosfera, gli usi e i costumi e quindi collocarvi gli eventi principali e secondari.
All’interno dei suoi romanzi, inoltre, i personaggi di fantasia interagiscono con quelli effettivamente esistiti: per esempio, in Ivanhoe accanto al protagonista, frutto di invenzione, compaiono figure reali quali Riccardo Cuor di Leone e il principe Giovanni Senzaterra, oltre che il leggendario bandito gentiluomo Robin Hood, la cui autenticità storica, tuttavia, rimane incerta.
Un’altra caratteristica tipica dei libri di Scott – diventata poi un contrassegno del genere – è l’importanza della collocazione spaziale degli avvenimenti. Per rievocare efficacemente un periodo storico, infatti, è necessario ricostruire e descrivere le coordinate geografiche in cui le vicende sono ambientate. Non a caso Ivanhoe si apre con una sequenza descrittiva, senza la quale il “viaggio nel tempo” proposto dal romanzo ai suoi lettori non sarebbe altrettanto vivido e coinvolgente.
Infine, notevole importanza rivestono i dialoghi, spesso inseriti all’interno di scene a effetto in cui si confrontano grandi personalità. L’autore stesso ammetteva di voler ottenere un effetto drammatico simile a quello del teatro, «mantenendo sia gli attori sia l’azione costantemente davanti al lettore, e piazzando quest’ultimo, in una qualche misura, nella posizione del pubblico».