Raccontare la storia

1. Raccontare la storia

Il romanzo storico – uno dei generi narrativi più amati dai lettori – mescola vicende inventate a fatti e personaggi realmente esistiti, ricostruendo il contesto e l’atmosfera di epoche passate. Così, aprendo un libro, possiamo passeggiare tra le piramidi al tempo degli antichi faraoni oppure incrociare le spade, con la foga di un intrepido moschettiere; partire per il Nuovo mondo a fianco dei padri pellegrini o sbarcare sulle coste della Francia mentre imperversa feroce il secondo conflitto mondiale. Le possibilità sono quasi illimitate: basta pensare a un periodo storico in cui ci piacerebbe vivere anche solo per pochi giorni, e di certo si troverà un romanzo che lo abbia scelto come ambientazione. Ce n’è per tutti i gusti, dalla preistoria al Rinascimento, dall’Impero azteco alla Rivoluzione francese, fino a giungere al passato recentissimo.

La caratteristica principale del romanzo storico è la sua costituzione ibrida, l’essere cioè composto da due ingredienti che non si fondono completamente: i dati reali e gli elementi d’invenzione. Se leggiamo, per esempio, un romanzo che ripercorre la vita di Giulio Cesare, come possiamo separare i fatti realmente accaduti dagli elementi liberamente aggiunti dall’autore? Il romanzo storico differisce, dunque, sia da un saggio, che ha un intento scientifico, morale o accademico, sia da un romanzo di altro genere – per esempio, di fantascienza –, che è libero da preoccupazioni di verosimiglianza storica. Pensiamo al caso di Alessandro Manzoni (1785-1873): dopo aver lavorato per tanti anni al romanzo storico più famoso della letteratura italiana, I promessi sposi, scrisse che un tale genere narrativo poneva problemi spinosi e irrisolvibili in quanto «il suo assunto è intrinsecamente contraddittorio». Manzoni sosteneva cioè che “storia” e “invenzione” non possono amalgamarsi perfettamente e rimangono, in ultima analisi, sempre estranee tra loro. Tuttavia, come dimostra il suo capolavoro, proprio in questa tensione mai del tutto conciliabile sta la forza del romanzo storico, che unisce al rigore del documento l’estro dell’immaginazione letteraria.

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2. Origini e sviluppo del romanzo storico: l’Ottocento

L’inventore del romanzo storico è considerato lo scozzese Walter Scott (1771-1832), che nel 1814 pubblicò Waverley, ambientato nella Scozia di metà Settecento, tra conflitti politici e folclore tradizionale. Il suo romanzo più celebre è però Ivanhoe, dedicato alle gesta dell’omonimo cavaliere, sullo sfondo del Medioevo inglese, teatro degli scontri fra Sassoni e Normanni.

Per mezzo di una vasta e fortunata produzione Scott fissò le regole fondamentali del genere, valide ancora oggi: il romanzo storico si basa, innanzitutto, su uno studio accurato dell’epoca in cui si svolgono le vicende, in modo da poterne ricostruire fedelmente l’atmosfera, gli usi e i costumi e quindi collocarvi gli eventi principali e secondari.

All’interno dei suoi romanzi, inoltre, i personaggi di fantasia interagiscono con quelli effettivamente esistiti: per esempio, in Ivanhoe accanto al protagonista, frutto di invenzione, compaiono figure reali quali Riccardo Cuor di Leone e il principe Giovanni Senzaterra, oltre che il leggendario bandito gentiluomo Robin Hood, la cui autenticità storica, tuttavia, rimane incerta.

Un’altra caratteristica tipica dei libri di Scott – diventata poi un contrassegno del genere – è l’importanza della collocazione spaziale degli avvenimenti. Per rievocare efficacemente un periodo storico, infatti, è necessario ricostruire e descrivere le coordinate geografiche in cui le vicende sono ambientate. Non a caso Ivanhoe si apre con una sequenza descrittiva, senza la quale il “viaggio nel tempo” proposto dal romanzo ai suoi lettori non sarebbe altrettanto vivido e coinvolgente.

Infine, notevole importanza rivestono i dialoghi, spesso inseriti all’interno di scene a effetto in cui si confrontano grandi personalità. L’autore stesso ammetteva di voler ottenere un effetto drammatico simile a quello del teatro, «mantenendo sia gli attori sia l’azione costantemente davanti al lettore, e piazzando quest’ultimo, in una qualche misura, nella posizione del pubblico».

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Moltissimi scrittori si ispirarono ai romanzi di Scott, che furono prontamente apprezzati e tradotti all’estero. Il nuovo genere prese piede sempre più, stimolando una vasta produzione spesso non di alto livello perché gli autori trascuravano l’imprescindibile lavoro di documentazione, usando la storia esclusivamente come uno sfondo esotico e di pura fantasia, per rendere più accattivanti e sorprendenti le vicende narrate.

Le ragioni della grande popolarità del romanzo storico vanno cercate nelle tendenze della cultura del tempo, dominata dal movimento del Romanticismo, i cui esponenti valorizzavano il passato storicospecialmente medievale – ritenendolo una chiave fondamentale nella costruzione delle identità nazionali. Agli occhi degli intellettuali romantici, il Medioevo appariva un’epoca piena di fascino, una fucina di avventure e di miti e non, come nel Settecento illuminista, un periodo buio, da cui l’umanità era uscita a fatica, grazie alla luce della ragione.

Il romanzo storico, così, combinava esigenze di intrattenimento a finalità educative, diffondendo valori patriottici [#2] attraverso l’esaltazione del passato. Altre volte, come nel caso dei Promessi sposi, lo scenario storico passato poteva essere letto anche come un travestimento del presente, magari utilizzato per superare il vaglio della censura: il contesto in cui maturano i fatti raccontati dal romanzo manzoniano, cioè il Seicento lombardo, dominato dagli spagnoli, non poteva che suggerire ai lettori più attenti una riflessione sulla condizione dell’Italia a loro contemporanea, ancora sotto il giogo di un popolo straniero, quello austriaco.

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Intorno alla metà dell’Ottocento, alcuni narratori di area francese svilupparono il romanzo storico in direzione della contemporaneità: al suo centro, dunque, non vi era più il Medioevo idealizzato e romantico, ma il passato recente, attraverso il quale discutere di argomenti e personaggi ancora attuali. Abbiamo così, tra gli altri, i romanzi di Stendhal (1783-1842), come Il rosso e il nero o La Certosa di Parma ( T4, p. 488), ambientati in epoca napoleonica, in cui si descrivono le gesta e la psicologia di personaggi ordinari, ben diversi dagli eroi medievali prediletti da Scott.

In Francia, però, il romanzo storico seguì anche altre vie, dedicate a un intrattenimento con minori pretese, ma non per questo di scarsa qualità. È il caso di molti romanzi d’appendice, così chiamati perché venivano pubblicati a puntate: “in appendice”, appunto, a quotidiani o periodici; tali opere, caratterizzate da intrecci godibili e avvincenti, attingevano a piene mani dalla storia, con la preferenza per scenari particolarmente avventurosi o esotici. A questa tipologia appartengono I tre moschettieri di Alexandre Dumas padre (1802-1870) o Il Capitan Fracassa di Théophile Gautier (1811-1872), in cui entrano in gioco duelli mozzafiato, intrighi di corte e colpi di scena emozionanti.

Le opere di Scott iniziarono a essere tradotte in italiano nei primi decenni dell’Ottocento: tra il 1820 e il 1831 si contano ben 167 traduzioni dei suoi romanzi o racconti storici. Il successo del modello indusse una folta schiera di scrittori a far rivivere nelle loro opere il passato dell’Italia medievale.

L’autore che più di ogni altro fece propria la lezione di Scott è Alessandro Manzoni. Con I promessi sposi, editi in una prima versione nel 1827 e successivamente nel 1840-1842, egli offre un insostituibile documento sulla vita lombarda del Seicento e realizza una perfetta fusione tra intrigo sentimentale, elementi avventurosi e componenti morali. Il matrimonio di una coppia di giovani popolani, Renzo e Lucia, viene impedito da un signorotto locale, don Rodrigo, infatuatosi della ragazza: solo un duro cammino di crescita etica e religiosa permetterà ai due innamorati di sposarsi, sfuggendo alle grinfie di don Rodrigo, oltre che ai flagelli di carestia, peste e guerra.

Tra i più grandi romanzi storici dell’Ottocento figura anche Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo (1831-1861), ambientato tra la fine del Settecento e l’Ottocento risorgimentale. Il romanzo narra le vicende di Carlo Altoviti, un patriota veneto la cui vicenda personale – dall’infanzia alla vecchiaia – si innesta nel travagliato percorso politico italiano, dalla caduta della Repubblica di Venezia alla dominazione francese, poi alla Restaurazione, alle cospirazioni e alle battaglie del Risorgimento. Vi si racconta la trasformazione di un’Italia che, semifeudale e chiusa ai tempi di Carlo bambino, si apre progressivamente per accettare e rivendicare la prospettiva di uno Stato unitario. Il racconto è svolto in prima persona da un narratore costantemente incline al dubbio e alla riflessione.

Alle vicende del Risorgimento meridionale è invece legato il capolavoro di Federico De Roberto (1861-1927), I Viceré ( T1, p. 466), pessimistica rappresentazione di una realtà siciliana capace di perpetuare i meccanismi del potere che regolano la società al di là di ogni apparente cambiamento storico.

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3. La narrativa storica nell’ultimo secolo

Nel Novecento la fiducia nel corso lineare e progressivo della storia entra in crisi: le catastrofi belliche, nella prima metà del secolo, e la paura di un conflitto nucleare, nella seconda, minano la fede nel progresso che aveva illuminato la cultura ottocentesca. Intellettuali e filosofi iniziano a ripensare l’idea del tempo come una serie razionale di eventi, legati tra loro da rapporti di causa-effetto. I principali ingredienti del romanzo storico – il tempo e i personaggi – vengono pertanto messi in discussione.

Eppure in tale contesto la narrativa storica non solo sopravvive, ma gode anche di buona salute. Da un lato, il fatto che la storia sia concepita in modo più complesso genera il desiderio di conoscerla più a fondo o di smontarne i miti, diffusi nei libri e nella cultura comune ma insufficienti a spiegare epoche ed eventi lontani nel tempo. Dall’altro lato, l’aumento di popolazione scolarizzata produce un’ampia domanda di intrattenimento, che l’ambientazione storica, come si è visto, è in grado di soddisfare.

Anche se non mancano le narrazioni nostalgiche sul mondo antico che tramonta e non può più tornare – per esempio La cripta dei cappuccini dell’austriaco Joseph Roth (1894-1939), opera dedicata allo svanire dell’Impero austroungarico e della sua cultura –, nella prima metà del secolo il romanzo storico documenta spesso la tragedia della Grande guerra [#3], che dal 1914 al 1918 sconvolge l’Europa, ridisegnandone i confini e mutandone per sempre il tessuto socioculturale. Abbiamo così romanzi come Niente di nuovo sul fronte occidentale del tedesco Erich Maria Remarque (1898-1970), sulla straziante monotonia della vita di trincea, o Addio alle armi, in cui l’americano Ernest Heming­way (1899-1961) racconta una storia d’amore – parzialmente autobiografica – vissuta sul fronte italiano, all’epoca della terribile disfatta di Caporetto. Tra gli autori italiani, è forse Emilio Lussu (1890-1975) a scrivere il romanzo più potente sulla Grande guerra, Un anno sull’Altipiano ( T5, p. 495), in cui si denuncia, con stile asciutto e impietoso, l’impreparazione tattica e la disumanità delle gerarchie militari.

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Nel secondo dopoguerra alcuni scrittori non disdegnano di tornare indietro nel tempo, come Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), che con Il Gattopardo affronta la decadenza dell’antica nobiltà siciliana travolta, nel secondo Ottocento, dalle mutate condizioni sociopolitiche dello stato unitario. Altri autori invece rappresentano le vicende, i traumi e i grandi dilemmi morali e psicologici legati al secondo conflitto mondiale e all’esperienza della Resistenza, come avviene nel racconto Ultimo viene il corvo ( T6, p. 503) di Italo Calvino (1923-1985).

Profondo innovatore del genere è però Umberto Eco (1932-2016), il quale progetta i suoi romanzi su più livelli, combinando ricostruzione dell’ambiente socioculturale e complesse finalità filosofiche. Con Il nome della rosa ( T2, p. 473) Eco ha riproposto l’ambientazione medievale, componendo un libro che è insieme un giallo e un saggio storico. Altri autori – più tradizionali nel rispettare le convenzioni del genere – si concentrano invece su vicende note e meno note della storia italiana: per esempio, Sebastiano Vassalli (1941-2015) nella Chimera risale ai tempi della caccia alle streghe tra Cinquecento e Seicento; Antonio Pennacchi (n. 1950) in Canale Mussolini ( T3, p. 480) sceglie la via dell’epopea familiare, annodando la storia privata dei Peruzzi – contadini veneti trapiantati in Lazio – alla parabola della dittatura fascista.

Alcuni scrittori hanno tentato – attraverso svariate e molteplici strategie – di cambiare la visione tradizionale della storia, proponendo punti di vista inediti e spesso distanti dalle interpretazioni comuni. In tal senso spicca il romanzo, scritto in francese, dell’americano Jonathan Littell (n. 1967), Le benevole, che racconta la Shoah con lo sguardo di un ufficiale nazista. Un tentativo di far emergere aspetti scomodi, taciuti o rimossi dalla storia ufficiale è quello degli italiani Wu Ming, pseudonimo che nasconde un collettivo di autori: si veda, per esempio, Q, del 1999 (firmato però con il nome di Luther Blissett), ambientato all’epoca della Riforma protestante, o 54 (2002), rilettura creativa e intrigante dell’epoca della guerra fredda.

In questo variegato panorama non mancano autori che – dotati di una solida preparazione storica – si dedicano alla confezione di opere di intrattenimento, coniugando felicemente rigore documentario e invenzione narrativa. Tra questi, ricordiamo Valerio Massimo Manfredi (n. 1943), archeologo e storico, che ha rispolverato i leggendari eroi dell’antichità classica – per esempio Alessandro Magno e Ulisse – in una serie di libri di successo come Le sabbie di Amon ( T7, p. 510).

EmozionArti
Grande storia, piccole storie

Le piccole storie si incrociano con la “grande storia” non solo nella letteratura ma anche nei quadri. L’artista Ernesto Treccani (1920-2009) resta colpito da una notizia di cronaca: a Milano un acrobata cade dal trapezio in un circo di periferia. E la “grande storia” dov’è? Ce la racconta il paesaggio. Sullo sfondo vediamo infatti la città devastata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Treccani ha dipinto quest’opera nel 1953, la guerra era conclusa da meno di dieci anni e la città era ancora popolata di uomini e donne in difficoltà ma desiderosi di sognare e realizzare un domani diverso.
Prova a chiedere a una persona anziana se si ricorda come ha vissuto la fine della Seconda guerra mondiale, oppure domanda ai tuoi genitori cosa stavano facendo quando hanno saputo dell’attentato alle Torri gemelle di New York. E tu, prova a pensare a qualche evento collettivo che si è intrecciato con la tua storia e alle emozioni che hai provato.

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chi ben comincia

Walter Scott, Ivanhoe, 1820

“In quel bel distretto della lieta Inghilterra che è bagnato dal Don, si estendeva negli antichi tempi una vasta foresta che copriva la maggior parte delle amene colline e vallate tra Sheffield e la bella città di Doncaster.”


Ippolito Nievo, Confessioni d’un italiano, 1867

“Io nacqui veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo.”


Patrick Süskind, Il profumo, 1985

“Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille.”


Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa, 1990

“Un padre e una figlia eccoli lì: lui biondo, bello, sorridente, lei goffa, lentigginosa, spaventata. Lui elegante e trasandato, con le calze ciondolanti, la parrucca infilata di traverso, lei chiusa dentro un corsetto amaranto che mette in risalto la carnagione cerea.”

Verifica delle conoscenze

1. Qual è la caratteristica principale del romanzo storico?

2. Chi è il fondatore del romanzo storico? Elenca le caratteristiche più importanti delle sue opere.

3. Per quali motivi il romanzo storico ebbe un significativo successo nell’Europa dell’Ottocento?

4. Qual è la finalità principale del cosiddetto “romanzo d’appendice”?

5. Perché alcuni romanzi storici dell’Ottocento italiano hanno un significato patriottico?

6. Quali cambiamenti avvenuti nella storia e nella cultura del Novecento rendono più problematica la narrazione storica?

7. Elenca almeno tre romanzi storici italiani descrivendone sinteticamente argomenti e caratteristiche.

8. Che cosa accomuna la produzione narrativa di autori come Jonathan Littell e i Wu Ming?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa