Il tema: Il lavoro

Sino all’età moderna la letteratura non si è mai dedicata al tema del lavoro. La situazione cambia sensibilmente con l’affermazione dell’etica borghese, secondo la quale il lavoro nobilita l’uomo, e non lo umilia, come invece si era sempre ritenuto in ambito aristocratico: ancora nel primo Ottocento, per esempio, il conte Monaldo Leopardi spediva lettere indignate al figlio Giacomo, che aveva osato accettare uno stipendio da un editore milanese.

È solo con il romanzo moderno, nell’Europa del XVIII secolo, che il lavoro diviene un elemento cardine nelle rappresentazioni narrative. Esemplare in quest’ottica è la vicenda di Robinson Crusoe, protagonista dell’omonimo romanzo dell’inglese Daniel Defoe (1660-1731). Naufragato su un’isoletta, Robinson applica il suo ingegno e riesce a coltivare orzo e uva, a impiantare un allevamento, a costruir­si un’abitazione. Le sue occupazioni quotidiane sono il fulcro della vicenda. Egli incarna così il modello di individuo in grado di sfuggire a un destino che lo vorrebbe sconfitto, e di costruire da sé un futuro prospero. È l’uomo moderno, il tipico self made man che parte dal nulla: un pioniere della mentalità capitalistica borghese che colonizzerà il mondo.

Con ciò, tuttavia, sorge un problema. Come conciliare un’esigenza tipica della narrativa, quella di tenere viva l’attenzione attraverso varie forme di suspense e sorpresa, portando il lettore a chiedersi come andrà a finire la storia, con il carattere talvolta ripetitivo del lavoro (pensiamo a quello nelle fabbriche)? I grandi scrittori dell’Otto-Novecento hanno offerto un amplissimo ventaglio di soluzioni, sfruttando la capacità propria del romanzo di evolvere insieme alla società che rappresenta. Il sentiero più spesso battuto è quello della rappresentazione delle durissime condizioni di vita dei popolani, spesso idealizzati come emblemi di purezza morale e strenuo sacrificio. Le esistenze quotidiane di contadini, pescatori, operai sono state esplorate da centinaia di scrittori, che hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sofferenza della povera gente.

Il coraggio però non consiste soltanto nella sopportazione di ingiustizie o sforzi intollerabili, ma anche nella capacità di far fronte a una routine sfiancante, come la grigia vita d’ufficio capace di uccidere lentamente qualunque personalità. In parecchi hanno provato a raccontare la realtà degli impiegati, scivolando ora verso il patetico ora verso l’umorismo. I medesimi ingredienti, conditi con la rabbia, si ritrovano nelle tante storie di precariato approdate in libreria negli ultimi anni, quando il posto fisso si è trasformato in una chimera.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa