Un vagabondo a San Pietroburgo (F. Dostoevskij)

Lavoriamo sui testi

Come analizzare

Fëdor Dostoevskij

(Mosca 1821-San Pietroburgo 1881)

Un vagabondo a San Pietroburgo

  • Tratto da Le notti bianche
  • Titolo originale Belye Noči, 1848
  • Lingua originale russo
  • romanzo breve in forma di diario

Siamo nella prima delle quattro notti descritte dal romanzo. Un anonimo sognatore si aggira abitualmente per i viali di San Pietroburgo. I suoi spostamenti, contraddistinti da un’attenzione acuta e maniacale per l’ambiente cittadino, si svolgono in completa solitudine. La primavera, infatti, svuota le strade e spinge gli abitanti nelle loro case di campagna: l’atmosfera si fa via via più rarefatta e sospesa, mentre un vuoto angoscioso inizia ad aprirsi nell’animo del protagonista…

Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che
possono esistere solo quando siamo giovani, caro
lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso,
che a guardarlo veniva da chiedersi: è mai 

5      possibile che vi sia sotto questo cielo gente collerica
e capricciosa? Anche questa domanda è da giovani,
caro lettore, proprio da giovani, ma che Dio
la faccia sorgere più spesso nell’anima tua!… A
proposito di persone colleriche e capricciose, non 

10    posso non ricordare come mi comportai bene durante
tutta quella giornata. Fin dal mattino ero stato
tormentato da una strana angoscia. Ad un tratto
mi era sembrato che tutti mi lasciassero solo, che
tutti mi abbandonassero. Naturalmente si ha il pieno 

15    diritto di chiedermi: ma chi sono questi «tutti»?

Infatti, sono già otto anni che vivo a Pietroburgo e
non sono riuscito a fare quasi nessuna conoscenza.
Ma a che mi servirebbe? Già così conosco tutta Pietroburgo;
ecco perché mi è sembrato che tutti mi 

20    abbandonassero quando tutta Pietroburgo ha preso
improvvisamente il volo ed è partita per la dača.1
Era terribile rimanere da solo e per tre giorni interi vagai
per la città in preda ad una profonda angoscia senza
capire cosa mi stesse accadendo. Sia che andassi sul 

25    Nevskij Prospekt,2 sia che mi recassi al parco, sia che
passeggiassi sul lungofiume non vedevo nessuno di
quei visi che mi ero abituato ad incontrare in un determinato
posto, ad una certa ora, per tutto l’anno.

Loro, naturalmente, non mi conoscono, ma io sì. 

30    Li conosco intimamente; ho studiato le loro fisionomie
e mi rallegro con loro quando sono contenti
e mi rattristo quando si adombrano. Ho quasi fatto
amicizia con un vecchietto che incontro ogni santo
giorno, ad una certa ora, sulla Fontanka.3 Ha un 

35    aspetto grave, pensieroso; borbotta sempre qualcosa
tra sé e sé ed agita la mano sinistra, mentre con la destra
impugna un lungo bastone sottile con il pomo
d’oro. Anche lui mi ha notato e ha simpatia per me.
Sono convinto che se mi accadesse di non trovarmi 

40    alla solita ora in quel posto della Fontanka, si rattristerebbe.
Ecco perché poco manca a volte che ci
scambiamo un cenno di saluto, soprattutto quando
siamo entrambi di buon umore. Qualche tempo fa
passarono due giorni interi senza che ci vedessimo e, 

45    quando il terzo giorno ci incontrammo, stavamo già
per portare la mano al cappello, ma ci riprendemmo
in tempo e lasciammo ricadere la mano mentre con
simpatia ci passavamo accanto.

Conosco anche le case. Quando cammino, mi 

50    sembra che ognuna di loro mi venga incontro correndo
per la strada, mi guardi e stia per dirmi: «Salve!

Come va la salute? Anch’io, grazie a Dio, sto bene e
a maggio avrò un piano in più». Oppure: «Come va
la salute? Domani mi ripareranno». Oppure: «Stavo 

55    per prendere fuoco e ho avuto molta paura», ecc. Tra
loro ci sono le mie preferite, le mie amiche intime;
una di loro vuole farsi curare quest’estate da un architetto.
Passerò apposta ogni giorno perché non me
la curino male, per l’amor di Dio!… Ma non dimenticherò 

60    mai la storia di una bellissima casetta, color
rosa chiaro. Era una casetta in pietra molto graziosa,
e mi guardava con tanta cordialità, ed era così fiera tra
le sue goffe vicine, che il mio cuore si rallegrava ogni
qual volta mi capitava di passarle accanto. La settimana 

65    scorsa, all’improvviso, passavo per quella strada e
non appena rivolsi lo sguardo alla mia amica, udii un
grido accorato: «Mi tingono di giallo!». Scellerati! Barbari!
Non hanno risparmiato nulla: né le colonne, né
i cornicioni, e la mia amica è diventata gialla come un 

70    canarino. C’è mancato poco che non mi venisse un attacco
di bile per questo motivo e fino ad oggi non ho
ancora avuto il coraggio di andare a trovare la poveretta,
sfigurata, dipinta col colore del celeste impero.


Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche, trad. di G. Gigante, Einaudi, Torino 2014

 >> pagina 42 

Come continua

Il sognatore vaga per Pietroburgo fino a smarrirsi, e infine giunge alle porte della città. Le supera, inoltrandosi nella campagna, dove viene colto da un senso di euforia dovuto alla bellezza della natura primaverile. S’incammina sulla via del ritorno e, quando giunge nei pressi di casa, è ormai notte fonda. A un tratto, passando lungo un canale, vede una donna in lacrime appoggiata a una ringhiera, e ne rimane fortemente turbato. Comincia a seguire la donna, che nel frattempo si è mossa, ma lei se ne accorge e cambia strada per evitarlo. Interviene però un colpo di fortuna: un anziano signore, probabilmente ubriaco, rincorre la fanciulla per importunarla, e il sognatore lo mette in fuga minacciandolo con il suo bastone. A quel punto i due fanno conoscenza: la fanciulla, di nome Nasten’ka, soffre perché è stata abbandonata da un uomo troppo povero per sposarla. Il sognatore prova a consolarla e subito si innamora…

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa