Caratteri e temi

1. Caratteri e temi

La rappresentazione della realtà sociale assume un ruolo di primo piano in narrativa nel momento in cui un nuovo pubblico si avvicina alla lettura, in Inghilterra nel XVIII secolo, poi in Francia, in Germania e via via negli altri paesi europei, Italia compresa, e in America. I ceti borghesi, oltre che sul palcoscenico della storia, si affacciano su quello della letteratura. Non vogliono soltanto imparare, acquisire princìpi morali, ma anche appassionarsi alle storie: vogliono identificarsi con i protagonisti, palpitare insieme a loro, esplorare scenari molto simili a quelli che frequentano nel mondo reale. Questo nuovo approccio determina l’ascesa del romanzo, che si insedia stabilmente al centro del sistema dei generi letterari. Non per nulla il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) lo definisce «moderna epopea borghese», in quanto la classe dominante della modernità, la borghesia appunto, da un lato vi riconosce il trionfo dei propri ideali, dall’altro li vede messi in discussione.

La narrativa sociale si diffonde a partire da un chiaro presupposto: i protagonisti non devono più essere necessariamente figure eccezionali, come principi, eroi o generali. Anche la giornata di un modesto droghiere o di un’orfanella, che patisce in un gelido sottotetto, può risvegliare l’interesse di chi legge. Il romanzo consente di osservare l’intera parabola della vita di uomini e donne comuni, dalla nascita alla morte, e di attribuirle un ordine, una direzione precisa, un senso compiuto: proprio ciò che nella vita reale non ci è permesso.

La lente del narratore – in genere esterno alla storia – si sposta continuamente dai personaggi al mondo dove agiscono, e viceversa. L’intreccio, movimentato e carico di tensione, non si svolge in un passato più o meno lontano, come avviene nella narrativa storica, e non si concentra in primo luogo sull’interiorità, come avviene nella narrazione introspettiva. Chi scrive si pone invece l’obiettivo di restituire uno spaccato del contesto sociale a lui contemporaneo.

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Sulla pagina possono trovare posto solo eventi verosimili: il realismo è un ingrediente obbligatorio. Nella narrativa sociale non volano tappeti magici, e non appare mai il diavolo: ad accendere la curiosità dei lettori è piuttosto l’esplorazione di ambienti concreti, come la pensione della signora Vauquer, sulla quale si sofferma a lungo Honoré de Balzac (1799-1850) in Papà Goriot ( T1, p. 404), uno dei primi capolavori del genere. «All-is-true», “è tutto vero”, sostiene lo scrittore francese nelle prime pagine del romanzo, per sottolineare come la sua ispirazione provenga anzitutto da un attento studio della realtà. Però questa formula, a ben vedere, non è che un desiderio o la speranza di suscitare quest’impressione nel lettore. Gli scrittori infatti, nel comprimere in qualche centinaio di pagine un’esistenza o un episodio effettivamente accaduto, devono compiere una precisa selezione, ritagliando soltanto i frammenti che secondo loro contano davvero. La rappresentazione della realtà è dunque inevitabilmente parziale: essa è spesso una sorta di “trampolino” della creazione artistica, il punto di partenza dal quale comincia il lavoro d’invenzione.

Nella narrativa sociale si riflettono le dinamiche della vita collettiva. In alcuni casi i personaggi possono addirittura essere considerati veri e propri tipi: pur senza perdere la loro individualità, incarnano perfettamente comportamenti e modi di essere sempre più diffusi nell’ambiente in cui vivono. Per chi voglia documentarsi sulla vita nella Russia zarista del secondo Ottocento, per esempio, i romanzi di Dostoevskij (1821-1881) sono imprescindibili e ben più piacevoli da leggere di uno studio sociologico.

Sarebbe ingenuo tuttavia pensare che la letteratura si limiti a rispecchiare con oggettiva nitidezza la realtà. Esiste infatti sempre un filtro, rappresentato dalla voce narrante, che oltre agli eventi da riferire sceglie anche il punto di vista sul quale insistere per raccontare una storia. Tanto per citare un esempio, il romanzo di Gustave Flaubert (1821-1880) Madame Bovary offre un indimenticabile squarcio sui costumi francesi del suo tempo, ma la storia dell’adulterio di Emma sarebbe ben diversa se raccontata, poniamo, secondo l’ottica del marito tradito, Charles.

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Spesso i narratori che tengono a fornire il ritratto compiuto di una società si concentrano su una grande città moderna, creando affreschi di dimensioni smisurate; altre volte invece descrivono con certosina perizia un ambiente fin nelle sue pieghe più nascoste. Possono scegliere come chiave un luogo, setacciando a fondo un quartiere, un borgo di provincia o una singola casa. Le loro minuziose rappresentazioni ci consentono così di conoscere mondi a noi sconosciuti perché lontani nello spazio e nel tempo: uno degli infiniti motivi di richiamo esercitati dall’arte della narrativa.

Altre strategie consistono nel seguire le sorti di un popolo, di un clan, di una sola famiglia, variamente ramificata, o nel rappresentare abitudini, vizi e virtù dei componenti delle diverse classi sociali.

Possiamo così trovare descrizioni dell’alta società, come quella che Gabriele d’Annunzio (1863-1938) presenta nel romanzo Il piacere, fissando sulle pagine la mentalità, i comportamenti e le mode vigenti presso il bel mondo romano verso la fine dell’Ottocento. Il suo Andrea Sperelli, prototipo del dandy all’italiana, esercitò un fascino intenso anche su lettori molto distanti dal suo status di nobile facoltoso.

Altrettanto vivo, sul lato opposto, è l’interesse nei confronti delle condizioni di vita dei ceti più poveri, in particolare contadini e operai, dei quali si rappresentano la miseria, le fatiche, le consuetudini, come accade nel racconto La sposa bambina ( T2, p. 412) di Beppe Fenoglio (1922-1963), ambientato nelle Langhe nei primi decenni del Novecento.

EmozionArti
Un treno, tre ambienti

Honoré Daumier (1808-1879) è un artista francese noto soprattutto per le caricature politiche pubblicate sulle principali riviste satiriche della sua epoca. Qui, con il suo occhio acuto e indagatore, guarda ai vagoni di un treno come a dei piccoli mondi rappresentativi di un’intera società e di tutte le sue classi. La più nota di queste opere è quella che Daumier dedica alla terza classe: forse perché è quella per cui simpatizzava? Certo, seguendolo nei diversi vagoni del treno, inoltrandoci con lui nelle carrozze sempre più affollate, iniziamo via via a respirare diverse atmosfere: distacco e silenzio nella prima classe e forse nell’aria il profumo delle signore; in seconda classe i viaggiatori sono infreddoliti e assonnati, qualcuno sembra preoccupato, qualcuno impaziente di arrivare. E in terza? Che ressa, e che aria rassegnata e stanca hanno le tre figure in primo piano!

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Case d’inchiostro

Nel suo capolavoro La vita, istruzioni per l’uso lo scrittore francese Georges Perec (1936-1982) par­te da un palazzo di Parigi per illuminare di riflesso la vita cittadina del suo tempo. La narrazione si svolge in una data precisa – il 23 giugno 1975, verso le otto di sera – spostandosi da un appartamento all’altro, secondo raffinate strategie geometriche. Il palazzo è una scacchiera e al tempo stesso un puzzle, i cui frammenti acquistano senso solo nel momento in cui vengono ricomposti in un insieme coerente.

In molti, negli ultimi tempi, hanno recuperato lo stratagemma di Perec, che consente una visione trasversale sulle dinamiche sociali della città moderna, sempre più complesse e sfuggenti. Si possono a questo proposito ricordare tre libri molto diversi che hanno provato a raccontare la Roma del nuovo millennio. In Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio lo scrittore italo-algerino Amara Lakhous (n. 1970), con il pretesto di un omicidio in un condominio multietnico, porta in primo piano il tema del razzismo. Nel Contagio Walter Siti (n. 1947) delinea l’involgarimento delle borghesie, sempre più vicine ai “borgatari” nell’aspetto e negli idea­li, esplorando uno stabile dell’immaginaria via Ver­meer. Chiara Gamberale (n. 1977), infine, costruisce Le luci nelle case degli altri a partire da una lettera lasciata da una donna scomparsa in un incidente stradale, che svela come il padre della figlia – sino ad allora sconosciuto – viva nel condominio che lei amministrava. La donna però non precisa di chi si tratti e gli inquilini, pur di soffocare lo scandalo, si organizzano per ospitare a turno la bambina, che finisce con l’affezionarsi profondamente a tutti, seppur così diversi fra loro.

2. Sviluppi nel tempo

Già nella letteratura antica non mancano sguardi lucidi sulla società contemporanea a chi scrive. Uno dei passi più famosi del Satyricon di Petronio (I secolo d.C.), per esempio, racconta lo svolgimento di un affollato banchetto nella casa del rozzo Trimalcione, un liberto arricchito alla cui tavola conversano personaggi di varia estrazione. In epoca medievale spicca il caso di Giovanni Boccaccio (1313-1375), che nelle novelle riunite nel Decameron restituisce un’immagine nitida degli usi e costumi italiani nel XIV secolo. Mestieri, cibi, vestiti, ceti sociali, sentimenti religiosi, rapporti fra padri e figli, corteggiamenti amorosi: nulla sfugge al suo umorismo sorridente.

Una narrazione sociale propriamente detta si sviluppa però soltanto all’inizio dell’Ottocento, con l’avvento del Realismo moderno, veicolato in prima battuta dai romanzi francesi di Stendhal (1783-1842) e Balzac.

Il romanzo moderno raffigura in chiave seria, problematica o addirittura tragica persone comuni, colte nella loro routine, condizionate dal contesto sociale in cui vivono. Il protagonista può essere un servo, un pazzo, un monello, una prostituta o un impiegato qualsiasi, come si può vedere nella produzione dell’inglese Charles Dickens (1812-1870), il quale mostra in capolavori come Oliver Twist, David Copperfield, Tempi difficili quanto questo approccio sia vantaggioso per cogliere la realtà di una moderna metropoli come Londra.

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Nella seconda metà dell’Ottocento i confini della narrativa sociale si ampliano fino a descrivere realtà ancora più umili e degradate, grazie all’affermarsi della scuola naturalista, capeggiata dal francese Émile Zola (1840-1902), che cerca di trasporre in letteratura alcuni princìpi cardine del Positivismo, movimento filosofico teso a valorizzare le conquiste del progresso scientifico.

Il proposito dei Naturalisti di raffigurare la realtà senza abbellimenti, in modo il più possibile oggettivo, non si esaurisce a livello tematico scegliendo come protagonisti contadini, minatori e proletari di ogni tipo. Un’innovazione fondamentale riguarda infatti le tecniche narrative: laddove lo scrittore in precedenza si era preoccupato di intervenire continuamente per chiarire, commentare o giudicare, ora preferisce fare un passo indietro e celarsi in un’impersonalità che non lascia emergere i sentimenti personali.

Come uno scienziato osserva analiticamente un fenomeno naturale, così il narratore esamina con occhio clinico i condizionamenti che la società esercita sugli individui, influenzando il loro temperamento e il comportamento del singolo e della massa.

Queste idee vengono raccolte in Italia dallo scrittore siciliano Giovanni Verga (1840-1922). L’etichetta di Verismo, applicata alla sua narrativa, implica tuttavia una serie di significative varianti rispetto al modello d’Oltralpe. Se Zola si concentra soprattutto sulle realtà urbane degradate, Verga si volge piuttosto al mondo rurale della sua regione, immobile e poverissimo, con uno sguardo più amaro e pessimista, facilmente riscontrabile nella novella Rosso Malpelo ( T4, p. 428).

Esaurita la spinta del Naturalismo, l’avvio del XX secolo vede il prevalere in letteratura di nuove istanze soggettivistiche, attente alle profondità della vita interiore. Il clima cambia solo dopo la crisi economica del 1929, quando negli Stati Uniti autori come William Faulkner (1897-1962) e John Steinbeck (1902-1968) sanno coniugare denuncia sociale [#2] e potenza rappresentativa in una serie di romanzi che colpiscono fortemente il pubblico al di qua e al di là dell’Atlantico.

In Italia un romanzo come Fontamara di Ignazio Silone (1900-1978) apre la via alla fase del Neorealismo, destinata a durare sino agli anni Cinquanta, nella quale tornano in primo piano le questioni più scottanti della vita sociale. Due sono i temi privilegiati dagli scrittori neorealisti: la guerra partigiana e le vergognose condizioni della povera gente, in particolare nel Meridione.

A partire dagli anni Cinquanta, il boom economico stimola invece molti letterati italiani a confrontarsi con una realtà diversa: quella della società industriale [#3], di cui spesso viene offerta una lettura critica, tesa a mostrarne incoerenze e risvolti negativi, come si vede nel racconto L’avventura di due sposi di Italo Calvino (1923-1985) ( T5, p. 443).

Oggi la narrativa sociale non è certo scomparsa, anche se non sempre viene riconosciuta come tale. Fra gli scrittori che meglio hanno saputo cogliere lo spirito del nostro tempo vale la pena di ricordare almeno Jonathan Franzen (n. 1959), che in romanzi come Libertà ha impietosamente messo in luce i limiti della middle class democratica americana, e Michel Houellebecq (n. 1956), che in Sottomissione ha provocatoriamente immaginato una Francia in procinto di trasformarsi in una nazione islamica.

In Italia il panorama è decisamente variegato. Se un autore come Alessandro Piperno (n. 1972) propone ironici e amari ritratti dell’alta borghesia romana, molti si sono calati nei bassifondi della società: l’esempio più celebre è quello di Roberto Saviano (n. 1979) che, in Gomorra ( T3, p. 419), lavora sul confine tra romanzo e reportage di cronaca nera. Il crimine in effetti sembra essere diventato un elemento chiave in questo genere, al punto che molti ritengono che il vero romanzo sociale del XXI secolo vada individuato nei noir, in grado di esplorare gli angoli più oscuri di territori e istituzioni. Ma casi come Il mondo deve sapere ( T6, p. 451), in cui Michela Murgia (n. 1972) ha raccolto le disavventure di un’operatrice nel cinico ambiente di un call center, dimostrano quanto quest’idea sia semplificante e come si possano trattare con humour e senza sparatorie anche gli argomenti più amari, quali la difficile realtà del lavoro precario e sottopagato.

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chi ben comincia

Charles Dickens, Tempi difficili, 1854

“«Ora, quello che voglio sono Fatti. Insegnate a questi ragazzi e a queste ragazze Fatti e niente altro. Solo di Fatti abbiamo bisogno nella vita. Non piantate altro e sradicate tutto il resto. Solo coi Fatti si può plasmare la mente di animali che ragionano: il resto non servirà mai loro assolutamente a nulla. Attenetevi ai Fatti, signore!».
La scena si svolgeva in un’aula spoglia, anonima, monotona, lugubre.”


Émile Zola, Germinale, 1885

“In mezzo all’aperta pianura, sotto un cielo senza stelle, nero d’un nero d’inchiostro, un uomo percorreva, solo, la strada maestra tra Marchiennes e Montsou; dieci chilometri di massicciata che si lanciava in linea retta attraverso campi di barbabietole.”


John Steinbeck, Vicolo Cannery, 1945

“Il vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore irritante, una qualità della luce, un tono, un’abitudine, una nostalgia, un sogno.”


Thomas Bernhard, Perturbamento, 1967

“Il ventisei mio padre già alle due del mattino prese la macchina e andò a Salla, da un maestro che trovò morente e lasciò morto, e ripartì subito dopo per Hüllberg per curarvi un bambino che in primavera era caduto in un mastello per maiali pieno di acqua bollente e che ora, dimesso dall’ospedale, già da parecchie settimane era di nuovo in casa dei suoi genitori.”


Alessandro Piperno, Inseparabili, 2012

“Basta frequentare se stessi con assiduità per capire che, se gli altri ti somigliano, be’, allora degli altri non c’è da fidarsi.”

Verifica delle conoscenze

1. Come si spiega la nascita di una narrativa a sfondo sociale?

2. Quando nasce la narrativa sociale moderna?

3. Chi sono i protagonisti della narrativa sociale?

4. Quali sono i suoi scenari tipici?

5. Nella narrativa sociale il realismo è un ingrediente obbligatorio o facoltativo?

6. Quali novità apporta il Naturalismo alla narrativa sociale?

7. Quando si sviluppa il Neorealismo?

8. Oggi si può ancora parlare di narrativa sociale?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa