Il tema: I mostri

In ogni tempo, in ogni luogo, tutte le mitologie, tutte le religioni, tutte le culture hanno alimentato un immaginario popolato da mostri, nei quali si concretizzano i peggiori istinti che albergano nel cuore umano.

Che cos’è un mostro? Come indica la parola stessa dal latino monstrum, cioè “portento”, “prodigio”, è una creatura che ci stupisce e al tempo stesso ci spaventa. Secondo lo scrittore e critico Umberto Eco (1932-2016) «rappresenta la violazione delle leggi naturali, il pericolo che incombe, l’irrazionale che non possiamo più dominare». Il mostro è trasgressivo: mette in discussione le nostre regole, i nostri valori, i nostri affetti. Per questo, insieme alla paura, la sua comparsa determina sempre una punta di attrazione, che ci elettrizza.

La letteratura ha creato mostri di ogni tipo. Essi possono derivare dal mondo reale, dalle tradizioni folcloriche o essere il frutto della fantasia di scrittori che si sono sbizzarriti a immaginare esperimenti scientifici, sbarchi di alieni, specie terrestri sconosciute. Accanto a topi, ragni, pipistrelli, squali, piovre giganti e altre bestie che molti ritengono ripugnanti, hanno così trovato posto nei libri demoni, orchi crudeli, draghi di ogni taglia e lo yeti, l’abominevole uomo delle nevi. Uno spazio a sé è occupato dagli esseri in cui si mescolano l’umano e il ferino: dall’antica sfinge dal corpo leonino e il volto femminile al licantropo, ovvero il lupo mannaro che nelle notti di luna riscopre le proprie pulsioni omicide e i proprio istinti più animaleschi. In fondo, i mostri siamo noi. È il nostro corpo che cambia, senza tregua, rendendoci irriconoscibili: da uomini maturi a vegliardi decrepiti, da bimbe angeliche ad adolescenti.

In questo campo, più che mai le apparenze ingannano. Esseri dall’aspetto spaventoso, come il Mangiafuoco di Pinocchio, celano un cuore d’oro. Viceversa statue di pietra o innocue bambole possono animarsi all’improvviso per causare stragi efferate. Giovani belli ed eleganti possono tramutarsi di notte in vampiri assetati di sangue, in cerca di prede da mordere, o rivelarsi fantasmi che danno forma a persone morte. Sono numerose, in effetti, le creature in cui si condensano le profonde angosce legate all’oltretomba. Insieme alle mummie, come non ricordare gli zombie, saliti alla ribalta negli ultimi decenni, a dissacrare il culto per i defunti? Si tratta appunto di cadaveri che ritornano in vita, posseduti da istinti cannibaleschi: privi di ragione, aggrediscono anche familiari e amici. Non troppo distanti sono le storie di automi in carne e ossa assemblati da scienziati pazzi: Frankenstein è l’esempio più celebre di questi ritorni artificiali dalla morte, che in genere si risolvono in sanguinosi fallimenti. Vengono così punite le pretese dell’uomo che in uno slancio di superbia avrebbe voluto sostituirsi alla divinità.

Mostro in questi casi è innanzitutto il creatore. Il che conduce al legame fra genio e follia. Sono in tanti a ritenere che il dolore sia un ingrediente fondamentale dell’invenzione artistica. Come la perla nasce da una malattia della conchiglia, così l’opera trarrebbe origine dalle sofferenze dello scrittore. Ma queste, senza il sostegno della logica, senza l’applicazione di un metodo, senza un impegno tenace, non sarebbero in grado di parlare ai lettori. Lo prova il caso di Edgar Allan Poe, uomo tormentato dalle ossessioni, autore di straordinari racconti dell’incubo e del terrore, ma anche di una Filosofia della composizione (1846) in cui lucidamente espose le precise regole, da lui stesso elaborate, per conferire efficacia alle sue storie.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa