Il giallo

1. Il giallo

Scoprire la verità. Non è quello che vogliamo tutti? Le cose non sempre vanno come dovrebbero. Ogni giorno in famiglia, a scuola, fra amici capitano situazioni in cui si cerca il colpevole. Certo: un conto sono gli errori, le offese, gli inganni, un altro conto i delitti sui quali si concentrano la letteratura e miriadi di personaggi alle prese con difficili indagini.

Il giallo celebra il trionfo del sospetto. Ci ricorda che l’imprevisto, il male, la violenza stanno sempre in agguato, nei luoghi più impensabili: per strada, in edicola, in cucina. O magari allo specchio.

Caratteri e struttura

I gialli partono da un presupposto: è stato commesso un reato (per esempio un furto, una truffa o più spesso un omicidio) e non se ne conosce il responsabile. Solo alla fine della narrazione le nebbie si diradano e il mistero viene sciolto, grazie all’azione di un investigatore che riesce a risolvere il caso.

Questa figura è il perno intorno al quale ruotano le vicende. Può trattarsi di un professionista, come un commissario di polizia o un detective privato, oppure di un dilettante: arzille vecchiette, sacerdoti intraprendenti e persino mendicanti geniali… la fantasia dell’autore si può sbizzarrire! Il metodo d’indagine può variare: fino al primo Novecento nei racconti gialli domina la logica ferrea e si privilegiano le ambientazioni in luoghi circoscritti (come il vagone di un treno), dove i protagonisti danno prova della loro intelligenza e perspicacia. Alle brillanti abilità deduttive, successivamente gli investigatori affiancano un’efficace capacità di interpretare la psicologia dei personaggi coinvolti e – soprattutto in ambito americano – le “maniere forti”: non di rado, infatti, si trovano implicati in scazzottate o sparatorie.

Restano in buona parte valide ancora oggi le regole individuate nel 1928 dallo scrittore americano S.S. Van Dine per scrivere un buon giallo, a cominciare dalla prima, che è forse la principale: «Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti». A muovere l’interesse è innanzitutto la curiosità. Chi avrà rubato i gioielli della contessa? Chi avrà ucciso l’inappuntabile ragioniere? Nei gialli, niente è come sembra [#1]. La bravura dell’autore sta nella capacità di tener vivo l’interesse, ritardando la soluzione e suggerendo false piste credibili.

Intorno al detective si muove un variopinto universo di aiutanti e sospettati, che non di rado cambiano ruolo, con sorprendenti colpi di scena. Per questo è fondamentale la capacità di nascondere le intenzioni reali dei personaggi, raccontando soltanto le loro azioni, cosicché il lettore sia indotto a formulare ipotesi destinate a essere smentite. Come prescrive Van Dine, comunque, «non ci dev’essere una storia d’amore troppo interessante», che distrarrebbe dal focus principale della vicenda. In compenso il movente del delitto è spesso dettato dalla cieca passione: per esempio la gelosia, o la vendetta, quando invece non si tratti di questioni di soldi o potere. La conclusione, rassicurante, prevede che l’ordine venga ristabilito e il colpevole riceva la punizione che merita.

Capita, soprattutto negli ultimi decenni, che a trionfare sia invece l’ingiustizia. In tal caso siamo nel dominio del noir, dove i confini fra il bene e il male sono sfumati. In questo sottogenere i detective sono personaggi moralmente ambigui, hanno segreti inconfessabili e agiscono in modo spesso non lecito, mentre i criminali diventano tali in quanto vittime di un sistema marcio, manovrato segretamente tramite perfidi complotti. L’ambiguità si sposta dagli individui alla società poiché il noir illumina realtà scomode, affrontando temi scottanti quali gli intrighi della politica, gli inganni della corruzione, la violenza che dilaga in realtà urbane popolate da malavitosi, donne di facili costumi e vagabondi.

La domanda del noir non è “chi è stato?”, ma “perché?” – e spesso non trova soluzione. L’indagine fallisce, ma intanto ci ha trascinati in un mondo sinistro e fascinoso. Non è raro, nei noir, che a raccontare in prima persona sia­no serial killer, delinquenti incalliti, persone mentalmente instabili. Al lettore è così offerto il brivido di vedere il mondo dal punto di vista del malvagio. O presunto tale.

Nel giallo classico l’enigma riguarda il colpevole, mentre sappiamo che non capiterà nulla di male né all’investigatore né ai suoi aiutanti. Ecco perché il coinvolgimento si tramuta in curiosità, ma di rado in suspense. Questo stato emotivo di ansia e tensione è invece basilare nel noir, perché qui tutto deve ancora avvenire, a partire dal delitto: persino il detective, dunque, rischia la propria incolumità.

A chi non è capitato di saltare qualche pagina, o di scorrere con l’occhio i paragrafi successivi, pur di scoprire subito che cosa sta per succedere? Gli scrittori ci stuzzicano, ora rallentando sapientemente il ritmo, ora accelerandolo con narrazioni serrate di fatti, ora lasciando cadere allusioni inquietanti, di questo tipo: «Ancora non sapeva che sarebbe stata la sua ultima primavera»…
Restare con il fiato sospeso [#2] è una delle principali attrattive dell’arte del racconto, specie quando ci propone agguati, colpi di scena e mucchi di cadaveri. L’interruzione sul più bello è un espediente chiave anche nella moderna produzione seriale di libri, fumetti e fiction televisive, fondamentale per tenere acceso l’interesse di lettori e spettatori.

EmozionArti
Indizi nascosti

Ecco un omicidio importante nella storia della Francia. Prova a guardare questo famoso quadro con l’occhio di un detective, ma di quelli che indagano anche l’anima delle persone e dei luoghi. Gli eventi sono fin troppo chiari. Siamo sul luogo del delitto: la stanza da bagno della vittima. Il pittore Jacques-Louis David (1748-1825) ci fornisce tutti gli elementi per risolvere il caso. Chi è l’assassinato? Il suo nome è riportato sullo scrittoio di legno, insieme alla firma dell’artista: si tratta di Jean-Paul Marat, uno dei protagonisti della Rivoluzione francese. Causa della morte? Quel terribile taglio dal quale sgorga il sangue che ha riempito l’intera vasca. E l’arma del delitto? Ecco un coltello sul pavimento. E il responsabile? Guarda la lettera che Marat stringe ancora in pugno: porta la firma di Charlotte Corday, la donna che lo tradì e lo assassinò per ragioni politiche. Troppo semplice la soluzione? Doveva essere semplice perché tutti potessero riconoscere Marat e il suo omicida! E non c’è altro? Ma certo, la stanza ha ancora tante cose da dire a un fine osservatore. Guarda meglio: quella toppa sul drappo bianco e il legno scrostato ti raccontano di un uomo che non viveva certo nel lusso; lo scrittoio, il calamaio, i fogli ti dicono che Marat lavorava continuamente, anche nella vasca da bagno. Il volto sereno e la lettera ti parlano di un uomo generoso, che aveva ricevuto senza sospetto la sua assassina… al pittore non interessa l’omicida ma la celebrazione della vittima.

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Il giallo nel tempo

Le moderne storie d’investigazione nascono nel mondo anglosassone, sui fondali delle città che sotto la spinta della Rivoluzione industriale videro svilupparsi smisurate e inquietanti periferie male illuminate. Un prototipo è costituito dal romanzo di Edgar Allan Poe (1809-1849) I delitti della via Morgue; ma è nella seconda metà dell’Ottocento che il genere prende piede grazie al successo internazionale del londinese Sherlock Holmes, personaggio creato nel 1887 da Arthur Conan Doyle (1859-1930). Holmes applica con rigore un metodo scientifico che gli permette di sbrogliare le matasse più complicate, suscitando l’ammirazione del dottor Watson, il fedele amico che narra le sue storie.

In seguito viene alla ribalta il nome di Agatha Christie (1890-1976), artefice di altre due figure che ancora oggi continuano ad appassionare i lettori, ovvero l’anziana Miss Jane Marple e l’ex poliziotto belga Hercule Poirot ( T1, p. 287). Il Belgio è anche la patria del più prolifico e letto autore di gialli del Novecento, Geor­ges Simenon (1903-1989), che negli anni Trenta diede avvio alla serie del commissario parigino Jules Maigret. Amante della vita tranquilla, sottile conoscitore del cuore umano, Maigret è quanto di più distante dai “duri” creati negli stessi anni in America da Raymond Chandler (1888-1959) e Dashiell Hammett (1894-1961), maestri del giallo d’azione. I loro Philip Marlowe e Sam Spade sono detective violenti e malinconici, costretti a muoversi in ambienti degradati, locali notturni, bische clandestine, fra criminali dal grilletto facile.

Nel secondo dopoguerra accanto a gialli e noir si fanno largo le spy stories, favorite dal clima di crescente sospetto nelle relazioni internazionali. Nasce in questo periodo l’agente 007, James Bond, protagonista di vari romanzi di Ian Fleming (1908-1964) e di una lunga serie di pellicole cinematografiche.

Oggi i generi legati al crimine hanno preso molteplici direzioni, a volte allontanandosi dai modelli classici, a volte aggiornandoli, come fa il legal thriller, ambientato in studi di avvocati e aule di tribunali. La tradizionale egemonia inglese e statunitense ha lasciato il posto all’emergere di autori di varie nazionalità: in Europa al successo del giallo svedese, lanciato dalla trilogia Millennium di Stieg Larsson (1954-2004), fa riscontro la moda del noir mediterraneo, che vede protagonisti di volta in volta autori greci, francesi, spagnoli, maghrebini e naturalmente italiani.

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Ma come mai chiamiamo “giallo” ciò che all’estero è noto come crime fiction, policier, Kriminalroman, novela negra? Grazie alla collana “I gialli” lanciata da Arnoldo Mondadori nel 1929, caratterizzata proprio da copertine del medesimo colore. Lo straordinario successo che riscosse portò gli altri editori a imitarla, tanto da farne un emblema del genere.

I gialli furono a lungo considerati un prodotto d’importazione. Il pubblico preferiva gli autori stranieri, al punto che i pochi italiani spesso dovevano nascondersi dietro pseudonimi inglesi o francesi. Tutto ciò alimentò i sospetti del regime fascista, diffidente dinanzi a un filone che riteneva pericoloso, capace di “traviare” la gioventù. A partire dal 1938 venne emanata una serie di restrizioni, fra le quali spicca il divieto di proporre un colpevole italiano; durante la guerra si arrivò addirittura a ordinare la chiusura di tutte le collane di polizieschi.

Tutto ciò non intaccò per nulla il fascino esercitato dai gialli, a cui nel dopoguerra si dedicarono parecchi scrittori di prestigio, come Carlo Emilio Gadda (1893-1973), autore di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, una movimentata inchiesta ambientata a Roma e destinata a rimanere in parte irrisolta, e Leonardo Sciascia (1921-1989), che nel Giorno della civetta mise in scena con efficacia i codici di comportamento mafiosi.

In tempi più recenti si è assistito a un’incredibile fioritura di gialli sul suolo italiano. Gli investigatori famosi sono ormai decine, festeggiati da collane, riviste, festival, blog. Tra questi il più noto è il commissario Montalbano, creato dalla fantasia di Andrea Camilleri (n. 1925) ( T2, p. 298), le cui avventure sono tradotte in tutto il mondo.

un delitto preistorico

Non è stato il gelo delle Alpi, e neppure una caduta a uccidere Ötzi, l’uomo dell’Età del Rame scoperto nel 1991 su un ghiacciaio al confine fra Italia e Austria. Analisi più approfondite sulla mummia, ora conservata a Bolzano, hanno portato a scoprire la punta di una freccia conficcata nella spalla sinistra, lividi, tagli profondi e un trauma alla testa dovuto a un colpo. Tutto insomma lascia ipotizzare una morte violenta. Ötzi aveva una cinquantina d’anni – un’età avanzata per l’epoca – ed era parte di un gruppo che forse subì un agguato. Individuare i responsabili a distanza di 5300 anni è un po’ difficile, ma gli scienziati sono al lavoro… Forse la sua storia è ancora tutta da scrivere. Intanto conosciamo l’ultimo pasto: carne di stambecco, cereali e bacche.

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2. L’horror

Il gusto della paura

Insieme all’amore, la paura è il sentimento più antico del mondo. Non c’è da stupirsi se gli scrittori di ogni tempo e luogo hanno cercato in tutti i modi di suscitare questo stato d’animo: negativo, sì, come la malinconia o la rabbia, ma utile per comprendere e affrontare i propri fantasmi e rassicurarci, in fondo. Perché leggendo sappiamo che quel colpo d’ascia non è per noi, quel pozzo non ci inghiottirà davvero, nessun vampiro vuole il nostro sangue. E viceversa possiamo impugnare quell’ascia, gettare un amico nel pozzo, mordere sul collo una ragazza senza sentirci colpevoli.

La gamma di reazioni scatenate dall’horror è molto ampia. Si va dall’angoscia al disgusto, dall’inquietudine allo sgomento, sempre conditi dal brivido [#3]. L’horror si fonda su uno stato continuo di tensione, ma – a differenza del giallo – non prevede necessariamente un intreccio basato su un’indagine. Ciò che potrebbe succedere conta più di quanto è già successo. Dopo un crescendo ritmato da scene forti, la suspense tocca l’apice nel finale, che non sempre assicura la sconfitta dei malvagi. Questi assumono spesso le fattezze di veri e propri mostri, reali o partoriti dagli incubi di personaggi disturbati.

La notte è il loro regno. Castelli e cimiteri, boschi impenetrabili e moderne città nebbiose, un Medioevo brutale o un futuro apocalittico possono fare da scenario alle atroci azioni di figure inquietanti, spietati assassini, creature spaventose. Ma la paura può esplodere anche nelle situazioni più normali, portando una ventata di assurdo nella routine quotidiana, come nel racconto Tigri! ( T7, p. 339) di Stephen King (n. 1947).

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L’horror nel tempo

La letteratura antica e medievale è costellata di scene che la nostra sensibilità ci porterebbe a definire horror, anche se all’epoca non venivano percepite come tali. Pensiamo per esempio all’accecamento di Polifemo, nell’Odissea, agli sventramenti che proliferano nei romanzi cavallereschi medievali, ai supplizi narrati nei minimi particolari da Dante nella Divina Commedia.

In epoca moderna una data cruciale è il 1764, anno in cui comparve Il castello d’Otranto di Horace Walpole (1717-1797), capostipite di una sterminata tradizione di romanzi “gotici”, ambientati in manieri sinistri, teatro di delitti crudeli e apparizioni misteriose [#4]. Il romanzo epistolare Dracula ( T5, p. 326), di Bram Stoker (1847-1912), è uno dei più riusciti di questo genere.

Sin dall’inizio l’horror ha perseguito una solida alleanza con il fantastico, e gioca sull’esitazione del lettore, che non comprende se gli eventi narrati appartengano a una realtà naturale o soprannaturale: è ciò che avviene, per esempio, in molti racconti di Edgar Allan Poe (1809-1849) ( T4, p. 316) e di Guy de Maupassant (1850-1893) ( T3, p. 307). Non mancano poi gli intrecci con la fantascienza, a partire dal Frankenstein di Mary Shelley (1797-1851), mostruosa creatura assemblata con corpi smembrati, che si ribella al suo inventore.

Nel Novecento l’accavallarsi di tragedie storiche ha favorito il dilagare di un immaginario horror. In Italia non sono mancati narratori in grado di costruire storie terrificanti, coinvolgenti sino allo spasimo, pur senza versare una goccia di sangue, come Dino Buzzati (1906-1972), maestro nell’indagare le inquietudini che agitano l’uomo contemporaneo, e Tommaso Landolfi (1908-1979) ( T6, p. 332), nei cui racconti regna un’atmosfera allucinata.

Agli antipodi sono le scelte delle nuove generazioni di autori provenienti dagli Stati Uniti, che non temono di indurre raccapriccio nel lettore. Questa vena è sfociata nell’estremo realismo, pervaso di ironia, degli horror firmati dal regista Quentin Tarantino (n. 1963), fonte d’ispirazione per i cosiddetti “cannibali”, scrittori che negli anni Novanta si sono impegnati a dimostrare come la moda del sangue si potesse trapiantare in Italia.

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chi ben comincia

arthur conan doyle, le memorie di sherlock holmes, 1894

“«Temo che dovrò andare, Watson», disse Holmes una mattina mentre ci sedevamo a colazione.
«Andare! Dove?».
«A Dartmoor; a King’s Pyland».
Non ne fui sorpreso. Anzi, mi ero stupito che non si fosse già trovato immischiato in quello straordinario evento che era ormai sulla bocca di tutti. Per un’intera giornata il mio amico si era aggirato come una belva in gabbia per la stanza, a capo chino, caricando e ricaricando la sua pipa col tabacco più forte che aveva, assolutamente sordo a ogni mia domanda e ogni mio commento.”


Natalia Ginzburg, È stato così, 1947

“Gli ho detto: «Dimmi la verità», e ha detto: «Quale verità», e disegnava in fretta qualcosa nel suo taccui­no e m’ha mostrato cos’era, era un treno lungo lungo con una grossa nuvola di fumo nero e lui che si sporgeva dal finestrino e salutava col fazzoletto.
Gli ho sparato negli occhi.”


Georges Simenon, Maigret e la giovane morta, 1954

“Maigret sbadigliò, poi spinse i fogli all’estremità della scrivania. «Una bella firma qui, ragazzi, e potete andarvene a dormire». I «ragazzi» erano tre ossi duri, probabilmente i più cocciuti che fossero passati negli uffici della Polizia giudiziaria da un anno a quella parte.”


Aldo Nove, Woobinda, 1996

“Mia madre diceva che quel bagnoschiuma idrata la pelle ma io uso Vidal e voglio che tutti in casa usino Vidal.”

Verifica delle conoscenze

1. Quali sono le ambientazioni e i personaggi tipici del giallo?

2. Come si concludono in genere i gialli?

3. Quando e come nasce il rapporto fra il colore giallo e le storie investigative?

4. Che cosa si intende con il termine suspense?

5. Chiarisci le differenze fra giallo e noir.

6. Come si spiega il successo dell’horror?

7. Dove sono ambientati in genere i romanzi gotici?

8. L’horror è in rapporto con il fantastico?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa