T7 - In viaggio dopo l’apocalisse (C. McCarthy)

Il tema: Mondi immaginari

T7

Cormac McCarthy

In viaggio dopo l’apocalisse

  • Tratto da La strada, 2006
  • Titolo originale The Road
  • Lingua originale inglese
  • romanzo fantascientifico
L’autore

Cormac McCarthy nasce nel 1933 a Providence, negli Stati Uniti. Dopo aver trascorso quattro anni nell’aviazione americana, si trasferisce a Chicago, dove scrive il suo primo romanzo, Il guardiano del frutteto (1965). Partito per l’Europa sulle tracce dei suoi antenati irlandesi, viaggia nel vecchio continente e successivamente torna in patria, prima nel Tennessee, poi in Texas. Nei suoi numerosi romanzi, McCarthy descrive la violenza, il degrado e la solitudine che caratterizzano l’esistenza umana rappresentando in particolare ambientazioni di frontiera, dal Messico dei Cavalli selvaggi (1992) al mondo post-nucleare della Strada (2006), romanzo che gli è valso il premio Pulitzer. Tra le altre sue opere, ricordiamo Oltre il confine (1994) e Non è un paese per vecchi (2005), una rilettura in chiave contemporanea e allucinata del genere western, da cui nel 2007 è stata tratta una versione cinematografica, diretta dai fratelli Joel ed Ethan Cohen.

Padre e figlio camminano senza sosta su una strada che si snoda in un mondo post-apocalittico, dominato dalla rovina e dalla cenere. Viaggiare è un’impresa folle e quasi impossibile, per la mancanza di cibo, la durezza delle intemperie, il pericolo di essere scoperti da altri sopravvissuti, pronti a tutto pur di mangiare o impadronirsi di qualche oggetto utile. In una terra morta dove sole e colori sono solo ricordi sbiaditi, i due arrancano verso l’oceano lontano, spinti da una flebile ma tenace speranza.

Si rimisero faticosamente in cammino, magri e lerci1 come drogati randagi. Tutti
infagottati nelle coperte per ripararsi dal freddo, col fiato fumante, strascicando i
piedi2 tra i cumuli soffici e neri. Stavano attraversando la vasta pianura costiera dove
i venti di terra li investivano con nubi di cenere mugghianti3 costringendoli a trovare

5      riparo dove potevano. Case o granai o fossi lungo la strada, con le coperte tirate
sopra la testa e il cielo di mezzogiorno nero come le cantine dell’inferno. L’uomo
stringeva a sé il bambino, gelato fino al midollo. Tieni duro, gli diceva. Vedrai che
ce la caveremo.

La terra era sterile, erosa, sventrata. Acquitrini disseminati di ossa di creature

10    morte. Mucchi di rifiuti indistinti. Fattorie scalcinate4 in mezzo ai campi con le assi
delle pareti ricurve e schiodate. Tutto senza ombra né contorni precisi. La strada
scendeva in una giungla di rampicanti avvizziti. Una palude ricoperta da uno strato
di canne morte. All’orizzonte una foschia cupa che permeava terra e cielo. Nel tardo
pomeriggio cominciò a piovere e proseguirono tenendosi il telo sopra la testa, con

15    la neve bagnata che sibilava contro la plastica.

Nelle ultime settimane aveva dormito poco o niente. Quando si svegliò al mattino
il bambino non c’era; si tirò su a sedere con la pistola in mano, poi si alzò in
piedi e si guardò intorno ma non lo vide. Si infilò le scarpe e si incamminò fino
al margine del bosco. A est, un’alba pallida. Il sole alieno che intraprendeva il suo

20    freddo percorso. Vide il bambino venirgli incontro di corsa attraverso i campi. Papà,
gridava. C’è un treno in mezzo al bosco.

Un treno?

Sì.

Un treno vero?

25    Sì. Vieni.

Non ci sarai mica salito?

No. Solo un attimo. Dài, vieni.

E sopra non c’è nessuno?

No. Non credo. Sono venuto a prenderti.

30    C’è una locomotiva?

Sì. Una grossa locomotiva diesel.

Attraversarono il campo e si addentrarono nel bosco dalla parte opposta. I binari
arrivavano dalla campagna su un terrapieno5 e si infilavano fra gli alberi. La locomotiva
era una diesel elettrica e dietro aveva otto carrozze passeggeri in acciaio inossidabile.

35    L’uomo prese il bambino per mano. Sediamoci un po’ qui a guardare, disse.

Si sedettero sulla massicciata6 e aspettarono. Non si muoveva nulla. L’uomo passò
la pistola al bambino. Papà, tienila tu, disse lui.

No. Niente da fare. La tieni tu.

Il bambino prese la pistola e se la tenne in grembo, l’uomo si incamminò lungo

40    le rotaie e si fermò a osservare il treno. Attraversò i binari e costeggiò i vagoni dall’altro
lato. Quando sbucò da dietro l’ultima carrozza agitò un braccio per chiamare il
bambino, che si alzò e si infilò la pistola alla cintura.

Era tutto coperto di cenere. I corridoi disseminati di rifiuti. Le valigie aperte sui
sedili, dov’erano rimaste da tanto tempo prima, quando erano state tirate giù dai

45    portabagagli e saccheggiate. Nel vagone ristorante l’uomo trovò una pila di piatti di
carta, ci soffiò sopra per togliere la polvere e se li infilò nel parka.7 Nient’altro.

Papà, come ci è arrivato qui questo treno?

Non lo so. Probabilmente qualcuno lo stava portando a sud. Un gruppo di persone.
E questo dev’essere il punto in cui hanno finito il carburante.

50    È tanto tempo che sta qui?

Sì, credo di sì. Un bel po’ di tempo.

Arrivarono all’ultimo vagone, poi scesero e camminarono lungo le rotaie fino
alla locomotiva e salirono sul predellino.8 Ruggine e vernice scrostata. Aprirono
la porta che dava nella cabina di guida e l’uomo soffiò via la polvere dal sedile del

55    macchinista e piazzò il bambino ai comandi. I comandi erano molto semplici. In
pratica si trattava solo di spingere la leva dell’acceleratore. Si mise a fare rumori sferraglianti9
e fischi, ma non era sicuro che per il bambino avessero un senso. Dopo
un po’ rimasero semplicemente a guardare fuori dal pannello di vetro incrostato
verso il punto in cui i binari scomparivano oltre una curva, in mezzo alle erbacce.

60    Anche se vedevano mondi diversi sapevano la stessa cosa. Che quel treno sarebbe
rimasto lì a decomporsi lentamente per l’eternità, e che nessun treno avrebbe mai
più viaggiato.

Possiamo andare, papà?

Sì. Certo che possiamo andare.

65    Qua e là cominciavano a imbattersi in mucchietti di sassi al bordo della strada.
Erano segnali in un qualche linguaggio zingaro, codici di cui si era persa la memoria.
Non ne vedeva da parecchio tempo. Erano diffusi su al Nord, alla periferia delle
città razziate ed esauste, messaggi disperati ai propri cari perduti o morti. Già allora
tutte le riserve di cibo erano esaurite, e la terra era sconvolta dai massacri. In breve

70    tempo il mondo sarebbe stato popolato da gente pronta a mangiarti i figli sotto gli
occhi, e le città dominate da manipoli10 di predoni11 anneriti che scavavano gallerie
in mezzo alle rovine e strisciavano fuori dalle macerie in un biancheggiare di occhi
e denti, reggendo reti di nylon piene di scatolame bruciacchiato, come avventori
negli spacci dell’inferno. Il soffice talco nero si spandeva a sbuffi per le strade come

75    inchiostro di seppia sul fondo del mare, il freddo scendeva lento e faceva buio sempre
più presto, e i disperati che frugavano alla luce delle torce sul fondo dei dirupi
lasciavano nello strato di cenere ombre morbide che si richiudevano dietro di loro
silenziose come occhi. Per le strade i pellegrini sprofondavano, cadevano e morivano
e la terra avvolta nel suo lugubre velo continuava ad arrancare intorno al sole,

80    ignota e smarrita come qualsiasi altro pianeta sconosciuto nella remota oscurità
circostante.

Cormac McCarthy, La strada, trad. di M. Testa, Einaudi, Torino 2014

Come continua

L’uomo e il bambino proseguono il loro cammino verso il mare, che nonostante le difficoltà si fa sempre più vicino. Una volta giunti sulla costa, il viaggio non si interrompe, perché dopo la catastrofe non esiste alcun porto sicuro. Nel mentre, i due sono costretti a fronteggiare imprevisti sempre più duri: logoramento, malattie, ladri, fino a uno sfortunato scontro in cui l’uomo viene ferito da una freccia. Mentre procedono senza sosta, arrancando sulla strada, le condizioni del padre peggiorano sempre più. Tuttavia, il fuoco interiore che lo spinge continua a bruciare…

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a TU per TU con il testo

Benvenuto nel mondo post-apocalittico. Sei tra i pochi sopravvissuti all’olocausto nucleare e vivi in un incubo nero da cui non ci si può svegliare. Ti trovi disperso in una landa desolata e coperta da uno spesso strato di ceneri radioattive, la razza umana è in ginocchio, ovunque vecchi edifici giacciono sventrati e saccheggiati da predoni rabbiosi. Indossi una mascherina, sei solo, sporco, denutrito, costretto a guardarti le spalle come un fuggitivo disperato e senza meta. Tutto può salvarti e tutto può ucciderti: riuscirai a conservare la tua umanità, o diventerai – come molti altri – un lupo magro e affamato, pronto a uccidere e divorare i tuoi simili per vivere qualche giorno in più? Nel post-nucleare la pressione è continua, l’imprevisto sempre dietro l’angolo: l’unica certezza è che non morirai di noia.

Analisi

Dopo l’ennesima notte passata all’addiaccio, un padre e un figlio si rimettono in marcia verso sud. I due si trovano in un punto imprecisato dell’America, e il loro scopo è raggiungere la costa, distante – secondo i calcoli compiuti su una logora e sfaldata cartina – circa trecento chilometri in linea d’aria. Hanno da poco valicato le montagne, scampando alla morsa della neve, e ora arrancano su una pianura spoglia e fredda, spingendo un carrello del supermercato pieno di provviste.

La strada sviluppa il tema del viaggio nell’ignoto, che però non si svolge in un altro pianeta o in una dimensione alternativa, ma sulla Terra, resa invivibile dal disastro nuclea­re. Inoltre, il libro richiama la grande epopea americana del vecchio West, in cui intrepidi pionieri cercavano fortuna nelle terre selvagge dell’Ovest. Tuttavia qui siamo molto lontani dall’ottimismo tipico di molti western: non c’è più niente da conquistare, l’unico obiettivo è salvarsi dai pericoli.

Svegliatosi dal sonno, il padre non trova il figlio e istintivamente impugna la pistola. L’arma è tradizionalmente uno strumento narrativo per accrescere la suspense, ma in questo caso non c’è nessun pericolo in agguato. Infatti, la successiva scoperta del treno rappresenta una parentesi di relativa tranquillità. Dopo aver perlustrato i vagoni in cerca di eventuali pericoli e oggetti utili, i due protagonisti entrano nella locomotiva. La scena trasmette tenerezza e perplessità, e la carcassa del treno evoca un senso di abbandono: il relitto d’acciaio rimarrà immobile per secoli, come lo scheletro di un grosso animale, un tempo vivo e possente, ma destinato nel futuro distopico – al pari di ogni altro oggetto della nostra vita quotidiana – a perdere per sempre la propria funzione.

Il romanzo di McCarthy appartiene al genere post-apocalittico, un filone della fantascienza in cui non troviamo alieni o tecnologie futuristiche, ma una paradossale regressione a una condizione primitiva. A causa del disastro (una catastrofe nucleare, l’impatto di un meteorite, l’indebolimento del sole) le strutture della società sono completamente sfaldate, e l’essere umano regredisce allo “stato di natura”, cioè a una condizione in cui la lotta per le risorse di base è all’ordine del giorno e vige una specie di guerra di tutti contro tutti.

L’uomo e il bambino protagonisti della Strada, infatti, non sono soltanto costretti a vivere in condizioni estreme, ma rischiano quotidianamente di essere catturati e divorati da altri sopravvissuti. Questo stato di continua emergenza provoca una totale perdita di speranza, la sensazione di vivere su un pianeta condannato alla distruzione.

La lingua di McCarthy è secca, scarna, dura come il mondo che descrive. Infatti, l’autore impiega frasi brevi, spesso anche senza il verbo, per dipingere un paesaggio composto da una lunga lista di cose morte o distrutte, che non hanno più nessuna relazione tra loro (Acquitrini disseminati di ossa di creature morte. Mucchi di rifiuti indistinti. Fattorie scalcinate, rr. 9-10). Proprio come il viaggio dei due protagonisti, la prosa della Strada ha un ritmo lento, doloroso e rassegnato. Tuttavia, l’autore è capace anche di improvvisi tocchi poetici e il suo stile è sempre potentemente espressivo, specie quando descrive l’indifferenza degli elementi naturali o la regressione degli umani a uno stato semibestiale.

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La strada è un tipico racconto di viaggio, in cui i protagonisti affrontano varie peripezie per giungere alla meta. Il narratore, esterno, onnisciente e in terza persona, fa spesso uso della focalizzazione interna, per rendere i tormenti interiori del padre ma anche la potente forza d’animo che lo spinge. Tuttavia i personaggi non vengono mai nominati direttamente: se questo, da un lato, aumenta la possibilità che il lettore si identifichi con essi, dall’altro è un segno del radicale pessimismo che domina il mondo post-apocalittico di McCarthy. Dopo l’olocausto nucleare è inutile e forse anche pericoloso avere nomi. Agli individui l’identità personale non serve più: il loro unico scopo è sopravvivere giorno dopo giorno.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. La vicenda si svolge

  •     in un futuro imprecisato.
  •     in un tempo imprecisato.
  •     nel passato.
  •     al giorno d’oggi.


2. Il territorio che l’uomo e il bambino stanno attraversando, prima della catastrofe nucleare era

  •     una valle montana.
  •     una zona agricola.
  •     una piccola cittadina di provincia.
  •     una zona di laghi e boschi.


3. Il treno che l’uomo e il bambino scoprono nel boschetto è fermo perché

  •     è stato bloccato da un guasto.
  •     è stato assaltato dai predoni.
  •     è stato incendiato.
  •     ha terminato il carburante.


4. L’uomo e il bambino sono in viaggio

  •     per riunirsi a un gruppo di zingari.
  •     per cercare un luogo migliore in cui vivere.
  •     per sfuggire ai predoni che li inseguono.
  •     per ricongiungersi con i propri cari.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Una delle caratteristiche dello stile di McCarthy è l’alternanza tra frasi brevi ed essenziali e descrizioni suggestive e poetiche, che fanno uso anche di figure retoriche come la similitudine e la metafora. Rintracciane alcune.

6. Nel testo si alternano paragrafi descrittivi a paragrafi dialogati: quali caratteristiche (sia formali sia di contenuto) hanno questi dialoghi e quali effetti espressivi ottengono? Rifletti in particolare sul rapporto tra l’uomo e il bambino che lasciano emergere.

7. Durante l’esplorazione del treno, il padre trova una pila di piatti di carta e se ne appropria. Che senso ha questo gesto?

8. Dopo essere saliti sulla locomotiva e avere provato ad azionarla, padre e figlio restano a osservare il treno e i binari: Anche se vedevano mondi diversi sapevano la stessa cosa. Che quel treno sarebbe rimasto lì a decomporsi lentamente per l’eternità, e che nessun treno avrebbe mai più viaggiato (rr. 60-62). Che cosa significa questa affermazione? Motiva la tua risposta.

9. Se la zona che padre e figlio stanno attraversando è completamente disabitata, ben diversa è la situazione delle città: come sono descritte?

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COMPETENZE LINGUISTICHE

10. Lessico. Le descrizioni che hai letto sono ricche di aggettivi che, oltre a indicare una qualità (sporco, freddo ecc.), riferiscono anche un grado di intensità. Utilizzando il dizionario dei sinonimi e quello di italiano, trova almeno cinque sinonimi dei seguenti aggettivi usati nel brano e poi ordinali dal meno intenso al più intenso.

a) lercio                                                                                                                                                                     

b) gelato                                                                                                                                                                   

c) cupo                                                                                                                                                                      


11. Lessico. Rintraccia nel testo tutti i termini e le espressioni che richiamano il freddo e l’oscurità, poi usane almeno sei per stendere una breve descrizione oggettiva dell’ambiente in cui si muovono i personaggi (massimo 15 righe).

PRODURRE

12. Scrivere per riassumere. Buona parte del testo che hai letto è dedicata alle descrizioni, mentre il racconto degli avvenimenti è ridotto all’osso. Riassumi ciò che accade in massimo 6 righe.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

SCIENZE E GEOGRAFIA

Il più noto e catastrofico degli incidenti nucleari è stato quello di Černobyl’, avvenuto il 26 aprile 1986 in una centrale situata in Ucraina (che all’epoca faceva parte dell’Unione Sovietica). Fai una breve ricerca per capire come la radioattività abbia modificato l’ambiente circostante dopo l’esplosione e come esso sia diventato oggi, a oltre trent’anni di distanza: gli effetti della catastrofe sono simili o diversi da quelli descritti da McCarthy? Prova a raccontare oralmente quanto hai scoperto in circa due minuti.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

L’ambiente in cui si muovono i protagonisti della Strada è molto diverso da quello attraversato dagli astronauti in Pioggia senza fine ( T4, p. 254), eppure entrambi sono ugualmente “alieni”. Quale dei due trovi più inospitale e inquietante?

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Se ti è piaciuto…

Dopo la catastrofe

L’immaginario post-apocalittico e catastrofico è una costante della cultura del secondo Novecento: piuttosto che essere vuoto intrattenimento, esso funziona come valvola di sfogo per i traumi generati dalle incertezze dello sviluppo economico-tecnologico. Se il progresso appare inarrestabile, la catastrofe (nucleare, climatica o d’altro genere) si pone come una rottura assoluta, in cui tutti gli equilibri sono sovvertiti e l’ordine costituito si disgrega: il mondo finisce e ne inizia uno nuovo, dove il conflitto e l’imprevisto sono il pane quotidiano dei sopravvissuti.

Chi è rimasto sedotto dal mondo inospitale della Strada, sappia che lo aspettano decine di titoli letterari, cinematografici e persino di giochi elettronici con cui sfogare la passione per la vita da “neo-primitivo”. La saga cinematografica di Mad Max, per esempio, dal 1979 inscena un mondo devastato dalla carenza di risorse e da teppisti di strada fanatici dei motori.

L’ultimo capitolo della saga, Mad Max: Fury Road, diretto da George Miller nel 2015 e vincitore di sei Oscar, si distingue per l’intreccio coinvolgente e per il tripudio di effetti speciali.

Mad Max è un eroe cinico, intrepido e disincantato, che viene catturato dalla banda motorizzata dei Figli di Guerra. Tra donne guerriere, camion lanciati nel deserto e riti di battaglia, il film ci trascina in un mondo desertico dove, se non si accelera, si perde presto la vita.

Un altro interessante titolo post-apocalittico – in cui la catastrofe è causata da un terribile virus – è 28 giorni dopo, diretto da Danny Boyle nel 2002. Un giovane si risveglia dal coma in una Londra completamente deserta. Ancora disorientato, è assalito da uomini ridotti in uno stato bestiale, simili a zombie. Che cosa rimane della civiltà? Dove sono i sopravvissuti? E, soprattutto: come mettersi in salvo dalle orde, sfuggendo al contagio?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa