T2 - La lettera U (I.U. Tarchetti)

T2

Igino Ugo Tarchetti 

La lettera U 

  • Tratto da Racconti fantastici, 1869
  • racconto fantastico
L’autore

Igino Ugo Tarchetti nasce nel 1839 a San Salvatore Monferrato da una famiglia benestante della borghesia piemontese. Frequenta il liceo e si arruola nell’esercito; subito dopo l’unità d’Italia (1861) viene mandato in diverse aree del Sud a combattere i briganti che si oppongono all’autorità del giovane stato. Nel 1863 si trasferisce a Varese e inizia a frequentare gli ambienti della Scapigliatura milanese, un gruppo di intellettuali ribelli insofferenti della vita borghese e ispirati dai grandi scrittori europei dell’epoca, specialmente francesi. Nel 1865 abbandona l’esercito e si trasferisce a Milano, dove si dedica all’attività letteraria, conducendo una vita all’insegna dell’eccesso e della contestazione. L’opera più famosa di Tarchetti è Fosca (1869), un romanzo dedicato alla morbosa relazione tra un giovane militare e una donna deforme ma insieme fatalmente conturbante. Già notevolmente provato dalla tisi, Tarchetti muore nel 1869 a Milano per un attacco di tifo.

Un testo manoscritto raccoglie la delirante storia di un folle, che fin dall’infanzia è ossessionato dalla lettera U. Il suono di questa lettera scura gli sembra un ruggito d’inferno, mentre la forma lo terrorizza come niente altro. L’uomo non riesce a stare in società e a condurre una vita normale, perché in ogni cosa scopre il marchio cupo e inquietante della vocale maledetta.

U! U!

Ho io scritto questa lettera terribile, questa vocale spaventosa? L’ho io delineata
esattamente? L’ho io tracciata in tutta la sua esattezza tremenda, co’ suoi profili
fatali,1 colle sue due punte detestate, colla sua curva abborrita?2 Ho io ben vergata   

5      questa lettera, il cui suono mi fa rabbrividire, la cui vista mi riempie di terrore?

Sì, io l’ho scritta.

Ed eccovela ancora:

                                                    U

Eccola un’altra volta:

10                                                        U

Guardatela, affissatela3 bene – non tremate, non impallidite – abbiate il coraggio
di sostenerne la vista, di osservarne tutte le parti, di esaminarne tutti i dettagli, di
vincere tutto l’orrore che v’ispira… Questo U!… questo segno fatale, questa lettera
abborrita, questa vocale tremenda!

15    E l’avete ora veduta?… Ma che dico?… Chi di voi non l’ha veduta, non l’ha scritta,
non l’ha pronunciata le mille volte? – Lo so; ma io vi domanderò bensì: chi di
voi l’ha esaminata? chi l’ha analizzata, chi ne ha studiato la forma, l’espressione,
l’influenza? Chi ne ha fatto l’oggetto delle sue indagini, delle sue occupazioni, delle
sue veglie?4 Chi vi ha posato sopra il suo pensiero per tutti gli anni della sua vita?

20    Perché… voi non vedete in questo segno che una lettera mite, innocua come le
altre; perché l’abitudine vi ci ha resi indifferenti; perché la vostra apatia5 vi ha distolto
dallo studiarne più accuratamente i caratteri… ma io… Se voi sapeste ciò che io
ho veduto!… se voi sapeste ciò che io vedo in questa vocale!

                                                           U

25    E consideratela ora meco.6

Guardatela bene, guardatela attentamente, spassionatamente, fissi!

E così, che ne dite?

Quella linea che si curva e s’inforca7 – quelle delle due punte che vi guardano
immobili, che si guardano immobili – quelle delle due lineette che ne troncano inesorabilmente,

30    terribilmente le cime – quell’arco inferiore, sul quale la lettera oscilla
e si dondola sogghignando8 – e nell’interno quel nero, quel vuoto, quell’orribile
vuoto che si affaccia dall’apertura delle due aste, e si ricongiunge e si perde nell’infinità
dello spazio…

Ma ciò è ancor nulla. Coraggio!

35    Raddoppiate la vostra potenza d’intuizione; gettatevi uno sguardo più
indagatore.

Partite da una delle due punte, seguite la curva esterna, discendete, avvicinatevi
all’arco, passatevi sotto, risalite, raggiungete la punta opposta.

Che cosa avete veduto?

40    Attendete!

Compite adesso un viaggio a rovescio. Discendete lungo la linea interna – discendetevi
con coraggio, con energia – raggiungete il fondo, arrestatevi, fermatevi
un istante, esaminatelo attentamente; poi risalite fino alla punta d’onde eravate partito
dapprima…

45    Tremate? impallidite?

Non basta ancora!

Posatevi un istante sulle due linee che ne tagliano le punte; andate dall’una all’altra;
poi guardate l’assieme della lettera, guardatela d’un sol colpo d’occhio, esaminatene
tutti i profili, afferratene tutta l’espressione… e ditemi se non siete paralizzati,

50    se non siete vinti, se non siete annichiliti9 da quella vista?!?!

Ecco.

lo vi scrivo qui tutte le vocali:

                                                    a e i o u

Le vedete? Sono queste?

55                                                        a e i o u

Ebbene?!

Ma non basta il vederle. Sentiamone ora il suono.

A – L’espressione della sincerità, della schiettezza, d’una sorpresa lieve, ma dolce.

E – La gentilezza, la tenerezza espressa tutta in un suono.

60    I – Che gioia! Che gioia viva e profonda!

O – Che sorpresa! che meraviglia! ma che sorpresa grata! Che schiettezza rozza,10
ma maschia11 in quella lettera!

Sentite ora l’U. Pronunciatelo. Traetelo fuori dai precordi12 più profondi, ma
pronunciatelo bene: U! uh!! uhh!!! Uhhh!!!!

65    Non rabbrividite? non tremate a questo suono? Non vi sentite il ruggito della
fiera,13 il lamento che emette il dolore, tutte le voci della natura soffrente14 e agitata?
Non comprendete che vi è qualche cosa d’infernale, di profondo, di tenebroso in
quel suono?

Dio! che lettera terribile! che vocale spaventosa!!

70    Vi voglio raccontare la mia vita.

Voglio che sappiate in che modo questa lettera mi ha trascinato ad una colpa, e
ad una pena ignominiosa15 e immeritata.

Io nacqui predestinato. Una terribile condanna pesava sopra di me fino dal primo
giorno della mia esistenza: il mio nome conteneva un U. Da ciò tutte le sventure

75    mia vita.

A sette anni fui avviato alle scuole.

Un istinto, di cui ignorava16 ancora le cause, mi impediva di apprendere quella
lettera, di scriverla: ogni volta che mi si facevano leggere le vocali mi arrestava, mio
malgrado, d’innanzi all’U; mi veniva meno la voce, un panico indescrivibile s’impossessava

80    di me – io non poteva pronunciare quella vocale!

Scriverla? era peggio! La mia mano sicura nel vergare le altre, diventava convulsa
e tremante allorché mi accingeva a scrivere questa. Ora le aste erano troppo convergenti,
ora troppo divergenti; ora formavano un V diritto, ora un A capovolto; non
poteva tracciare in nessun modo la curva, e spesso non riusciva che a formare una

85    linea serpeggiante e confusa.

Il maestro mi dava del quadrello17 sulle dita – io m’inacerbiva18 e piangeva.

Aveva dodici anni, allorché un giorno vidi scritto sulla lavagna un U colossale, così:

                                                                  U

Io stava seduto di fronte alla lavagna. Quella vocale era lì e pareva guardarmi, pareva

90    affissarmi e sfidarmi. Non so qual coraggio mi nascesse improvvisamente nel cuore:
certo il tempo della rivelazione era giunto! Quella lettera ed io eravamo nemici; accettai
la sfida, mi posi il capo tra le mani e incominciai a guardarla… Passai alcune
ore in quella contemplazione. Fu allora che io compresi tutto, che io vidi tuttociò
che vi ho ora detto, o tentato almeno di dirvi, giacché il dirvelo esattamente è impossibile.

95    Io indovinai le ragioni della mia ripugnanza, del mio odio; e progettai
una guerra mortale a quella lettera.

Incominciai col togliere quanti libri poteva a’ miei compagni e cancellarvi tutti
gli U che mi venivano sott’occhio. Non era che il principio della mia vendetta. Fui
cacciato dalle scuole.

100 Vi ritornai tuttavia più tardi. Il mio maestro si chiamava Aurelio Tubuni.

Tre U!! Io lo abborriva per questo. Un giorno scrissi sulla lavagna: Morte all’U!
Egli attribuì a sé medesimo19 quella minaccia. Fui ricacciato.20

Ottenni ancora di tornarvi una terza volta. Presentai allora, come lavoro di esame,
un progetto relativo all’abolizione di questa vocale, alla sua espulsione dalle   

105 lettere dell’alfabeto.

Non fui compreso. Fui tacciato di follia. I miei compagni, conosciuta così la mia
avversione a quella vocale, incominciarono contro di me una guerra terribile. Io
vedeva, io trovava degli U da tutte le parti: essi ne scrivevano dappertutto: sui miei
libri, sulle pareti, sui banchi, sulla lavagna – i miei quaderni, le mie carte ne erano   

110 ripieni: né io poteva difendermi da questa persecuzione sanguinosa ed atroce.

Un giorno trovai nella mia saccoccia21 una cartolina, su cui ne era scritta una

lunga fila in questo modo infernale, così:

                                                              U U U U U U U U

Divenni furente! La vista di tutti quegli U disposti in questa guisa,22 collocati con

115 questa gradazione tremenda, mi trasse di senno.23 Sentii salirmi il sangue alle tempia,24
sconvolgersi la mia ragione… Corsi alla scuola; ed afferrato alla gola uno de’
miei compagni, l’avrei per fermo25 soffocato, se non mi fosse stato tolto di mano.

Era la prima colpa a cui mi trascinava quella vocale!

Mi fu impedito di continuare i miei studi.

120 Allora incominciai a vivere da solo, a pensare, a meditare, ad operare26 da solo.
Entrai in una nuova sfera di osservazioni, in una sfera più elevata, più attiva: studiai
i rapporti che legavano ai destini dell’umanità questa lettera fatale; ne trovai tutte 
le fila, ne scopersi tutte le cause, ne indovinai tutte le leggi; e scrissi ed elaborai, in
cinque lunghi anni di fatica, un lavoro27 voluminoso, nel quale mi proponeva di   

125 dimostrare come tutte le umane calamità non procedessero da altre cause che dall’esistenza
dell’U, e dall’uso che ne facciamo nella scritturazione28 e nel linguaggio; e
come fosse possibile il sopprimerlo, e rimediare, e prevenire i mali che ci minaccia.

Lo credereste? non trovai mezzo di dare alla luce la mia opera. La società ricusava
da me quel rimedio che solo poteva ancora guarirla.

130 A venti anni mi accesi d’amore per una fanciulla, e ne fui riamato. Essa era divinamente
buona, divinamente bella: ci amammo al solo vederci; e quando potei
parlarle, le chiesi:

«Come vi chiamate?».

«Ulrica!».

135 «Ulrica!». U. Un U! Era una cosa orribile. Come sottomettermi alla violenza atroce,
continua di quella vocale? Il mio amore era tutto per me, ma nondimeno trovai
la forza di rinunziarvi. Abbandonai Ulrica.

Tentai di guarirmi con un altro affetto. Diedi il mio cuore ad un’altra fanciulla.
Lo credereste? Seppi più tardi che si chiamava Giulia. Mi divisi anche da quella.

140 Ebbi un terzo amore. L’esperienza mi aveva reso cauto: m’informai del suo nome
prima di darle il mio cuore.

Si chiamava Annetta. Finalmente! Apparecchiammo per le nozze, tutto era combinato,
stabilito, allorché, nell’esaminare il suo certificato di nascita, scopersi con
orrore che il suo nome di Annetta non era che un vezzeggiativo, un abbreviativo di   

145 Susanna, Susannetta, e oltre ciò – inorridite! aveva cinque altri nomi di battesimo:
Postumia, Uria, Umberto, Giuditta e Lucia.

Immaginate se io mi sentissi rabbrividire nel leggere quei nomi! – lacerai sull’istante
il contratto nuziale, rinfacciai a quel mostro di perfidia il suo tradimento
feroce, e mi allontanai per sempre da quella casa. Il cielo mi aveva ancora salvato.

150 Ma ohimè! io non poteva più amare, la mia affettività era esaurita, prostrata da
tanti esperimenti terribili. Il caso mi condusse ad Ulrica; le memorie del mio primo
amore si ridestarono, la mia passione si raccese più viva… Volli rinunciare ancora
al suo affetto, alla felicità che mi riprometteva da questo affetto… ma non ne ebbi
la forza – ci sposammo.

155 Da quell’istante incominciò la mia lotta.

Io non poteva tollerare che essa portasse un U nel suo nome, non poteva chiamarla
con quella parola. Mia moglie!… la mia compagna, la donna amata da me…
portare un U nel suo nome!… Essa che aveva già fatto un acquisto così tremendo
nel mio,29 perché io pure ne aveva uno nel mio casato!30

160 Era impossibile!

Un giorno le dissi:

«Mia buona amica, vedi quanto quest’U è terribile! rinunciavi, abbrevia o muta
il tuo nome!… te ne scongiuro!».

Essa non rispose, e sorrise.

165 Un’altra volta le dissi:

«Ulrica, il tuo nome mi è insopportabile…, esso mi fa male… esso mi uccide!
Rinunciavi».

Mia moglie sorrideva ancora, l’ingrata! sorrideva!…

Una notte mi sentii invaso da non so qual furore! aveva avuto un sogno affannoso…   

170 Un U gigantesco postosi sul mio petto mi abbracciava colle sue aste immense,
flessuose… mi stringeva… mi opprimeva, mi opprimeva… Io balzai furioso dal
letto: afferrai la grossa canna di giunco,31 corsi da un notaio, e gli dissi:

«Venite, venite meco sull’istante a redigere un atto formale di rinuncia…».

Quel miserabile si opponeva. Lo trascinai meco, lo trascinai al letto di mia   

175 moglie.

Essa dormiva; io la svegliai aspramente32 e le dissi:

«Ulrica, rinuncia al tuo nome, all’U detestabile del tuo nome!».

Mia moglie mi guardava fissamente, e taceva.

«Rinuncia», io le replicai con voce terribile, «rinuncia a quell’U… rinuncia al tuo   

180 nome abborrito!!…».

Essa mi guardava ancora, e taceva!

Il suo silenzio, il suo rifiuto mi trassero di senno: mi avventai sopra di lei, e la
percossi col mio bastone.

Fui arrestato, e chiamato a render conto di questa violenza.

185 I giudici assolvendomi mi condannarono ad una pena più atroce, alla detenzione
in questo ospizio di pazzi.

Io pazzo! Sciagurati! Pazzo! perché ho scoperto il segreto dei loro destini! dell’avversità
dei loro destini!33 perché ho tentato di migliorarli?… Ingrati!

Sì, io sento che questa ingratitudine mi ucciderà: lasciato qui solo, inerme! faccia   

190 a faccia col mio nemico, con questo U detestato che io vedo ogni ora, ogni istante,
nel sonno, nella veglia, in tutti gli oggetti che mi circondano, sento che dovrò finalmente
soccombere.

Sia.

Non temo la morte: l’affretto come il termine unico de’ miei mali.

195 Sarei stato felice se avessi potuto beneficare34 l’umanità persuadendola a sopprimere
quella vocale; se essa non avesse esistito mai, o se io non ne avessi conosciuto
i misteri.

Era stabilito altrimenti! Forse la mia sventura sarà un utile ammaestramento agli
uomini; forse il mio esempio li spronerà ad imitarmi…

200 Che io lo speri!

Che la mia morte preceda di pochi giorni l’epoca della loro grande emancipazione,
dell’emancipazione dall’U, dell’emancipazione da questa terribile vocale!!!».

L’infelice che vergò queste linee, morì nel manicomio di Milano l’11 settembre 1865.

Igino Ugo Tarchetti, La lettera U, in Racconti scapigliati, a cura di R. Carnero, Rizzoli, Milano 2011

a TU per TU con il testo

Quante volte siamo terrorizzati da qualcosa di apparentemente insignificante? Al di là dei grandi ed eclatanti terrori (vampiri, scheletri, manieri abbandonati) esistono altre paure, minime eppure paradossalmente ancora più intense. L’inquietudine si manifesta sottilmente nelle cose meno importanti e spesso ci coglie impreparati: si introduce nella nostra anima e da lì dilaga irrefrenabile e senza controllo. Una lettera scritta da una mano malferma, uno strano antico soprammobile, una sinistra ombra sulla parete, lo scricchiolio che ci risveglia… Conoscete le ossessioni, ma non date loro troppa confidenza: altrimenti, come il protagonista di questo racconto, rischierete di trovarvi distrutti da una lettera dell’alfabeto, da un granello di sabbia o da un’insensata allucinazione.

Analisi

La lettera U è un racconto basato sul classico espediente narrativo del “manoscritto ritrovato”. Infatti, fin dal sottotitolo (Manoscritto d’un pazzo) l’autore lo presenta come un testo vergato da un folle, rinchiuso e poi morto in un manicomio milanese. Il finto manoscritto è divisibile in due parti: nella prima, il protagonista spiega il nucleo della sua ossessione, mentre nella seconda ci racconta l’inquietante storia della sua vita. È perseguitato dal terrore della vocale U: la cupezza del suono e, soprattutto, la forma biforcuta sono da lui collegati a significati intollerabili e nefasti.

L’uomo non solo sviluppa il proprio delirio in modo perfettamente lucido, ma finisce per condannare e trovare incomprensibile l’apatia e l’indifferenza della gente comune, che non si accorge della natura perversa e terribile della U (Perché… […] vocale, rr. 20-23), a suo giudizio portatrice di valori funesti, addirittura infernali e tenebrosi.

L’io narrante si sente un predestinato (r. 73) fin dalla nascita, perché il suo nome contiene la fatidica vocale. Il delirio comincia presto: l’ossessione rende il protagonista un bambino ingestibile e violento, che finisce espulso dalla scuola per aver quasi strozzato un compagno. In seguito, si ritira in solitudine, affetto ormai irrimediabilmente da una malattia psicotica basata su un sistema di credenze irreali a sfondo persecutorio. Infatti, l’uomo si dedica a scrivere un corposo trattato che collega tutti i mali dell’umanità alla lettera U.

Nel frattempo, la vita sentimentale dell’ossesso procede in maniera tormentata e disastrosa. Dopo aver cambiato varie donne, prima amate e poi respinte sempre a causa della vocale incriminata, si sposa con Ulrica, ma uno sconvolgente incubo – in cui la U si trasforma in una gigantesca creatura che lo opprime fisicamente – lo induce a prenderla a bastonate, finendo in tribunale e poi in manicomio. La paranoia, portata all’estremo, rende impossibile la vita sociale, perché la psicosi vittimistica si allarga a macchia d’olio minando la stabilità mentale del protagonista: il narratore usa infatti le parole guerra e lotta (progettai una guerra mortale a quella lettera, rr. 95-96; Da quell’istante incominciò la mia lotta, r. 155) per rendere la distanza che si è creata fra lui e il resto del mondo, che non condivide la sua visione alienata.

 >> pagina 229 

Il ricorso alla seconda persona plurale rende il racconto fortemente coinvolgente. Il narratore si rivolge direttamente a chi legge per immetterlo nel vortice di sensazioni che lo opprimono. Nelle prime sequenze il lettore viene esortato a percorrere ripetutamente con lo sguardo la U, soffermandosi sui suoi vari elementi. Tali numerosi appelli al lettore ci catturano, funzionano come ponti che ci spingono a vedere le cose con gli occhi del protagonista (E consideratela ora meco. Guardatela bene, guardatela attentamente, spassionatamente, fissi! E così, che ne dite?, rr. 25-27).

Al fine di rappresentare anche visivamente il disturbo emotivo del protagonista, Tarchetti varia il carattere tipografico: per concentrare l’attenzione sulla vocale, la stacca dal corpo principale del testo, isolandola in mezzo alla pagina e facendo uso del grassetto e di una diversa dimensione del carattere. Addirittura, alla r. 113, accosta otto U con un corpo via via più piccolo, ottenendo un effetto grafico molto evocativo, simile a un forte e cupo urlo che va progressivamente spegnendosi.

La lingua del folle non è però un’accozzaglia di idee sconclusionate, ma sviluppa con una logica ferrea l’ossessione per la vocale tremenda (r. 14). La tecnica retorica della ripetizione serve a convincere l’interlocutore delle proprie idee (Perché… voi non vedete […] perché l’abitudine vi ci ha resi indifferenti; perché la vostra apatia vi ha distolto […] Se voi sapeste ciò che io ho veduto!… se voi sapeste ciò che io vedo, rr. 20-23) mentre l’uso del climax rende l’enormità dell’orrore che la lettera suscita (Ma ciò è ancor nulla. Coraggio! Raddoppiate la vostra potenza d’intuizione; gettatevi uno sguardo più indagatore. […] Tremate? impallidite? Non basta ancora!, rr. 34-46).

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Il racconto è divisibile in tre grandi sequenze. Individuale e dà loro un titolo.

2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

a) Il protagonista è ossessionato dalla lettera U fin dalla prima infanzia.

  •   V       F   

b) Il protagonista è ossessionato in particolare dalla forma della lettera.

  •   V       F   

c) Il protagonista viene espulso da scuola per tre volte.

  •   V       F   

d) Dopo aver ricevuto una cartolina su cui è scritta una serie di U, il protagonista uccide un compagno strozzandolo.

  •   V       F   

e) Dopo aver abbandonato la scuola, il protagonista si dà alla vita mondana.

  •   V       F   

f) Il protagonista passa da una relazione amorosa all’altra, ma tutte le donne di cui si innamora hanno un nome che contiene la U.

  •   V       F   

g) Il protagonista si sposa con la prima donna di cui si è innamorato.

  •   V       F   

h) In un accesso di follia, il protagonista uccide la moglie.

  •   V       F   


3. Che cosa si augura il protagonista alla fine del racconto?

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Che funzione hanno il sottotitolo del racconto (Manoscritto d’un pazzo) e l’ultima riga del testo? Prova a metterli in relazione con il coinvolgimento emotivo prodotto dalla narrazione in prima persona.

5. Quali caratteristiche della lettera U risultano più sconvolgenti per il protagonista?

6. La follia del protagonista diventa via via più grave, seguendo le tappe della sua crescita: individua gli eventi che ne segnano il climax.

7. Dopo l’improvvisa e intuitiva rivelazione avuta alla scuola elementare (il tempo della rivelazione… Io indovinai le ragioni, rr. 91-96), il protagonista, pur nella sua follia, segue una logica ferrea e razionale nel perseguire la sua lotta contro la lettera U: in quali passaggi del testo viene evidenziato questo aspetto? (Fai attenzione, per esempio, alle espressioni legate alla sfera scientifica.)

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Lessico. Il protagonista del racconto vorrebbe abolire la lettera “u”, cancellarla da tutti i libri. Un’operazione del genere esiste, si chiama lipogramma ed è uno dei più comuni giochi linguistici. Accontenta il protagonista e racconta una parte della sua vita (dalla r. 70 alla r. 96), riscrivendola senza usare termini in cui è presente la lettera “u” (dovrai usare il dizionario dei sinonimi e talvolta modificare intere espressioni e/o tempi verbali per mantenere coerenza e coesione testuale).

“Vi voglio raccontare la mia vita. Voglio che sappiate in che modo tale lettera mi ha trascinato al crimine, e alla pena ignominiosa e immeritata. Io sono nato…”.

PRODURRE

9. Scrivere per esprimere. Uno dei punti di forza della Lettera U sta nell’espressione, in prima persona, dei pensieri e dei sentimenti del protagonista, che lasciano ai margini quelli di tutte le persone con cui egli entra in contatto. Mettiti tu nei panni di uno di loro (il maestro, uno dei compagni, la donna amata…) e racconta, in prima persona, l’incontro e il rapporto con il protagonista (massimo 20 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

A un certo punto, il narratore esprime la propria teoria sui significati delle diverse vocali. Il passo anticipa di pochi anni il celebre sonetto Voyelles (Vocali) del poeta francese Arthur Rimbaud (1854-1891, raffigurato a fianco in una caricatura dell’epoca mentre dipinge le vocali). Leggi il sonetto e confronta i significati attribuiti con quelli proposti nel racconto.

 

A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu, voyelles,

Je dirai quelque jour vos naissances latentes.

A, noir corset velu des mouches éclatantes

Qui bombillent autour des puanteurs cruelles,

Golfe d’ombre; E, candeur des vapeurs et des tentes,

Lance des glaciers fiers, rois blancs, frissons d’ombelles;

I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles

Dans la colère ou les ivresses pénitentes;

U, cycles, vibrements divins des mers virides,

Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides

Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;

O, suprême Clairon plein des strideurs étranges,

Silences traversés des Mondes et des Anges:

– O l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux!


A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,

io dirò un giorno le vostre nascite latenti:

A, nero corsetto villoso di mosche splendenti

che ronzano intorno a crudeli fetori,

golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,

lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra

nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,

pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe

che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,

silenzi attraversati da Angeli e Mondi:

– O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

trad. di Diana Grange Fiori


Disegno e arti figurative 

Nel racconto sono usati diversi caratteri tipografici per evocare sensazioni e sentimenti. Questa tecnica sarà raffinata e portata alle estreme conseguenze, agli inizi del Novecento, dal movimento artistico e letterario del Futurismo: cerca alcuni esempi delle cosiddette “parole in libertà” e osservane gli effetti grafici ed espressivi.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Tutti abbiamo delle piccole ossessioni e fissazioni (un oggetto portafortuna, un rito quotidiano, la paura dei ragni o degli insetti, una parola che non deve essere assolutamente pronunciata e così via): quali sono le tue e quelle dei tuoi compagni? Quanto esse sono in grado di condizionare concretamente la vita di ogni giorno?

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa