T2 - Pinocchio e l’uovo (C. Collodi)

T2

Carlo Collodi

Pinocchio e l’uovo

  • Tratto da Le avventure di Pinocchio, 1883
  • fiaba
L’autore

Carlo Lorenzini, in arte Collodi, nasce a Firenze nel 1826, primogenito di un cuoco e di una cameriera. Studia cinque anni in seminario, che poi abbandona per iscriversi a un corso di retorica e filosofia presso una scuola fiorentina. Nel corso degli anni lavora come libraio, giornalista e impiegato statale; partecipa come volontario alla Prima e alla Seconda guerra d’indipendenza (1848 e 1859), combattendo con fervore patriottico per l’unità nazionale. Si dedica a lungo alla scrittura, tra critica teatrale, satira politica e soprattutto letteratura per ragazzi. In questo campo il suo primo successo è Giannettino (1877), ma il capolavoro è Le avventure di Pinocchio (1883), diventato nel Novecento un classico conosciuto in tutto il mondo. Il libro narra di una marionetta di legno che prende vita per diventare un autentico monello, sempre in bilico tra disobbedienza, fuga e pentimenti tardivi. Collodi muore improvvisamente a Firenze, nel 1890.

Ancora prima di essere scolpito da Geppetto, il pezzo di legno che diventerà Pinocchio mostra il suo temperamento da monello. Il povero babbo non fa quasi a tempo a finire le gambe, che il burattino è già in fuga. Un carabiniere lo cattura e lo riporta a casa: invece di punire Pinocchio, per un equivoco arresta il povero Geppetto, portandolo via in lacrime. Pinocchio è ora libero di scorrazzare per i campi. Una volta a casa, però, il Grillo parlante lo rimprovera duramente. Il burattino si libera del seccatore con una martellata, ma nemmeno ora ha pace. Inizia infatti a essere preda dei morsi della fame.

Intanto cominciò a farsi notte, e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato
nulla, sentì un’uggiolina1 allo stomaco, che somigliava moltissimo all’appetito.

Ma l’appetito nei ragazzi cammina presto,2 e difatti, dopo pochi minuti l’appetito
diventò fame, e la fame, dal vedere al non vedere, si convertì in una fame da lupi, 

5      una fame da tagliarsi col coltello.3

Il povero Pinocchio corse subito al focolare, dove c’era una pentola che bolliva e
fece l’atto di scoperchiarla, per vedere che cosa ci fosse dentro, ma la pentola era dipinta
sul muro. Immaginatevi come restò. Il suo naso, che era già lungo, gli diventò
più lungo almeno quattro dita.

10    Allora si dette a correre per la stanza e a frugare per tutte le cassette e per tutti i
ripostigli in cerca di un po’ di pane, magari un po’ di pan secco, un crosterello,4 un
osso avanzato al cane, un po’ di polenta muffita,5 una lisca di pesce, un nocciolo di
ciliegia, insomma di qualche cosa da masticare: ma non trovò nulla, il gran nulla,
proprio nulla.

15    E intanto la fame cresceva, e cresceva sempre: e il povero Pinocchio non aveva
altro sollievo che quello di sbadigliare e faceva degli sbadigli così lunghi, che qualche
volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi. E dopo avere sbadigliato, sputava, e
sentiva che lo stomaco gli andava via.6

Allora piangendo e disperandosi, diceva:

20    «Il Grillo parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a
fuggire di casa… Se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di sbadigli!
Oh! che brutta malattia che è la fame!».

Quand’ecco gli parve di vedere nel monte della spazzatura qualche cosa di tondo
e di bianco, che somigliava tutto a un uovo di gallina. Spiccare un salto e gettarvisi 

25    sopra, fu un punto solo.7 Era un uovo davvero.

La gioia del burattino è impossibile descriverla: bisogna sapersela figurare. Credendo
quasi che fosse un sogno, si rigirava quest’uovo fra le mani, e lo toccava e lo
baciava, e baciandolo diceva:

«E ora come dovrò cuocerlo? Ne farò una frittata?… No, è meglio cuocerlo nel 

30    piatto!… O non sarebbe più saporito se lo friggessi in padella? O se invece lo cuocessi
a uso uovo da bere? No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino:
ho troppa voglia di mangiarmelo!».

Detto fatto, pose un tegamino sopra un caldano8 pieno di brace accesa: messe9
nel tegamino, invece d’olio o di burro, un po’ d’acqua: e quando l’acqua principiò 

35    a fumare, tac!… spezzò il guscio dell’uovo, e fece l’atto di scodellarvelo10 dentro.

Ma invece della chiara e del torlo,11 scappò fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso,
il quale, facendo una bella riverenza,12 disse:

«Mille grazie, signor Pinocchio, d’avermi risparmiata la fatica di rompere il guscio!
Arrivedella,13 stia bene e tanti saluti a casa!».

40    Ciò detto distese le ali, e, infilata la finestra che era aperta, se ne volò via a perdita
d’occhio.14

Il povero burattino rimase lì, come incantato, cogli occhi fissi, colla bocca aperta e
coi gusci dell’uovo in mano. Riavutosi, peraltro, dal primo sbigottimento, cominciò a
piangere, a strillare, a battere i piedi in terra, per la disperazione, e piangendo diceva:

45    «Eppure il Grillo parlante aveva ragione! Se non fossi scappato di casa e se il mio
babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame! Eh! che brutta malattia che
è la fame!…».

E perché il corpo gli seguitava a brontolare più che mai, e non sapeva come fare
a chetarlo,15 pensò di uscir di casa e di dare una scappata al paesello vicino, nella 

50    speranza di trovare qualche persona caritatevole che gli facesse l’elemosina di un
po’ di pane.


C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, Edizioni Polistampa, Firenze 2007

 >> pagina 191 

Come continua

Spinto da una fame nera, Pinocchio esce a mendicare, ma infila una disavventura dopo l’altra; a causa d’una tempesta non trova nessuno in giro, suona un campanello e viene preso a secchiate; infreddolito, si addormenta con i piedi sul braciere e al risveglio li trova bruciati. Nel frattempo Geppetto esce di prigione e, tornato a casa, si prende cura del disgraziato burattino: gli cede la sua colazione, gli ricostruisce i piedi e vende la propria casacca per comprargli il libro di scuola. Commosso dal gesto del suo babbo, Pinocchio si reca a scuola carico di buoni propositi, ma, in men che non si dica, vende il suo libro per entrare al Gran Teatro dei Burattini: inizia così un’interminabile serie di peripezie, in cui Pinocchio si rivela sempre più monello. Ma il cuore d’oro lo salverà.

 >> pagina 192 

a TU per TU con il testo

I panni di Pinocchio sono piuttosto scomodi: un burattino vivo ma quasi morto di fame, senza orecchie (Geppetto non ha avuto tempo per terminarle) e infuriato con se stesso. Il senso di colpa fa il suo lavoro, e con le lacrime spuntano i rimpianti: oh, se il babbo fosse qui… Ma non c’è. E non c’è neppure la voce stridente del Grillo che fa la morale. Pinocchio è solo, affamato, privo di aiuto. La situazione è drammatica, quand’ecco che spunta un uovo. La felicità del burattino è tale da trasformarlo in uno chef, indeciso sulla ricetta più opportuna. Assurdo, certo, e divertente. Com’è assurdo e divertente che da un uovo marcio spunti un pulcino garbato che fa l’inchino. Sta qui il fascino di un romanzo che si trasforma in fiaba quando meno te l’aspetti, e viceversa. Del resto, già lo si intuisce dal geniale inizio del libro:

«C’era una volta… “Un re!”, diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze».

Analisi

Pinocchio ha appena finito di fare il ragazzaccio, quando la fame lo sorprende con violenza: dapprima sente solo qualche brontolio allo stomaco, ma presto è in balia di un terribile appetito. Collodi parla addirittura di una fame da tagliarsi col coltello (r. 5), come se la fame – che in realtà è un vuoto, una mancanza – si potesse mangiare con le posate. Il brano svela da subito una componente chiave di tutto il romanzo, che è un racconto fiabesco ma anche un resoconto spietato sulla durezza della vita.

Le avventure di Pinocchio fonde in effetti elementi “meravigliosi” (come grilli parlanti, fate e metamorfosi) con un crudo realismo, fatto di lotta per il pane e per i vestiti, in una società ostile dove lo sfruttamento e la miseria regnano incontrastati. Pur contenendo molti elementi tipici della fiaba, nell’ambientazione è facile riconoscere, grazie a numerosi indizi anche linguistici, la Toscana rurale del secondo Ottocento, afflitta da una grave povertà. A questo riguardo, il riferimento alla pentola finta (rr. 6-9) si carica di un’amarezza tragicomica: Geppetto, poverissimo, l’ha dipinta per sfamare almeno i suoi occhi, in mancanza di cibo reale.

La storia di Pinocchio riprende il motivo della creazione artificiale: un pezzo di legno, scolpito da un artigiano, prende miracolosamente vita. Tuttavia Collodi non insiste sull’abilità del crea­tore, che non era intenzionato ad animare la materia, ma voleva solo costruire un burattino da usare come fonte di guadagno negli spettacoli di strada.

Come esigono le regole della narrazione fantastica, Le avventure di Pinocchio coniuga realtà e immaginazione: per esempio, pur essendo fatto di legno, il protagonista vorrebbe mangiare. La cosa suona paradossale, ed è in linea con la forte umanizzazione del burattino, che mostra i suoi caratteri di “bambino vero” ben prima del lieto fine, in cui diventa umano a tutti gli effetti.

Dopo aver cercato invano qualche avanzo, Pinocchio si lascia prendere dalla disperazione e da un effimero ravvedimento: il Grillo parlante, che lo aveva rimproverato per il suo comportamento con il padre, non aveva tutti i torti (Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa… Se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di sbadigli!, rr. 20-21). Questa situazione ricorre in gran parte del romanzo, e fa capo a un meccanismo narrativo ciclico che all’infrazione delle regole – del buon senso, del modello comportamentale del “bravo ragazzo” – fa seguire una dura punizione di Pinocchio, il suo amaro pentimento e la promessa di rigare dritto. Puntualmente però imprevisti, incontri sbagliati e tentazioni lo fanno deviare dai buoni propositi: Pinocchio finisce per prendere sempre la via sbagliata, e tutto riparte da capo, in un ciclo ininterrotto che si conclude soltanto nelle ultime pagine del romanzo.

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L’uovo scorto per caso nella spazzatura riaccende la speranza di mettere qualcosa sotto i denti, e Pinocchio si accinge a cucinare una frittata, condita rigorosamente con acqua, perché il burro è un lusso assente dalla dieta dei poveri. Ma, una volta rotto l’uovo, ne esce un pulcino parlante, che vola ringraziando e salutando cortesemente: oltre al danno, la beffa! Attraverso il motivo dell’animale parlante, molto frequente nel libro (il Gatto e la Volpe, il Grillo parlante, il Tonno, il Colombo e così via), la scena mette in atto una tipica strategia della narrazione comica: il raggiungimento di un obiettivo, che pare ormai inevitabile e imminente, viene reso vano da una circostanza impensabile. Il disagio di Pinocchio risulta intensificato, e Collodi, per dare enfasi, gli fa ripetere la formula del pentimento: Eppure il Grillo parlante aveva ragione… (r. 45). Al burattino ravveduto (ma per quanto?) non resta che chiedere l’elemosina.

Laboratorio sul testo

Comprendere

1. Dove e quando si svolge l’episodio?


2. Metti in ordine cronologico gli eventi narrati, numerandoli da 1 a 7.

  • a) Vede un uovo in cima al mucchio della spazzatura.
  • b) Cerca per tutta la casa qualcosa da mangiare.
  • c) Pinocchio esce di casa in cerca di cibo.
  • d) Vede una pentola sul fuoco, ma è dipinta sul muro.
  • e) Fantastica su come cucinare l’uovo.
  • f) Pinocchio si accorge di non aver mangiato e comincia a sentire fame.
  • g) Dall’uovo rotto esce un pulcino.

Analizzare e interpretare

3. Contribuiscono all’effetto comico del racconto numerosi climax che amplificano le percezioni, i pensieri e le azioni di Pinocchio. Individuane alcuni.


4. Funzione simile a quella dei climax hanno le ripetizioni. Individuane alcune.


5. Quali elementi del testo contribuiscono a dare al racconto un’atmosfera fiabesca?


6. Potresti dire che il pulcino si comporta da vero gentiluomo? Perché?


7. Per ben due volte Pinocchio si lamenta della sua sventura, dando ragione al Grillo parlante. Ti sembra sincero? Esponi le tue considerazioni.

competenze linguistiche

8. Il linguaggio figurato. Fame da lupi (r. 4) è un’espressione usata per indicare, in modo iperbolico, una grandissima fame. Quali altri modi di dire che coinvolgano gli animali conosci? Individuane almeno altri tre e spiegane il significato, poi scrivi un breve testo che li contenga tutti (massimo 15 righe).


9. I registri linguistici. Nel testo sono presenti molte espressioni e modi di dire (talvolta figurati) che appartengono al linguaggio familiare e colloquiale. Sostituiscili con espressioni più controllate e formali.


a) L’appetito nei ragazzi cammina presto

 


b) Detto fatto

 


c) A perdita d’occhio

 


d) Rimase lì, come incantato

 


e) Il corpo gli seguitava a brontolare

 


10. Storia della lingua. Con l’aiuto dell’insegnante, individua nel testo alcuni termini ed espressioni tipici del toscano parlato nell’Ottocento e poi trovane l’equivalente in italiano contemporaneo.

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PRODURRE

11. Scrivere per descrivere. Il particolare della pentola dipinta sul muro fa capire che l’abitazione di Geppetto è molto povera. Prova a descriverla. Inserisci nel tuo elaborato almeno 4 oggetti di arredamento e i seguenti aggettivi: polveroso/a, tarlato/a, malandato/a, consunto/a, sghembo/a, bucato/a (massimo 20 righe).


12. Scrivere per raccontare. Dove sarà andato il pulcino dopo essere volato via? Inventa una breve avventura che lo veda protagonista (massimo 15 righe).


13. Scrivere per persuadere. Dal momento in cui Pinocchio uscirà di casa, comincerà per lui una serie infinita di peripezie e disavventure. Convincilo a non farlo (massimo 15 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

LINGUA ITALIANA

“Babbo” è il termine, usato in Toscana e in molte zone dell’Italia, per dire “papà”. I diversi termini regionali che indicano uno stesso oggetto o azione (di solito di uso quotidiano) sono detti geosinonimi. Partendo dalla tua classe, fai una breve ricerca sui geosinonimi italiani più noti; puoi anche consultare, sul web, AliQuot, Atlante della lingua italiana quotidiana (http://www.atlante-aliquot.de).

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

Pinocchio è un personaggio positivo o negativo? Organizza con i tuoi compagni un dibattito “all’americana”, dividendovi in due squadre che sostengano le due diverse opinioni.

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Se ti è piaciuto…

Un successo planetario

Le avventure di Pinocchio è il libro più venduto della nostra letteratura. Solo in Italia sono uscite oltre 200 edizioni illustrate. È stato tradotto in circa 260 lingue, compreso il latino e l’esperanto. Esistono innumerevoli parodie e rifacimenti, in cui il burattino si trasforma in sportivo, ciclista, pilota d’aereo, ferroviere, corsaro, esploratore.

Pinocchio nel corso dei decenni è andato all’inferno, in purgatorio, in paradiso, in guerra. È stato persino sfruttato dalla propaganda fascista, che lo ha trasformato in uno squadrista armato di manganello, in contrapposizione a Topolino, eroe americano, messo addirittura fuori legge nel 1942. Il film d’animazione girato all’epoca da Walt Disney sembrò una profanazione. Poté circolare nei cinema italiani solo dopo la guerra, suscitando le perplessità di molti spettatori, sorpresi dal vestito da tirolese del burattino, dall’assenza di molti episodi cruciali, ritenuti troppo cupi e violenti, e dalla trasformazione di molti personaggi. Come il Gatto e la Volpe, che in omaggio allo star system americano diventano due impresari che a Pinocchio promettono la fama.

In seguito Pinocchio ha ispirato sceneggiati televisivi (indimenticabile quello diretto nel 1972 da Luigi Comencini e interpretato, tra gli altri, da Nino Manfredi, Gina Lollobrigida, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), altri film (i panni del burattino sono stati indossati, per esempio, da Roberto Benigni), manga giapponesi, milioni di giocattoli, parchi a tema. Come dimostra la sua presenza nella pellicola d’animazione Shrek (2001), è ormai entrato nella famiglia dei personaggi immortali, insieme a Cappuccetto Rosso e al Gatto con gli Stivali.

In parecchi – soprattutto all’estero – credono sia il protagonista di un’antica fiaba, ignorando che nacque invece dall’immaginazione di uno scrittore italiano dell’Ottocento.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa