Alla scoperta dei testi

T1

Jacob e Wilhelm Grimm

Raperonzolo

  • Tratto da Fiabe per i bambini e per le famiglie
  • Titolo originale Kinder- und Hausmärchen, 1812-1822
  • Lingua originale tedesco
  • fiaba
Gli autori

Jacob e Wilhelm Grimm nascono rispettivamente nel 1785 e 1786 ad Hanau, in Germania. Entrambi insigni filologi presso l’Università di Gottinga, si dedicano allo studio della lingua e della letteratura tedesca pubblicando grammatiche, dizionari, opere mitologiche e raccolte di leggi risalenti all’epoca medievale. La loro fama è però legata alla raccolta della più celebre collezione di fiabe europee: tra il 1812 e il 1822, infatti, riuniscono un vasto repertorio di racconti tradizionali tramandati oralmente da narratori di diverse epoche e origini. Il frutto di questo lavoro è la pubblicazione di due volumi intitolati Fiabe per i bambini e per le famiglie, a cui si aggiunge un terzo volume contenente il commento. I due fratelli muoiono a Berlino: Wilhelm nel 1859, Jacob nel 1863.

Dopo una lunga attesa, il desiderio di un uomo e una donna di avere un figlio viene esaudito. Tuttavia, durante la gravidanza, la donna viene presa da una voglia irrefrenabile di mangiare i raperonzoli che crescono nell’“orto del vicino”. Le imprevedibili conseguenze di questo impulso si ripercuoteranno sulla vita della nascitura, destinata a essere la fanciulla più bella del mondo.

C’erano una volta un uomo e una donna, che già da molto tempo desideravano
invano un figlio; finalmente la donna poté sperare che il buon Dio esaudisse il suo
desiderio.

Sul di dietro della casa c’era una finestrina, da cui si poteva guardare in un bellissimo 

5      giardino, pieno di splendidi fiori ed erbaggi; ma era cinto da un alto muro
e nessuno osava entrarvi, perché apparteneva ad una maga potentissima e temuta
da tutti.

Un giorno la donna stava alla finestra e guardava il giardino; e vide un’aiuola
dov’erano coltivati i più bei raperonzoli;1 e apparivano così freschi e verdi, che le 

10    fecero gola e le venne una gran voglia di mangiarne. La voglia cresceva ogni giorno;
ma ella sapeva di non poterla soddisfare e dimagrì paurosamente e divenne pallida
e smunta.2

Allora il marito si spaventò e chiese: «Che hai, cara moglie?».

«Ah», ella rispose, «se non riesco a mangiare di quei raperonzoli che son nel giardino 

15    dietro casa nostra, morirò».

Il marito, che l’amava, pensò: “Prima di lasciar morire tua moglie, valle a prendere
quei raperonzoli, costi quel che costi”. Perciò al crepuscolo scavalcò il muro,
entrò nel giardino della maga, colse in tutta fretta una manciata di raperonzoli e li
portò a sua moglie. Ella si fece subito un’insalata e la mangiò avidamente. Ma le era 

20    piaciuta tanto e tanto, che il giorno dopo la sua voglia era triplicata.

Perché si quietasse, l’uomo dovette andare un’altra volta nel giardino. Perciò al
crepuscolo scavalcò di nuovo il muro, ma quando mise piede a terra si spaventò
terribilmente, perché vide la maga davanti a sé.

«Come puoi osare», ella disse facendo gli occhiacci, «di scendere nel mio giardino 

25    e di rubarmi i raperonzoli come un ladro? Me la pagherai!».

«Ah», egli rispose, «siate pietosa! A questo fui spinto da estrema necessità: mia
moglie ha visto i vostri raperonzoli dalla finestra e ne ha tanta voglia che morirebbe
se non potesse mangiarne».

La collera della maga svanì ed ella disse: «Se le cose stanno come dici, ti permetterò 

30    di portar via tutti i raperonzoli che vuoi, ma ad una condizione; devi darmi il
bambino che tua moglie metterà al mondo. Sarà trattato bene e io sarò a lui come
una madre».

Impaurito, l’uomo accettò e quando la moglie partorì, apparve subito la maga,
chiamò la bimba Raperonzolo e se la portò via.

35    Raperonzolo diventò la più bella bambina del mondo. Quando ebbe dodici
anni, la maga la rinchiuse in una torre che sorgeva nel bosco e non aveva né scala
né porta, ma solo una minuscola finestrina in alto in alto. Quando la maga voleva
entrare, si metteva sotto alla finestra e gridava:

«Raperonzolo, t’affaccia,3 lascia pender la tua treccia!». Raperonzolo aveva capelli 

40    lunghi e bellissimi, sottili come oro filato. Quando udiva la voce della maga, si
slegava le trecce, le annodava a un cardine della finestra, ed esse ricadevano per una
lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava.

Dopo qualche anno, avvenne che il figlio del re, cavalcando per il bosco, passò
vicino alla torre.

45    Udì un canto così soave, che si fermò ad ascoltarlo: era Raperonzolo, che nella
solitudine passava il tempo facendo dolcemente risonar la sua voce. Il principe voleva
salire da lei e cercò una porta, ma non ne trovò. Tornò a casa, ma quel canto tanto
lo aveva commosso che ogni giorno andava ad ascoltarlo nel bosco. Una volta, mentre
se ne stava dietro un albero, vide avvicinarsi la maga e l’udì gridare:

50    «Raperonzolo, t’affaccia, lascia pender la tua treccia!». Raperonzolo lasciò pender
le trecce e la maga salì da lei. “Se questa è la scala per cui si sale, tenterò anch’io la
mia fortuna”, pensò il principe.

Il giorno dopo, sull’imbrunire, andò alla torre e gridò:

«Raperonzolo, t’affaccia, lascia pender la tua treccia!». Subito dall’alto si snodarono 

55    i capelli e il principe salì. Dapprima Raperonzolo ebbe una gran paura
quand’egli entrò, perché i suoi occhi non avevan mai visto un uomo; ma il principe
cominciò a parlarle con grande dolcezza e le narrò che il suo cuore era stato così
turbato dal canto di lei da non lasciargli più pace: e aveva dovuto vederla.

Allora Raperonzolo non ebbe più paura e quando egli le chiese se lo voleva per 

60    marito ed ella vide che era giovane e bello, pensò: “Mi amerà più della vecchia signora
Gothel”,4 disse di sì e mise la mano in quella di lui; e gli disse:

«Verrei ben volentieri, ma non so come fare a scendere. Quando vieni, portami
una matassa di seta: la intreccerò e ne farò una scala; e quando è pronta, scendo, e
tu mi prendi sul tuo cavallo».

65    Combinarono che fino a quel momento egli sarebbe venuto tutte le sere; perché
di giorno veniva la vecchia.

La maga non si accorse di nulla, finché una volta Raperonzolo prese a dirle:

«Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da tirar su del giovane
principe? quello è da me in un momento».

70    «Ah, bimba sciagurata!», gridò la maga, «cosa mi tocca sentire! pensavo di averti
separata da tutto il mondo e invece tu mi hai ingannata!».

Furibonda, afferrò i bei capelli di Raperonzolo, li avvolse due o tre volte intorno
alla mano sinistra, afferrò con la destra un paio di forbici e, tric trac, eccoli tagliati e
le belle trecce giacevano a terra. E fu così spietata da portare la povera Raperonzolo 

75    in un deserto, ove dovette vivere in gran pianto e miseria.

Il giorno in cui aveva scacciato Raperonzolo dalla torre, assicurò le trecce recise al
cardine della finestra e quando arrivò il principe e gridò:

«Raperonzolo, t’affaccia, lascia pender la tua treccia!», il principe salì, ma, invece
della sua diletta, trovò la maga, che lo guardava con due occhiacci velenosi.

80    «Ah», esclamò beffarda, «sei venuto a prendere la tua bella! Ma il bell’uccellino
non è più nel nido e non canta più; il gatto l’ha preso e a te caverà gli occhi. Per te
Raperonzolo è perduta, non la vedrai mai più».

Il principe andò fuori di sé per il dolore, e disperato saltò giù dalla torre: ebbe
salva la vita, ma le spine fra cui cadde gli trafissero gli occhi.

85    Errò, cieco, per le foreste; non mangiava che radici e bacche e non faceva che
piangere e lamentarsi per la perdita della sua diletta sposa.

Così per alcuni anni andò vagando miseramente; alla fine capitò nel deserto in
cui Raperonzolo viveva fra gli stenti, coi due gemelli che aveva partorito, un maschio
e una femmina.

90    Udì una voce, e gli sembrò ben nota: si lasciò guidare da essa, e quando si avvicinò,
riconobbe Raperonzolo che gli saltò al collo e pianse. Ma due di quelle lacrime
gli inumidirono gli occhi; essi allora si schiarirono di nuovo, ed egli poté vederci
come prima.

La condusse nel suo regno, dove fu riabbracciato con gioia; e vissero ancora a 

95    lungo felici e contenti.


Jacob e Wilhelm Grimm, Le fiabe del focolare, trad. di C. Bovero, Einaudi, Torino 1951

 >> pagina 185 

a TU per TU con il testo

La lettura di Raperonzolo provoca un assortito groviglio di sentimenti che rischiano di rimanere inespressi: il narratore, infatti, racconta con estrema naturalezza, come se tutto fosse perfettamente normale. Proviamo, invece, a svolgere la matassa, chiamando le cose con il loro nome. Costernazione e sorpresa: com’è possibile vendere la propria bambina per un’insalata? Indignazione, mista a comprensione: va perdonata Gothel, la temibile strega con il pollice verde, che in fondo desiderava soltanto essere madre? Imbarazzo: Raperonzolo non si rende conto che dire la verità significa combinare un bel pasticcio a lei e al suo amato? Disappunto: perché lo scaltro e nobile innamorato alla prima difficoltà esce di senno e si getta dalla torre? Pietà: non la merita lui, ridotto peggio che a pane e acqua? Non la merita lei, con due gemelli a carico, sola e nel deserto?

Analisi  attiva 

La condizione di equilibrio su cui si apre Raperonzolo viene rapidamente turbata da un fatto piuttosto assurdo, il baratto di una bambina con degli ortaggi. La futura madre, infatti, è presa da una “voglia”, tipica della gravidanza, di mangiare un determinato alimento. Il desiderio di assaporare i raperonzoli che crescono nel vicino giardino di una maga di nome Gothel si trasforma presto in un’intensa brama che consuma la donna anche nel fisico, rendendola pallida e smunta (rr. 11-12). Spinto dal timore per la salute di sua moglie, il marito si introduce segretamente nel giardino per rubare la pianta una prima volta e poi una seconda, quando viene scoperto dalla maga, che gli propone un patto del tutto svantaggioso: il nascituro in cambio dei raperonzoli. Ci attenderemmo un netto rifiuto: e invece egli accetta l’iniqua condizione dello scambio e, insieme con la moglie, sparisce di scena, per non rien­trarvi mai più. La bambina, rimasta quindi sin dalla nascita nelle grinfie della maga, porta inscritta la “colpa” dei genitori e il prezzo da loro pagato nel nome datole, “Raperonzolo”, ironica allusione alla “moneta” con cui è stata acquistata.


1. La voglia di mangiare i raperonzoli (sono possibili più risposte)

  •     è dovuta al fatto che i raperonzoli sono belli, freschi e verdi. 
  •     è il capriccio tipico di una donna viziata. 
  •     è un desiderio irrazionale. 
  •     è dovuta alla volontà di mangiare cibi sani e nutrienti in gravidanza. 
  •     è alimentata dal desiderio di sfidare una proibizione. 
  •     si placa dopo aver gustato il cibo desiderato. 
  •     aumenta dopo aver gustato il cibo desiderato. 


2. Il futuro padre si comporta

  •     da irresponsabile, perché sa di violare un divieto. 
  •     da marito preoccupato, perché corre un rischio per amore della moglie. 
  •     da sciocco, perché avrebbe potuto chiedere il permesso alla strega. 
  •     da vigliacco, perché non ha il coraggio di sfidare la strega.

 >> pagina 186 

L’antefatto di Raperonzolo richiama gli antichi miti basati sullo schema di infrazione/punizione, come per esempio la storia biblica di Adamo ed Eva o il mito greco del titano Prometeo. Gli eroi di tali miti infrangono un divieto e subiscono la conseguente punizione, spesso crudele e spropositata: Adamo ed Eva mangiano il frutto proibito e vengono cacciati dal Giardino dell’Eden; Prometeo sottrae il fuoco agli dèi per portarlo agli uomini, ma incorre nell’ira di Zeus, che lo incatena sulla cima di una montagna e lo condanna ad atroci sofferenze. In particolare, esistono analogie tra Raperonzolo e il racconto biblico: in entrambe le narrazioni, l’infrazione nasce da un desiderio della donna, la quale contravviene al divieto di cibarsi di un alimento proibito (la mela o i raperonzoli) e dal benestare dell’uomo che, assecondandolo, finisce per causare gravi conseguenze.


3. Quale parte del giardino ne definisce, simbolicamente, l’impenetrabilità?


4. La futura madre è consapevole del fatto che il suo desiderio non è lecito? Quali passi del testo te lo fanno capire?

Raperonzolo cresce con Gothel, che a tutti gli effetti occupa il ruolo della madre. Come aveva promesso al momento dell’accordo (Sarà trattato bene e io sarò a lui come una madre, rr. 31-32), la strega non fa mancare nulla a Raperonzolo, anzi, la circonda di una premura soffocante, al punto da rinchiuderla in una torre inaccessibile, che la separi e protegga dalle insidie della vita adulta.

La clausura inizia a dodici anni, quando la fanciulla raggiunge l’adolescenza e la maturità sessuale: una vera minaccia per la madre gelosa, spaventata dalla possibilità che la figlia si renda autonoma dal punto di vista affettivo, distaccandosi dal nido materno. Se la sessualità passa innanzitutto dalla maturazione del corpo, è proprio un elemento corporeo a fare da tramite tra la prigione di Raperonzolo e il mondo esterno: i suoi capelli dorati, smodatamente lunghi. Infatti, l’unico modo per salire sulla torre è arrampicarsi sulla treccia della bambina, che getterà – come di consueto – solo al richiamo della madre adottiva. Raperonzolo infatti non vive la reclusione nella torre come una condizione opprimente: ha conosciuto soltanto l’affetto materno, e dunque non può prendere coscienza della crudele anomalia del proprio stato.


5. Le trecce di Raperonzolo sono lunghissime perché

  •     è una caratteristica tipica delle protagoniste delle fiabe. 
  •     sono cresciute grazie alle arti magiche di Gothel. 
  •     sono state fatte crescere per renderla più bella e attraente. 
  •     sono cresciute in tutti gli anni che Raperonzolo ha passato con Gothel e poi nella torre. 

L’arrivo del principe, salito sulla torre al posto della strega, sconvolge completamente il precedente equilibrio. In breve si accende l’amore, e i due giovani iniziano a progettare la fuga. La maga non si accorge di nulla, finché Raperonzolo inavvertitamente si tradisce, rivelando il suo segreto. Questa leggerezza ha profonde motivazioni psicologiche: il senso di colpa per aver rivolto le proprie attenzioni a qualcun altro, per esempio, oppure la volontà inconscia di danneggiare la madre, fomentando la sua invidia.

La punizione è inevitabile: Gothel taglia la lunga treccia e abbandona Raperonzolo in un deserto; il principe, disperato, si getta dalla torre, accecandosi nella caduta e riducendosi a vivere in condizioni tragiche. Solo dopo un lungo penare durato vari anni, ritroverà la ragazza, che nel frattempo ha partorito due gemelli. Il lieto fine suggellerà il ricongiungimento: le lacrime di Raperonzolo restituiranno la vista all’amato, che potrà tornare nel suo regno e formare con lei una famiglia felice.


6. Raperonzolo accetta il corteggiamento del principe perché (sono possibili più risposte)

  •     è stanca di stare nella torre. 
  •     il principe le parla con dolcezza.
  •     vuole vendicarsi di Gothel. 
  •     il principe è giovane e bello.  
  •     pensa che sarà più amata dal principe che da Gothel. 
  •     desidera diventare una principessa.


7. Quando Gothel scopre che Raperonzolo si incontra con il principe, la apostrofa con l’espressione bimba sciagurata. La maga usa il termine “bimba” perché

  •     intende dire che, nonostante il tradimento, resterà sempre la sua bambina. 
  •     è incapace di accettare che Raperonzolo sia ormai cresciuta. 
  •     è il nomignolo che ha sempre usato per Raperonzolo. 
  •     Raperonzolo si è comportata in modo infantile. 

 >> pagina 187 

Lo scioglimento positivo della vicenda avviene dunque dopo un percorso fatto di errori e sofferenze. In Raperonzolo la prova che gli eroi devono superare non è eclatante come la scalata di un colle di vetro o l’uccisione di un drago, ma è forse ancora più ardua: consiste nell’affrontare e accettare la solitudine. Dopo aver imparato a vivere senza bisogno di cure altrui e, anzi, prodigandosi per i suoi bambini, Raperonzolo è pronta a rincontrare il principe, anch’esso trasfigurato dall’esperienza della povertà. La crescita personale può dirsi compiuta solo quando gli ostacoli e le peripezie sono alle spalle: ma per risolvere i complicati traumi lasciati in eredità dagli adulti e dal loro difficile amore – come quello soffocante di Gothel, o quello insufficiente dei genitori di Raperonzolo – è necessario un doloroso e solitario cammino di maturazione interiore.


8. Associa correttamente a Raperonzolo o al principe le situazioni che descrivono la loro vita difficile e solitaria:


• vive in gran pianto e miseria • vive di stenti • erra per le foreste • vive in un deserto • mangia radici e bacche • piange e si lamenta.


Raperonzolo Principe
 


 


9. Qual è, a tuo parere, il significato simbolico delle lacrime di Raperonzolo che guariscono la cecità del principe?

Lo stile di Raperonzolo si basa su un registro semplice ma potentemente evocativo: oltre le formule classiche che segnano l’avvio e la conclusione della fiaba (C’erano una volta, r. 1; e vissero ancora a lungo felici e contenti, rr. 94-95), spiccano le descrizioni stilizzate e iperboliche (una maga potentissima e temuta da tutti, rr. 6-7; la più bella bambina del mondo, r. 35) e le ripetizioni per dare enfasi al racconto (una minuscola finestrina in alto in alto, r. 37). Rientrano in una dinamica narrativa tradizionale anche l’ellissi di elementi imbarazzanti (non si fa menzione del fatto che, durante gli incontri clandestini alla torre, Raperonzolo e il principe avevano concepito i gemelli) e il rapido affastellarsi degli eventi: per esempio nella sequenza finale, in cui l’accecamento, il deserto e gli anni di stenti vengono risolti in poche righe per aumentare l’impressione di necessità e inevitabilità che prelude alla conclusione.

I personaggi sono alcuni di quelli che ricorrono maggiormente nel genere (la bambina bellissima dal canto soave, il principe, la strega) ma presentano significative varianti. Il principe, per esempio, non viene minimamente caratterizzato, se non per il gesto inconsulto di buttarsi dalla torre in preda alla disperazione. Gothel, invece, è una figura piuttosto atipica: sebbene svolga la funzione di antagonista, in nessun luogo si fa menzione della sua malvagità né mai si serve di poteri magici. Il suo è l’atteggiamento tipico della madre gelosa, che vede nel giovane principe un rivale destinato a strapparle la figlia. Non è un caso che la strega non condivida la sorte delle “cattive” presenti nelle fiabe e che non venga punita, ma scompaia semplicemente dalla narrazione.


10. Oltre alle formule iniziali e finali e alle ripetizioni enfatiche, quale altro elemento tipico delle fiabe, ripetuto più volte, è presente nel testo?


11. Come molte altre protagoniste delle fiabe, Raperonzolo è solo apparentemente succube degli avvenimenti, perché, quando necessario, sa prendere decisioni e trovare soluzioni. In quale punto del racconto lo fa?

 >> pagina 188 

Laboratorio sul testo

competenze linguistiche

12. Il lessico. Benché nelle fiabe i personaggi non siano rappresentati in modo particolareggiato, ci sono tre tratti fisici a cui il racconto attribuisce grande importanza: i capelli, la voce, gli occhi. Per ciascuno di essi trova almeno cinque aggettivi che li descrivano positivamente e cinque che li descrivano negativamente e inseriscili nella tabella.


  Aggettivi positivi Aggettivi negativi
Capelli    
Voce    
Occhi    

PRODURRE

13. Scrivere per descrivere. Il deserto dove Raperonzolo è costretta a vivere di stenti con i suoi gemelli è solo nominato, ma non descritto. Prova a farlo tu (massimo 15 righe).


14. Scrivere per raccontare. Perché il principe si trova a cavallo nel bosco, il giorno in cui sente Raperonzolo cantare? Immagina un breve antefatto all’episodio (massimo 15 righe).


15. Scrivere per persuadere. E se il padre di Raperonzolo, anziché entrare di nascosto nell’orto della strega, fosse riuscito a trovare le parole giuste per farsi dare dei raperonzoli per la moglie? Prova a scrivere un discorso breve ma convincente (massimo 10 righe).

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

  • Il padre di Raperonzolo si mette nei guai per soddisfare un desiderio della moglie incinta, un comportamento molto frequente nelle persone innamorate. È giusto, secondo te, violare regole e proibizioni per amore? 
  • Gothel rinchiude Raperonzolo in una torre per essere l’unica destinataria del suo affetto o per tenerla lontana e proteggerla dalle fatiche e dalle complicazioni della vita? È un atteggiamento comprensibile? È giusto?

 >> pagina 189 

Se ti è piaciuto…

Fiabe in libertà

Tutti conosciamo le storie di Raperonzolo, Cenerentola, Biancaneve, Cappuccetto Rosso, la bella addormentata nel bosco. O meglio: tutti conosciamo i cartoon realizzati dagli studi Disney, che da un secolo sfruttano intensamente il patrimonio delle fiabe europee, attingendo a piene mani dalle raccolte più celebri.

Prendiamo Cenerentola: il film d’animazione uscito nel 1950 è ispirato ai Racconti di Mamma Oca di Perrault. Ma la storia è presente in centinaia di versioni nelle tradizioni orali dei paesi più svariati, dalla Cina all’antico Egitto, dalla Russia alla Persia. Solo in Perrault, per esempio, troviamo la scarpina di cristallo: altrove è dorata, di velluto, si trasforma in un sandalo, oppure è sostituita da un anello. Le sorellastre possono essere perdonate, ma anche severamente punite, come vogliono i fratelli Grimm.

La più antica trascrizione europea vide la luce in Italia. Risale alla prima metà del XVII secolo e si deve a Giambattista Basile, che inserì La gatta Cenerentola nelle novelle in napoletano del suo Pentamerone. Qui l’eroina, chiamata Zezolla, è molto diversa dalla dolce e timida protagonista che ci aspetteremmo: arriva addirittura ad assassinare la prima matrigna, per vendicarsi delle umiliazioni subite. Anche la vicenda fiabesca prende direzioni diverse, con l’aiuto di un dattero fatato, un secchiello d’oro, una piccola zappa e un asciugamano di seta.

Il Pentamerone, noto anche come Lo cunto de li cunti, contiene altre versioni originali di fiabe celeberrime, come Il Gatto con gli Stivali e Raperonzolo, che prende il nome di Petrosinella, perché la donna incinta vuol mangiare il prezzemolo (“petrosino”, in napoletano). Sedotto dal fascino intenso e per certi versi sinistro di quest’opera, il regista Matteo Garrone ha liberamente trasposto tre fiabe di Basile nel film Il racconto dei racconti (2015).

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa