T4 - Qualcosa era successo (D. Buzzati)

T4

Dino Buzzati
(Belluno 1906-Milano 1972)

Qualcosa era successo

  • Tratto da Il crollo della Baliverna, 1954
  • racconto

Il passeggero di un treno guarda dal finestrino. Vede una donna spaventata nei pressi di un passaggio a livello, poi un contadino che urla, e gente che corre. Ma il treno velocissimo fila via, e il passeggero non riesce a capire la causa dell’animazione. Se all’esterno la gente sembra affannata, nel vagone è tutto tranquillo. Oppure è soltanto un’impressione, e anche i compagni di viaggio iniziano a covare la stessa inquietudine? Ma che cosa sta succedendo, là fuori?

Il treno aveva percorso solo pochi chilometri (e la strada era lunga, ci saremmo fermati
soltanto alla lontanissima stazione d’arrivo, così correndo per dieci ore filate)
quando a un passaggio a livello vidi dal finestrino una giovane donna. Fu un caso,
potevo guardare tante altre cose invece lo sguardo cadde su di lei che non era bella 

5      né di sagoma1 piacente, non aveva proprio niente di straordinario, chissà perché
mi capitava di guardarla. Si era evidentemente appoggiata alla sbarra per godersi
la vista del nostro treno, superdirettissimo,2 espresso del nord, simbolo, per quelle
popolazioni incolte, di miliardi, vita facile, avventurieri, splendide valige di cuoio,
celebrità, dive cinematografiche, una volta al giorno questo meraviglioso spettacolo, 

10    e assolutamente gratuito per giunta.

Ma come il treno le passò davanti lei non guardò dalla nostra parte (eppure era
là ad aspettare forse da un’ora) bensì teneva la testa voltata indietro badando a un
uomo che arrivava di corsa dal fondo della via e urlava qualcosa che noi naturalmente
non potemmo udire: come se accorresse a precipizio per avvertire la donna 

15    di un pericolo. Ma fu un attimo: la scena volò via, ed ecco io mi chiedevo quale
affanno potesse essere giunto, per mezzo di quell’uomo, alla ragazza venuta a contemplarci.
E stavo per addormentarmi al ritmico dondolio della vettura quando per
caso – certamente si trattava di una pura e semplice combinazione – notai un contadino
in piedi su un muretto che chiamava chiamava verso la campagna facendosi 

20    delle mani portavoce. Fu anche questa volta un attimo perché il direttissimo filava
eppure feci in tempo a vedere sei sette persone che accorrevano attraverso i prati, le
coltivazioni, l’erba medica, non importa se la calpestavano, doveva essere una cosa
assai importante. Venivano da diverse direzioni chi da una casa, chi dal buco di
una siepe, chi da un filare di viti o che so io, diretti tutti al muricciolo con sopra il 

25    giovane chiamante. Correvano, accidenti se correvano, si sarebbero detti spaventati
da qualche avvertimento repentino che li incuriosiva terribilmente, togliendo loro
la pace della vita. Ma fu un attimo, ripeto, un baleno, non ci fu tempo per altre
osservazioni.

Che strano, pensai, in pochi chilometri già due casi di gente che riceve una improvvisa 

30    notizia, così almeno presumevo. Ora, vagamente suggestionato,3 scrutavo
la campagna, le strade, i paeselli, le fattorie, con presentimenti ed inquietudini.

Forse dipendeva da questo speciale stato d’animo, ma più osservavo la gente,
contadini, carradori,4 eccetera, più mi sembrava che ci fosse dappertutto una inconsueta
animazione. Ma sì, perché quell’andirivieni nei cortili, quelle donne affannate, 

35    quei carri, quel bestiame? Dovunque era lo stesso. A motivo della velocità
era impossibile distinguere bene eppure avrei giurato che fosse la medesima causa
dovunque. Forse che nella zona si celebravan sagre? Che gli uomini si disponessero
a raggiungere il mercato? Ma il treno andava e le campagne erano tutte in fermento,
a giudicare dalla confusione. E allora misi in rapporto la donna del passaggio a livello, 

40    il giovane sul muretto, il viavai dei contadini: qualche cosa era successo e noi
sul treno non ne sapevamo niente.

Guardai i compagni di viaggio, quelli dello scompartimento, quelli in piedi nel
corridoio. Essi non si erano accorti. Sembravano tranquilli e una signora di fronte
a me sui sessant’anni stava per prender sonno. O invece sospettavano? Sì, sì, anche 

45    loro erano inquieti, uno per uno, e non osavano parlare. Più di una volta li sorpresi,
volgendo gli occhi repentini,5 guatare6 fuori. Specialmente la signora sonnolenta,
proprio lei, sbirciava tra le palpebre e poi subito mi controllava se mai l’avessi smascherata.
Ma di che avevano paura?

Napoli. Qui di solito il treno si ferma. Non oggi il direttissimo. Sfilarono rasente 

50    a noi le vecchie case e nei cortili oscuri vedemmo finestre illuminate e in quelle
stanze – fu un attimo – uomini e donne chini a fare involti e chiudere valige, così
pareva. Oppure mi ingannavo ed erano tutte fantasie?

Si preparavano a partire. Per dove? Non una notizia fausta7 dunque elettrizzava
città e campagne. Una minaccia, un pericolo, un avvertimento di malora. Poi mi dicevo: 

55    ma se ci fosse un grosso guaio, avrebbero pure fatto fermare il treno; e il treno
invece trovava tutto in ordine, sempre segnali di via libera, scambi perfetti, come per
un viaggio inaugurale.

Un giovane al mio fianco, con l’aria di sgranchirsi, si era alzato in piedi. In realtà
voleva vedere meglio e si curvava sopra di me per essere più vicino al vetro. Fuori, 

60    le campagne, il sole, le strade bianche e sulle strade carriaggi,8 camion, gruppi di
gente a piedi, lunghe carovane come quelle che traggono9 ai santuari nel giorno
del patrono. Ma erano tanti, sempre più folti man mano che il treno si avvicinava
al nord. E tutti avevano la stessa direzione, scendevano verso mezzogiorno,10 fuggivano
il pericolo mentre noi gli si andava direttamente incontro, a velocità pazza ci 

65    precipitavamo verso la guerra, la rivoluzione, la pestilenza, il fuoco, che cosa poteva
esserci mai? Non lo avremmo saputo che fra cinque ore, al momento dell’arrivo, e
forse sarebbe stato troppo tardi.

Nessuno diceva niente. Nessuno voleva essere il primo a cedere. Ciascuno forse
dubitava di sé, come facevo io, nell’incertezza se tutto quell’allarme fosse reale o 

70    semplicemente un’idea pazza, allucinazione, uno di quei pensieri assurdi che infatti
nascono in treno quando si è un poco stanchi. La signora di fronte trasse un sospiro,
simulando di essersi svegliata, e come chi uscendo dal sonno leva gli sguardi
meccanicamente, così lei alzò le pupille fissandole, quasi per caso, alla maniglia del
segnale d’allarme. E anche noi tutti guardammo l’ordigno, con l’identico pensiero. 

75    Ma nessuno parlò o ebbe l’audacia di rompere il silenzio o semplicemente osò chiedere
agli altri se avessero notato, fuori, qualche cosa di allarmante.

Ora le strade formicolavano di veicoli e gente, tutti in cammino verso il sud.
Rigurgitanti11 i treni che ci venivano incontro. Pieni di stupore gli sguardi di coloro
che da terra ci vedevano passare, volando con tanta fretta al settentrione. E zeppe le 

80    stazioni. Qualcuno ci faceva cenno, altri ci urlavano delle frasi di cui si percepivano
soltanto le vocali come echi di montagna.

La signora di fronte prese a fissarmi. Con le mani piene di gioielli cincischiava12
nervosamente un fazzoletto e intanto i suoi sguardi supplicavano: parlassi, finalmente,
li sollevassi da quel silenzio, pronunciassi la domanda che tutti si aspettavano 

85    come una grazia e nessuno per primo osava fare.

Ecco un’altra città. Come il treno, entrando nella stazione, rallentò un poco, due
tre si alzarono non resistendo alla speranza che il macchinista fermasse. Invece si
passò, fragoroso turbine, lungo le banchine dove una folla inquieta si accalcava anelando
a un convoglio che partisse, tra caotici mucchi di bagagli. Un ragazzino tentò 

90    di rincorrerci con un pacco di giornali e ne sventolava uno che aveva un grande
titolo nero in prima pagina. Allora con un gesto repentino, la signora di fronte a me
si sporse in fuori, riuscì ad abbrancare il foglio ma il vento della corsa glielo strappò
via. Tra le dita restò un brandello. Mi accorsi che le sue mani tremavano nell’atto di
spiegarlo. Era un pezzetto triangolare. Si leggeva la testata e del gran titolo solo quattro 

95    lettere. IONE, si leggeva. Nient’altro. Sul verso, indifferenti notizie di cronaca.

Senza parole, la signora alzò un poco il frammento affinché tutti lo potessero vedere.
Ma tutti avevamo già guardato. E si finse di non farci caso. Crescendo la paura,
più forte in ciascuno si faceva quel ritegno. Verso una cosa che finisce in IONE noi
correvamo come pazzi, e doveva essere spaventosa se, alla notizia, popolazioni intere 

100 si erano date a immediata fuga. Un fatto nuovo e potentissimo aveva rotto la vita
del Paese, uomini e donne pensavano solo a salvarsi, abbandonando case, lavoro,
affari, tutto, ma il nostro treno no, il maledetto treno marciava con la regolarità di
un orologio, al modo del soldato onesto che risale le turbe13 dell’esercito in disfatta
per raggiungere la sua trincea dove il nemico già sta bivaccando. E per decenza, per 

105 un rispetto umano miserabile, nessuno di noi aveva il coraggio di reagire. Oh i treni
come assomigliano alla vita!

Mancavano due ore. Tra due ore, all’arrivo, avremmo saputo la comune sorte.
Due ore, un’ora e mezzo, un’ora, già scendeva il buio. Vedemmo di lontano i lumi
della sospirata nostra città e il loro immobile splendore riverberante un giallo alone 

110 in cielo ci ridiede un fiato di coraggio. La locomotiva emise un fischio, le ruote
strepitarono sul labirinto degli scambi. La stazione, la curva nera delle tettoie, le
lampade, i cartelli, tutto era a posto come il solito.

Ma, orrore!, il direttissimo ancora andava e vidi che la stazione era deserta, vuote
e nude le banchine, non una figura umana per quanto si cercasse. Il treno si fermava 

115 finalmente. Corremmo giù per i marciapiedi, verso l’uscita, alla caccia di qualche
nostro simile. Mi parve di intravedere, nell’angolo a destra in fondo, un po’ in penombra,
un ferroviere col suo berrettuccio che si eclissava da una porta, come terrorizzato.
Che cosa era successo? In città non avremmo più trovato un’anima? Finché
la voce di una donna, altissima e violenta come uno sparo, ci diede un brivido.

120 «Aiuto! Aiuto!», urlava e il grido si ripercosse sotto le vitree volte con la vacua
sonorità dei luoghi per sempre abbandonati.


Dino Buzzati, La boutique del mistero, Mondadori, Milano 1968

 >> pagina 169 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


a) Il narratore è in viaggio verso nord.

  •   V       F   

b) Già alla stazione di partenza, il narratore si accorge che qualcosa non va.

  •   V       F   

c) Le prime persone a mostrare inquietudine sono una ragazza e dei contadini.

  •   V       F   

d) Il narratore si accorge immediatamente che sta succedendo qualcosa di grave.

  •   V       F   

e) La donna che viaggia nello stesso scompartimento è da subito inquieta e preoccupata.

  •   V       F   

f) A un certo punto, i passeggeri del treno si accorgono che la gente fugge verso sud.

  •   V       F   

g) I passeggeri discutono tra loro della situazione che vedono all’esterno.

  •   V       F   

h) Da un frammento di giornale, i passeggeri comprendono che è successo qualcosa di grave, ma non capiscono bene che cosa.

  •   V       F   

i) La stazione delle città del nord è in ordine come al solito.

  •   V       F   

j) All’arrivo in stazione si sente un forte sparo.

  •   V       F   


2. Stabilisci i ruoli dei seguenti personaggi (personaggio principale, personaggi secondari, comparse).


a) Il narratore

 


b) La ragazza appoggiata al passaggio a livello

 


c) Il giovane sul muretto

 


d) La viaggiatrice sonnolenta

 


e) Il ragazzino che vende i giornali

 


3. La vicenda narrata dura

  •     una settimana. 
  •     una giornata. 
  •     una decina d’ore. 
  •     un paio d’ore. 


4. I luoghi attraversati dal treno sono

  •     realmente esistenti. 
  •     inventati ma realistici. 
  •     in parte inventati, in parte reali. 
  •     inventati e favolosi. 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. Il narratore è

  •     esterno con focalizzazione interna. 
  •     esterno con focalizzazione esterna. 
  •     interno protagonista. 
  •     interno testimone. 


6. Il racconto si presenta come un lungo

  •     soliloquio. 
  •     flusso di coscienza. 
  •     monologo interiore. 
  •     racconto epistolare. 


7. Dal punto di vista stilistico, il racconto presenta (sono possibili più risposte)

  •     una sintassi prevalentemente paratattica. 
  •     una sintassi prevalentemente ipotattica. 
  •     frasi lunghe. 
  •     frasi brevi. 
  •     frasi nominali. 
  •     un lessico basso. 
  •     un lessico medio. 
  •     un lessico aulico. 


Motiva le tue risposte facendo un paio di esempi per ciascuna categoria indicata.


8. L’opposizione spaziale tra l’interno dello scompartimento e l’esterno è uno degli elementi che contribuiscono a creare la suspense: perché?


9. Indica quali figure retoriche sono presenti nelle frasi che seguono:


a) Nessuno diceva niente. Nessuno voleva essere il primo a cedere;

b) non era bella né di sagoma piacente;

c) Venivano da diverse direzioni chi da una casa, chi dal buco di una siepe, chi da un filare di viti;

d) Una minaccia, un pericolo, un avvertimento di malora;

e) si passò, fragoroso turbine, lungo le banchine;

f) il grido si ripercosse sotto le vitree volte con la vacua sonorità dei luoghi.


10. La descrizione della fuga verso sud è resa più drammatica dall’uso di alcune similitudini. Individua quelle che descrivono:


a) le carovane di gente;

b) il risveglio della donna nello scompartimento;

c) le grida di quelli che vorrebbero avvertire i passeggeri;

d) la marcia regolare del treno che va verso nord;

e) la voce della donna alla stazione di arrivo.

 >> pagina 170 

COMPETENZE LINGUISTICHE

11. Lessico. I sinonimi. Stabilisci, tra quelli proposti, il sinonimo più adatto.


a) Si era evidentemente appoggiata alla sbarra per godersi la vista del nostro treno […] simbolo, per quelle popolazioni incolte (primitive / ignoranti), di miliardi, vita facile

b) io mi chiedevo quale affanno (preoccupazione / dolore) potesse essere giunto, per mezzo di quell’uomo, alla ragazza

c) si sarebbero detti spaventati da qualche avvertimento repentino (repellente / improvviso)

d) mi sembrava che ci fosse dappertutto una inconsueta (insolita / incredibile) animazione

e) mi controllava se mai l’avessi smascherata (scoperta / spogliata)

f) lunghe carovane come quelle che traggono (tirano / portano) ai santuari nel giorno del patrono

g) La signora di fronte trasse un sospiro, simulando (fingendo / dicendo) di essersi svegliata

h) una folla inquieta si accalcava anelando a (accalcandosi a / cercando) un convoglio che partisse

i) la sua trincea dove il nemico già sta bivaccando (accampando(si) / festeggiando)

j) il grido si ripercosse sotto le vitree volte con la vacua (forte / vuota) sonorità dei luoghi per sempre abbandonati

PRODURRE

12. Scrivere per riassumere. Riassumi in 5 righe il contenuto del racconto.


13. Scrivere per raccontare. Invasione? Rivoluzione? Infezione? Alluvione? Che cosa sarà successo al nord? Racconta (massimo 15 righe).

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa