Una festa borghese (F.S. Fitzgerald)

Lavoriamo sui testi

Analizziamo insieme

Francis Scott Fitzgerald 

(Saint Paul, Minnesota, 1896-Hollywood, California, 1940) 

Una festa borghese 

  • Tratto da Il grande Gatsby 
  • Titolo originale The Great Gatsby, 1925
  • Lingua originale inglese 
  • romanzo

È una notte di festa nella splendida villa sull’oceano di Jay Gatsby, nei pressi di New York. Siamo nei ruggenti anni Venti, fra jazz scatenati e fiumi di alcol. Il narratore, Nick, è stato invitato dal padrone di casa, che non conosce. In compenso ne ha sentito molto parlare: le mirabolanti ricchezze di Gatsby, il suo passato misterioso, il contegno ambiguo accendono le chiacchiere della gente.

In quel momento in giardino stavano ballando
sulla tela;1 c’erano vecchi che spingevano le ragazze
all’indietro in continui circoli sgraziati, coppie
di classe che si stringevano tortuosamente secondo

5      la moda e restavano negli angoli e una quantità di
ragazze che ballavano sole o toglievano per un momento
all’orchestra la preoccupazione del banjo2 o
della batteria. Verso mezzanotte l’allegria era cresciuta.
Un tenore celebre aveva cantato in italiano, e

10    un contralto famoso aveva cantato del jazz; tra un’esecuzione
e l’altra la gente improvvisava “numeri”
per tutto il giardino, mentre scoppi di risa felici e
inutili si alzavano verso il cielo estivo. Due gemelle
da palcoscenico, che risultarono poi essere le ragazze

15    in giallo, recitarono un atto3 in costume da bambine
e lo champagne veniva servito in bicchieri più
grandi delle solite coppe. La luna era salita più in
alto, e nello stretto fluttuava un triangolo di scaglie
d’argento, lievemente tremolanti sotto lo sgocciolio

20    rigido e metallico dei banjo sul prato.

Ero ancora con Jordan Baker.4 Eravamo seduti
a un tavolo con un uomo della mia età e
una ragazzina rumorosa, che si abbandonava al minimo
motivo a un riso incontrollabile. Mi stavo divertendo.

25    Avevo bevuto due coppe di champagne e
la scena mi si era trasformata sotto gli occhi in qualcosa
di significativo, basilare e profondo.

In una pausa della conversazione l’uomo mi guardò
e sorrise.

30    «La vostra faccia non mi è nuova», disse con garbo.
«Non eravate nella prima divisione,5 durante la
guerra?».

«Ma sì. Ero col ventottesimo fanteria».6
«Io sono stato con il sedicesimo7 fino al giugno del

35    diciotto. Sapevo di avervi visto da qualche parte».
Parlammo per un po’ di alcuni piccoli villaggi
umidi e grigi della Francia.8 Evidentemente abitava
dalle mie parti perché mi disse che aveva appena
comprato un idrovolante;9 lo avrebbe provato l’indomani

40    mattina.
«Vuoi venire con me, vecchio mio? Soltanto lungo
la costa, nello stretto».
«A che ora?».
«Quando preferisci».

45    Stavo per chiedergli come si chiamava, quando
Jordan si voltò e sorrise.
«Vi divertite, adesso?» chiese.
«Molto di più». Tornai a rivolgermi al nuovo amico.
«È una festa insolita, per me. Non ho neanche

50    visto il padrone di casa. Io abito laggiù…». Agitai
la mano verso la siepe invisibile nella lontananza.
«E questo Gatsby mi ha mandato uno chauffeur
con l’invito».
Mi guardò un momento come se non riuscisse

55    a capire.

«Sono io Gatsby», disse improvvisamente.

«No!», esclamai. «Oh, ti chiedo scusa».

«Credevo che tu lo sapessi, vecchio mio. Temo di
non essere un buon padrone di casa».

60    Sorrise con aria comprensiva, molto più che comprensiva.
Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un
eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro
o cinque volte nella vita. Affrontava, o pareva affrontare,
l’intero eterno mondo per un attimo, e poi

65    si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un
pregiudizio irresistibile a suo favore. La capiva esattamente
fin dove voleva essere capita, credeva in lei
come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa, e la
assicurava di aver ricevuto da lei esattamente l’impressione

70    che sperava di produrre nelle condizioni
migliori. Esattamente a questo punto svaniva, e io
mi trovavo di fronte a un giovane elegante che aveva
superato da poco la trentina e la cui ricercatezza nel
parlare rasentava l’assurdo. Già prima che si presentasse,

75    avevo avuto l’impressione precisa che scegliesse
le parole con cura.

Quasi nello stesso istante in cui il signor Gatsby
si rivelava come tale, si avvicinò in fretta il maggiordomo
con la notizia di una chiamata al telefono da

80    Chicago. Gatsby si scusò con un lieve inchino che ci
comprendeva tutti.
«Se hai voglia di qualcosa, fattela dare, vecchio
mio», disse. «Scusatemi. Vi raggiungerò poi».
Appena si fu allontanato, mi rivolsi immediatamente

85    a Jordan, costretto a comunicarle la mia sorpresa.
Mi ero aspettato che Gatsby fosse una persona
anziana, florida e corpulenta.
«Chi è?», chiesi. «Lo conoscete?».
«È un tale che si chiama Gatsby».

90    «Da dove viene, voglio dire? E che cosa fa?».
«Ah, incominciate anche voi, adesso», rispose lei
con un pallido sorriso.

«Be’, una volta mi ha detto che ha studiato a
Oxford».

95    Uno sfondo confuso incominciò a prender forma
dietro la figura di lui, ma alla prossima frase di Jordan
svanì.
«Però, io non ci credo».
«Perché?».

100 «Non lo so», insisté lei. «Però non credo che ci sia
stato».

Qualcosa nel suo tono mi ricordò la battuta
dell’altra ragazza, “credo che abbia ucciso un uomo”,
ed ebbe l’effetto di stimolare la mia curiosità. Avrei

105 accettato senza discutere la notizia che Gatsby era
scaturito dalle paludi della Louisiana o dalla zona
più orientale di New York. Sarebbe stato comprensibile.
Ma un giovanotto non poteva – o almeno così
pareva alla mia inesperienza provinciale – uscire

110 freddamente dal nulla e comprare un palazzo sullo
stretto di Long Island.

«Comunque organizza grandi feste», disse Jordan,
cambiando discorso con educato disgusto per le cose
concrete. «E a me piacciono le grandi feste. Sono così

115 intime. Nelle feste piccole, non c’è intimità».


Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, trad. di F. Pivano, Mondadori, Milano 1964

 >> pagina 120 

Come continua

L’incontro di Nick con il misterioso Gatsby sembra un’occasione frivola tipica dell’alta società, in cui personaggi mondani conversano rilassati del più e del meno. In realtà, le apparenze ingannano. Gatsby è follemente innamorato di Daisy Fay, un’avvenente ereditiera con cui si era fidanzato prima di partire per la guerra. Mentre Gatsby è a combattere in Europa, la donna sposa un ricco giocatore di polo. Tornato in America, egli prova disperatamente a riconquistarla. Nick, lontano cugino di Daisy, non viene invitato alla festa per caso. Gatsby spera di rincontrare grazie a lui la donna. I due in effetti tornano amanti ma è una relazione difficile, che prosegue tra intrighi, gelosie e sorprese, correndo in modo inesorabile verso un epilogo tragico.

L’emozione della lettura - volume A
L’emozione della lettura - volume A
Narrativa