9.3 - Vecchie e nuove potenze mondiali

9 SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO

9.3 Vecchie e nuove potenze mondiali

Secondo molti studiosi, l’inizio del XXI secolo è destinato a segnare un punto di svolta negli equilibri economici, politici e militari che hanno caratterizzato il mondo negli ultimi secoli, sancendo la perdita di importanza del cosiddetto Occidente e l’ascesa di nuovi Paesi nel ruolo di potenze mondiali. Se gli storici hanno spesso parlato del XIX secolo come del “secolo britannico”, dominato dalla Gran Bretagna con i suoi vasti possedimenti coloniali in ogni continente, e del XX come del “secolo americano”, con la sostanziale vittoria degli Stati Uniti nella Guerra Fredda e la loro ascesa al ruolo di unica superpotenza mondiale, il XXI secolo è visto da molti come il “secolo cinese”, durante il quale la Cina potrebbe imporre la propria supremazia sul resto del mondo, forte della sua straordinaria crescita economica e del primato di Paese più popoloso del pianeta.

Altri invece prevedono l’ascesa di un’altra grande nazione asiatica, e sono pronti a scommettere che il XXI secolo sarà anche il “secolo indiano”.

I Paesi sviluppati di fronte alla crisi 

Ad accelerare il sorpasso dell’Occidente avanzato (soprattutto degli Stati Uniti e dei Paesi dell’Unione europea) da parte delle grandi economie asiatiche di Cina e India potrebbe contribuire la grave crisi economica che ha colpito la maggioranza dei Paesi sviluppati del mondo a partire dal 2008.

Con il processo di globalizzazione, che di fatto ha unito le realtà economiche di gran parte dei Paesi del mondo in un unico mercato economico e finanziario, le difficoltà economiche di un determinato Paese possono scatenare una reazione a catena con effetti all’altro capo del pianeta: è quanto accaduto in seguito alla crisi finanziaria nata negli Stati Uniti alla fine del 2007, che in breve tempo si è allargata a molti Paesi europei e del resto del mondo. Diversi Stati sono entrati in recessione, cioè il loro Pil è diminuito rispetto a quello degli anni precedenti ( carta), un fenomeno che ha causato un calo dei consumi interni, un rallentamento delle attività produttive e un aumento della disoccupazione. La recessione ha avuto gravi conseguenze anche sulle finanze pubbliche dei Paesi più colpiti: gli Stati hanno aumentato il proprio debito pubblico e alcuni (tra cui Irlanda, Portogallo e Grecia), non essendo in grado di restituire i prestiti ai creditori e non volendo dichiarare bancarotta, sono stati costretti a chiedere aiuto finanziario a organizzazioni internazionali come l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale.

Nei Paesi più colpiti dalla crisi, tra cui gli stessi Stati Uniti, Portogallo, Spagna e Grecia, si sono svolte manifestazioni di protesta, degenerate anche in scontri violenti, causate dalle difficoltà da parte di ampie fasce della popolazione per il taglio dei servizi pubblici, l’aumento delle tasse e la mancanza di lavoro.

  › pagina 285   

I Paesi emergenti: i casi di India e Cina 

Hanno invece risentito in misura molto minore degli effetti della crisi i cosiddetti Paesi emergenti, cioè quei Paesi un tempo “in via di sviluppo” che negli ultimi anni hanno sperimentato una forte crescita economica, come quelli del cosiddetto gruppo dei Brics. Mentre i Pil dei Paesi dell’Unione europea, degli Stati Uniti e del Giappone diminuivano a causa della recessione, o al massimo aumentavano di pochi punti percentuali, quelli dei Paesi emergenti come la Cina e l’India sono aumentati costantemente con tassi che andavano dal 5 al 10% e oltre. La Cina è ormai il secondo Paese più ricco del mondo in termini di Pil assoluto, e si prevede che diventerà il primo, superando gli Stati Uniti, intorno al 2030. Anche l’India, sebbene sia partita da condizioni più svantaggiate rispetto alla Cina, sta crescendo a ritmi ancora più intensi, grazie alla sua popolazione giovane e in costante aumento e ai progressi nel campo della tecnologia e dell’educazione, che consentono la nascita di realtà economiche e imprenditoriali specializzate e sempre più competitive rispetto a quelle dei Paesi più sviluppati. Se i tassi di crescita rimarranno invariati, si prevede che anche l’India supererà gli Stati Uniti nella classifica dei Paesi più ricchi del mondo entro la metà del XXI secolo. Molte altre sfide attendono ancora i Paesi emergenti nel prossimo futuro, e solo superando le vecchie potranno affermarsi autenticamente nel ruolo di nuove potenze mondiali.

Come abbiamo visto, l’aumento della ricchezza assoluta di un Paese non si traduce automaticamente in un maggiore sviluppo umano e in un miglioramento della qualità della vita della popolazione. Nello specifico, l’India deve fare ancora molto per ridurre le grandi sacche di povertà che persistono nel Paese, tanto nelle zone rurali quanto in quelle urbane (come testimonia il fenomeno delle bidonvilles). La società indiana è inoltre segnata da secoli da profonde divisioni sociali, causate soprattutto dalla tradizionale suddivisione della popolazione in caste, il cui superamento è una condizione indispensabile per lo sviluppo.

La Cina, d’altra parte, vede la propria credibilità internazionale minacciata dalle gravi violazioni dei diritti umani che si verificano al suo interno, soprattutto nei confronti delle minoranze etniche (come i tibetani), ma anche nel campo dei diritti dei lavoratori, che pagano il prezzo più alto per garantire gli straordinari tassi di crescita economica del Paese.

Cina, India e gli altri Paesi emergenti, inoltre, non possiedono ancora una capacità militare e un’influenza politica e culturale, sul piano internazionale, pari a quella detenuta dagli Stati Uniti, che per ora rimangono l’unica superpotenza mondiale.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Dove e quando ha avuto origine la crisi economica che ha colpito recentemente i Paesi avanzati?
  • Quali sono le risorse che fanno dell’India uno dei Paesi candidati a divenire una nuova potenza mondiale? E quali, invece, gli ostacoli?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille