Normanni, Saraceni e Ungari

9.2 IL FEUDALESIMO E LE ULTIME INVASIONI

Normanni, Saraceni e Ungari

Tra i fattori che accelerarono la decadenza dell’impero carolingio e che contribuirono al nuovo assetto politico e sociale dell’Europa un ruolo fondamentale fu svolto dalle invasioni di nuove popolazioni che penetrarono nel continente a partire dal IX secolo.
Per la prima volta dal tempo delle migrazioni che avevano accompagnato la fine dell’impero romano, l’Europa fu dunque sconvolta da nuove invasioni. Il fenomeno ebbe luogo lungo diverse direttrici geografiche, interessando il Nord, il Sud e la parte orientale del continente ( CARTA).

Gli “uomini del Nord”

Dal Nord, dalla penisola Scandinava, giunsero coloro che i Franchi chiamarono Normanni, ossia “uomini del Nord”, ma che in realtà si definivano Vichinghi e Variaghi (o Vareghi), a seconda che fossero originari della Norvegia o della Svezia.
Si trattava di un insieme di tribù accomunate da usanze e da tradizioni culturali simili. Il termine “Vichinghi”, nella lingua scandinava, indicava gli “uomini che frequentano le baie”: le loro scorrerie, infatti, si limitavano in principio ad azioni piratesche lungo le coste del mare del Nord o a veloci incursioni all’interno delle regioni nordeuropee, dove risalivano il corso dei fiumi a bordo di veloci e agili imbarcazioni. Attraverso la Senna, per esempio, nel corso del IX secolo i Normanni raggiunsero più volte la città di Parigi, arrivando a porla sotto assedio nell’885.
Le conoscenze nautiche degli Scandinavi non si applicarono soltanto alla navigazione costiera o all’esplorazione delle vie d’acqua interne al continente. I Norvegesi, in particolare, si dimostrarono abilissimi in mare aperto, anche in virtù di innovazioni tecnologiche nella costruzione delle navi. Grazie alle imbarcazioni conosciute come drakkar, i Norvegesi raggiunsero l’Islanda e la Groenlandia, e da lì il Nord America, dove tuttavia non promossero alcuna forma di insediamento stabile e duratura.
Poco alla volta, piuttosto, i Vichinghi spostarono il proprio raggio di azione verso le coste spagnole e il Mediterraneo, ottenendo costanti successi. L’organizzazione militare dei Franchi, incentrata su un esercito di terra la cui mobilitazione richiedeva tempi molto lunghi, era infatti inadeguata a opporre una resistenza efficace a incursioni improvvise e veloci.
A questo aspetto si aggiungevano la debolezza dei poteri statali e, di contro, il particolarismo feudale, che portava i signori, impegnati nella difesa dei propri territori e dei propri castelli, a trascurare completamente l’organizzazione di una difesa militare comune.

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Le conquiste normanne

Nel corso del X secolo i Normanni cominciarono a stabilire sedi fisse nei territori che avevano invaso e avviarono i primi contatti commerciali con le popolazioni locali e confinanti, finché i proventi delle attività mercantili sostituirono le razzie come loro principale fonte di reddito.
Approfittando delle lotte dinastiche scatenatesi in seguito alla dissoluzione dell’impero carolingio, i Danesi si stanziarono stabilmente nel Nord della Francia, nel territorio che sarebbe stato denominato Normandia. Qui instaurarono legami feudali e vassallatici con i Franchi e, nel X secolo, furono assoggettati dal nuovo regno di Francia, fondato dalla dinastia dei Capetingi.
Nel frattempo, fin dal IX secolo i Normanni svedesi, che erano chiamati Vareghi dai Bizantini ma che definivano se stessi Rus (da cui è derivato il nome “Russia”), avevano occupato gran parte dell’Europa orientale, dove fondarono il principato di Kiev. L’espansione degli “uomini del Nord”, però, non riguardò soltanto la parte settentrionale del continente europeo. I Normanni giunsero a occupare anche i territori dell’Italia meridionale, in particolare in Sicilia, dove diedero vita a uno Stato solido e fiorente nel corso dell’XI secolo.

I pirati saraceni

Mentre l’Europa settentrionale era colpita dalle invasioni normanne, le coste della Francia meridionale e dell’Italia costituivano i principali obiettivi delle incursioni di stampo piratesco dei musulmani che si erano stanziati in Africa settentrionale e che, nel corso del IX secolo, avevano conquistato ampie zone della Corsica, della Sardegna, delle Baleari, della Puglia e della Sicilia.
Sebbene giungessero dal Nord Africa, i pirati musulmani erano chiamati dalle popolazioni cristiane del continente Saraceni, nome che propriamente significava “proveniente da Oriente” (sarqi, in arabo, da cui il termine Sarakénoi con cui i Bizantini si riferivano alle tribù dell’Arabia settentrionale).
Le loro incursioni provocarono, soprattutto in Provenza, la distruzione di molte città, indifese per l’incuria in cui erano state lasciate le fortificazioni urbane dopo la fine dell’impero romano. In effetti, dal V secolo, nessuna grave minaccia si era più presentata fino all’arrivo dei Saraceni.
La presenza araba nell’Europa occidentale non fu comunque caratterizzata soltanto dalle incursioni e dalle razzie. Nella parte meridionale della penisola Italica, in Sicilia e nella penisola Iberica, infatti, i musulmani diedero vita a insediamenti e organismi statali che furono protagonisti di una grande fioritura culturale.
In particolare, il califfato omayyade sviluppatosi in Spagna, con capitale Cordova, rappresentò a lungo un avamposto arabo nel cuore del continente europeo. Esso, tuttavia, non arrivò mai a minacciare la stabilità dei domini cristiani, anche per l’importanza e la solidità della Marca Hispanica creata dai Carolingi, che continuò a costituire una barriera contro l’espansione araba in Europa.
Le razzie dei Saraceni nel Mediterraneo, in compenso, favorirono l’espansione commerciale dei Normanni: lungo le nuove vie di comunicazione di terra aperte attraverso i principati russi, infatti, giungevano nel Nord Europa le spezie e gli altri prodotti preziosi che i mercanti bizantini non erano più in grado di trasportare in un Mediterraneo dominato dai pirati saraceni ( LABORATORIO DELLE FONTI).

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

Le incursioni dei Saraceni

In questo brano, tratto da una cronaca che narra la conquista, nel 903, del monastero di Farfa, presso Rieti, si descrivono le modalità delle incursioni compiute dai Saraceni nel Mediterraneo.

In questo stato era il monastero, quando arrivarono i Saraceni che avevano già occupato tutto all’intorno; finalmente stringendolo da ogni parte, tentavano di occuparlo, ma non ci riuscirono. Difatti il venerabile Pietro, abate del monastero, fidando nell’aiuto di Dio e sostenuto dal valore dei suoi soldati, di frequente li faceva inseguire a lungo per allontanarli dal territorio del monastero, facendone uccidere molti, e per molto tempo resistette. Ma quei maledetti, dopo aver occupato e devastato tutti i luoghi circostanti, ritornavano sempre all’assalto del monastero. Il sullodato abate, avendo sostenuto questa tormentosa situazione per sette anni continui, […] vedendo che per nessuna ragione poteva tirare più a lungo nella difesa, […] si rifugiò nel Comitato Fermano1, abbandonando completamente il monastero. Uscito lui con i monaci, il monastero fu invaso dagli Arabi, i quali perlustrandolo, non vollero distrugger niente dell’edificio che sembrò loro meraviglioso; ma lo conservarono perché servisse loro di rifugio. Avvenne in seguito che alcuni ladri cristiani che andavano vagando a causa della loro povertà, arrivassero là di notte e, riposando in un angolo del monastero col fuoco acceso, presi da improvviso spavento, fuggirono. Il fuoco prese vigore e, in assenza di uomini, ingigantì e bruciò tutto quello che era rimasto. […] Nel frattempo i Saraceni nelle loro scorrerie incominciarono a penetrare nel Comitato Fermano, per cui il suddetto abate, messo di nuovo in apprensione, radunati i suoi monaci e i suoi soldati, fece un castello sul monte Matenano […]. Ivi rimasero, aspettando che finisse quella persecuzione […]. I Saraceni risiedevano soprattutto nella regione aleria2 e là sempre si rifugiavano, perché era molto montuosa. Scorrevano di là a depredare dal mar Tirreno fino all’Adriatico e al Po e ritornavano sempre a quei monti; di lì al fiume Liri, che in volgare si dice Garigliano, dove avevano imbarcazioni, per mezzo delle quali tutto trasportavano nella loro patria.” 


Ugo I, abate di Farfa, Destructio, capp. 12-18, La Rapida, Fermo s.d.



1 Il territorio della città di Fermo, capoluogo di provincia nelle Marche.
2 Era una delle sedici regioni ecclesiastiche in cui era suddiviso il territorio della Chiesa in Italia, corrispondente all’incirca all’area occupata dalle due attuali regioni dell’Abruzzo e del Molise.


  • In chi confidava l’abate Pietro?
  • Per quanto tempo venne assediato il monastero?
  • Dove si rifugiavano i Saraceni? Perché?

Le invasioni degli Ungari

Contemporaneamente all’espansione normanna e a quella araba in Europa, un’altra minaccia per l’impero carolingio giunse da Est: gli Ungari o Magiari. Le origini di questo popolo nomade sono tuttora incerte: essi provenivano forse dalle steppe dell’Asia centrale, poiché erano affini dal punto di vista etnico e linguistico ai Turchi che sottomisero l’impero islamico nell’XI secolo e ai Finnici (che si erano stabiliti nella parte orientale della penisola Scandinava). Intorno all’895 gli Ungari si stabilirono in Pannonia (in parte corrispondente all’attuale Ungheria, che da essi prende il nome), ma fino alla metà del X secolo condussero innumerevoli spedizioni contro le città e i monasteri dell’Europa centrale e dell’Italia peninsulare (giunsero fino a Otranto nel 947), distinguendosi per la ferocia e la crudeltà delle loro azioni. La situazione di anarchia feudale che vigeva in Europa in quel periodo impedì l’organizzazione di una difesa comune e, di conseguenza, ogni territorio dovette difendersi con le proprie forze. Fu in quest’epoca che la fortificazione dei centri urbani e la costruzione dei castelli all’interno dei feudi ebbe un notevole impulso.

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L’incastellamento

Come abbiamo visto, la diffusione di strutture difensive fortificate in tutta l’Europa carolingia – fenomeno che gli storici definiscono con il termine di incastellamento – era iniziata con lo sviluppo del feudalesimo e con l’affermazione sempre più netta dell’autonomia nobiliare. La costruzione dei castelli si intensificò però proprio in risposta alle scorrerie dei Normanni, degli Arabi e degli Ungari, e costituì per molte popolazioni europee l’unica difesa dalle distruzioni che colpirono i loro territori.
I castelli sorgevano generalmente in luoghi elevati e in posizioni strategiche per il controllo delle terre circostanti. Il loro scopo era quello di offrire una protezione sicura alle famiglie dei feudatari ma anche, in caso di attacco nemico, alla popolazione delle campagne, che veniva accolta all’interno delle mura. L’incastellamento determinò una trasformazione degli insediamenti umani nelle campagne europee, che da prevalentemente sparsi si fecero accentrati, almeno dove il castello costituì un polo di attrazione in grado di dar vita, nelle epoche successive, a nuovi insediamenti urbani.

La fine delle invasioni

La situazione di anarchia feudale che impedì agli eredi dei Carolingi di respingere con forza le ultime invasioni – le quali a loro volta contribuirono a indebolire i poteri statali – ebbe fine soltanto nella seconda parte del X secolo, quando si esaurirono le incursioni straniere in Europa.
I Normanni avevano ormai creato regni stabili e posero termine alle azioni di rapina; i Saraceni furono invece coinvolti dalla decadenza dell’impero islamico, dovuta all’espansione dei Turchi; le scorrerie degli Ungari, infine, divennero meno frequenti e cessarono definitivamente dopo la sconfitta inflitta loro dai sovrani germanici nel 955 a Lechfeld, vicino ad Augusta.
La fine delle invasioni favorì la ripresa economica e politica dell’Europa e l’affermazione di nuovi regni, primi nuclei storici delle attuali nazioni del continente.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali popoli invasero l’Europa tra il IX e il X secolo?
  • In che modo i popoli scandinavi sfruttarono le proprie conoscenze nautiche?
  • Quali furono le cause e le conseguenze delle ultime invasioni in Europa?
  • Quale relazione esiste tra le invasioni e il fenomeno dell’incastellamento?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille