3.6 - Il futuro dell'Ue tra Est e Mediterraneo

3 L’EUROPA E L’UNIONE EUROPEA

3.6 Il futuro dell’Ue tra Est e Mediterraneo

Con l’introduzione della moneta unica, che ha dato vita a uno dei più grandi mercati comuni del mondo, l’integrazione economica dei Paesi aderenti all’Ue si è rafforzata, nonostante gli ostacoli sorti nell’attuazione della sua unificazione politica in relazione alla ratifica della Costituzione europea. I vantaggi economici derivati dal far parte dell’Unione europea, sebbene al suo interno sia sbilanciata a favore dei Paesi occidentali, attira del resto molti altri Stati europei e dell’area mediterranea, che ambiscono a farne parte, e ha dato avvio a un ampio dibattito sulle opportunità che l’allargamento dell’Unione comporta e sulle regole da prevedere per l’ingresso di nuovi Stati.

I criteri per accedere all’Unione europea 

Le richieste dei Paesi che intendono far parte dell’Unione europea, per essere ufficializzate, devono essere accettate all’unanimità dai Paesi membri: l’opposizione anche di un solo Stato è sufficiente per far cadere la loro candidatura. Per essere ammessi, sono necessari i seguenti requisiti:

  • le istituzioni del Paese candidato devono essere fondate sui princìpi democratici e garantire lo Stato di diritto (nel quale cioè l’azione del governo avviene nel rispetto della Costituzione nazionale), la tutela dei diritti umani e il rispetto delle minoranze (etniche, linguistiche, religiose) presenti sul suo territorio; 
  • il Paese deve reggersi su un’economia di mercato che sia pienamente funzionante e in grado di competere con quella degli altri Stati dell’Ue, in base a rigidi princìpi di equilibrio del bilancio finanziario; 
  • il governo del Paese deve essere in grado di far applicare da parte delle sue istituzioni e dell’amministrazione pubblica la legislazione comunitaria.

Le richieste di adesione 

Un Paese che da molto tempo aspira a far parte dell’Unione europea è la Turchia, che ha presentato la propria domanda di adesione nel lontano 1987. I Paesi dell’Ue hanno però esitato a lungo prima di accettare ufficialmente la sua candidatura, e i negoziati per l’adesione sono iniziati solo nel 2004. Da allora tra gli Stati membri è in corso un vivace dibattito sull’opportunità di ammettere la Turchia nell’Ue, con alcuni che si dichiarano d’accordo e altri che esprimono forti riserve. I dubbi non riguardano soltanto il fatto che, dal punto di vista strettamente geografico, la maggior parte del territorio turco si trova fuori dal continente europeo, in Asia, ma derivano soprattutto dal fatto che il governo turco deve dare ancora sufficienti garanzie sul rispetto delle regole democratiche e sulla tutela dei diritti umani all’interno del Paese. Inoltre le perplessità derivano anche dal fatto che la Turchia sarebbe il primo Stato con una popolazione a maggioranza islamica a entrare nell’Ue.
Altri Stati che ambiscono a entrare nell’Ue sono quelli nati dalla disgregazione della ex Iugoslavia dopo la guerra che ha interessato la regione negli anni Novanta del XX secolo: la Macedonia, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro e la Serbia, ai quali si aggiunge l’Albania. Dei Paesi dell’ex Iugoslavia, gli unici che hanno finora completato il lungo iter di adesione all’Ue sono la Croazia, entrata ufficialmente nel luglio 2013, e la Slovenia, che era già stata accolta nel 2004. Per tutti gli altri Paesi di quest’area, l’entrata nell’Unione europea rappresenterebbe un’opportunità per accelerare il processo di ricostruzione delle loro economie, seriamente compromesse dal conflitto.

I rapporti con l’Est e il Mediterraneo 

Interesse nei confronti dell’adesione all’Ue è stato espresso anche da alcuni Paesi dell’Est Europa che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica e che ancora gravitano nell’orbita della Federazione Russa, come la Georgia, l’Ucraina e la Moldavia. Per tutti questi Paesi il problema principale consiste nella fragilità delle loro economie, ancora piuttosto lontane dai parametri necessari per poter entrare a far parte dell’Ue.
Ulteriori ostacoli potrebbero sorgere dalla reazione che l’adesione di questi Stati provocherebbe nel loro principale partner commerciale, la Russia. Diverso è invece il discorso relativo ai Paesi dell’Africa, come il Marocco, l’Algeria, la Tunisia e l’Egitto. Con questi Stati nel 2008 l’Ue ha firmato un trattato di collaborazione che ha dato vita all’Unione per il Mediterraneo, un organismo internazionale a cui attualmente aderiscono 43 Paesi; ispirato al modello dell’Unione europea, ha lo scopo di favorire le relazioni commerciali tra le nazioni che si affacciano sul mar Mediterraneo e potrebbe rappresentare un primo passo verso una più stretta cooperazione.

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DOSSIER  La Politica del vicinato dell’Ue

Nel seguente brano di Rosa Balfour, analista ed esperta dell’European Policy Centre, un organismo indipendente che opera a favore dell’integrazione europea, si descrivono le politiche adottate dall’Unione europea nei confronti dei Paesi vicini.

«Con la fine della guerra fredda e la creazione della Politica estera e di sicurezza comune (Cesp) nel 1992, l’Ue ha iniziato a sviluppare politiche più complesse nei confronti dei Paesi che la circondavano. La politica di allargamento è stata la strategia di politica estera di maggior successo: l’Unione è riuscita a sostenere la transizione verso la democrazia e il mercato europeo dell’Europa centrale grazie all’ancoraggio della transizione alla prospettiva di adesione alle istituzioni comunitarie. […]
Tuttavia, soprattutto dopo la bocciatura del Trattato costituzionale del 2005, lo spazio del vicinato europeo che poteva essere gradualmente integrato nell’Ue si è chiuso. Attualmente, per i Paesi che nei primi anni Novanta si erano staccati dall’Unione Sovietica (eccezion fatta per quelli baltici), la possibilità di entrare a far parte dell’Ue non è politicamente realistica. Bruxelles ha quindi iniziato a sviluppare politiche di graduale integrazione, parzialmente modellate sull’allargamento, senza però offrire la possibilità di adesione. […] Nel 2004 queste politiche venivano rafforzate da una nuova strategia che abbracciava tutte le regioni, seppur assai diverse tra loro: la Politica di vicinato. Questa rifletteva una nuova assertività dell’Ue nei confronti del proprio vicinato: un’area verso la quale l’Unione accettava di assumersi la responsabilità di mantenere la stabilità, ma anche di promuovere processi di riforma che portassero questi Paesi a integrarsi economicamente e politicamente al modello europeo. Ulteriori strati a questa politica sono stati aggiunti con la creazione dell’Unione per il Mediterraneo (UfM) nel 2008 [… ].
Le debolezze di questi approcci non hanno tardato a manifestarsi. Le speranze delle “rivoluzioni colorate” in Georgia (2003) e Ucraina (2004) sono state disilluse dalla mancata offerta di un’eventuale adesione all’Ue […].
Verso sud, i Paesi europei hanno adottato un approccio ancora meno volto a sostenere una transizione democratica. Al contrario, le politiche europee erano impostate al sostegno dei regimi in cambio della loro collaborazione nel contenimento dei flussi migratori, nella lotta al terrorismo, nell’esclusione dell’emergere di forze islamiste nel contesto politico mediterraneo. Ancor più che in Europa orientale, l’Unione si è trovata impreparata ai movimenti di cambiamento che si sono manifestati all’inizio del 2011 in una parte importante del mondo arabo. [… ]
Le rivoluzioni hanno costretto le istituzioni a ripensare questo approccio basato sulla ricerca della stabilità invece che della democrazia. I primi segnali emergono dal documento di revisione della Politica di vicinato approvato nel maggio 2011, che identifica la società civile come nuovo interlocutore, dà un ruolo più importante al sostegno della trasformazione politica, propone una serie di innovazioni che potrebbero contribuire a cambiare il ruolo europeo nella regione, ma non costituisce ancora un vero ripensamento strategico».


R. Balfour, “Il vicinato dell’Unione Europea”, in Atlante Geopolitico, Istituto dell’Enciclopedia Italiana-Treccani, Roma 2013

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali sono i criteri previsti per entrare a far parte dell’Ue?
  • Quali nuovi Stati hanno chiesto l’adesione?
  • Quali sviluppi si prospettano per il futuro della Ue?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana