STRUMENTI E METODI DELLA GEOGRAFIA

Le tecniche per rappresentare il mondo

Nel senso etimologico del termine, la geografia (dal greco ghê, “terra”, e grafía, “scrittura”, “descrizione”) è la “descrizione della Terra”, ossia lo studio della superficie del pianeta e, in senso più lato, delle sue caratteristiche fisiche e umane.
Tra gli strumenti principali dei geografi vi sono anzitutto le mappe, con le quali si dà una rappresentazione più o meno dettagliata delle caratteristiche del territorio.
Le prime mappe geografiche, realizzate nel Vicino Oriente, risalgono alla seconda metà del II millennio a.C. Da allora, il tentativo di rappresentare il territorio ha subito molte evoluzioni, accompagnando il cammino della storia umana.
In una carta del II secolo a.C. attribuita al geografo Tolomeo di Alessandria il mondo allora conosciuto è già raffigurato con notevole precisione (almeno per quanto riguarda l’area del Mediterraneo, mentre l’Asia e l’Africa sono descritte in modo più sommario). Non sempre, però, la rappresentazione realistica interessa l’autore di una carta. La Tabula Peutingeriana, per esempio, era utilizzata per guidare i viaggiatori attraverso l’Europa e il Mediterraneo; pertanto la raffigurazione privilegia le vie di comunicazione e l’indicazione delle città, mentre i mari sono disegnati come specchi d’acqua orizzontali.

I planisferi 

A partire dal XVI secolo d.C., in seguito alle grandi esplorazioni marittime e alla scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo (1492), l’elaborazione delle carte geografiche conobbe un intenso sviluppo, stimolato dalla necessità di disporre di strumenti accurati per esplorare territori fino a poco tempo prima sconosciuti.

Nella seconda metà del XVI secolo, il geografo fiammingo (ma tedesco di origine) Gerhard Kremer, meglio noto attraverso il suo nome italianizzato, Mercatore, realizzò la carta che porta ancora oggi il suo nome. Il planisfero di Mercatore fu la prima carta realizzata con metodi scientifici, sulla base di calcoli matematici e astronomici. Essa presentava però alcuni problemi. Dovendo riprodurre su una superficie piana la realtà tridimensionale del globo terrestre, Mercatore utilizzò il sistema della proiezione, immaginando di proiettare i confini delle terre emerse su un cilindro tangente all’Equatore, l’asse che taglia a metà la Terra in senso orizzontale. In tal modo, però, mentre le proporzioni restavano fedeli nella parte centrale del planisfero, nella parte alta e bassa della carta (quelle vicine ai Poli) esse si deformavano in modo progressivo, con il risultato di raffigurare l’Europa, l’Asia e l’America settentrionali molto più grandi rispetto all’Africa, all’Asia e all’America meridionali. Il planisfero di Mercatore, molto utile per la navigazione perché le rotte tracciate su di esso sono proporzionali alle distanze reali, aveva dunque il difetto di rappresentare il mondo da un punto di vista eurocentrico, sottostimando le dimensioni delle terre del Sud del pianeta.

Un tentativo di rimediare alla deformazione della carta di Mercatore fu elaborato dallo statunitense Arthur Robinson nel 1963. Il suo planisfero rispettava maggiormente i rapporti tre le diverse aree del globo, ma ne deformava ancora sensibilmente i bordi.

Nel 1977, il tedesco Arno Peters propose una proiezione rivoluzionaria. Anche nella sua carta i continenti appaiono deformati (esageratamente allungati), ma in compenso la proporzione tra l’estensione del Nord e del Sud del mondo è ristabilita. Per questo motivo è stata adottata come carta ufficiale dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu).

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Il reticolato geografico

Se per molti millenni le mappe erano state tracciate in modo approssimativo, senza un metodo sistematico che garantisse precisione e uniformità dei risultati, da Mercatore in poi si affinarono sistemi matematici utili a riportare sulle mappe gli elementi del territorio con un grado di esattezza sufficiente alla maggior parte dei fini pratici per cui esse erano prodotte (per esempio per trovare la giusta rotta). Alla base di questi sistemi c’è l’uso del reticolato geografico.

Le proiezioni di Mercatore, Robinson e Peters sono basate sul reticolato geografico, una gabbia geometrica costituita da linee immaginarie, orizzontali e verticali, che si intersecano su tutta la superficie terrestre. Inventato dal greco Eratostene nel III secolo a.C., il reticolato permette di esprimere la posizione di ogni punto della superficie terrestre tramite le coordinate geografiche.

Le linee che intersecano la superficie terrestre si dividono in meridiani e paralleli, alcuni dei quali hanno nomi specifici in quanto possiedono proprietà particolari. I paralleli sono le circonferenze che si ottengono immaginando di tagliare la sfera terrestre con un piano perpendicolare al suo asse di rotazione. La loro circonferenza diminuisce a mano a mano che ci si avvicina ai poli, dove sono rappresentati da un punto. I meridiani sono invece le circonferenze (in realtà si tratta convenzionalmente di semicirconferenze) ottenute immaginando di intersecare il globo con un piano che passa per il suo asse di rotazione. I paralleli corrono a una distanza fissa misurata in gradi a partire dall’Equatore, cioè la circonferenza massima, lunga oltre 40 000 km, che divide la Terra in due emisferi: quello boreale a nord, quello australe a sud. La distanza di un luogo dall’Equatore, espressa in gradi e misurata lungo il meridiano passante per quel punto, si chiama latitudine.

Fra i meridiani, quello fondamentale è il meridiano di Green­wich, il cosiddetto meridiano 0, che passa nei pressi di Londra. La distanza dal meridiano 0, anch’essa espressa in gradi e misurata lungo il parallelo passante per quel punto, si chiama longitudine. Latitudine e longitudine formano le coordinate geografiche: conoscendole è possibile individuare un punto sulla superficie terrestre.

Altri paralleli, oltre all’Equatore, hanno un nome proprio: i Tropici del Cancro e del Capricorno, che dividono a metà ciascun emisfero e si trovano a circa 23° dall’Equatore; i Circoli polari, artico a nord, antartico a sud, che si trovano a circa 66° dall’Equatore; i Poli, Polo Nord e Polo Sud, nei punti estremi dell’asse intorno al quale ruota la Terra. Fra l’Equatore e i Poli ci sono esattamente 90° di distanza.

Dai meridiani ai fusi orari

La suddivisione del globo terrestre in meridiani viene utilizzata anche per il calcolo delle ore del giorno. Se infatti si stabilisse l’orario in base alla posizione del Sole (la cosiddetta ora solare), ogni luogo della Terra avrebbe un’ora diversa. Per ovviare a questo inconveniente è stato elaborato il sistema orario internazionale, in base al quale la Terra è stata suddivisa in 24 fasce verticali, chiamate fusi orari, corrispondenti alle ore del giorno. Esse seguono nella maggior parte dei casi le delimitazioni longitudinali dei meridiani, con una relativa tolleranza legata alla necessità di tenere conto il più possibile dei confini nazionali. Le zone che si trovano all’interno di un medesimo fuso hanno la stessa ora, stabilita dal suo meridiano centrale; le nazioni molto estese, come gli Stati Uniti o la Russia, sono attraversate da più di un fuso sul proprio territorio.

In base a una convenzione internazionale in vigore dal XIX secolo, il calcolo delle ore parte dal meridiano di Greenwich: procedendo verso est, per ogni fuso che si incontra bisogna aggiungere un’ora, mentre la si deve togliere se si va nella direzione opposta. L’Italia, per esempio, è nel fuso caratterizzato da un’ora in più rispetto a quello di Greenwich (+1).

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Il rilevamento topografico

Le rappresentazioni del territorio maggiormente utilizzate raffigurano però porzioni della superficie terrestre molto più piccole di quelle considerate dal reticolato geografico e dai planisferi. Stiamo parlando delle comuni carte geografiche che riportano la posizione di elementi geografici naturali (fiumi, montagne e altri) e artificiali (strade, centri urbani, infrastrutture), alla cui elaborazione si dedica la parte della geografia chiamata topografia (dal greco tópos, “luogo”, e grafía, “scrittura”, “descrizione”).

Per tracciare una carta geografica fedele è necessario conoscere posizioni e distanze di tutti gli elementi geografici rappresentati; un’impresa difficile, se consideriamo le distanze in gioco e gli ostacoli che si possono frapporre tra i vari punti di riferimento, come fiumi e montagne. Nel XVI secolo si trovò un modo per calcolare le distanze tra punti geografici senza dover ricorrere a difficili misure dirette. Tale metodo, chiamato rilevamento topografico, si basa sulla trigonometria, la disciplina matematica che studia alcune proprietà dei triangoli. Lo strumento principale è la triangolazione, così chiamata perché considera i punti da misurare come vertici di immaginari triangoli. In passato i topografi hanno tracciato con questo metodo carte di interi Paesi, collegando tutti i punti di riferimento in un reticolo di triangoli esteso anche per migliaia di chilometri quadrati.

Per misurare gli angoli dei triangoli immaginari si usava il teo­dolite, strumento composto da un cannocchiale montato su un cavalletto dotato di goniometro. Oggi la triangolazione non è più usata per tracciare carte geografiche di grandi regioni, ma capita ancora di vedere i geometri utilizzare il teo­dolite per calcolare angoli e distanze sul sito di un cantiere edile o stradale.

Dagli aerei ai satelliti

Nel corso del XX secolo le innovazioni tecnologiche hanno permesso di sviluppare nuove tecniche che hanno reso obsoleto il tradizionale metodo di rilevamento topografico. Una di queste è la fotografia aerea, mediante la quale si possono scattare dagli aeroplani in volo foto del territorio che sembrano già carte geografiche.

In realtà, una fotografia aerea non è una rappresentazione del territorio fedele quanto una carta geografica, ma attraverso una serie di calcoli è possibile “trasferire” su una carta tutti gli elementi geografici presenti nella foto, ottenendo risultati più precisi (e in minor tempo) rispetto a quelli garantiti dai vecchi metodi di rilevamento.

Una vera e propria rivoluzione nelle tecniche per osservare e rappresentare il mondo, invece, è stata resa possibile dai dati dei satelliti artificiali messi in orbita intorno alla Terra. Quelli destinati all’osservazione della superficie terrestre sono essenzialmente grandi “occhi” sempre puntati sul nostro pianeta, i cui obiettivi permettono di scattare immagini del territorio di interi Paesi o continenti. Questa prospettiva così ampia consente non solo di effettuare rilevamenti topografici, ma anche di osservare fenomeni prima impossibili da abbracciare nella loro interezza e che avvengono su grande scala e in un lungo arco di tempo (come lo scioglimento delle calotte polari, la riduzione della superficie boschiva dovuta alla deforestazione, la desertificazione dei terreni coltivabili, l’erosione delle coste e così via). I satelliti sono anche la componente chiave dei sistemi satellitari globali di navigazione, strumenti che permettono a chiunque si trovi sulla superficie terrestre e sia dotato di un apposito ricevitore di conoscere le coordinate geografiche del punto in cui si trova. Attualmente esistono diversi sistemi di questo tipo, ma il più diffuso è l’americano Gps (Global positioning system, “Sistema di posizionamento globale”). Entrato in funzione nel 1994, è dotato di 31 satelliti che orbitano intorno alla Terra a un’altezza di oltre 20 000 km. Ogni satellite emette un segnale radio che viene captato dal ricevitore a terra e permette a quest’ultimo di calcolare la propria posizione. Oggi i ricevitori Gps sono ovunque: si trovano in quasi ogni automobile di nuova produzione (i navigatori satellitari) e sono integrati nei telefoni cellulari di ultima generazione.

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La cartografia digitale

Se in passato i dati dei rilevamenti topografici erano riportati pazientemente su carta, oggi le informazioni ricavate dai moderni sistemi di rilevamento sono elaborate da programmi informatici. I Gis (Geographic information system, ossia “Sistema di informazione geografica”) sono un insieme di sofisticati software che permettono l’acquisizione, l’elaborazione e l’analisi di enormi quantità di dati, messi in relazione con il territorio a cui si riferiscono. Alla base c’è ancora una mappa geografica, sebbene non più cartacea ma digitale: per individuare la posizione degli elementi geografici si usa un sistema di coordinate (x, y o x, y, z). I dati dei Gis provengono da tutti i sistemi di rilevazione e osservazione, dai “vecchi” metodi topografici a quelli più nuovi come il rilevamento satellitare. Il database (cioè l’archivio dei dati) dei Gis si arricchisce poi con una gran quantità di informazioni sul territorio ricavate da altre banche dati, tabelle, studi relativi a svariati aspetti della geografia, della demografia, dell’economia e delle scienze statistiche: per esempio fasce di reddito, beni culturali, aree a rischio. È quindi possibile effettuare analisi statistiche delle informazioni e metterle in relazione con il territorio, rappresentando i risultati in vari modi, per esempio mediante carte tematiche. I Gis costituiscono anche l’ossatura “nascosta” dei diversi sistemi di mappe digitali consultabili su Internet.

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Le caratteristiche delle carte geografiche 

Che sia­no state tracciate con il vecchio metodo del rilevemento topografico o mediante le osservazioni aeree e satellitari, che siano riportate su carta o sullo schermo di un computer, di un navigatore satellitare o di un altro dispositivo elettronico, le carte geografiche condividono tutte alcune caratteristiche fondamentali.

  • Sono approssimate, perché, come abbiamo visto, non è possibile riprodurre esattamente una sfera su una superficie piana senza deformarla. Il metodo della proiezione usato, tra gli altri, da Mercatore, Robinson e Peters, ha consentito di ridurre al minimo queste deformazioni. Il problema della curvatura della superficie terrestre si pone comunque soprattutto per i planisferi o le carte che rappresentano aree molto grandi, mentre per le carte che raffigurano aree ridotte, come quelle topografiche o le piante, è quasi trascurabile.
  • Sono simboliche, perché i diversi elementi sono indicati attraverso simboli convenzionali (per esempio: i pallini indicano le città, le linee di diverso colore le strade o le ferrovie eccetera). La spiegazione di questa simbologia è affidata alla legenda che accompagna sempre la carta.
  • Sono ridotte, perché non avrebbe senso riprodurre in dimensioni reali la superficie da raffigurare. Tutte le carte adottano dunque la riduzione in scala, cioè sono rimpicciolite in base a un rapporto preciso tra la dimensione reale dell’area raffigurata e quella della sua rappresentazione sulla carta. Se si ricorre alla scala numerica, il rapporto è espresso con una formula matematica; per esempio, la scala 1:100 000 indica che 1 cm della carta corrisponde a 1 km (equivalente a 100 000 centimetri) nella realtà. Per questo motivo, più alta è la cifra indicata dal divisore, maggiore è la riduzione della realtà geografica raffigurata. Se invece si utilizza la scala geometrica, il rapporto è espresso da una linea suddivisa in segmenti. In questo caso, per stabilire la distanza reale si deve usare un righello millimetrato, misurando la distanza tra due punti indicati sulla carta e confrontandola con quella indicata dal segmento della scala geometrica.

Carte geografiche e scala

Per convenzione, le carte geografiche sono chiamate in modo diverso a seconda della scala che utilizzano.

  • I planisferi hanno una scala superiore a 1:50 000 000 (in cui cioè 1 cm corrisponde a ben 500 km). Raffigurano tutto il globo terrestre, ma possono necessariamente mostrare soltanto gli elementi geografici maggiori.
  • Le carte geografiche propriamente dette hanno una scala compresa tra 1:1 000 000 e 1:50 000 000. Raffigurano aree molto vaste del globo terrestre, come interi Stati o continenti.
  • Le carte corografiche presentano una scala compresa tra 1:150 000 e 1:1 000 000. Raffigurano aree estese, come province e regioni.
  • Le carte topografiche hanno una scala compresa tra 1:10 000 e 1:150 000. Raffigurano aree di dimensioni ridotte, come il territorio di un Comune, comprensivo del centro abitato e delle aree circostanti, o quello di un Parco naturale.
  • Le piante e le mappe hanno infine una scala compresa tra 1:10 e 1:10 000. Sono molto particolareggiate in quanto raffigurano aree molto ridotte, da una città fino agli interni di un edificio o di un appartamento.

La simbologia cartografica

Poiché sarebbe assai scomodo riprodurre i vari elementi geografici raffigurati in una carta in modo che assomiglino ai loro equivalenti nella realtà (e inoltre la riduzione in scala li renderebbe sostanzialmente illeggibili), la maggior parte delle carte geografiche usa per indicarli simboli convenzionali. L’insieme dei simboli utilizzati in una carta, con la relativa indicazione degli elementi geografici a cui corrispondono nella realtà, è quasi sempre riprodotto in un angolo della stessa carta. Si tratta della legenda, termine latino che significa “cose che bisogna leggere”. I colori hanno un ruolo molto importante nella simbologia delle carte geografiche. Spesso, per esempio, si riproducono le varie aree raffigurate in una carta con differenti colori a seconda della loro altitudine sul livello del mare o, nel caso delle distese d’acqua, della loro profondità: le pianure prossime al livello del mare sono verdi, i rilievi di un marrone più o meno scuro a seconda dell’altitudine, i mari o laghi sono spesso raffigurati con toni di blu più scuri o più chiari a seconda della maggiore o minore profondità; e così via. In alcune carte, soprattutto quelle riprodotte in bianco e nero, l’altitudine e la profondità delle varie aree è invece spesso espressa dalle curve di livello, linee che uniscono i punti della carta che hanno la stessa altitudine o profondità. Quelle che indicano i rilievi sono chiamate isoìpse (espressione greca che significa “di uguale altitudine”); quelle relative alla profondità isòbate (“di uguale profondità”).

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Carte fisiche, tematiche e metacarte

Il tipo più semplice di carta, e il primo mai concepito, è la carta fisica, che raffigura cioè gli elementi naturali di un territorio, come pianure e montagne, fiumi e laghi, mari e coste. Oggi le trasformazioni operate dall’uomo in alcune aree sono così tante e di tale entità che una carta fisica “pura” di tali territori sarebbe di scarsa utilità, e la maggior parte delle carte fisiche raffigura quindi almeno i maggiori elementi di origine umana, come i principali centri urbani e le maggiori vie di comunicazione.

Le carte tematiche sono invece particolari carte geografiche che trascurano gli elementi geomorfologici del territorio per dare rilievo ad altri aspetti della realtà, come quelli economici, culturali, sociali e politici. Per evidenziare questi elementi si usano vari espedienti grafici, come i colori e i tratteggi, che servono a indicare le variazioni del parametro preso in considerazione (come, per esempio, la densità di popolazione o la piovosità media) nelle varie parti del territorio rappresentato. La carta tematica più diffusa, e forse la prima mai inventata, non è altro che la comune carta politica, che rappresenta i confini degli Stati raffigurati ed evidenzia con colori diversi i relativi territori.

Un tipo particolare di carta tematica è la metacarta, strumento che consente un approccio immediato, visivo (spesso sorprendente) alla rappresentazione quantitativa di un fenomeno. In genere le metacarte rappresentano Stati o regioni con figure geometriche elementari, quadrati o rettangoli, la cui superficie è proporzionale ai dati relativi a ogni entità territoriale; oppure la stessa superficie è “gonfiata” o “ristretta” a seconda delle rispettive differenze del parametro preso in esame.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Come può essere definita la geografia?
  • Quali pregi e quali difetti presenta il planisfero di Mercatore?
  • Che differenze ci sono tra i planisferi di Mercatore, Robinson e Peters?
  • Che cos’è il reticolato geografico?
  • Perché si dice che le carte geografiche sono approssimate, simboliche e ridotte?
  • Qual è la carta tematica più comunemente utilizzata? Che cos’è una metacarta?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana