La conservazione degli alimenti

LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI

Quali metodi si usano per conservare gli alimenti?

In passato conservare gli alimenti era molto difficile: il freddo veniva solo quando c’era ben poco da conservare e gli alimenti che dovevano durare oltre la stagione di produzione venivano seccati, o manipolati con spezie, sale o fumo. Non si conoscevano le ragioni biochimiche che portavano un prodotto ad andare a male e la qualità degli alimenti, per gran parte della popolazione, lasciava a desiderare. Oggi, lo sviluppo della conservazione è legato alle diverse necessità sociali ed economiche ed è reso possibile sia dalla disponibilità di nuovi mezzi tecnologici, sia dalle maggiori conoscenze in ambito biochimico e nutrizionale.

Perché si conservano gli alimenti?

Conservare un alimento oggi risponde a varie esigenze:

  • disporre in ogni momento di materie prime esotiche o fuori stagione;
  • avere prodotti pronti o già lavorati, da usare in nuove preparazioni, per sveltire l’attività;
  • permettere la produzione centralizzata (cucina centralizzata) di pasti per un gran numero di persone, che vengono poi trasportati in vari punti di distribuzione (mense scolastiche, ospedaliere, industriali, catering ecc.);
  • avere alimenti pronti e utilizzabili per un lungo periodo.
    Lo sviluppo della tecnologia ha portato a nuovi metodi di conservazione che sono diventati d’uso comune sia in ambito professionale sia in ambito domestico. Accanto ai metodi del passato (affumicamento, essicamento, salagione…), oggi si usa la surgelazione, il sottovuoto, la sterilizzazione con radiazioni ionizzanti o l’uso di conservanti chimici. Vediamo quali sono le caratteristiche dei principali metodi di conservazione.

Conservare con il calore

Il calore ha un effetto battericida, ovvero uccide i batteri, può eliminare i microrganismi patogeni e rendere inattivi gli enzimi responsabili del naturale deterioramento degli alimenti. Usare il calore per la conservazione è efficace a seconda della contaminazione iniziale, del tipo di alimento e soprattutto del rapporto fra tempo e temperatura: più è lungo il tempo per cui l’alimento è sottoposto all’azione del calore e tanto più alta è la temperatura, più profonda è l’azione conservante del trattamento. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l’esposizione al calore ha alcuni effetti negativi sulle proprietà nutritive e organolettiche degli alimenti. Vediamo quali sono le procedure più usate.

Pastorizzazione

Gli alimenti sono sottoposti a temperature inferiori ai 100 °C (60-95 °C) per un tempo variabile: il trattamento è in grado di ridurre solo una parte della carica microbica e, di norma, è abbinato ad altri metodi di conservazione.

Sterilizzazione

L’alimento è sottoposto a temperature superiori ai 100 °C (100-160 °C) per un tempo variabile: il trattamento abbatte gran parte della carica microbica; sebbene non del tutto asettico, l’alimento ha la sterilità commerciale. Una variante è il trattamento UHT (Ultra Hight Temperature, p. 176): esporre l’alimento a 140 °C per pochi secondi massimizza la conservabilità, limitando al minimo le perdite di proprietà nutrizionali.

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