Il piano di autocontrollo

Il piano di autocontrollo

Per fronteggiare i problemi che derivano dalla mancanza di igiene, servono regole precise, che vanno rispettate nei minimi particolari. Tuttavia, è fondamentale che chi lavora in cucina si senta responsabile, in prima persona, della necessità di condurre quotidianamente e in modo efficace questa battaglia contro la contaminazione. Si è pensato, così, di applicare il principio di autoresponsabilità, coinvolgendo il personale nella realizzazione di un piano di autocontrollo igienico-sanitario destinato a ridurre l’insorgenza di MTA. Il responsabile individuato per creare il piano di autocontrollo deve conoscere i rischi presenti nell’azienda e svolgere alcune importanti operazioni preliminari:

  • creare un team di lavoro, cioè formare un gruppo che dovrà redigere il piano. Nelle piccole aziende può anche bastare una persona (di norma è il titolare);
  • descrivere l’attività lavorativa, cioè esaminare nel dettaglio ciò che si produce e per chi;
  • redigere il diagramma di flusso, cioè disegnare uno schema che serva a semplificare e rendere più chiare tutte le fasi di lavorazione, dall’acquisto alla somministrazione (per esempio quello illustrato qui a fianco).

Una volta definiti questi punti, si passa ad analizzare i 7 princìpi fondamentali del metodo HACCP, le cui linee guida sono quelle definite dal Codex Alimentarius, un codice internazionale di indicazioni e di regole dettate dalla Codex Alimentarius Commission istituita nel 1963 dalla FAO (la Food and Agricolture Organization delle Nazioni Unite) e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per armonizzare gli standard di sicurezza alimentare. Vediamoli.

1. Analizzare i rischi

Il gruppo di lavoro individua i rischi presenti nella struttura: ogni laboratorio, infatti, è diverso dall’altro, e per essere davvero efficiente, il piano HACCP va “tagliato su misura” in funzione delle caratteristiche del locale. La gravità del rischio (GR) è data dalla gravità del danno che si potrebbe avere (GD) e dalla probabilità che il rischio si verifichi (P), secondo la formula: GR = GD x P.

2. Identificare i punti critici

Il diagramma di flusso individua i punti critici di controllo o CCP (dall’inglese Critical Control Point), fasi operative potenzialmente pericolose su cui è diretta l’azione di controllo che, così, resta limitata ma efficace. I rischi da valutare sono:

  • microbiologici: sono dati da batteri, funghi e parassiti invisibili che si moltiplicano sugli alimenti. L’autocontrollo igienico-sanitario è spesso determinante: con la cottura, la conservazione e l’attenta manipolazione, il rischio si può limitare molto;
  • biologici: sono dati da animali infestanti come blatte, mosche o topi. Una corretta realizzazione del laboratorio (per esempio con l’applicazione di zanzariere) può limitarne l’ingresso, ma è bene sempre prevedere un controllo costante con l’impiego di esche e trappole e, se necessario, un intervento di disinfestazione;
  • chimici: sono dati da tutte le sostanze che possono contaminare gli alimenti per via esogena (come detergenti o disinfettanti) o endogena (come i fitofarmaci). Questi rischi si limitano con l’accurata selezione dei fornitori e la corretta prassi igienica;
  • fisici: sono dati da materiali estranei all’alimento (capelli, plastica, metallo, legno ecc.). Il rischio è minimizzato dalla divisa completa e dal corretto comportamento (il divieto di portare bracciali, anelli e monili serve anche a questo).

3. Definire i limiti critici

Per ogni CCP bisogna definire un limite critico di accettabilità, che deve essere oggettivo e facilmente misurabile così da essere valutabile da parte di tutto il personale ottenendo risultati omogenei.

4. Definire il sistema di monitoraggio

Elencati i CCP e previsto per ciascuno di loro il limite critico si definisce quando va effettuato il monitoraggio e come va registrato.

5. Individuare le misure correttive

Se il limite viene superato, si ha la non conformità, cioè il rischio potenziale per quel dato alimento non è sotto controllo. Bisogna prevedere quali operazioni vanno effettuate per riportare il rischio a un livello di controllo e registrarle. Così tutto il personale del laboratorio di cucina saprà cosa fare per ripristinare le condizioni igieniche di sicurezza nel modo più veloce possibile.

6. Applicare procedure di verifica

È bene verificare periodicamente che il piano continui a essere funzionante e funzionale all’attività lavorativa: vanno fatti controlli mirati ed esami strumentali specifici, come un tampone delle attrezzature per controllarne il livello di pulizia, o esami microbiologici a campione sugli alimenti.

7. Gestire la documentazione

Il manuale HACCP è un documento che dimostra l’effettiva attività di autocontrollo: va sempre compilato correttamente e aggiornato, in modo che tutto il personale o l’autorità di controllo (ASL o NAS) possano sempre esaminarlo.

LA LEGGE DELL’IGIENE

I coltelli devono essere: Il piano denominato HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) è stato istituito con il decreto legislativo 155/1997 che ha recepito una serie di direttive della Comunità Europea.
Successivamente è stato aggiornato dal “pacchetto igiene”:

  • con il Regolamento della Comunità Europea 178/2002 viene istituita l’European Food Safety Authority o EFSA, un ente paragonabile alla Food and Drug Administration statunitense, preposto alla sicurezza alimentare in Europa, che regola i princìpi generali in materia di sicurezza alimentare;
  • con i Regolamenti 852-853-854-882/ 2004, nell’intento di tenere adeguatamente sotto controllo l’intera filiera alimentare, viene poi disciplinato l’intero settore alimentare, compresa la produzione di mangimi animali.
Oltre a questo vengono previste misure semplificative per le piccole imprese, utili ad agevolare alcune procedure operative (come per esempio la registrazione delle temperature è prevista solo in casi di non conformità).
Secondo l’attuale piano di autocontrollo «Il responsabile deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema HACCP». Così, le operazioni definite “critiche” sono controllate e registrate, e il responsabile può mantenere lo standard igienico prefissato e garantire a ogni addetto di conoscere le procedure da adottare in caso di non conformità.

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