SLOW FOOD presenta...

REGINA TCHELLY 

e la sua Favela Organica 

Ripartire dagli orti

Regina Tchelly De Araujo Freitas è una donna intraprendente che sta lasciando il segno nella realtà gastronomica del Brasile, e non solo, con un progetto il cui nome è già un programma: Favela Organica. Regina vuole diffondere la pratica dell’orto tra gli abitanti di una delle realtà più povere del mondo e istruire le famiglie (invitate ad assistere alle lezioni nella sua casa) su come preparare piatti sani senza sprechi, utilizzando frutta e verdura coltivata in loco e risparmiando quindi denaro. Un obiettivo che si è reso raggiungibile attraverso la realizzazione di piccoli orti biologici all’interno di alcune favelas, tra cui quelle di Santa Marta, di Babilonia e del Complexo Alemao (più di 200 000 abitanti).
Originaria del Nordest del Brasile – la zona più povera e arretrata del Paese – all’età di diciassette anni Regina si è trasferita a Rio per andare a prestare servizio presso famiglie benestanti di città. Per dodici anni ha lavorato per la buona borghesia carioca, e lì ha affinato le sue conoscenze e pratiche di cucina, mettendo a frutto il suo bagaglio di insegnamenti materni, primo fra tutti la cucina senza sprechi.
Nel 2010 ha sposato la causa del biologico, partendo con la realizzazione dei primi orti nella sua favela, Babilonia, e iniziando a esibirsi in performance cucinarie innovative, presentando ricette inedite a spreco zero.
La voce in città ha iniziato a girare e il suo nome è diventato sempre più noto. A questo punto il primo salto: con il supporto di Slow Food Brasile ha incominciato, nella sua piccola casa, a tenere corsi di cucina in cui insegnava ai ragazzi a utilizzare tutte le parti dei prodotti, inclusi quelli che normalmente vengono ritenuti scarti, come le bucce della verdura, i semi o l’acqua di cottura di alcuni prodotti. L’effetto di questa pratica era duplice: da una parte il forte messaggio simbolico di limitare al minimo o eliminare completamente lo spreco alimentare, e dall’altra avere la garanzia implicita della “pulizia” della materia prima, che deve essere completamente biologica per essere utilizzata in questa maniera.
Tale pratica che si è rivelata vincente per Favela Organica: oltre alla produzione di cibo sano, locale e biologico, il progetto ha, infatti, l’ulteriore particolarità di praticare una cucina che utilizza i prodotti in tutte le loro parti, inclusi gli scarti, per provare a incidere sulle abitudini alimentari delle persone. Lavorando sulla pianificazione degli acquisti e dei consumi, si promuove una riflessione sullo scandalo dello spreco alimentare, che riguarda anche le realtà più povere, nonostante nell’immaginario collettivo non si ritengano coinvolte. Lo stile cucinario di Regina, lungi dall’essere una trovata mediatica, è figlio della sua estrazione e della sua storia, della necessità di mettere insieme il pranzo e la cena. Quando il cibo è poco, la creatività è l’unica via e il talento sta nel saper creare piatti di una bontà stupefacente con pochissime risorse.
Da anni, ormai, Regina ha cominciato a viaggiare per diffondere la sua personalissima idea di cucina senza spreco, locale, economica e soprattutto “amorosa”, come lei stessa sottolinea. ll progetto Favela Organica sta riscuotendo grande successo grazie all’impegno della sua energica ideatrice e dei numerosi e volenterosi collaboratori che la supportano durante tutte le iniziative dentro e fuori la favela; da Rio de Janeiro Favela Organica si è oggi espansa in altre regioni del Brasile, diventando un emblema di quella che potremmo definire una gastronomia sociale.

BUONE PRATICHE SLOW FOOD

FRUTTA ESOTICA… A CHILOMETRO ZERO!

L’Italia è da sempre una grande produttrice di frutta e verdura, che, tuttavia, non è a buon mercato perché sul prezzo al dettaglio, oltre al costo della produzione, incide molto quello del trasporto.
Quando parliamo di frutta e verdura esotica, gran parte del prezzo degli alimenti che acquistiamo è determinato dai trasporti e dagli imballaggi.
Da qualche anno, però, complici i cambiamenti climatici, numerose aziende italiane hanno cominciato a coltivare, soprattutto in Sicilia, piante un tempo considerate esotiche, dal comune banano all’avocado, fino al mango e alla feijoa.
Scegliere prodotti made in Italy comporta vantaggi per tutti: per i produttori in primo luogo, ma anche per i consumatori, che possono controllare più facilmente la filiera produttiva, e, non da ultimo, per l’ambiente.

Il nuovo Sarò Chef
Il nuovo Sarò Chef
Corso di Enogastronomia per il primo biennio