I Romani, grandi costruttori

L’ARTE ETRUSCA E ROMANA >> L'arte romana

I Romani, grandi costruttori

L’arco e la cupola

Gli architetti e gli ingegneri romani, pur ispirandosi in gran parte ai modelli di costruzione greci, si dedicano a perfezionare le tecniche più antiche e a sperimentarne di nuove.
Dagli Etruschi, i Romani ereditano e perfezionano l’uso dell’arco a tutto sesto, cioè perfettamente semicircolare, che con la sua forma garantisce un’eccellente distribuzione del peso e offre grande stabilità. Può servire a “scavalcare il vuoto”, cioè a realizzare aperture, come quelle di una porta o di un ponte, ma anche a sostenere una parete, deviando – “scaricando”, in termini tecnici – il peso di una struttura su sostegni verticali invece che sull’elemento orizzontale dell’architrave, che rischierebbe di spezzarsi. Dall’arco derivano le strutture a volta, ossia le coperture semicilindriche di uno spazio. Un’estensione in lunghezza di un arco a tutto sesto permette di realizzare la volta a botte; l’incrocio di due volte a botte determina una volta a crociera.
Le innovazioni tecniche, insieme al perfezionamento dell’arco, permettono di sperimentare nuove soluzioni, come la cupola, un soffitto di forma semisferica: questa copertura è resa possibile dall’uso del cementizio, che alleggerisce il peso della struttura senza diminuirne la compattezza. Un esempio ben conservato è quello della sala ottagonale (di otto lati) della Domus Aurea (1), la residenza dell’imperatore Nerone: il salone è sormontato da una cupola – in origine rivestita di marmi preziosi – con un grande lucernario centrale.

Le tipologie di muratura

I Romani introducono importanti innovazioni anche nella costruzione delle murature. Realizzano infatti varie tipologie di rivestimenti (paramenti) murari, chiamati in modo diverso a seconda di come vengono disposte le pietre: a reticolo regolare, a blocchi squadrati o a pietre di dimensione mista e irregolare.
Continuano a usare nelle loro opere pietre e mattoni, ma inventano anche la tecnica del cementizio, o del cosiddetto muro a sacco: questo si ottiene riempiendo lo spazio tra due muri con piccole pietre e ghiaia mescolati a malta (2). La muratura così diventa allo stesso tempo leggera e resistente.

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Acquedotti, terme e reti fognarie

Abbiamo già osservato che molte opere architettoniche romane sono state realizzate per dotare il territorio dell’impero di un efficiente sistema di infrastrutture, cioè di edifici e impianti di servizio. Per esempio, le città romane avevano un sistema per raccogliere, distribuire e smaltire l’acqua tramite acquedotti, tubature e reti fognarie, paragonabile come efficienza a quello dei nostri giorni.
L’acquedotto (3) era una galleria – sotterranea o sopraelevata su arcate – costruita in leggera e continua pendenza, che raccoglieva l’acqua dalle sorgenti e la portava fino alle città, talvolta lontane decine di chilometri. L’acqua era destinata ai bisogni domestici delle grandi case private, alle botteghe degli artigiani, ai bagni pubblici, alle fontane e soprattutto alle terme. Nel suo percorso l’acquedotto doveva aggirare vari ostacoli e superare i dislivelli del terreno mantenendo un’ inclinazione costante: l’acqua così scorreva con la stessa velocità, senza fermarsi né andare troppo veloce causando danni alla struttura.
Le terme (4) erano edifici pubblici costituiti da una successione di ambienti dal più freddo (frigidario) al più caldo (calidario), con piscine, saune, palestre: erano frequentatissime dai cittadini di Roma come luogo di incontro e di riposo durante il tempo libero.
L’acqua sporca, dopo i vari usi, doveva essere eliminata: ciò avveniva grazie a una efficiente rete fognaria, con tubature che in genere correvano sotto le strade e terminavano in un canale principale che portava le acque fuori dalla città.
A Roma il sistema fognario sfociava nella Cloaca Maxima, una grande galleria sotterranea con volta a botte che sbocca ancora oggi nel Tevere.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni