L’arco e la cupola
Gli architetti e gli ingegneri romani, pur ispirandosi in gran parte ai modelli di costruzione greci, si dedicano a perfezionare le tecniche più antiche e a sperimentarne di nuove.
Dagli Etruschi, i Romani ereditano e perfezionano l’uso dell’arco a tutto sesto, cioè perfettamente semicircolare, che con la sua forma garantisce un’eccellente distribuzione del peso e offre grande stabilità. Può servire a “scavalcare il vuoto”, cioè a realizzare aperture, come quelle di una porta o di un ponte, ma anche a sostenere una parete, deviando – “scaricando”, in termini tecnici – il peso di una struttura su sostegni verticali invece che sull’elemento orizzontale dell’architrave, che rischierebbe di spezzarsi. Dall’arco derivano le strutture
a volta, ossia le coperture semicilindriche di uno spazio. Un’estensione in lunghezza di un arco a tutto sesto permette di realizzare la volta a botte; l’incrocio di due volte a botte determina una volta a crociera.
Le innovazioni tecniche, insieme al perfezionamento dell’arco, permettono di sperimentare nuove soluzioni, come la cupola, un soffitto di forma semisferica: questa copertura è resa possibile dall’uso del cementizio, che alleggerisce il peso della struttura senza diminuirne la compattezza. Un esempio ben conservato è quello della sala ottagonale (di otto lati) della
Domus Aurea (1), la residenza dell’imperatore Nerone: il salone è sormontato da una cupola – in origine rivestita di marmi preziosi – con un grande lucernario centrale.