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Arte minoica

Il palazzo di Cnosso

LA STORIA

Il palazzo di Cnosso fu realizzato nel 1700 a.C. circa, sui resti di una precedente costruzione distrutta da un violento terremoto. Esso rappresenta un sito fondamentale per la conoscenza della cultura minoica perché offre molte informazioni sulla vita di questa popolazione. Le rovine furono portate alla luce a partire dal 1900 dall’archeologo inglese Sir Arthur Evans: quello che vediamo oggi è il risultato di una lunga ricostruzione iniziata dallo stesso Evans e conclusa nel 1931. L’architettura complessa e i numerosissimi ambienti (circa 1300) sono stati ritenuti da Evans all’origine della leggenda del Labirinto, all’interno del quale il re di Creta Minosse avrebbe rinchiuso una mostruosa creatura, il Minotauro.

IL SOGGETTO

Come Festo e Mallia, altri importanti centri dell’isola di Creta, Cnosso era una città-palazzo. Situata su un’altura e circondata da una rigogliosa vegetazione, si estendeva su una superficie di quasi 22 000 metri quadrati. Era abitata dal sovrano e da una numerosa comunità di persone che comprendeva, oltre alla famiglia reale e ai più alti funzionari, molti operai che svolgevano le mansioni più disparate e contribuivano all’organizzazione e al funzionamento della città-palazzo.

CHE COSA RACCONTA IL MITO DEL LABIRINTO?

Secondo la tradizione, Minosse, re di Creta famoso per la sua severità e giustizia, aveva rinchiuso il Minotauro – un essere mostruoso con il corpo umano e la testa di toro – all’interno di un palazzo costruito da un bravissimo architetto, Dedalo. Dedalo aveva ideato un inestricabile susseguirsi di camere, corridoi, sale, finti ingressi e porte, un luogo dove perdersi e da cui fosse impossibile uscire: un vero e proprio Labirinto. Ogni nove anni Minosse esigeva che fossero sacrificati al Minotauro quattordici sudditi, sette fanciulli e sette fanciulle. Per opporsi a questa orribile imposizione, un giovane ateniese di nome Teseo decise di affrontare il mostro. La figlia di Minosse, Arianna, innamoratasi di Teseo, escogitò un modo per aiutarlo a compiere tale impresa. Gli suggerì di fissare il capo di un gomitolo all’architrave dell’entrata del Labirinto e di srotolare il filo man mano che procedeva, in modo da tracciare la strada che lo avrebbe ricondotto all’uscita. Così fu: dopo aver trafitto a morte il Minotauro, Teseo ritrovò la via grazie all’astuto stratagemma dell’amata e ripartì da Creta insieme a lei.

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L’opera racconta

Grazie alla sua struttura, la città-palazzo di Cnosso si integrava perfettamente al paesaggio circostante sia perché era formata da terrazze disposte su vari livelli che seguivano l’andamento del terreno, sia perché i pilastri e le colonne – utilizzati come sostegno e come confine dei numerosi cortili interni – permettevano un contatto più diretto con la natura. Le colonne, caratterizzate da colori vivaci, erano rastremate, cioè il loro diametro era inferiore alla base rispetto alla cima: ciò contribuiva a rendere ariosa e mossa tutta l’architettura.


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Come tutti i palazzi cretesi, Cnosso si sviluppava attorno a un cortile centrale di grandi dimensioni. La distribuzione degli ambienti era organizzata in quartieri, secondo la funzione svolta da ciascuno: le botteghe, gli uffici, le sale di rappresentanza si affacciavano sul cortile perché esso era il nucleo commerciale, politico e sociale; i magazzini invece erano disposti lungo il perimetro esterno, serviti da corridoi indipendenti.

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Uno di questi, detto Corridoio delle Processioni, si snodava nell’ala sud e aveva le mura dipinte con figure di sacerdotesse e portatori di offerte a grandezza naturale. Nei piani superiori del palazzo si trovavano gli ambienti destinati al culto, la Sala del Trono, le Sale del Re e della Regina, i saloni per i banchetti.

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Le pareti delle stanze e dei cortili del palazzo di Cnosso erano interamente decorate con affreschi, alcuni dei quali sono giunti fino a noi: i soggetti rappresentati erano generalmente legati alla vita del tempo, come i giochi, oppure erano ripresi dal mondo della natura o, ancora, erano decorazioni geometriche. Le superfici che non presentavano disegni particolari erano dipinte con il colore rosso – lo stesso utilizzato, spesso, per le colonne.
Un esempio significativo di pittura cretese è costituito dagli affreschi della Sala del Trono, così chiamata perché al centro di una delle pareti era addossata un’enorme seduta in alabastro destinata al re. Ai lati del trono due panche in pietra, riservate probabilmente ai sommi sacerdoti, correvano attorno al muro. Il colore prevalente sulle pareti intonacate era un rosso cupo su cui si stagliavano delle figure in bianco. Nella parte più bassa correva una fascia che riproduceva le venature del marmo; in quella centrale, più ampia, tra nuvole e decorazioni floreali erano raffigurati dei grifoni, animali con testa di aquila e corpo di leone. La fascia superiore, infine, era costituita da due coppie di linee parallele. 

 

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni