La Pop Art

L’ARTE CONTEMPORANEA

La Pop Art

L’espressione “Pop Art”, abbreviazione di “Popular Art”, indica una tendenza artistica che nasce fra l’Europa e l’America negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. Il nome stesso rivela l’intento di utilizzare un linguaggio comprensibile a tutti, che per comunicare e far riflettere gli spettatori usa gli stessi strumenti visivi della televisione, del cinema e della pubblicità. Sotto l’etichetta Pop Art sono raggruppati diversi artisti che hanno seguito strade originali, sviluppando ciascuno tecniche artistiche, soggetti e temi espressivi specifici e personali. La Pop Art giunge in Italia con la Biennale di Venezia del 1964.

Andy Warhol: prodotti di massa trasformati in opere d’arte

La Pop Art guarda al mondo dei desideri privati, delle “icone” del quotidiano, cioè delle immagini che, con lo sviluppo aggressivo di pubblicità e mezzi di comunicazione di massa, invadono le case degli americani promettendo un mondo “facile”, consumistico, che spinge a fare acquisti spesso superflui a dispetto delle ristrettezze imposte dal dopoguerra.
In questa celebre composizione dal titolo Campbell’s Soup Cans (1), l’artista americano Andy Warhol (Pittsburgh 1928-New York 1987) prevede la collocazione sulla parete di una serie di immagini raffiguranti dei barattoli di minestra in scatola, come se si trattasse di merce esposta sullo scaffale di un supermercato. Gli elementi sono 32, ovvero quanti erano i diversi gusti della minestra prodotta effettivamente dall’azienda Campbell. Warhol gioca con il linguaggio e lo stile della pubblicità: in questo modo quelli che sono i simboli dell’America moderna vengono da una parte banalizzati, cioè reinterpretati e ridotti a oggetti comuni, e dall’altra, per paradosso, innalzati a icona, cioè a idoli della moderna civiltà dei consumi.

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Rosenquist: la trasformazione del linguaggio della pubblicità

Lo statunitense James Rosenquist (Great Froks, North Dakota 1933) proviene dal mondo della pubblicità e mostra di saper sfruttare al meglio le tecniche e i procedimenti grafici di quel settore per ottenere composizioni di grande effetto. Nel caso di Ti amo con la mia Ford (2), la scelta di dilatare i particolari – un’auto, un volto di donna e invitanti spaghetti – e di accostarli fra loro secondo logiche apparentemente fuori dal comune, genera un’opera che sviluppa con l’osservatore un dialogo del tutto soggettivo: ciascun particolare richiama sensazioni e sentimenti diversi, a seconda di chi lo guarda.

Lichtenstein: dal fumetto all’arte

Nelle sue prime opere Roy Lichtenstein (New York 1923-1997) instaura un rapporto molto stretto con il mondo dei fumetti – da cui trae vere e proprie citazioni – utilizzando una tecnica pittorica che riproduce gli effetti della stampa tipografica, come le cosiddette “retinature” (cioè i puntini che compongono l’immagine a stampa) ingrandite a dismisura.
Nell’opera Ragazza che annega (3) l’artista ridisegna il dettaglio di una vignetta di un fumetto americano di grande successo, cambiando diversi elementi rispetto all’originale: in particolare, elimina l’immagine del fidanzato della ragazza che compariva sullo sfondo e modifica il testo contenuto nel balloon: in questo modo vuol aiutare l’osservatore a riflettere sull’immagine della donna che, anziché annegare nelle proprie lacrime, decide di aiutarsi da sola, senza ricorrere all’appoggio maschile. La frase da lei pronunciata assume in questo modo un tono ironico: “Non mi importa! Piuttosto che chiedere aiuto a Brad, annego!”.
Così estrapolata, l’immagine acquista un nuovo significato, facendo riflettere l’osservatore sulle ambiguità generate dalla manipolazione delle immagini e dei testi nell’età dei nuovi media.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni