I caravaggeschi

IL SEICENTO

I caravaggeschi

La forza innovatrice della pittura di Caravaggio si diffonde in Italia e in tutta Europa, soprattutto in Francia, Spagna, Olanda e nelle Fiandre. I pittori detti caravaggeschi dipingono figure che campeggiano su sfondi scuri e illuminano con squarci di luce volti, personaggi, azioni a cui vogliono attribuire un particolare significato. Il tutto nell’ambito di una pittura profondamente attenta alla realtà. Anche la scelta dei soggetti deve molto al maestro: episodi della Bibbia o dei Vangeli, ritratti, nature morte.

Caracciolo: la lezione di Caravaggio a Napoli

Nel 1606 Caravaggio giunge a Napoli, dove resta per un anno; la sua pittura esercita una grande influenza sui pittori locali. Non si tratta di allievi diretti dell’artista, ma di pittori che lo hanno conosciuto o che ne hanno visto le opere.
Tra i dipinti che più mostrano l’influenza caravaggesca per il sapiente uso di luce e oscurità c’è la Liberazione di san Pietro (1), eseguito da Battistello Caracciolo (Napoli 1578-1635). Il quadro descrive la fuga di san Pietro, aiutato da un angelo, dal carcere in cui era stato imprigionato dalle autorità romane.
L’ambientazione è cupa: dallo sfondo quasi nero si scorgono appena le ali dell’angelo, una finestra e una porta a sinistra; tutta la luce è concentrata sulla veste dell’angelo, sulla testa calva dell’attonito san Pietro e sul soldato in primo piano.

Artemisia e le sue eroine

Anche a Roma Caravaggio ha dei seguaci: tra questi, Artemisia Gentileschi (Roma 1593-Napoli 1654 ca.), figlia del pittore pisano Orazio. L’opera di Artemisia è caratterizzata da realismo e forza espressiva; i suoi soggetti prediletti sono appassionate ed energiche eroine, nelle quali l’artista probabilmente si identifica. Ne è un esempio Giuditta con la sua ancella (2), ispirato alla Bibbia: la coraggiosa donna ebrea, rappresentata come in altre occasioni con i tratti della stessa Artemisia, è colta nel momento in cui – dopo aver decapitato il generale dei nemici, l’assiro Oloferne – si appresta a lasciare il luogo del delitto. Giuditta stringe con una mano la spada con cui ha ucciso Oloferne; con l’altra abbraccia la compagna, quasi a suggerirle di affrettarsi. L’ansiosa fretta che la pervade è resa attraverso lo sguardo, rivolto verso destra come se fosse attirato un rumore, e dalla ciocca di capelli sfuggiti dall’acconciatura. Le due figure emergono dall’oscurità, investite da una luce che si riflette nelle tonalità del bianco e del giallo, evidenti soprattutto nell’incarnato e nel vestito della serva.

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L’olandese Gherardo delle Notti

Sempre a Roma, in quel periodo vera capitale europea delle arti e crocevia di artisti, conosce l’opera di Caravaggio anche l’olandese Gerrit van Honthorst (Utrecht 1592-1656).
Guardando un dipinto come Il rinnegamento di san Pietro (3), si comprende facilmente perché questo pittore sia noto in Italia con il soprannome di Gherardo delle Notti. L’artista è infatti abilissimo nel riprodurre scene notturne, rischiarate dai magici, felpati effetti luminosi di una lampada o di un fuoco. Qui è la candela che illumina il volto di Pietro, colpevole di aver appena negato di conoscere Gesù dopo la cattura del maestro.

Il filo dell’arte - volume B
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Dalla Preistoria ai nostri giorni