Caravaggio

IL SEICENTO

Caravaggio

Il primo grande protagonista della pittura del Seicento è Michelangelo Merisi, chiamato Caravaggio (Milano 1571-Porto Ercole, Grosseto 1610). Si forma in Lombardia tra Milano e Caravaggio (cittadina di origine dei genitori, da cui prende il nome). Ombroso e irascibile, facile ai colpi di testa, riesce nonostante tutto a entrare nelle grazie del cardinale Del Monte, che diventa il suo principale mecenate. A Roma il pittore inizia la sua produzione più importante, ma dopo aver ucciso un uomo in una rissa deve lasciare la città. Si rifugia a Napoli, poi a Malta e in Sicilia fino a che, dopo una fuga avventurosa, muore in circostanze non chiare a Porto Ercole, sull’Argentario.
La sua pittura si stacca radicalmente dalle tendenze precedenti. Caravaggio dipinge la realtà, rifiutando ogni idealizzazione, tanto che spesso per i suoi personaggi usa modelli presi dalla strada: per questo è accusato di involgarire l’arte e la religione, raffigurando rozzi popolani e addirittura donne di strada in veste di santi e madonne. Inoltre, spesso riproduce dettagli crudi e predilige i colori scuri. La sua grande innovazione riguarda l’uso della luce, attraverso cui fa emergere le forme dal buio con forti contrasti.

Un cesto di frutta

La Canestra di frutta (1) a prima vista è un’opera tradizionale, che raffigura un soggetto inanimato, una cosiddetta “natura morta”. Il cesto, descritto con estrema precisione negli incastri del vimini, sporge dalla superficie su cui è appoggiato e spicca sullo sfondo piatto e senza caratterizzazioni, in alto, come su una mensola; al suo interno contiene frutti e foglie di ogni genere. Il realismo della composizione è però solo apparente: Caravaggio ha infatti raffigurato insieme frutti di stagioni diverse, brillanti e maturi solo a uno sguardo distratto: alcuni sono infatti già bacati o intaccati dalle malattie. In questo modo l’autore vuole far riflettere sulla caducità della vita, che passa in fretta e se ne va.

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Un’immagine terrificante

Lo scudo con la testa di Medusa (2) era un prezioso dono del cardinale romano protettore di Caravaggio per il granduca di Firenze Ferdinando I de’ Medici. Il pittore raffigura il terribile mostro della mitologia classica sulla superficie tonda dello scudo: secondo la tradizione Medusa aveva il potere, anche una volta morta, di trasformare i nemici in pietra, e quindi è un soggetto particolarmente adatto a un’armatura. Ovviamente, essendo un regalo prezioso, lo scudo non doveva essere indossato in battaglia, ma esposto tra le collezioni di armi del granduca.
Il volto della Medusa è raggelato in un urlo, l’ultimo scatto del mostro appena decapitato: dal collo scende abbondante il sangue e la bocca spalancata mostra i denti. Come sempre, Caravaggio usa la luce per aggiungere dramma alla scena: in questo caso illumina con un potente chiaroscuro i serpenti che formano la capigliatura di Medusa.

Una Vergine vicina ai poveri

La novità dell’arte di Caravaggio rispetto ai contemporanei artisti romani consiste, oltre che nella scelta di soggetti inusuali, anche in un modo diverso di presentare i personaggi, immersi in un nuovo sistema di luci e ombre che sembra quasi “artificiale”. I soggetti, a loro volta, sono raffigurati con un naturalismo così forte da apparire vivi e veri, in abiti dell’epoca, con fisionomie di persone effettivamente vicine all’artista nella vita quotidiana.
Nella Madonna di Loreto (3) compaiono così in primo piano i piedi sporchi di terra del pellegrino, che ha affrontato un lungo viaggio e che si inginocchia con l’anziana compagna di fronte all’apparizione della Vergine. La Madonna sembra una donna del popolo comparsa all’improvviso sulla soglia di casa, più che un’austera e lontana visione divina. Il dettaglio fortemente realistico dei piedi ha un valore simbolico: vuol rappresentare la fatica del cammino e la devozione dei pellegrini. La Vergine appare infatti all’anziana coppia per premiare la loro fede.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni