L’arte del Paleolitico

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L’arte del Paleolitico

Il Paleolitico copre un periodo molto esteso della vita dell’uomo sulla Terra, da circa 2,5 milioni di anni fa a circa 10 000 anni fa.
Fin da subito, nelle sue raffigurazioni l’essere umano riproduce ciò che vede: il mondo in cui vive e ciò che lo circonda. Rappresenta animali, ma anche piante e figure umane. La sua attività creativa aumenta a mano a mano che il pensiero e il linguaggio si fanno più complessi, e la vita in gruppo più organizzata.

Le prime testimonianze

Le prime sculture in pietra o osso e le prime pitture e incisioni rupestri appaiono solo alla fine del Paleolitico (a partire da 35 000 anni fa) e sono attribuite all’Homo sapiens, la specie umana alla quale anche noi apparteniamo. Per la maggior parte tali testimonianze sono state rinvenute in grotte dell’Europa occidentale, soprattutto in Spagna e Francia, e in misura minore in Italia. Le pareti di queste grotte appaiono dipinte con terre colorate e grassi animali, oppure incise, e raffigurano soprattutto animali e scene di caccia. Si tratta in alcuni casi di lavori “collettivi”, opera di diverse generazioni che in varie epoche hanno aggiunto i propri disegni a quelli già esistenti.
I soggetti, uomini e donne o animali, sono riprodotti con cura e attenzione alla realtà. Non conosciamo con certezza il significato dell’arte rupestre: probabilmente aveva a che fare con riti di iniziazione, con il culto di forze sovrannaturali o altre pratiche simboliche.
Nella Grotta Chauvet (dal nome dello speleologo che la scoprì nel 1994), nella Francia meridionale, sono state rinvenute circa 500 tra pitture e incisioni raffiguranti animali. Su una parete rocciosa, gli uomini del Paleolitico hanno disegnato una scena con un branco di bisonti inseguiti da un gruppo di leoni (1). La sovrapposizione delle figure degli animali dà profondità spaziale all’immagine.

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Le figure femminili

La statuetta qui a fianco, scoperta a Willendorf (Austria) nel 1908, raffigura una donna con seno e ventre molto pronunciati (2). Le stesse caratteristiche compaiono in altre sculture preistoriche dette “Veneri” come se anticipassero idealmente il culto greco e romano della dea della bellezza, chiamata appunto Venere.
Le forme della donna appaiono realistiche e al tempo stesso esagerate nelle dimensioni dei caratteri sessuali. Altre parti del corpo, come le braccia o gli occhi, sono invece appena accennate, mentre colpisce la vistosa capigliatura crespa, che alcuni interpretano come un copricapo di conchiglie. Il seno e il ventre, elementi collegati con la procreazione e il nutrimento, sono molto accentuati: per questa ragione la scultura viene interpretata come un simbolo di fertilità. Probabilmente si trattava di un piccolo idolo portatile.
La Venere di Brassempouy (3), detta anche Dama col cappuccio, è la più antica raffigurazione di un volto umano giunta fino a noi. Fu ritrovata alla fine dell’Ottocento in una grotta vicino al paesino di Brassempouy, nella Francia meridionale. È una piccola testa scolpita in avorio di mammut, dai caratteri insieme realistici e stilizzati, con naso e sopracciglia molto evidenziati ma senza alcuna traccia di bocca.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni