Ritratti di pietra

L’ARTE ETRUSCA E ROMANA >> L'arte romana

Ritratti di pietra

Nella scultura a tutto tondo, già a partire dall’epoca repubblicana (III secolo a.C.) si celebrano le virtù dei cittadini illustri, le cui statue, di grandi dimensioni, in bronzo o marmo, vengono collocate nei luoghi pubblici: queste sculture non raffigurano gli eroi nudi e atletici dei Greci, ma personaggi che indossano sempre le tipiche vesti romane e compiono gesti da oratori.

Il ritratto repubblicano

I patrizi, cioè i nobili romani, possedevano il cosiddetto "diritto delle immagini": in particolari occasioni religiose, potevano esporre le immagini dei propri antenati nell’atrio di casa.
Inizialmente erano maschere realizzate facendo con la cera un calco del volto del defunto; durante i funerali di un membro della famiglia, i parenti indossavano le maschere funebri: in questo modo sembrava che gli antenati prendessero parte alla cerimonia.
In un secondo momento le maschere lasciarono il posto a veri e propri busti, anche di marmo, che i familiari conservavano in armadietti su cui erano indicati il nome dell’antenato e i suoi titoli, ossia il ruolo nella famiglia e nella società.
Da questa antica tradizione deriva lo stile che contraddistingue il ritratto romano di età repubblicana: così come le maschere in cera riproducevano fedelmente l’aspetto del defunto, anche nella scultura prevale la volontà di riprodurre in modo realistico i lineamenti del volto delle persone ritratte. Un esempio di ritratto repubblicano è il cosiddetto Togato Barberini (1): il nome deriva dalla “toga”, la veste tipica indossata dal personaggio, e dal nome della famiglia che possedeva la statua prima che passasse al museo. L’uomo, raffigurato in piedi, mostra con orgoglio i busti degli antenati che aveva il diritto di custodire nella sua casa. I busti hanno caratteristiche fisionomiche molto simili: la forma e la dimensione della fronte, del naso e degli occhi indicano che si trattava dei membri di una stessa famiglia, ritratti con estrema fedeltà.

Il ritratto imperiale

Nell’età imperiale il ritratto diventa un importante strumento per diffondere l’immagine dell’imperatore e dei membri della sua famiglia. Lo stile di questi ritratti è ispirato all’arte greca, in particolare alle statue dei sovrani ellenistici: il volto è infatti reso in modo meno realistico, così che l’immagine risulta idealizzata, secondo i valori estetici della cultura greca.
Un esempio chiaro di questo stile è il ritratto di Vespasiano (2): gli elementi realistici della faccia vengono attenuati e i difetti sono cancellati, per ottenere un’immagine ideale e perfetta. Vespasiano infatti aveva il volto più largo e schiacciato, le guance cadenti e segnate da rughe, gli occhi leggermente all’ingiù, come si può osservare in un altro ritratto dell’imperatore, destinato a commemorarlo dopo la morte (3). Quest’ultimo busto serviva per le celebrazioni private in famiglia e quindi poteva essere fedele alla realtà.
Anche la statua di Marco Aurelio (4) rappresenta un’immagine dell’imperatore in atteggiamento solenne: è l’unico grande monumento equestre (cioè che raffigura un personaggio a cavallo) di età romana giunto fino a noi, nonché l’ultimo capolavoro in bronzo di dimensioni colossali dell’epoca antica. Il gesto calmo e fermo con cui Marco Aurelio stende il braccio verso le truppe – o verso il popolo acclamante – esprime il senso dell’autorità e dell’equilibrio.

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Donne alla moda

Dalla seconda metà del I secolo d.C. si afferma tra le donne patrizie il gusto per complesse e alte pettinature, con riccioli che incorniciano il volto, a imitazione delle donne della famiglia imperiale: nel caso della statua chiamata Busto Fonseca (5), dal nome del suo collezionista, non sappiamo se la donna fosse un membro della famiglia imperiale o una nobile. I capelli sono disposti in un modo molto elaborato: raccolti sopra la fronte, sono arricciati in boccoli e organizzati in file ordinate e parallele.

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni