La globalizzazione e il mercato globale

L’ECONOMIA DEL MONDO

La globalizzazione e il mercato globale

La mattina di un giorno qualunque ti svegli e prendi il tuo smartphone dal comodino: ti colleghi alla pagina sportiva del New York Times per sapere se ha vinto la squadra di basket americana per cui tifi. Poi vai a fare colazione bevendo una tazza di tè in bustina che ha il marchio di un’azienda inglese ma è coltivato e raccolto in India. Ti vesti per andare a scuola: indossi una T-shirt cucita da un tuo coetaneo in Bangladesh e un paio di sneakers prodotte in una fabbrica indonesiana, ma progettate da una multinazionale con sede in Germania. A lezione l’insegnante vi legge un brano da un libro scritto in Italia, ma stampato nella regione del Guangdong, in Cina.
Dopo la scuola, fai un giro con gli amici al centro commerciale. Nel negozio di elettronica di una catena francese vedi un nuovo tablet coreano in promozione; stai per entrare, ma ti viene in mente di controllare su Internet, e scopri che sul sito di una multinazionale dell’e-commerce è venduto a un prezzo più basso. Poi vi viene fame e decidete di andare a cena a casa di uno di voi, perciò vi fermate a comprare qualcosa al supermercato. Qualcuno vorrebbe dei tacos messicani, altri mangerebbero più volentieri del sushi giapponese. Nessun problema: trovate entrambi i prodotti nel banco dei cibi pronti, vicino alle “italianissime” lasagne alla bolognese. La sera decidete di guardare un film e vi collegate con il computer al sito di una startup californiana (con sede in Lussemburgo per ragioni fiscali), che vi fa vedere in streaming i film che volete, pagando un abbonamento mensile. La tua giornata, che era iniziata con lo schermo dello smartphone, si conclude con la smart tv del salotto.

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GEOOGGI

I “non luoghi”, simboli della globalizzazione

Siete mai stati in un grande centro commerciale, in un aeroporto, nell’hotel di una grande catena internazionale? Molto probabilmente sì, e vi sarete accorti che sembrano tutti assolutamente identici. Che si trovino a Milano o a Tokyo, a Los Angeles o a Melbourne, hanno tutti il medesimo aspetto: gli stessi negozi e ristoranti delle stesse catene internazionali che vendono gli stessi prodotti e gli stessi cibi, lo stesso arredamento, la stessa musica trasmessa continuamente in sottofondo. Non è un caso che siano così: sono progettati appositamente per risultare familiari a chiunque, anche a chi non ci è mai stato e viene dall’altra parte del mondo. Gli studiosi chiamano questi posti “non luoghi” perché non hanno un’identità propria. Al contrario dei “veri” luoghi, che hanno spesso una ricca e lunga storia alle spalle, i “non luoghi” sono sorti dal nulla: sono “fuori dallo spazio” proprio perché potrebbero essere ovunque, ma sono anche “fuori dal tempo” perché vivono una specie di eterno presente, con gli stessi servizi offerti a ogni ora, come nei terminal degli aeroporti dove negozi e ristoranti restano aperti 24 ore su 24.
I “non luoghi” sono diventati un simbolo della globalizzazione; sono stati accusati di impoverire il tessuto economico e sociale dei contesti in cui sorgono, e di ostacolare i rapporti culturali e sociali tra le persone, dal momento che sembrano favorire solo le relazioni basate sull’acquisto e la vendita di beni e servizi. Tuttavia, la realtà non è così semplice: molti centri commerciali sono ormai diventati veri e propri luoghi di aggregazione sia per i giovani sia per gli anziani, come lo era fino a poco tempo fa la piazza del paese. L’identità si costruisce soprattutto attraverso le persone e i loro rapporti, dunque, più che attraverso i luoghi o i “non luoghi”.

Vivere in un mondo globalizzato

Solo qualche anno fa sarebbe stato impossibile vivere una giornata come quella che abbiamo appena descritto, e sarebbe stato addirittura inimmaginabile ai tempi dei nostri genitori o dei nostri nonni. Eppure oggi questo stile di vita è la normalità per miliardi di persone in tutto il mondo.
La vertiginosa espansione degli scambi commerciali, le innovazioni tecnologiche nel campo dei trasporti e delle comunicazioni, l’aumento degli spostamenti e delle relazioni tra persone di Paesi e continenti lontani hanno contribuito a trasformare la maggior parte del mondo in un unico villaggio globale, dove le distanze si sono improvvisamente accorciate. In questo nuovo mondo globalizzato non solo le merci, ma anche le culture, le lingue, gli stili di vita, le idee, le mode, le tecnologie si spostano, si scambiano, si mescolano e si confondono, oltrepassando con facilità i confini politici degli Stati e le grandi distese degli oceani.

Il libero commercio e le aree di libero scambio

Prima di diventare un fenomeno sociale e culturale che ha segnato la nostra epoca, la globalizzazione è iniziata nel campo dell’economia. Il primo impulso è stato dato dalla progressiva apertura dei mercati suggerita dal liberismo, una politica economica secondo la quale non solo si deve togliere qualsiasi ostacolo alla circolazione delle merci tra i Paesi del mondo, ma anche promuovere attivamente questo commercio internazionale.
Per estendere il libero commercio e creare un unico mercato mondiale, le grandi potenze e le organizzazioni economiche internazionali hanno istituito accordi di libero scambio tra gli Stati, che prevedono l’abolizione dei dazi per le merci provenienti dai rispettivi territori. Più Paesi possono anche decidere di istituire aree di libero scambio. La stessa Unione Europea nasce come area di libero scambio, all’interno della quale si importano ed esportano merci senza pagare dazi. Un’altra grande area di libero scambio è il NAFTA (North American Free Trade Agreement, Accordo di libero scambio nordamericano), istituito nel 1994 tra Stati Uniti, Canada e Messico.

Un’importante tappa nella progressiva unificazione dei mercati è stata la nascita, nel 1994, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO), un’agenzia dell’ONU che ha il compito di supervisionare e favorire la liberalizzazione dei commerci. L’adesione della Cina alla WTO nel 2001, con la completa integrazione dell’immenso mercato cinese nel panorama economico mondiale, è considerata l’evento che ha sancito la definitiva affermazione a livello planetario della globalizzazione economica.

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L’importanza del brand: le multinazionali

La globalizzazione dei commerci e la creazione di aree di libero scambio hanno dato impulso alla nascita di un nuovo genere di impresa economica: le multinazionali. A differenza delle aziende tradizionali, che sono nate e operano in un solo Paese, le multinazionali distribuiscono le proprie attività in molti Stati (anche di continenti diversi), sfruttando al meglio ciò che ciascun Paese può offrire in quanto a leggi, materie prime, costo del lavoro e altri aspetti.
Una multinazionale può avere la sede legale in Lussemburgo, dove la tassazione è meno pesante, il reparto di progettazione e marketing a San Francisco, negli Stati Uniti, dove lavorano molti giovani talenti dell’ingegneria e del design, e le fabbriche che producono materialmente i suoi prodotti in Cina o in Brasile, dove i salari degli operai sono più bassi.
Le multinazionali possono arrivare ad avere centinaia di migliaia di dipendenti sparsi in tutto il mondo, e fatturati annuali addirittura superiori al PIL di alcuni Stati.

Il bene più prezioso di una multinazionale è il brand, o logo, cioè il nome e il marchio con cui è conosciuta in tutto il mondo, sulla cui promozione ha investito somme enormi di denaro, e che protegge con fermezza da ogni tentativo di imitazione. Apple, Google, Coca-Cola, Nestlé, Nike: anche se non avete mai acquistato un prodotto di queste multinazionali – cosa molto improbabile –, riconoscerete senz’altro il loro marchio, così come lo riconoscono centinaia di milioni di persone in tutto il mondo.

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I centri e le periferie della globalizzazione

Come tutti i villaggi e le città, anche il villaggio globale nato con la globalizzazione ha i suoi centri e le sue periferie. Al centro del mondo globalizzato ci sono i Paesi più avanzati, da cui partono costantemente nuovi impulsi verso l’intensificazione dei commerci e dei rapporti con le altre parti del pianeta. In particolare, è in questi Paesi che si trovano le città globali: quelle dove hanno sede legale le multinazionali, dove si trovano le università e i centri di ricerca, dove nascono le mode e le nuove tendenze, dove transitano i più cospicui capitali finanziari, dove si decide il destino del mondo nelle sale riunioni dei grandi organismi politici ed economici internazionali. Los Angeles e Tokyo, Hong Kong e Sydney, Londra e Singapore, New York e Zurigo sono tutti esempi di città globali.
All’estremo opposto, nelle periferie del mondo globale, ci sono interi Paesi o regioni in cui la globalizzazione è giunta soltanto nelle sue forme più negative: quelle dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e dei lavoratori, dei danni all’ambiente e della perdita di identità culturale delle popolazioni locali. Si trovano in questa problematica condizione non solo molti Stati africani, ma anche vaste regioni dell’Asia e dell’America Meridionale. Oggi la popolazione mondiale sembra divisa tra i privilegiati, che godono soprattutto dei benefici della globalizzazione, e gli svantaggiati che, almeno finora, hanno visto peggiorare le loro condizioni di vita.

GUIDA ALLO STUDIO

FISSO I CONCETTI 

1 Quale teoria economica ha posto le basi per la globalizzazione?

2 Che cosa prevedono gli accordi di libero scambio?

3 Quando nasce l’Organizzazione Mondiale del Commercio? Quando vi aderisce la Cina e con quali conseguenze?

4 Che cos’è una multinazionale? Come è organizzata?

MEMORIZZO LE PAROLE CHIAVE

 Globalizzazione  Liberismo  Multinazionale  Città globale

Geoblog - volume 3
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