La popolazione del mondo

LA POPOLAZIONE DELLA TERRA

La popolazione del mondo

La Terra è oggi un pianeta molto affollato. Nel 2012 gli abitanti del mondo hanno superato i 7 miliardi, e nel 2015 erano già, secondo le stime, circa 7 miliardi e 250 milioni. Per comprendere quanto siano straordinari questi numeri, occorre sapere che nel 1800 la popolazione mondiale raggiungeva a malapena il miliardo di abitanti, e che era già raddoppiata nel 1927. Da allora l’aumento è stato continuo, fino a trasformarsi in una crescita inarrestabile che pone difficili sfide per il futuro.
Una popolazione tanto numerosa e, almeno per i prossimi decenni, in ulteriore aumento mette infatti a dura prova le capacità dell’ambiente naturale di garantire le risorse necessarie senza subire danni irreparabili.

La demografia e gli indicatori demografici

Ma la popolazione mondiale negli ultimi secoli non è solo aumentata: ha subito anche profondi cambiamenti nella sua composizione, cambiamenti che hanno avuto e avranno importanti conseguenze sulla nostra vita quotidiana. La demografia (dal greco demos, “popolazione”, e grafos, “misura” o “descrizione”) è la disciplina che studia questi cambiamenti, detti dinamiche demografiche.
Una popolazione è l’insieme di tutte le persone che vivono in un determinato luogo, per esempio la popolazione del mondo, di un Paese, di una regione o di una città. Le dinamiche di una popolazione (crescita, diminuzione, cambiamento nella composizione) sono espresse dai cosiddetti indicatori demografici, utilissimi per capire quali sono le condizioni di vita di un luogo e per prevedere quali servizi pubblici, come scuole e ospedali, saranno necessari in una determinata area nel prossimo futuro.

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I principali indicatori demografici sono i seguenti.

  • Il tasso di natalità indica il numero di nascite avvenute in una popolazione nel periodo di un anno, e si esprime come il numero di nati ogni 1000 membri della popolazione. Il tasso di natalità della popolazione mondiale nel 2015 è stato di 18,6: sono nati cioè 18,6 bambini ogni 1000 abitanti. Si può esprimere anche come percentuale del totale: in questo caso il tasso di natalità mondiale è stato pari a circa l’1,9%.
  • Il tasso di mortalità indica invece il numero di morti ogni 1000 abitanti, sempre nel periodo di un anno. Il tasso di mortalità della popolazione mondiale nel 2015 è stato pari a 7,9.
  • Il tasso di mortalità infantile indica il numero di bambini che muoiono prima di raggiungere un anno di età, ed è espresso in numero di morti ogni 1000 nati in un anno. Il tasso di mortalità infantile nel mondo è stato di 35,4 nel 2015.
  • Il tasso di fecondità indica invece il numero medio di figli che una donna dà alla luce nel corso della sua vita. Nel 2015, a livello mondiale, era di 2,42.
  • La speranza di vita indica il numero medio di anni che un individuo può aspettarsi di vivere al momento della sua nascita. Poiché le donne sono in genere più longeve degli uomini, spesso si distinguono la speranza di vita maschile e quella femminile. Nel mondo la speranza di vita, nel 2015, era di 67 anni per gli uomini e 71 per le donne.
  • Il tasso di crescita di una popolazione, infine, è ricavato sottraendo il tasso di mortalità al tasso di natalità e aggiungendo la differenza dovuta agli individui che si aggiungono a una popolazione o la lasciano (immigrazione ed emigrazione). Il tasso può essere positivo (la popolazione sta aumentando) o negativo (sta diminuendo) ed è generalmente espresso in percentuale. Nel 2015 il tasso di crescita della popolazione mondiale è stato dell’1,08%: la popolazione del mondo è cioè cresciuta in un anno di circa una persona per ogni 100 individui presenti all’inizio di quel periodo.

I motivi della crescita demografica

La straordinaria crescita della popolazione mondiale, iniziata circa due secoli fa, è ancora in corso: ogni anno gli abitanti del mondo aumentano di circa 80 milioni. Ma come si spiega questo fenomeno? Nel corso degli ultimi due secoli, dall’avvio della Rivoluzione Industriale, i progressi scientifici e tecnologici hanno determinato un generale miglioramento della qualità della vita. La meccanizzazione dell’agricoltura e l’introduzione dei fertilizzanti chimici hanno aumentato la produttività del settore primario, portando sulle tavole delle persone più cibo e di migliore qualità.

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Allo stesso tempo, la mortalità è notevolmente diminuita. In passato si moriva molto facilmente per malattie infettive o infezioni oggi considerate banali, perché curabili grazie alle innovazioni della medicina, e in particolare alla diffusione delle vaccinazioni e degli antibiotici. Dunque, rispetto alle epoche precedenti la Rivoluzione Industriale, oggi si muore di meno e si vive più a lungo.
Analizzando questi cambiamenti nelle dinamiche demografiche delle varie popolazioni del mondo, ci accorgiamo che gran parte dei popoli del pianeta stanno vivendo un periodo di passaggio da un regime demografico vecchio o “tradizionale”, tipico delle società preindustriali, a un regime demografico nuovo o “moderno”, tipico delle società industriali e sviluppate. Questo passaggio è chiamato dagli studiosi transizione demografica, ed è il principale responsabile dell’aumento della popolazione mondiale.

Più poveri, più giovani, con più figli

Nei Paesi più poveri del mondo, come quelli dell’Africa subsahariana, le persone vivono ancora di un’economia di sussistenza, dove le risorse disponibili – in primo luogo il cibo – sono appena sufficienti, nelle situazioni meno gravi, per mantenere la popolazione esistente. In queste società dall’economia contadina tradizionale si muore relativamente presto, quindi la maggior parte della popolazione è giovane. Inoltre, l’alta mortalità infantile, causata da malattie e denutrizione, mette a rischio di estinzione le famiglie, perciò le donne partoriscono molti figli, ma pochi di essi vivono fino all’età adulta.
Traducendo tutto ciò in termini demografici, in queste società ci sono alti tassi di natalità e fecondità, bassa speranza di vita e alti tassi di mortalità, soprattutto infantile. È una situazione in cui la popolazione non aumenta né diminuisce, poiché nascono tante persone, ma ne muoiono altrettante.

GEOOGGI

Il controllo delle nascite in Cina

La Cina è il Paese più popoloso del mondo, e nel corso del XX secolo è stato uno degli Stati la cui popolazione è aumentata maggiormente. Basti pensare che nel 1953 i cinesi erano “solo” 580 milioni, mentre oggi sono oltre 1,3 miliardi. Negli ultimi decenni però la crescita della popolazione cinese è notevolmente diminuita, grazie soprattutto alle politiche promosse dal Governo per il controllo delle nascite. La più nota è la cosiddetta “politica del figlio unico”, una legge emanata nel 1979 che imponeva alle coppie di avere un solo figlio. Secondo il Governo cinese, questa legge, che pure prevedeva numerose eccezioni (per esempio, erano tenute a rispettarla solo le coppie che abitavano in città), ha permesso di contenere l’aumento della popolazione del Paese di oltre 400 milioni di unità. Visto il ridotto tasso di crescita della popolazione degli ultimi anni, il Governo ha ritenuto che questa legge non fosse più necessaria e l'ha abolita nel 2016, permettendo a tutti i cinesi di avere quanti figli desiderano.
Questa norma lascia però dietro di sé uno strascico di problemi, in particolare la forte disparità tra il numero di uomini e di donne tra la popolazione cinese. Potendo conoscere in anticipo il sesso del nascituro e dovendo avere un solo figlio, negli scorsi decenni milioni di cinesi hanno deciso di interrompere la gravidanza se aspettavano una bambina; questo perché nella cultura tradizionale cinese i figli maschi sono visti come una risorsa, mentre le femmine sono considerate in molti casi un peso. Il risultato è che ancora oggi in Cina nascono 117 bambini maschi per ogni 100 femmine e si prevede che in tutto il Paese, nel 2020, gli uomini saranno 30 milioni in più rispetto alle donne. Numerosi ragazzi cinesi sono dunque costretti a emigrare all’estero per formare una famiglia.

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Più ricchi, più vecchi, con meno figli

Nei Paesi più ricchi e con economie più avanzate, come quelli europei e nordamericani, o come il Giappone e l’Australia, la situazione è completamente diversa. Qui il cibo è abbondante e l’assistenza medica all’avanguardia, perciò le persone vivono più a lungo e pochissimi bambini muoiono per malattie infantili o complicazioni legate al parto. Non è più necessario mettere al mondo tanti figli per mantenere il livello della popolazione, e infatti gli abitanti di questi Paesi hanno pochi figli, in molti casi addirittura meno di due a coppia, il che si traduce in una diminuzione della loro popolazione totale (spesso compensata solo dall’arrivo di immigrati da altri Paesi).
In termini demografici, si può dire che questi Paesi hanno bassi tassi di natalità e fecondità, alta speranza di vita e bassi tassi di mortalità. Anche in questo caso la situazione della popolazione è di equilibrio, o di lieve calo: muoiono poche persone, ma ne nascono ancora meno. Tuttavia, anche le società di questo tipo, nonostante godano di un’elevata qualità della vita, hanno alcuni problemi.
In particolare, la loro popolazione è mediamente vecchia, il che significa che sono necessarie molte risorse per mantenere gli anziani e garantire loro, tra le altre cose, la pensione o l’assistenza sanitaria. Allo stesso tempo, però, sono sempre meno i giovani in età lavorativa che possono garantire questi servizi tramite le tasse che pagano allo Stato. L’arrivo di immigrati, in particolare di quelli provenienti dai Paesi in cui la popolazione è più giovane, contribuisce solo in parte a controbilanciare la situazione.

L’aumento della popolazione e il pericolo della “bomba demografica”

Ma se nelle due situazioni che abbiamo appena descritto la popolazione non aumenta né diminuisce, come si spiega il grande aumento degli abitanti del mondo negli ultimi secoli? Si spiega con il fatto che sempre più popolazioni stanno passando dal modello “tradizionale” a quello “moderno”, ed è in questa fase di transizione che la popolazione aumenta maggiormente.
Quando in un Paese povero le condizioni di vita migliorano, per esempio con l’aumento della produzione di cibo o della qualità dell’assistenza medica, i tassi di mortalità diminuiscono e la speranza di vita si allunga; si comincia cioè a morire meno e a vivere più a lungo. Ma i tassi di natalità e fecondità continuano a rimanere alti per diverse generazioni: la tendenza ad avere molti figli risponde infatti all’istinto di autoconservazione della specie, ed è fortemente radicata nella cultura e nella mentalità delle persone. In questo periodo di transizione la crescita demografica può portare la popolazione a moltiplicarsi di molte volte rispetto al numero iniziale. Solo dopo molto tempo, quando i livelli di benessere saranno cresciuti, ci sarà un cambiamento di mentalità che indurrà le coppie ad avere meno figli.
Stanno vivendo questo momento di transizione, registrando il maggior aumento della popolazione, molti Paesi africani e del Medio Oriente, oltre all’India, che è attualmente il secondo Paese più popoloso del mondo dopo la Cina. Al contrario della Cina, però, dove il tasso di crescita della popolazione ha cominciato a diminuire per effetto del controllo delle nascite (Geo Oggi pagina 42), la popolazione indiana continua a crescere e si prevede che raggiungerà 1,7 miliardi di persone entro il 2030 (Geo Oggi pagina 152).

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Per decenni il mondo è vissuto sotto la minaccia della cosiddetta “bomba demografica”, temendo cioè il momento in cui la popolazione avrebbe raggiunto livelli tali da esaurire le risorse del pianeta. Oggi questa situazione non sembra più inevitabile: le statistiche mostrano che il tasso di crescita della popolazione mondiale ha raggiunto il suo massimo (2,2%) nel 1963, e da allora è in costante diminuzione. Il problema è però prevedere la velocità di questa diminuzione, cioè stabilire se la popolazione mondiale aumenterà fino a provocare una grave carenza di risorse, oppure se si stabilizzerà (o addirittura diminuirà) in tempo per evitare le conseguenze peggiori. Gli studiosi stimano che il mondo avrà una popolazione compresa tra 8,3 e 10,9 miliardi di persone nel 2050, ma ancora non sanno prevedere se dopo quella data aumenterà ancora, si stabilizzerà o diminuirà.

GUIDA ALLO STUDIO

FISSO I CONCETTI 

1 Che cosa studia la demografia?

2 Quali sono i principali indicatori demografici?

3 Dove sono più alti i tassi di natalità e fecondità?

4 Dove è più alta la speranza di vita?

MEMORIZZO LE PAROLE CHIAVE

 Demografia  Indicatori demografici  Speranza di vita  Regime demografico  Transizione demografica

Geoblog - volume 3
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