AMERICA – AMERICA CENTRALE

GEOOGGI

Il Canale di Panamá

L’idea di tagliare in due l’Istmo di Panamá, la sottile striscia di terra che unisce l’America Settentrionale e quella Meridionale e che nel suo punto più stretto è ampia solo poche decine di chilometri, fu per molti secoli il sogno di governanti, uomini di affari e avventurieri. Già nei primi decenni del XVI secolo, il re di Spagna Carlo V, il sovrano di quello che era definito “Impero su cui non tramonta mai il sole” (così detto per la sua vastissima estensione), aveva immaginato di poter scavare un canale che unisse la sponda pacifica e quella atlantica dell’istmo, permettendo così alle navi che volevano passare da un oceano all’altro di evitare il lunghissimo e pericoloso tragitto di circumnavigazione dell’America Meridionale, doppiando il tempestoso Capo Horn o attraversando l’infido Stretto di Magellano.
Solo all’inizio del XX secolo, però, le nuove tecnologie permisero di realizzare quest’idea. In quel periodo gli Stati Uniti d’America cominciarono a guardare agli Stati dell’America Centrale e Meridionale come a territori favorevoli per espandere i propri interessi economici e politici. Poiché l’Istmo di Panamá era sotto la sovranità della Colombia, il Governo statunitense sottoscrisse con quello colombiano un’intesa per la concessione perpetua agli Stati Uniti dell’area in cui doveva essere realizzato il canale. Ma gli Stati Uniti temevano che la Colombia fosse uno Stato troppo potente e che, in futuro, essa avrebbe potuto avanzare rivendicazioni sul canale e sui ricchi guadagni derivanti dai pedaggi. Decisero quindi, con una mossa spregiudicata, di appoggiare una fazione di ribelli indipendentisti che voleva creare uno Stato panamense, cosa che puntualmente accadde nel 1903. L’esistenza stessa dell’attuale Repubblica di Panamá, dunque, è legata al canale.
I lavori iniziarono nel 1904 sotto la direzione degli Stati Uniti, e nel 1914 il Canale di Panamá fu finalmente inaugurato. Dopo essere rimasta per un secolo sotto il diretto controllo americano, la zona del Canale è stata restituita ai panamensi alla fine del 1999, ed è da allora di proprietà statale. Oggi il Canale rappresenta di gran lunga la maggiore risorsa economica dello Stato di Panamá, che incassa oltre 1,5 miliardi di dollari in pedaggi dalle 15.000 navi che vi transitano ogni anno.
Lungo 77 km, il Canale è costituito da un complesso sistema di canali, di bacini artificiali e di chiuse, gli “ascensori d’acqua” che permettono alle navi di superare i dislivelli che incontrano lungo il percorso. Con il tempo però il progetto originario del Canale aveva cominciato a evidenziare alcuni limiti; in particolare, le dimensioni delle navi mercantili sono aumentate notevolmente dall’epoca della sua costruzione, e moltissime imbarcazioni erano troppo grandi per transitarvi. La distinzione è così importante che le navi mercantili si dividono ancora oggi in due classi: le Panamáx, quelle appositamente progettate per avere le misure massime gestibili dal Canale (294 x 33 m), e le post-Panamáx, quelle che invece hanno dimensioni maggiori.
Nel 2006 il Governo panamense ha dato il via ai lavori per l’ampliamento del Canale, che si sono conclusi nel 2016 con una spesa di oltre 6 miliardi di dollari. Fiore all’occhiello del progetto sono le nuove gigantesche porte delle chiuse, così grandi da permettere il transito anche di navi mercantili post-Panamáx lunghe fino a 400 m. Realizzate da un’azienda italiana, sono 16 paratie scorrevoli d’acciaio larghe 40 m e del peso medio di 3200 tonnellate ciascuna.

Geoblog - volume 3
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