AFRICA – AFRICA SETTENTRIONALE

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Libia, uno“ Stato fallito”

Da diversi anni i mezzi di comunicazione riportano notizie allarmanti provenienti dalla Libia, Paese le cui coste distano solo poche centinaia di chilometri dal territorio italiano: scontri tra gruppi armati rivali, bombardamenti di una fazione contro l’altra, attentati, rapimenti di stranieri, e soprattutto centinaia di immigrati clandestini e rifugiati che tentano di raggiungere le coste italiane e di altri Paesi europei, stipati su barconi malconci da gruppi criminali basati sulle coste libiche. Giornalisti ed esperti hanno cominciato a definire la Libia uno “Stato fallito”, cioè un Paese in cui non esiste più un’autorità centrale in grado di fornire i servizi di base e garantire la sicurezza dei propri cittadini.
Ma come si è arrivati a questo punto? La Libia era da lungo tempo governata da Muhammar Gheddafi, che aveva preso il potere con un colpo di Stato militare nel 1969. Gheddafi guidava il Paese con il pugno di ferro e si era reso responsabile di numerose violazioni dei diritti umani. La sua dittatura era però riuscita a tenere unite le varie anime del Paese, diviso in decine di gruppi tribali in competizione tra loro.
Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 le proteste della “primavera araba” (Geo Oggi pagina 217) hanno interessato anche la Libia, dove le manifestazioni in favore della democrazia e contro il regime sono però rapidamente degenerate in una sanguinosa guerra civile: i vari gruppi tribali si sono organizzati in milizie armate e hanno attaccato l’esercito governativo. La durissima repressione scatenata da Gheddafi, che ha provocato numerose vittime civili, ha portato diversi Paesi, tra cui Stati Uniti, Francia e Italia, a schierarsi a favore degli oppositori del regime e a intervenire militarmente contro l’esercito libico.
L’intervento internazionale, a seguito di una risoluzione delle Nazioni Unite emanata il 17 marzo 2011, è stato determinante per la vittoria dei ribelli, che hanno conquistato la capitale Tripoli nell’ottobre dello stesso anno, e per la deposizione di Gheddafi, rimasto ucciso in circostanze non del tutto chiarite durante la sua cattura (20 ottobre).
Alla caduta del regime, il potere è stato trasferito a un Consiglio nazionale di transizione, che avrebbe dovuto unire le diverse anime della protesta e guidare il Paese verso la democrazia. Le varie milizie si sono però rifiutate di deporre le armi e hanno cominciato a scontrarsi tra loro, contendendosi potere e territorio.
Le elezioni indette nel 2012 non hanno portato alla nomina di un Governo unitario, che fosse riconosciuto da tutte le fazioni, e la Libia si è spaccata in due parti, con due Governi rivali, ognuno dei quali dichiara di essere l’unico legittimo: da una parte il Parlamento di ispirazione islamica con sede a Tripoli, nella regione occidentale della Tripolitania; dall’altra quello laico con base a Tobruk, città costiera nella regione orientale della Cirenaica.
Nel frattempo, gruppi fondamentalisti islamici come Ansar al-Sharia e ISIS hanno approfittato del caos per conquistare alcune città e proclamare la nascita del califfato islamico in Libia, minacciando attentati contro i vicini Paesi europei.
Nel 2016 è nato, grazie a una lunga e faticosa opera di mediazione dell’ONU e della comunità internazionale, un terzo Governo di conciliazione nazionale con l’obiettivo di riunificare le istituzioni del Paese. Finora però non tutte le milizie e i gruppi politici libici hanno riconosciuto la sua autorità e la situazione nel Paese rimane delicata.

Geoblog - volume 3
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