AFRICA – AFRICA SETTENTRIONALE

GEOOGGI

Primavera araba, una rivoluzione tradita

Verso la fine del 2010 i Paesi arabi del bacino del Mediterraneo sono stati investiti da un grande movimento popolare: centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, sono scese in piazza per manifestare contro l’aumento dei prezzi e la disoccupazione.
Di fronte alla dura repressione da parte della polizia, la protesta si è trasformata in un movimento più ampio, che chiedeva maggiore democrazia e il rinnovamento della classe politica, accusata di immobilismo e corruzione. Giornalisti e commentatori esteri hanno ribattezzato il fenomeno “primavera araba”, aggiungendo che finalmente nelle nuove generazioni del Nordafrica era sbocciato il desiderio di democrazia.
Algeria, Marocco e Tunisia sono stati i primi Paesi interessati dalle manifestazioni popolari, perlopiù spontanee e organizzate dai giovani su Internet, attraverso programmi di chat e social network. In Algeria e in Marocco i Governi sono riusciti a placare le proteste promettendo un programma di riforme, la situazione si è evoluta invece in modo ben diverso in Tunisia. Qui le manifestazioni si sono trasformate in rivolte popolari con scontri tra i rivoltosi e le milizie fedeli al Presidente Ben Ali. Quando anche l’esercito si è schierato dalla parte dei rivoltosi, Ben Ali, in carica da oltre vent’anni, è stato costretto a dimettersi e a lasciare il Paese (gennaio 2011).
Il cuore della protesta si è poi spostato in Egitto: milioni di cittadini sono scesi in piazza per chiedere riforme democratiche e le dimissioni del Presidente Hosni Mubarak. Il Governo ha cercato di soffocare le proteste tagliando i canali di comunicazione e propaganda dei manifestanti, disattivando la rete telefonica cellulare e interrompendo i collegamenti a Internet. Anche qui, come in Tunisia, fu l’atteggiamento dell’esercito, prima neutrale e poi favorevole ai manifestanti, a indurre Mubarak a dimettersi (11 febbraio 2011).
Le proteste hanno avuto un esito differente in Libia, Paese da decenni soggetto alla dittatura di Muhammar Gheddafi. Le manifestazioni a favore della democrazia e contro il regime sono degenerate in una guerra civile, che ha portato al collasso dello Stato libico (Geo Oggi pagina 231). La primavera araba ha interessato anche diversi Paesi del Medio Oriente, tra cui Siria, Yemen e Bahrain. In Siria, in particolare, le manifestazioni contro il regime del Presidente Bashar al-Assad si sono trasformate in un sanguinoso conflitto tra le forze governative e una disomogenea coalizione di oppositori, conflitto che ha provocato centinaia di migliaia di vittime e un gran numero di profughi.
L’atteggiamento dei Paesi europei e degli Stati Uniti di fronte alla primavera araba è stato improntato all’incertezza: da una parte si guardò con favore a una maggiore democratizzazione delle nazioni arabe – voluta soprattutto da giovani che vedono l’Occidente come un modello da imitare –, d’altra parte si temeva che l’instabilità politica portasse al potere figure vicine ai movimenti fondamentalisti islamici e al terrorismo internazionale.
Tale timore si è rivelato in parte fondato: le aspirazioni dei giovani della primavera araba sono state in larga misura disattese.
In Tunisia la protesta ha prodotto un cambiamento verso un regime democratico, ma nel Paese si è determinata una situazione confusa ed esposta alle infiltrazioni di gruppi fondamentalisti islamici, tra cui l’ISIS (Geo Oggi pagina 117), che hanno approfittato degli sconvolgimenti nella regione per stabilirvi basi operative e compiere attentati. La Libia è divenuta uno “Stato fallito” frammentato in zone di influenza tribali, mentre l’Egitto, dopo una parentesi democratica in cui si sono tenute libere elezioni, è tornato sotto un regime autoritario in seguito al colpo di Stato militare del 2013.

Geoblog - volume 3
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